Capitolo 23
-Da qui in poi dobbiamo andare a piedi.
Reb nascose il fuoristrada fra le rocce ai piedi della montagna e si girò a guardare Marco, illuminato dalla luce rossastra del tramonto.
-Cosa facciamo con lui?
Amun dava l'impressione di dormire ma i suoi occhi si muovevano frenetici sotto le palpebre.
-Non possiamo lasciarlo qui.
Marco sapeva che il veggente sarebbe stato un peso ma non potevano permettergli di restare da solo nell'auto. "Accidenti, Awen. Perché l'hai fatto venire con noi."
Il ragazzo uscì e aprì la portiera posteriore.
-Amun, andiamo. Dobbiamo salvare Arya.
Il bambino si riscosse scuotendo la testa. I suoi occhi erano assenti.
-Non ancora.
-Che intendi dire? Non abbiamo tempo. Sbrigati.
Reb lo strattonò cercando di farlo scendere dall'auto.
-Non ancora. Non ancora. Non ancora...
Più i ragazzi cercavano di convincerlo più la cantilena aumentava di volume. Alla fine entrambi si rassegnarono a lasciarlo in auto e decisero di avviarsi verso la Città Nera.
-Forse ha visto qualcosa. Oppure aspetta che il corvo torni.
Marco era riluttante a far restare Amun da solo ma sapeva che non avevano altra scelta. Reb annuì, stiracchiandosi dopo una giornata passata a guidare.
La brezza serale era rinfrescante e i ragazzi sperarono che la nottata non diventasse gelida. Uno spicchio di luna illuminava le montagne scure rendendole ancora più inquietanti e, guardandosi alle spalle, i due non videro che roccia a perdita d'occhio.
Improvvisamente Marco sentì nostalgia di casa. Non andava a trovare la sua famiglia da tanto tempo e sapere che c'era una possibilità di non vederla più gli riempiva il cuore di malinconia.
-A cosa pensi?
-Alla mia famiglia.
-Mancano anche a me.
Il ragazzo si girò verso Reb. Non l'aveva mai vista così vulnerabile. Avevano vissuto nella stessa Casa Giovanile fin dal suo arrivo in quel mondo e, per quanto ricordava, l'amica aveva sempre usato la rabbia come scudo per nascondere i propri sentimenti. Hiroshi gli aveva raccontato la storia di Reb e Marco sapeva che sotto quella corazza si nascondeva un animo fragile. Nel suo profondo la ragazza aveva paura di essere ferita nuovamente e cercava di non affezionarsi allontanando gli altri con un atteggiamento scostante.
Marco le mise una mano sulla spalla cercando di confortarla ma le parole gli morirono in gola quando sentì dei passi alle sue spalle.
Entrambi si voltarono, pronti a combattere.
-Amun. Finalmente ti sei deciso a venire.
Reb aveva nuovamente eretto un muro intorno ai suoi sentimenti e Marco decise di concentrarsi sulla missione. Era inutile rimuginare su un passato a cui non potevano tornare.
Il trio rimase in silenzio per tutto il tragitto cercando di approfittare della copertura offerta dalle rocce. La salita era faticosa e i ragazzi speravano di non incontrare nessuno. I Demoni conoscevano meglio di loro quel territorio e su sarebbero trovati in estremo vantaggio.
Il sole era ormai tramontato del tutto quando intravidero le prime case. La ferita di Reb si stava riaprendo e la ragazza faticava a tenere il passo.
-Stai bene?
Marco non voleva che l'amica crollasse quando erano ormai vicini alla meta.
-Posso continuare. Andiamo.
-Aspetta, Reb. Devi conservare le energie.
La ragazza sospirò per poi sedersi su una roccia e prendere delle bende pulite dallo zaino. Sapeva di non dover sforzare troppo il braccio ma non voleva essere d'intralcio alla missione. La vecchia fasciatura era sporca di sangue e, mentre Reb curava la ferita, Marco si rivolse ad Amun.
