Chapter Nineteen;
Proprio quando io e la fatina rosa arrivammo dietro le quinte della sala teatro con il respiro mozzato ogni due per tre, in preda al fiatone, capii che da quel momento in poi la mia routine sarebbe cambiata per sempre: niente più prove, niente uscite extra scolastiche, e probabilmente -dato che non ci sarebbe più stato un motivo apparentemente effettivo- tutto sarebbe tornato come prima. Se non altro la normalità.
Il petto mi si chiuse in una morsa. Mi sentivo angosciata; in un certo senso non volevo che il giorno della recita arrivasse.
Perché poi... perché poi sarebbe finito tutto.
E non ci sarebbe stato un seguito, se non quello di terminare l'anno scolastico da bravi studenti (quali non eravamo) e poi intraprendere le nostre strade.
Solo in quel momento capii che, dopo quella recita, la magia sarebbe finita, e l'unica cosa che ci aspettava dopo era una grande quantità di studio e lavoro per gli esami. E la grande voglia di entrare in una prestigiosa università non mi aiutava per niente.
Ma Jae Ho ebbe il potere di risvegliarmi dai miei pensieri, scuotendomi per un braccio, cercando di farmi percepire l'ira di rabbia del professor Seo Joon -che in realtà sarei riuscita a sentira anche a chilometri di distanza. «Park Eun Chan! Ti avevo detto di andare a cercare la tua compagna, non di sparire per sempre! Per colpa tua Do Kyun sta cercando di intrattenere i genitori sul palco con delle battute del tutto pessime!», esordì, una volta arrivato vicino a noi (abbastanza da sputacchiarmi in faccia qualche goccia di saliva che, se avessi provato ad asciugare in quel momento, sarei stata linciata seduta stante).
«Ci scusi, professore», si fece avanti stranamente Jae Ho. «era rimasta chiusa nell'aula del club del professor Ta-»
Ma ovviamente le manie di protagonismo di Seo Joon non lo lasciarono finire di parlare. «Va bene, va bene! L'importante è che adesso sei qui», se ne uscì con questa frase, con tanto di gesticolazione delle braccia e delle mani. «qualcuno vada a dire a Dokyun di smetterla con quelle cose oscene!», si voltò poi di scatto verso quei poveri alunni che non erano riusciti ad ottenere una parte nella recita.
Una di loro scattò verso il tendone, per recapitare il messaggio da parte del professor Seo Joon.
Riuscimmo a sentire Dokyun schiarirsi la voce. «Molto bene. Signori e signore, credo proprio che la tanto attesa sia finita! In qualità di narratore -si spostò verso il lato del palco- vi accompagnerò durante le vicende di tre bambini e il loro personaggio delle fiabe preferito...»
Sentivo l'agitazione salire alle stelle.
Chiusi per un attimo gli occhi. Va tutto bene, Eun Chan, non devi preoccuparti.
«Va tutto bene, Eun Chan, non devi preoccuparti.», qualcuno sembrò leggermi nella mente. E costui altro non era che Kim Jae Ho, posto dietro di me. «Ci sarò io con te, quindi adesso vai», e venni letteralmente lanciata al centro del palco (con il sipario ancora chiuso, fortunatamente), a causa di una spintarella da parte di quel decelebrato, il quale adesso mi stava alzando due bei pollici in su, in segno di incoraggiamento... credo.
Il palco era decorato alla perfezione, munito di ogni minimo dettaglio.
«Se siete curiosi di cominciare, allora, -continuò Do Kyun- vi trasporterò all'interno di una storia un po'... magica; che vi farà volare! Con la fantasia, ovviamente...», la sua risata mozzò il fiato a molti dei presenti.
Vidi Jisung avvicinarsi al piccolo lettino posto al lato del palcoscenico, seguito a ruota da Jaeno; i quali interpretavano rispettivamente John e Michael, i miei adorabilissimi fratelli.
Io corsi, come stabilito settimane fa, vicino alla finta finestra.
I nostri visi vennero illuminati dalla luce di quei sottospecie di riflettori che la scuola poteva permettersi, e con noi anche tutto il palco: il sipario si stava aprendo lentamente e in un modo talmente elettrizzante che mi fece trattenere il respiro.
Poi le figure delle varie famiglie sparse qua e là ci apparirono difronte, tutte sorridenti ed impazienti di vedere cosa erano riusciti a combinare i loro figli in due mesi di preparazione.
Finché non notai anche la mia, al centro della seconda fila, telecamere in mano e saluti svolazzanti.
