Settimo comandamento
"Non rubare. Non vi affannate ad accumulare tesori sulla terra, dove tignola di ruggine consumano, dove ladri scassinano e portano via. Accumulatevi tesori in cielo, dove tignola e ruggine non consumano, né ladri e scassinatori portano via."
La baracca prese subito fuoco. Era costruita con materiali poveri e si trasformò nel rogo più alto che vidi. Io, Anita e Rafael facemmo appena in tempo ad uscire. Urla disumane fecero eco a quel fuoco scoppiettante e alcuni di loro, quelli messi peggio, vedendoci fuggire si gettarono tra le fiamme pur di prenderci e condannarci a un reato che non avevamo commesso. Fummo inseguite per poco tempo da torce umane che caddero a terra una ad una e in brevissimo tempo.
Quella scena mi pietrificò le gambe. Facevo una fatica enorme a percorrere velocemente il tragitto che mi allontanava da quegli immondi. Mi voltai alle mie spalle e vidi nuovamente quella figura oscura che continuava a guardarmi. Non sapevo cosa volesse da me o se bramava l'infante. Non sapevo neppure se volesse effettivamente qualcosa da noi o desiderava semplicemente la nostra morte.
Vidi Anita davanti a me inginocchiarsi improvvisamente. Era dolorante, pensai a una storta. Aveva una mano davanti la bocca e tossiva sangue. Spalancai gli occhi, era malata anche lei.
Capendo la situazione si voltò verso di me con un sorriso che ricorderò per tutta la vita.
-Sono una peccatrice e Dio mi sta togliendo quello che di più caro mi ha donato, la vita.- Disse mantenendo un'espressione apparentemente serena.
Appariva rassegnata, come se improvvisamente non le importasse più molto di vivere o morire. Il suo unico intento era chiaramente quello che volevo io per Rafael, metterlo in salvo. Non le importava nulla di se stessa, nemmeno badava alle spine che le se conficcavano sotto la pianta del piede. Continuava a sputare sangue nel tossire e a darmi la carica nel proseguire.
-Scappate! Mettetevi in salvo.-
Un rumore davanti a noi ci distrasse.
Incontrammo sulla strada polverosa che portava a Towyn, un uomo anziano in pessime condizioni. Aveva la testa gonfia e vistosamente arrossata. Faceva fatica a respirare e non potemmo fare nulla per aiutarlo. Stringeva tra le mani un mazzo di chiavi e accadde tutto in una frazione di secondo. Diedi una mano ad Anita a rialzarsi e ci guardammo senza dire niente ma capendoci all'istante. Prendemmo due bastoni e iniziammo a percuotere l'anziano fino a quando ormai privo di sensi lasciò quelle chiavi che stringeva forte come se fossero più importanti della sua stessa e oramai quasi consumata vita, il suo unico tesoro rimasto.
"se abbiamo fatto un male a qualcuno, Dio ci ordina di riparare come possiamo al danno arrecato e di non farlo più. In questo modo otteniamo perdono dal Signore, perché, c'è vero pentimento, solo quando c'è buon proponimento. così fece anche Zeccheo: Se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto."
Avevamo rubato!
In un solo giorno ero andata contro la mia fede. Avevo fatto quanto mai pensato ed immaginato di poter fare pur di sopravvivere. Lo stomaco mi si contorceva dall'angoscia di esser andata contro i miei ideali e regole di vita e la testa mi scoppiava dalla fatica e dal disagio provato.
Una vecchia macchina si trovava adagiata sul ciglio della strada. Anita s'inginocchiò una seconda volta, mi ricordò Cristo mentre portava con sé il fardello della croce sulle spalle. Altro sangue le colò dalle labbra e tossì così forte da vomitare un misto di succo gastrico, sangue e saliva.
Io non sapevo guidare e lei lo sapeva bene questo. Si fece forza e si rialzò con una fatica tale da farla urlare dal dolore. Aprimmo l'auto ed entrammo di corsa.
Anita inserì con difficoltà la chiave nel blocchetto d'accensione quando un sasso lanciato da chissà chi, fracassò il faro sinistro. La folla indemoniata ci aveva raggiunte di nuovo e sembrava sempre più intenta a condannarci.
Alcuni Incappucciati camminavano sul retro della fila con quell'oscura figura che li seguiva a distanza ravvicinata. Altri ancora ci lanciavano insulti di ogni specie, soprattutto le donne. Furono loro quelle che ci misero più terrore. I loro sguardi covavano un odio mai visto prima e le loro bocche da puritane si trasformarono nella fornace dell'inferno.
La macchina finalmente partì e li lasciammo poco dietro a noi ma non per molto. Dopo cento metri quel ferro vecchio si fermò completamente in panne e fummo costrette a proseguire a piedi. Tutto appariva contro di noi. Rafael scoppiò a piangere. Tutto quello sbattimento lo turbava e anche io e Anita iniziammo ad accusare una certa stanchezza fisica quanto psicologica. Ancora lontane dal paese confinate, non sapevamo cosa ci saremmo aspettate di trovare una volta arrivate a destinazione, ma di certo non avevamo altra scelta. Non si poteva scegliere, bisognava andare e basta, continuare per la nostra strada senza voltarci. Era la nostra unica ancora di speranza e salvezza.
Un boato assordante ci fece voltare istintivamente. La folla aveva raggiunto l'auto ferma e la diede alle fiamme. Vidi corpi cadere perché troppo vicini all'esplosione e altri avanzare incappucciati e ricoperti del loro stesso sangue. Volti di persone deformati dai virus che non sembravano nemmeno più umani. Vidi inoltre cosa lasciavamo e cosa avremmo potuto incontrare. Vissi la speranza e la rassegnazione.
La speranza di vivere e la paura di morire.
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