PARTE III : L'inverno dei cuori. Capitolo 1: Raccogliere i cocci
«Signor Anselmo, aspetti che le apro» esclamò Bryan rispondendo al citofono. Sentire quella voce lo sorprese. Dopo quando accaduto, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare anche la famiglia di sua moglie, ma non credeva di essere ancora pronto a farlo. Inoltre, la prima e forse l'unica persona a cui doveva delle spiegazioni: era Alice, ma purtroppo da Pasqua, lei non aveva più voluto vederlo né sentirlo.
A passo lento, l'uomo stava percorrendo il vialetto conducente all'abitazione, quando l'editore aprì la porta.
Immediatamente, Terence scodinzolante corse fuori e incrociando sul proprio cammino l'amico umano, cominciò a fargli le feste.
«Ciao cucciolone!» disse il vecchietto, accarezzando quel batuffolo di pelo, da cui venne amorevolmente travolto.
«Mi sei mancato anche te» rispose chinandosi a fatica e ricevuta una nasata sul volto, l'anziano si commosse.
«Ma cosa combinano quei disastri dei tuoi padroni?» chiese alla bestìola, sollevando lo sguardo verso il quarantenne fermatosi ai piedi del portico. Quindi, accompagnato passo passo dall'animale, raggiunse il nipote acquisito.
«Non volevo invadere la vostra privacy» mormorò il giovane a volersi giustificare.
«Figliolo!» si limitò a rispondere Anselmo, battendogli una mano sopra ad una spalla.
Almeno non mi odia... pensò l'anfitrione, sospirando pesantemente.
«Lei, come sta?» un sussurro appena udibile, uscì spontaneo dalla bocca di quest'ultimo.
L'attempato signore si rabbuiò e la sua espressione si fece dura.
«Male, ma a vederti neanche tu sembri messo meglio!» replicò, mostrando interesse per la salute di entrambi.
Bryan era visibilmente provato. La barba, molto più lunga del solito, rivelava che non si radeva da giorni, ma nemmeno quella folta peluria riusciva comunque a nascondere le guance scavate, segno dunque che neppure il cibo fosse fra le sue priorità, mentre le occhiaie scure e profonde, tradivano una carenza di sonno.
«Ragazzo... sembri uno zombie» l'ammonì bonariamente l'ottuagenario, il tono da lui usato infatti non mostrava rabbia né biasimo, quanto piuttosto preoccupazione.
Tanta premura, fece sentire il quarantenne ancor più in colpa.
«Se penso che a causa mia, Alice poteva perdere la bambina, io...» un nodo gli attanagliò la gola, impedendogli di proseguire e conferendo alle sue parole un suono tremulo.
«Ma, non è successo!» il nonno, interruppe bruscamente il ragionamento del futuro padre.
«Quel cuoricino, ringraziando Dio, batteva forte come non mai. Inoltre avete scoperto anche il sesso» lo bacchettò, invitandolo a guardare il risvolto positivo della situazione.
«Già... una bambina. La mia piccola guerriera!» mormorò, fiero e orgoglioso, il giovane. Dicendo ciò, le sue iridi, fino a quell'istante vuote e spente, sembrarono riprendere vita: illuminandosi d'amore.
«Da quanto, piuttosto non fai un pasto decente e dormi una notte di filato?» chiese subito dopo l'anziano, guardandolo preoccupato.
«Questo non ha importanza...» rispose l'imprenditore in maniera appena udibile, passando una mano fra i capelli.
«Lo dici te...» tagliò corto il più ageé dei due.
«Adesso... tu vieni con me! Ti preparo qualcosa da mettere sotto ai denti» e senza ammettere repliche, rifilando al "giovanotto" un'occhiata paterna, salì i pochi gradini del portico. Terence, nel frattempo accucciatosi ai piedi del padrone, invece non si mosse e guardando i "suoi umani" allontanarsi da sé, poggiò il muso sopra alle zampe.
Una volta entrati dentro casa, Anselmo si diresse verso la cucina. Avendo supervisionato lo svolgimento dei lavori, mentre la coppia era in viaggio di nozze, l'uomo sapeva orientarsi alla perfezione fra quelle quattro mura.
Una decina di minuti dopo, il premuroso nonnino mise davanti a "quell'anima in pena" un piatto con quattro uova ricoperte da altrettante sottilette e a coprire il tutto, alcune fette di prosciutto cotto.
«E niente storie!» disse l'improvvisato cuoco con tono intimidatorio, quasi fosse una minaccia, e rimanendo in piedi a braccia conserte lo osservò finché non ebbe finito di mangiare.
«Ora ti va di raccontarmi cos'è successo?» chiese infine, sedendo finalmente sulla sedia difronte al marito della nipote.
«Aly, immagino vi abbia già detto tutto. Non c'è molto altro da aggiungere» sospirò il fedifrago, rabbuiandosi ancora di più.
«Hai una relazione con quella donna?» domandò senza giri di parole l'ottuagenario, incastrando le proprie iridi smeraldo in quelle color cielo del quarantenne. Se gli avesse mentito l'avrebbe capito dai suoi occhi.
«È stata solo una notte» gridò disperato l'imprenditore passandosi una mano sulla faccia e sospirando pesantemente, ripetette: «Soltanto una maledetta notte...».
«Dio solo sa, quanto vorrei cancellarla» ammise abbandonandosi affranto contro lo schienale della sedia.
Capendo che stava dicendo la verità, il signor Anselmo preferì non infierire oltre. L'editore doveva spiegare ancora molte cose, ma non era quello il momento adatto per fargli il terzo grado.
«Oddio! Non so dove ho la testa» esclamò improvvisamente il vecchio e rialzandosi andò a prendere il cappotto lasciato sull'appendiabiti vicino all'ingresso, quindi estraendo dalla tasca interna dello stesso una lettera, la porse "al giovanotto".
«È di Alice!» si limitò a dire.
"Come da scadenza, ti ho inviato una mail con la bozza del nuovo capitolo.
«Non si dica mai che sono poco professionale».
Vorrei però, chiederti la cortesia di parlare con Alberto, e... se la cosa non crea problemi a nessuno, fin dalla prossima consegna preferirei relazionarmi con lui.
Grazie!"
Gli occhi di Bryan scorsero con attenzione quel biglietto, leggendolo più e più volte. Molto probabilmente, Alice doveva piangere mentre lo stava scrivendo, perché l'inchiostro della parola "cortesia" era sbaffato e sulla carta impresso l'alone di una goccia.
«Allora?» domandò curioso l'anziano, il quale, inavvertitamente, per tutto il tempo di quell'attesa aveva trattenuto il fiato.
«Mi sta dando il benservito anche come referente per il libro» sospirò affranto il quarantenne.
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