Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Chapter Eighteen;

«Allora, è tutto pronto?!», sbottava il professor Seo Joon, con quella sua solita ansia e puntigliosità che non lo smentiva mai.

Ebbene sì, perché fra meno di venti minuti, sarebbe iniziata la recita.

Sognavo di dire queste parole da mesi. Eppure, nonostante tutti ci fossimo preparati alla perfezione, dando il meglio di noi, io, Park Eun Chan, diciotto anni, studentessa del terzo anno, non ero ancora mentalmente pronta.

Mi serviva più tempo; più tempo per metabolizzare.

«Eun Chan, Eun Chan! Cercavo proprio te!», Seo Joon mi si avvicinò con fare furtivo, mi prese per un braccio come se fossimo ormai grandi amici d'infanzia e si avvicinò al mio orecchio, con l'evidente intenzione di sussurrare qualcosa; qualcosa che però a me non arrivò come un sussurro, bensì come un grido così acuto da fare invidia alla più potente delle Valchirie: «MI SPIEGHI PERCHÉ NON SEI ANCORA VESTITA?!»

Sobbalzai. «I-Io sto aspettando Hyuna. Si è offerta di portarmelo, a che andava a prendere il suo», risposi, tappandomi il punto dolorante con una mano. Guarda tu se devo diventare sorda per colpa di questo vecchio bacucco!

Lui prese a passarsi insistentemente una mano sulla fronte sudata. «E adesso dov'è?»

Aggrottai un sopracciglio. E io come faccio a saperlo? Avrei tanto voluto rispondere, peccato che la mia indole da brava ragazza non avrebbe mai permesso di rovinarmi la reputazione proprio il giorno della recita. Difatti, dalle mie labbra uscì solo un: «Non lo so, professore», il che si rivelò scavarmi la fossa con le proprie mani.

Infatti Seo Joon spalancò gli occhi (forse per rabbia, o forse perché in quel momento avrebbe tanto voluto trovarsi alle Hawaii, anziché alla prima di una recita che faceva tanto da bambini di sei anni). «E cosa stai aspettando?! Vai a cercala! Aish, mi verranno i capelli bianchi per colpa vostra!»

«Ne!», saltai sull'attenti e cominicai a correre fuori dalla sala teatro, sotto gli sguardi attoniti di quelle poche famiglie, sedute in prima fila. Della mia, invece, alcuna traccia. Che strano, eppure mia madre non stava più nella pelle di filmare ogni minima scena da quando le ho detto che avrei interpretato il ruolo di Wendy.

Ma non era questo il momento di farsi trasportare via da altri pensieri; la mia mente adesso doveva concentrarsi nel trovare quella testa di gallina di Kim Hyudecidodisparireproprioilgiornodellarecitaperchéricevereattenzioni24oresu24nonmibastaNa.

Arrivata fuori la porta, pensai. Dovevo ragionare: dove si poteva trovare una persona come Kim Hyu Na agli sgoccioli della recita?

Cercai nelle classi del nostro piano, nei bagni, domandai di lei a quei quattro alunni che giravano per i corridoi, ma nessuno sembrava averla vista.

Volatilizzata nel nulla.

Era veramente la prima volta che mi preoccupavo per lei; insomma, a conti fatti, doveva interpretare Giglio Tigrato e, se non l'avessi trovata, non solo Seo Joon mi avrebbe mangiata per cena, ma nessuno avrebbe potuto prendere il suo posto!

Non so, magari era così arrabbiata per il fatto di non aver ricevuto il ruolo di Wendy che si era rifiutata di partecipare, ma -se così fosse stato- non poteva dirlo un po' prima?!

Mi fermai davanti una porta, in preda al fiatone. «Hyu Na, questo è l'ultimo posto dove posso cercarti. Se non sei neanche qui, allora sappi che sei veramente un essere orribile per aver cercato di sabotare questa recita!»

E, ignorando con molta delicatezza la scritta posta in alto "Gucci&Cucito", afferrai la maniglia con quanta più forza avevo in corpo, la tirai giù e spinsi la porta in avanti per aprirla.

Per un attimo ci sperai; ci sperai davvero che in quella classe si trovasse quell'oca di Hyu Na, ma -ahimè- non era così. Evidentemente nella mia vita passata dovevo aver ucciso il re di Joseon, per meritare questo, altrimenti proprio non me lo spiego. «Yah! Kim Hyu Na dove diamine sei finita?!»

Ma la sola cosa che riuscì a catturare la mia attenzione fu il vestito celeste di Wendy, poggiato malamente su uno dei tavoli.

