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Effetto loft

"E così sei una dottoressa!"

Enrico le fece posto senza toglierle gli occhi di dosso, si sedettero accanto e cominciarono a raccontarsi con un po' di imbarazzo, ma con la consapevolezza di avere a che fare con una personalità interessante.

"Sì, una dottoressa di cardiologia per la precisione. E tu invece sei... uno skipper di professione!" La frase le era uscita involontariamente con un'intonazione quasi di scherno.

"Cavoli, detto così sembra qualcosa di cui vergognarsi. Però sì, sono uno skipper professionista che accompagna i turisti nelle loro traversate per mare. Vengo contattato dalle compagnie di noleggio, che si appoggiano alle agenzie di viaggio specializzate per questo tipo di vacanze, che poi ci contattano per organizzare la cosa. Guadagniamo a percentuale o abbiamo un fisso per le rotte standard o quelle più gettonate come le isole greche, la Sicilia o l'Elba. Ti assicuro che è un lavoro onesto."

La risata gli uscì dal petto quasi per magia. Vedeva quella ragazza diventare sempre più paonazza e la cosa lo divertiva molto.

"Scusami davvero, non volevo offenderti, è che ne avevo un'idea piena di preconcetti parlandone con Dora, sai... riguardo alla saltuarietà degli incontri che ha con Alessandro, e mi sono lasciata prendere. Ti chiedo scusa, anzi spiegami meglio quello che fai, magari la cosa mi appassiona."

"In pratica io e Ale siamo abilitati alla navigazione con determinate imbarcazioni: luxury boats, cabinati importanti. Le guidiamo per le persone comuni, cioè, non in possesso di patente nautica. Ci conosciamo dai tempi del nautico, abbiamo fatto le varie tappe sempre insieme, e ci siamo imbarcati appena possibile. Passiamo più tempo in acqua che sulla terraferma, ma è la vita che ci siamo scelti e ci sentiamo appagati per questo. Immagino sia lo stesso anche per te e Dora."

Isabella non riusciva a smettere di tuffarsi in quegli occhi nocciola e lui non riusciva a parlarle senza fissarle quelle labbra albicocca.

"Dai ragazzi ordiniamo che la serata è appena cominciata." Alessandro aveva appena fatto un cenno al cameriere, che il cercapersone di Dora cominciò a squillare.

"Accidenti è l'ospedale, scusate ma devo richiamare. Purtroppo, stasera sono in reperibilità parziale, me lo sentivo." Dora si alzò velocemente e prendendo la borsa appesa alla sedia si allontanò dal tavolo. Dopo un paio di minuti tornò con aria seria e concentrata.

"Mi spiace ragazzi, ma per me la serata finisce qui. Devo passare le prossime due ore a fare un trasporto in elisoccorso per un trapianto urgentissimo. È tutto predisposto, stanno aspettando solo me. Isa tu rimani e sta tranquilla, ci sentiamo più tardi quando torno a casa."

Alessandro ovviamente si offrì di accompagnarla e di aspettare tutto il tempo necessario per poter poi proseguire insieme la serata e Dora ne fu commossa. Anche Isabella non si aspettava quel gesto galante e fu felice per lei.

Si salutarono in fretta e i due lasciarono il locale a passo svelto accompagnati dalle note di una allegra musica folk.

"Beh Doc, siamo rimasti solo noi due, ma se vuoi che ti riaccompagni non farti problemi." Enrico lo disse per cortesia ma sperava che quella splendida fanciulla decidesse di passare ancora del tempo con lui a raccontarsi. Anche Isa sentiva di voler conoscere meglio quello skipper dal bellissimo sorriso e rispose di getto senza pensarci troppo.

"Assolutamente no. Mi fa piacere passare la serata con te... cioè, mi va di restare ancora un po' fuori." Era decisamente in imbarazzo ma Enrico non fece una piega, anzi, ne era segretamente euforico. La chimica tra loro era inequivocabile e i due si ritrovarono a parlare di tutto e di nulla cercando gli argomenti più disparati per evitare lo scorrere delle ore.

Cenarono lì, con quello che il proprietario riuscì a servirgli tra semplici stuzzichini e aperitivi. Il locale non era certo attrezzato per la cena e per le coppie che facevano tardi guardandosi negli occhi e si riempivano lo stomaco solo di "farfalle". 