Erano arrivati, finalmente!
Solo che adesso sentivo una forte, terribile, ansia attaccatasi al petto. Mi sentivo come... come se in realtà fossi dentro un sogno; insomma, come se tutto quello non fosse reale.
Ma in realtà lo era, eccome se lo era.
E la dimostrazione di quello che vi ho appena detto si manifestava grazie all'urlo disumano -neanche si trovasse in un vero e proprio campo di battaglia- da parte di Jisung (oh, pardon, Michael). «Fermati subito, Peter Pan!», urlò il ragazzo, puntando l'appendino contro il povero Jaeno.
«Arrenditi tu, finché sei in tempo, Capitan Uncino!», ribatté in risposta John, saltando giù dal letto e venendo rincorso immediatamente dallo pseudo uncino e una spada di legno.
Woah... sollo allora mi resi conto di quanto i particolari rendessero il tutto così... così reale, ecco.
«Non è giusto, però! -si fermò Michael.- Capitan Uncino perde sempre! Non è un po' triste?», domandò con una nota di compassione nelle parole.
«Be'... -risposi io, finendo di sistemare degli anonimi giocattoli sopra un tappeto- ... d'altronde Uncino è molto cattivo nei confronti di Peter», le mie parole suonarono piuttosto strane. Sentivo come se stessi parlando davvero con dei bambini di cinque anni.
Jaeno non perse tempo per puntare il famoso coltellino di plastica contro Jisung. «In guardia!»
I due ripresero a rincorrersi, sembrava si stessero divertendo davvero. Al che, da dietro le quinte, si fece spazio fra i due ragazzi la figura rappresentante la madre dei tre bambini, interpretata nientepopodimeno che dalla professoressa Lee, un'arpia, per intenderci. «Figlioli -esclamò, raggiungendo Jisung e Jaeno, togliendo loro le ''armi'' dalle mani- è ora di andare a dormire, forza!», e spinse per le spalle i due fratellini fuori dalla scena, quanto a me, ignorò completamente la mia figura e corrugò la fronte verso la finta finestra disegnata sulla parete. «Oh, ma perché è aperta? Sono sicura che quando sono entrata poco fa era...», si avvicinò ad essa, con l'intento di chiuderla, ma la fermai.
«No, mamma! Lasciala aperta, lui potrebbe ritornare...», dissi, ripensando a quando avevo provato quella scena per la prima volta.
Jae Ho era scoppiato a ridere come una foca, rovinando la mia autostima.
«Lui... intendi...?»
«Peter Pan!»
La professoressa Lee mi rimboccò le ''coperte'' e sospirò. «Sai che tuo padre non vuole che racconti queste... storie ai tuoi fratelli.»
«Ma mamma, lui esiste! Vedi, lo sto aspettando perché ha dimenticato qui la sua ombra», le rivelai in tutta tranquillità, mentre lei si sollevava leggermente la gonna del vestito, perché impigliatosi su di un cagnolino di plastica che aveva portato Yi Jeong, dicendo anche di dover stare super attenti a non rovinarlo, perché gran parte della sua infanzia
«Va bene, Wendy, allora... buonanotte, e, ricordate: dormite senza aprire a nessuno, io e vostro padre questa sera saremo ad una cena di lavoro», mi sorrise. Due secondi dopo si sentì la voce esasperata di Si Hyoung urlare: «Dov'è la mia cravatta?! Tesoro, hai visto la mia cravatta?», e la signora Lee dovette recarsi dietro le quinte.
Chiusi gli occhi; per un attimo rischiai di addormentarmi sul serio, causa: l'abbassamento delle luci.
Pochi minuti.
Passarono pochi minuti prima che un rumore si propagasse per tutta la sala teatro, e Peter Pan facesse la sua entrata in scena.
Mi irrigidii non appena sentii la sua voce. «Cerca ovunque, mi raccomando», disse Jae Ho.
Si sentì il suono di un campanellino, chiaro segno che anche Jay Min si stesse muovendo in giro per il palco... non riuscivo proprio ad immaginare la sua voglia di commettere un omicidio... «Non fare rumore, intesi?»
Non ce la feci, aprii leggermente un occhio (di modo che non si notasse) e vidi Jay Min correre da qualche parte dietro le quinte, mentre Jae Ho... be', lui era bellissimo. Adesso che ci penso, non mi ero proprio accorta che quando mi era venuto a cercare fosse già nei panni di Peter...