-Ascoltami bene. Ora dobbiamo salvare Arya e non possiamo permetterci distrazioni. Capito?
Il bambino annuì guardandolo con occhi vacui.
-Non metterti nei guai e cerca di non perderti.
-Sono pronta. Andiamo.
Reb si alzò infilandosi lo zaino, ansiosa di proseguire. Avevano già perso abbastanza tempo e ogni secondo che passava poteva essere fatale.
Il sole era ormai calato del tutto quando raggiunsero le prime case.
-Io vado a cercare dei vestiti. Tu resta qui con Amun. Non possiamo rischiare di farci catturare tutti. Se non torno entro un quarto d'ora...
-Andrà tutto bene, Reb. Ho fiducia in te.
La ragazza annuì e si avviò costeggiando il muro, con il cuore che batteva all'impazzata. Non dovette camminare molto prima di intravedere delle felpe stese ad asciugare su un balcone. Manipolando l'aria si alzò fino a riuscire ad afferrare gli abiti e, silenziosamente, si nascose in un vicolo. Quando alzò il cappuccio della felpa si sentì più al sicuro e ciò la portò ad essere incauta. Proseguendo alla ricerca di pantaloni da indossare Reb non si accorse di un bambino che la guardava stupito.
-Mamma, guarda! C'è una persona vestita di bianco!
La ragazza si girò di scatto con gli occhi spalancati. Il piccolo la indicava alla madre che, terrorizzata, prese in mano il cellulare. D'istinto Reb le tolse il dispositivo di mano con una folata di vento e iniziò a correre. Se la donna avesse avvertito le autorità anche loro sarebbero stati catturati e non avrebbero avuto modo di salvare Arya.
Cercando di orientarsi in quel dedalo di stradine la ragazza oltrepassò decine di balconi vuoti. Aveva ormai perso le speranze quando intravide delle gonne appese in alto e non esitò a spiccare il volo e afferrarle. La stanchezza le impedì di correre ulteriormente così dovette accontentarsi di camminare il più in fretta possibile verso il luogo dove la aspettavano i suoi amici. Le sue speranze di trovare dei pantaloni furono deluse ma l'espressione di Marco fu impagabile.
Il ragazzo sentì dei passi alle sue spalle e, alla vista di una figura in felpa nera, fece cadere la sigaretta preparandosi ad attaccare.
-Calmati Marco, sono io.
-Finalmente sei tornata. Mi stavo preoccupando. Cosa hai trovato?
Quando Reb gli tese la gonna Marco non riuscì a nascondere la sorpresa.
-Cosa dovrei farci? Non potevi prendere dei pantaloni?
La ragazza scoppiò a ridere godendosi lo sconcerto dell'amico.
-Non ho trovato nient'altro. E credo che mi abbiano vista.
Marco imprecò, infilandosi la gonna sopra gli abiti che aveva. Almeno avrebbero potuto mimetizzarsi meglio fra le ombre. Dopo aver indossato la felpa si accorse che quel doppio strato di vestiti lo stava facendo sudare. Fortunatamente gli abiti di Amun erano scuri e non dovettero cercare qualcosa anche per lui. Il bambino rimase con gli occhi chiusi accanto a Reb, seduta a riposare.
-Sono pronto. Andiamo.
Reb lanciò un'occhiata all'amico e non riuscì a trattenersi dal ridere. Entrambi cercarono di fare meno rumore possibile mentre si sbellicavano dalle risate. Sapevano che non avrebbero mai più rivisto Marco con una gonna e approfittarono della situazione per scaricare la tensione. L'ansia si affievolì leggermente e i ragazzi sentirono l'adrenalina nelle vene.
-Non dirlo a nessuno, va bene?
Nonostante questa frase avesse provocato un altro scoppio di risa Marco riuscì ad estorcere a Reb la promessa di mantenere il segreto.
Improvvisamente ricordò lo scopo della loro missione e tornò serio.
-Abbiamo perso troppo tempo. È ora di andare.
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