Mi avvicinai e lo sfiorai con le dita. Aish, che seccatura...

Poi un'idea malsana mi passò per la testa.

Cominciai a guardarmi intorno... Ragioniamo, sono tutti in sala teatro occupati con gli ultimi ritocchi... per risparmiare tempo potrei indossare il costume! Ci metterò un attimo.

Così -solo dopo essermi assicurata di aver chiuso la porta- mi sfilai via la divisa che giusto in quel periodo cominciava a venirmi più larga e scivolai dentro quella sottana da notte che invece, per merito di Jong Suk, mi calzava a pennello.

«Auch, non riesco a salire la zip», borbottai tra me e me, contorcendomi nel migliore dei modi, ma non riuscendo nel mio intento. «Aish!»

Poi un rumore familiare arrivò alle mie orecchie.

Un rumore molto familiare.

Simile... simile ad una porta che viene chiusa a chiave, ecco.

Ma lì per lì non ci feci molto caso, intenta com'ero a cercare di non far scivolar via il vestito.

Poi ci fu di nuovo.

E fu lì che mi preoccupai seriamente.

Mi voltai di novanta gradi perfetti verso la porta. «No», dissi a me stessa. Doveva essere stata per forza un'allucinazione.

Forse avevo le travecole.

O magari... magari gli ultimi mesi in compagnia di quella capra rosa mi avevano dato alla testa...

Continuai a convincermi di questo, fermandomi non appena raggiunsi la porta. Non ci pensai due volte, provai ad aprirla ma...

No, forse è meglio dire che per i successivi cinque minuti provai a tirarla, buttarla giù, scagliandomici contro.

Ma niente.

Proprio niente.

«Yah, c'è qualcuno?!», cominciai a sbattere dei pugni contro la porta. «C'è nessuno? Vi prego, aprite!»

Mi stavo davvero facendo prendere dal panico. E fortunatamente non ero né asmatica, né claustrofobica, la stanza era molto grande, per cui l'ossigeno non mi mancava.

Il cuore cominciò a martellarmi forte nel petto.

Non avevo neanche il cellulare, dato che Seo Joon ce li aveva confiscati tutti non appena avevamo messo piede in sala teatro.

E così rimasi lì, incapace di buttare giù la porta, con in mente tremila pensieri su quanto ancora questa giornata potesse peggiorare.

E se una cosa era sicura, quella era che dietro tutto quello ci stava solo e unicamente una persona, che era riuscita a tendermi una trappola, in cui io ero riuscita a cadere come una stupida.

🎭🎭🎭

«Impazzirò... IMPAZZIRÒ», continuava a lamentarsi Seo Joon, incapace di portarsi le mani ai capelli. «Prima sparisce Hyu Na... poi Eun Ha!»

Bogum, il suo braccio destro, si apprestò a correggerlo. «V-veramente si chiama Eun Chan, professore.»

«E tu che vuoi?! Fa silenzio prima che ti faccia salire sul palco con il vestito di un albero!»

«Ma io faccio un'aiuola!»

«Non contraddirmi! Ahh, dov'è Jae Ho? Almeno lui è qui?»

«Eccomi, Seo Jonnie!», il biondo si avvicinò al più grande tutto saltellante e contento. Nessuno aveva mai visto Jae Ho più pimpante di così.

«Vieni qui, non voglio smarrire anche te», Seo Joon lo portò al suo fianco.

Finché una figura non si avvicinò ai tre, portando le mani in avanti, come se gli si stessero scagliando contro. «Fermi, fermi, fermi... che succede qui? C'è Capitan Song a risolvere tutti i problemi!»

«Guai a te se sbagli durante la recita: è Uncino!», lo minacciò Seo Joon, con uno strano tic all'occhio.

«Sì, sì, come dici tu», Kyung Il lo ignorò prontamente. «Quanto manca alla mia apparizione?»

Di fianco a lui, Ji An roteò gli occhi. «Volevi dire all'inizio della recita».

Ma Kyung Il sembrava proprio dicesse veramente. «No, alla mia apparizione».

«Sentite, non lo so! Senza attori la recita non si può fare!», esplose Seo Joon, lanciando in aria dei fogli, per poi strisciare le mani sul viso, proprio come nel L'urlo, il quadro di Munch.

Poi scorse un bagliore di speranza entrare dalla porta nascosta, che portava in un corridoio diviso da un enorme separé, per nascondere tutti i preparativi alle famiglie che, nel frattempo, si erano accumulate ed avevano preso posto con in mano già le videocamere. «H-Hyu Na!»