Diciamo anche che la Guinness, di solito, non è sufficientemente assorbita da semplici noccioline, per cui la coppietta cominciò a risentire della cosa. Cominciavano ad accusarne il colpo e la cosa si palesò con piccoli gesti ben tollerati da entrambi: un braccio di lui dietro le spalle di lei, un ciuffo sfuggito allo chignon dolcemente sistematole dietro l'orecchio, il ginocchio di Isa che si appoggia a quello di Enrico, dita inanellate che tamburellano sul sottobicchiere e che vengono sfiorate lentamente fino ad intrecciarsi a quelle più grandi di lui. 

E dopo l'ultimo sorso di birra, due labbra che sfiorano il lobo di lei per soffiare piano l'ennesimo racconto sul mare, sovrastando la musica e facendola rabbrividire.

"Cavolo, com'è tardi!", Isabella aveva perso la cognizione del tempo che invece avrebbe voluto si fermasse.

Guardando l'orologio Enrico notò subito che si era fatto davvero tardi per una dottoressa che l'indomani aveva un turno in pronto soccorso e, a malincuore, dovette farglielo presente.

"Ma tu hai il turno domattina? No, perché è proprio un peccato... mi sarebbe piaciuto tanto portarti in un altro posto."

Isabella era un misto di sensazioni contrastanti. Era eccitata e incuriosita da quel ragazzo ma anche un po' in lotta con la sua paura di fare una cazzata nel cedere. Ma la vocina nella testa stavolta le diceva solo di pensare a ciò che la faceva stare bene senza chiedere o domandare di più. Doveva decidere.

"In effetti il turno lo avrei... ma ho anche un collega che mi deve un paio di favori e potrei farglieli scontare."

Sorrisero entrambi, complici della decisione improvvisa, e Isabella si alzò per telefonare al collega.

Enrico non stava più nella pelle, era davvero felice che la ragazza avesse accettato e che, soprattutto, ricambiasse le sue stesse sensazioni a pelle.

*Spero di non fare una cazzata a fidarmi anche stavolta. Era stato il suo pensiero costante durante tutta la chiamata di Isa, ma non appena rivide il suo sorriso, quel pensiero si dissolse come fumo. Lei gli tese la mano e lo fece alzare con un piccolo strattone.

"Andiamo skipper, sono libera fino a domani pomeriggio. Dove mi volevi portare di bello?"

Passeggiando sotto un cielo di stelle, dopo pochi minuti arrivarono al molo illuminato solo dalle luci delle barche e da quelle di cortesia delle colonnine di rifornimento. 

Tutto era silenzioso intorno a loro, si sentivano i loro passi sulle assi del pontile e l'impercettibile sciabordio del mare che sfiora il molo. La luce della luna, che dopo un paio di giorni sarebbe stata piena, era una bellissima scia d'argento sull'acqua che li accompagnò fino alla passerella di una barca a vela.

Enrico la fece sedere sulla bitta e l'aiutò a sfilarsi gli stivali. Mentre le sfiorava le gambe e sentiva il calore che emanava il suo corpo, cercava con tutto se stesso di pensare a qualcosa che non gli facesse salire la temperatura corporea oltre un certo livello. 

Non sarebbe stato carino tirarsi su da quella posizione semi inginocchiata, dopo un gesto cavalleresco, con un'erezione evidente anche al chiarore della luna.

"Alessandro sotto la doccia, Alessandro sotto la doccia, Alessandro sotto la doccia!" lo sussurrava come un mantra sperando facesse subito effetto.

"Scusa non ho capito, hai detto qualcosa su Alessandro?"

"No, no scusami. Stavo cercando di ricordare se Alessandro mi avesse lasciato le doppie chiavi della sua auto."

*Che pirla!

"Prego, eccoci arrivati. Mettiti comoda. Questa è la mia barca-barra casa-barra regno. Sei la benvenuta Isabella." Con un salto si mise sulla passerella e tendendole il braccio la fece appoggiare in sicurezza per salire.

"Perché ci sono due timoni? Non ne bastava uno?"

Enrico era divertito dalla semplicità con cui Isabella gli poneva le domande, ingenue, ma allo stesso tempo da osservatrice attenta.

"Beh, sulle barche piccole la grande ruota del timone impedisce un passaggio fluido. Con due ruote il pozzetto è molto più comodo e rende la barca adatta a diverse esigenze. Sia per crociera che da regata."

Le fece strada tenendola sempre per mano e la portò sottocoperta entrando in uno spazio apparentemente piccolo all'esterno, ma assolutamente ben sfruttato e distribuito all'interno, come deve essere su una barca. 