Ma cosa sto dicendo adesso?! Eun Chan, riprenditi!
Lo vidi avvicinarsi ad un piccolo armadio da una sola anta scorrevole; come si muoveva, come reagiva... sembrava essersi completamente immedesimato nel personaggio.
Non appena lo aprì, da esso sguisciò fuori il buon, vecchio Hwiyoung (che, tra parentesi, si trattava del gemello sperduto di Jae Ho, poiché essi fossero davvero uguali in viso), il quale cercò di sottrarsi alla presa del biondino, che lo strattonò per terra e cominciò a far combaciare i loro piedi... sì, insomma, per cercare di riattaccare la sua ombra. «Ti ho trovato!»
Fu a quel punto che mi misi seduta sul letto, con un aria vagamente stordita. «Peter? Peter Pan?», spalancai gli occhi, al limite dello stupore. «Oh, sapevo saresti venuto!», esclamai contenta, scendendo dal piccolo lettino e correndogli in contro, sedendomi vicino a lui. Il quale si allontanò di qualche centimetro da me, forse un po' troppo spaventato.
«Sono venuto qui a riprendermi l'ombra», esordii il biondo, lanciandomi uno sguardo colmo di diffidenza.
«Be', sì, lo immaginavo. Certo che... come hai fatto a perderla? E' possibile perdere la propria ombra? Ad ogni modo, a me non è mai successo, ma temo che nel tuo caso bisogni ricucirla», cominciai a blaterare con la mia solita parlantina, forse l'unico punto in comune che mi ritrovavo con la vera Wendy. Afferrai al volo una scatola con ago e filo posta poco lontana da noi (come se, secondo la logica di Seo Joon, in una stanza di soli bambini, per terra, fosse normale trovare oggetti simili) e afferrai i piedi di entrambi. «Vedi, ho sempre creduto che non fossi solo frutto della mia mente. Tu esisti davvero! E, adesso che ci penso, se sei veramente reale, allora significa che anche Capitan Uncino lo-»
Il ragazzo poggiò i palmi delle mani per terra, sbuffando sonoramente e cercando di trattenere una risata. «Ma quanto parli! Sei davvero logorroica», si lamentò il vero Jae Ho, dato che ''logorroica'' non era proprio la battuta che avrebbe dovuto dire.
Mi espressi in una risatina imbarazzata. «Già... mia madre me lo ripete in continuazione.»
«Tua madre? E chi è? Quella che è uscita poco fa, seguita da quel tipo brutto, alto e col nasone?»
Stavamo entrambi letteralmente improvvisando...
«Sì, vedi, quelli sono i miei genitori...», gli intimai con lo sguardo di non pensare nemmeno di variare una sola battuta da quel momento in poi. «In ogni caso, non mi sono ancora presentata: il mio nome è Wendy! Wendy Moira Alissa Darling.»
Jae Ho annuì svogliato. «Wendy andrà benissimo», e mi sorrise.
Quel maledettissimo sorriso.
Aish.
Cercai di contenermi, schiarendo la voce. Avevo anche sbagliato di nuovo il nome cavolo! «Comunque... sono contenta che tu sia venuto qui oggi, vedi... da domani non potrò più rivederti: dovrò crescere.»
Peter spalancò gli occhi. «Crescere?!»
Annuii dispiaciuta. «Sì... la mamma ha detto che dovrò anche dare... un bacio», mi sentivo assai imbarazzata a pronunciare quelle parole.
Jae Ho aggrottò le sopracciglia. «Un bacio? Mai sentito, cos'è?»
Sì, certo... dopo quello che era successo fra noi era davvero poco credibile.
A quel punto mi portai una mano davanti la bocca, davvero imbarazzata. «Be', un bacio è un bacio!»
Viva le spiegazioni dettagliate...!
«E dove si tiene? In tasca?»
«Ma no!», lasciai andare per un attimo il piede di Jae Ho e mi avvicinai a lui.
Inizialmente io stavo cercando di tenermi ad una debita distanza; insomma, c'erano tutti i genitori fermi lì a riprendere e guardare... vi immaginate che figura?
Ma evidentemente Jae Ho non la pensava allo stesso modo, difatti mi sorrise e si avvicinò un po' più del dovuto, così che i nostri visi si trovassero alquanto... vicini.
Mi sentivo tremendamente in soggezione. «Allora?», mi incitò lui, rivolgendomi un'occhiata del tutto scrutatrice. Come se mi stesse mettendo alla prova, come avrei reagito?
E, in più, in tutto questo, Hwiyoung stava a guardarci completamente scioccobasito.
Aish, è proprio subdolo!
«Vedi... un bacio è... questo!», e, prima che lui potesse avvicinarsi di più, misi un ditale nel piccolo spazio che divideva le nostre labbra.
«Questo è qualcosa di simile a un bacio?», il ragazzo prese l'oggettino fra le mani e cominciò a scrutarlo e rigirarselo fra le dita, poco convinto; alzando subito dopo le spalle. «Be', allora voglio dartelo anch'io un bacio!», e, detta da lui, questa frase aveva uno strano effetto su di me, tanto che mi allontanai subito, ricordandomi di avere di fianco a me un numero assai elevato di persone adulte, fra cui i miei e i genitori del caro Jae Ho.
Il ragazzo la mano in aria e si sfilò dall'indice un anello. «Prendi, adesso ci siamo scambiati un bacio l'uno», lo presi al volo e trattenni una risata.
«Vedi, questo non è proprio-»
«Però, cavolo... -il ragazzo non mi lasciò finire di parlare.- ... non mi va proprio che tu cresca»
Lo osservai un po' confusa. «Come?»
«Non posso permetterlo!», si fregò una mano sul mento. «Mm... ci sono! Wendy, perché non vieni con me all'Isola Che Non C'è?»
Lo guardai confusa. «L'Isola Che Non C'è? Ma, Peter, non posso lasciare qui i miei fratelli e i miei genitori!»
«Loro sono solo una spina nel fianco», a quell'esclamazione vidi mia madre portarsi una mano al petto, con fare molto teatrale. «I genitori, intendo... facciamo che porti anche i tuoi fratelli con noi!»
In risposta, una Jay Min con uno chignon e un vestitino verde fece la sua apparizione. Inizialmente non la notai, ma non appena mi sentii afferrare per i capelli, mi ricordai improvvisamente che lei avrebbe dovuto semplicemente correre fra le braccia di Jae Ho e dimenarsi. E invece no, la ragazza aveva deciso di agire completamente di testa sua, e in un modo alquanto aggressivo. «Trilly, lasciala!», urlò Jae Ho, mettendosi in piedi e cercando di dividere Wendy da Trilly.
Ma difatti sembrava solo che io e Jay Min stessimo litigando e che lei avesse deciso di afferrarmi per i capelli.
Già...
E in tutto ciò il povero Hwiyoung dovette cercare di adattarsi ai movimenti di quello stolto di Jae Ho; poverino...
Quando finalmente Trilly mi lasciò andare, fecero la loro entrata Jaeno e Jisung, con gli occhi semichiusi e un orsacchiotto in mano da parte del primo.
Quando Michael ci vide sgranò gli occhi. «Ma lui è...»
«Peter Pan!», ci pensò John a concludere la frase per lui.
Rivolsi a Trilly un'occhiata colma di odio, mentre lei incrociava le braccia al petto frustrata.
Stavo quasi per saltarle addosso, quando mi resi conto che -se lo avessi fatto- a fine recita Seo Joon non so proprio cosa avrebbe potuto farmi, altro che Jay Min e la sua rudezza!
Cambiai completamente espressione e vidi il diretto interessato sbattersi una mano sulla fronte. Dovevo mantenere la calma...
Così mi voltai verso Jaeno e Jisung ed esclamai: «John, Michael! Peter mi ha chiesto se volessimo andare con lui e Trilly all'Isola Che Non C'è!», Jay era pronta di nuovo a opporsi, ma questa volta Jae Ho fu più veloce di lei e la fermò.
Jisung mi corse di fianco. «Possiamo... possiamo venire anche noi?»
Annuii felice. «John, tu vuoi, vero?», domandai ''al più piccolo'', sorridendogli.
«Ma allora cosa stiamo aspettando?», Jae Ho sembrava davvero pronto ad una grande avventura. «Mettetevi tutti in fila», disse, affiancandosi a me, mentre Jay Min si andava a posizionare di fianco a Jaeno, all'ultimo posto. «Tieniti forte!», esclamò poi il ragazzo, prendendomi per mano, e, avendo fatto la stessa cosa con gli altri miei due fratelli uscimmo fuori dalla scena con tanto di brillantini sparsi ovunque.
-
Come vedete questo non è l'ultimo chappy HOHOHO
Però mi tocca avvertirvi che il prossimo sarà davvero l'ultimo, ma quantomeno un po' più lunghetto~
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