La ragazza si avvicinò al professore a passo sculettante -come suo solito- fermandosi solo dopo aver visto gli sguardi alterati e preoccupari dei suoi compagni. «Presente!» e lo disse con tanta di quella spigliatezza che Jay Min l'avrebbe squartata viva seduta stante.

Seo Joon le si avvicinò tutto contento ed elettrizzato. «Mia cara Hyu Na! Sei qui, che cosa... adorabile, -non sembrava proprio convinto delle sue parole- dov'è Eun Chan?», domandò poi, con occhi sognanti. Sperando in una risposta.

Che però non arrivò.

«Ed io dovrei saperne qualcosa?»

Ciò lasciò tutti con l'amaro in bocca.

Seo Joon incarnò un sopracciglio, cambiando totalmente espressione. «Significa che non lo sai?.» ma la sua non era una domanda... era più un'esclamazione colma di odio.

«Io sono andata a prendere il suo vestito, ma quando sono arrivata...»

Attimi di tensione...

«Insomma, quando sono arrivata al club del professor Tao la porta era chiusa», affermò in fine, con molta naturalezza.

Il primo ad allarmarsi fu inevitabilmente Jae Ho. «In che senso chiusa?!»

Hyu Na si innervosì. «Chiusa significa chiusa!»

A quel punto intervenne Yi Jeong. «Intende... con la chiave, Hyung».

«So cosa significa, idiota! Ma non hai sentito se c'era qualcuno dentro?», si rivolse poi alla ragazza, la quale si stava svogliatamente osservando le unghie.

«Non lo so... io mi sono allontanata subito», sguardi confusi ed espressioni vuote. «ho provato anch'io a cercarla ma non sono riuscita neanche a trovare il mio vestito!»

Seo Joon sembrava come bloccato. «... MA MANCANO DIECI MINUTI ALLA RECITA!»

«Aish, io vado a cercarla!», e così anche Jae Ho si mise a correre in direzione del prmo piano.

Probabilmente si sarebbe perso anche lui.

«Aspetta!», poi una figura totalmente inaspettata sbucò fuori dal nulla. «Vengo con te, in due abbiamo più possibilità di trovarla».

«Tu?!», sputò acido Jae Ho. «Fatti da parte, Jong Suk, posso farcela da solo».

Seo Joon si strinse il setto nasale con forza e nervosismo. «Va bene, va bene! Andate voi due, ma fate presto!»

Così, dopo essersi scambiati un'occhiata colma di odio represso, i due si cimentarono fuori dalla sala teatro con in mente un solo pensiero: trovare Park Eun Chan.

🎭🎭🎭

Chiusa lì, dentro quelle mura...

Fra utopie e curiosità.

Senza mai, neanche un solo giorno, di felicità...

Stavo in quella stanza da ore, ormai...

Va bene, non scherziamo, erano più o meno una quindicina di minuti, ma -si sa-, il tempo scorre sempre alla velocità che gli pare e, per me, quei miseri quindici minuti, sembravano anni e attimi interminabili.

E quando tutto sembrava ormai segnato: non avrei più partecipato alla recita e così tutto si sarebbe rovinato a causa mia... o di quell'oca di Hyu Na... ecco che un altro pensiero malsano (l'ennesimo) mi passò per la mente.

Con le lacrime ormai agli occhi mi misi in piedi e presi a guardare la porta con odio. Poi assunsi una posizione di attacco e indietreggiai; mi sarei scagliata contro quella porta, costi quel che costi, tanto ormai avevo provato la qualunque, quindi cosa mi restava di fare?
Provai anche a saltare dalla finestra... inutile dire che stavo al primo piano e di sotto mi avrebbe accolta una bella piscina a braccia aperte: con quale faccia mi sarei presentata in sala teatro completamente bagnata fradicia?!

E pensai: al mio tre, prendi una bella rincorsa e ti lanci.

«E uno...», il cuore riprese a sbattere contro lo sterno del petto.

«E due...», scacciai via le lacrime di disperazione.

«TRE!», e lanciando un urlo stile this is Sparta corsi a tutta birra verso la porta, senza nessun rimpianto.

Ma proprio nel momento in cui la mia faccia si trovava a ben venti centimetri da quella che mi divideva dalla via della libertà, una voce mi richiamò.

Che fosse frutto della mia immaginazione?

No, ero uscita fuori di testa, ma fino a un certo punto...

Ma, allora, chi era che esclamava il mio nome con il respiro quasi mozzato?

« Eun Chan! Eun Chan-ah ti prego, dammi qualche segnale!»

Sarei riuscita a riconoscere quella voce anche da sorda.

Ma... perché proprio lui?