La luce era accesa e mostrava bene un tavolo largo con divanetti sui due lati e un comodo angolo cottura. Tutto il "quadrato", con le sue eleganti finiture in legno caldo, le dava una sensazione accogliente di confort e comodità. Sul fondo si intravedeva una porta a doppio battente che portava alla cuccetta di prua.

"Wow, credevo si stesse tutti strizzati come le sardine in queste barche, invece è grandissimo qui. Mi dicevi che sono solo 11 metri di lunghezza, sicuro?"

Con una risata sincera Enrico prese a spiegarle, mentre cercava due birre nel piccolo frigorifero, per brindare alla serata e alla loro conoscenza.

"Alla tua salute Doc! È una cosa che pensa sempre chi non ha mai messo piede su una barca come questa. Si chiama "effetto loft", è un modo moderno di progettare gli interni di una barca. Si ottimizza lo spazio con degli accorgimenti che non rinuncino alla comodità di avere tutti i confort ma senza rinunciare a bellezza e a materiali di qualità. Certo, costicchia un po', ma è stato il mio sogno da sempre... e poi l'ho presa usata!"

Risero a quella spiegazione sincera, avvicinandosi per un altro brindisi facendo toccare i colli delle bottiglie.

Isabella si avvicinò al bordo del tavolo appoggiandosi delicatamente col sedere, guardando più da vicino quegli occhi castani che stavano cercando di non perdere un solo dettaglio di quel viso.

Certo che ricordare a memoria il PIN della carta per distrarsi dal respiro della dottoressa a pochi centimetri dalla sua bocca, fu la cosa più difficile degli ultimi tempi. *67893... 68973... 87693... 978... 6... 3... come cazzo era quel numero!

"Ti va di baciarmi?"

Quella frase lasciò Enrico di stucco.

Isabella aveva posato la bottiglia alle sue spalle senza guardare e non credette alle sue stesse parole quando le sentì uscire dalla sua bocca. Ma ormai era fatta e il desiderio che sentiva salirle sotto il vestito era pari solo al calore che sentì sulla schiena quando Enrico la avvicinò a lui tirandosela addosso con un braccio.

Erano ad un soffio di labbra e il respiro veloce, caldo e ritmato, non riusciva a riempire i loro polmoni a sufficienza. L'altra mano raggiunse la compagna sulla parte bassa della schiena di Isabella e la pressione delle dita completò l'opera e decretò la resa.

Le bocche si attaccarono come affamate d'aria e le mani frenetiche corsero lungo i rispettivi contorni a saggiarne la consistenza sconosciuta. Sembrava quasi che non avessero il dono della vista e che potessero capire l'altro solo col senso del tatto e del gusto.

Enrico prese fiato e cominciò in silenzio a sfilarle la giacca lasciandola cadere a terra, passò ad abbassarle le spalle del vestito accarezzandole le braccia risalendo dai polsi al collo. Isa lo lasciò fare cominciando a liberare ogni asola della maglia di lui. Quando entrambi finirono quel rito eccitante e delicato si fermarono per un attimo ad ammirare il corpo dell'altro, ormai ricoperto da pelle d'oca.

"Cosa c'è dietro quella porta?" la sua voce tremava al solo pensiero di aver indovinato cosa ci fosse.

"Il mio letto... vuoi che ci fermiamo?"

Enrico stava ribollendo e la sua pelle bruciava nonostante i pochi gradi sottocoperta, ma non avrebbe mai spinto quella creatura a fare qualcosa di cui non fosse stata sicura.

Ormai seminuda, dal canto suo, Isabella pensava solo a come sarebbe stato bello avere addosso tutto il corpo caldo di quell'uomo così intrigante e gentile. A cosa pensare, se giusto o no, ci avrebbe riflettuto domani.

"Non fermarti! ... ma solo perché voglio vedere da vicino se anche le stanze sono state progettate con l'effetto loft."

Sorrisero entrambi andando verso la cabina dove un letto matrimoniale, perfettamente incastrato, riempiva tutto lo spazio.

Finirono di spogliarsi e Isabella si accorse dell'oblò sul letto nell'attimo in cui Enrico la fece distendere lentamente al centro. La luce della luna, da lì, colpì la sua pelle nuda, ed Enrico si fece finalmente spazio dentro di lei con il cuore in tempesta.

E l'unica cosa che pensava, mentre affogava nei suoi occhi e la sentiva gemere piano sotto di lui, era che la gente sbaglia a dire che per innamorarsi ci vuole del tempo. Ora lo sapeva. A volte, per innamorarsi ci vuole solo la persona giusta.

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