Mi fermai, spiaccicando la mia guancia sulla porta e biascicando qualche parola incomprensibile. «S-sono qui!», urlai poi, riuscendo a richiamare la sua attenzione. «Vi prego, venite a salvarmi!»

Riuscii a sentire i passi pesanti fermarsi dietro la porta. «Eun Chan-ah, stai bene?», domandò di getto lui, poggiando le mani sulla lastra di legno che ci divideva l'uno dall'altra.

Le lacrime di gioia ritornarono su. «S-sì! Sto bene», esclamai, portandomi le mani al petto.

«Adesso ti tiro fuori, allontanati da lì, intesi?», la sua preoccupazione per me riusciva a farmi sentire in qualche modo importante.

Lo so, non aveva assolutamente senso, ma era così... lui mi faceva questo effetto.

E anche se era da poco che avevamo cominciato a riprendere confidenza, be', ero comunque felice.

Mi spostai di lato, il più lontano possibile dalla porta; sarebbe riuscito a buttarla giù? In fondo stavamo palando di lui...

La risposta alla mia domanda arrivò dopo qualche secondo. Ebbene sì, un attimo prima la porta era ben collocata nei cardini, insomma, una cosa abbastanza normale direi, e -due secondi dopo- questa cadde al suolo come se fosse, non so, cartongesso. E la sua figura si resse in piedi a stento.

Spalancai gli occhi.

Ce l'aveva fatta, eccome!

Una volta aver ripreso l'equilibro, il ragazzo si voltò e mi corse in contro. La scena sembrava proprio quella di un film anni settanta, a rallenty e con una musichina strana di sottofondo.

Io ero impaurita, certo, ma allo stesso tempo meravigliata (forse per la prima volta in tutti quegli anni...).

Poi, senza neanche rendermene conto, le sue braccia si avvolsero intorno alle mie spalle e la sua mano premette il mio capo sul suo petto, quasi... ecco, sì, quasi avesse avuto paura per me. «Ti ho trovata, finalmente...», disse affannato.
Da quella posizione riuscivo a sentire il suo cuore battere veloce, quasi come se avesse corso una maratona.

Mi dovetti ricredere su di lui...

Sì, l'avevo sempre detto che il signor Pil Mo era il migliore!
.
.
.

Va bene, sto scherzando!

Dopo qualche minuto passato in quella posizione, senza neanche smuoverci, il ragazzo mi allontanò di qualche centimetro, giusto quanto bastava per riuscire a vederlo in volto.

E fu lì che capii.

Tutti quei baci rubati.

Quegli sguardi fugaci.

E le sue frecciatine.

Io desideravo stare con Jae Ho a qualunque costo.

«Come hai fatto a trovarmi?», domandai, trattenendo l'istinto di abbracciarlo di nuovo.

Il biondino mi guardò con dolcezza.

Non era proprio nel suo stile; ma forse era proprio la situazione ad avere quel non so che di surreale.

Mi gettò uno sguardo fugace e allora, solo allora, mi ricordai di avere ancora il vestito mezzo aperto.

Lo so che teoricamente le sottane non hanno zip, però vaglielo a spiegare a Tao.

Mi prese per una spalla e mi voltò con tanta di quella delicatezza che sentivo che sarei potuta svenire di feels seduta stante. Poi prese la zip fra l'indice e il pollice con altrettanta lentezza, mentre il suo respiro arrivava caldo a sfiorarmi la schiena, e il suo sguardo ricedeva chissà dove. «Eun Chan-ah», diceva nel contempo, con una voce così dannatamente scura che quasi mi stupii delle sue corde vocali. «Se ti dicessi cosa mi passa per la testa vedendoti con questo vestito addosso, cosa faresti?»

Spalancai occhi e labbra. «Yah, sei un maniaco!», mi voltai di scatto verso di lui, coprendomi non so per quale motivo il petto con entrambe le braccia.

Lui scoppiò inevitabilmente in una sonora risata. «Sto scherzando, pabo!», e mi spinse la fronte indietro con un dito. «Adesso dobbiamo andare, ci stanno aspettando tutti», e mi afferrò il polso, tornando ai suoi soliti modi rozzi che non lo abbandonavano mai. Ma, prima di correre verso l'uscita e respirare finalmente un'altra aria, (decisamente più pulita di quella che avevo respirato fino a quel momento) la mia testa decise di riportarmi alla mente le parole di una Song Jay Min ubriaca fradicia, in una sera di inverno. «Quando un ragazzo dice ''sto scherzando'', in realtà ti ha detto la verità.»

-

Penultimo capitolo...

STO PIANGENDO

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro