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~Il giocattolino del fantasma~

Apro lentamente gli occhi. Mi ritrovo distesa sul pavimento, sono congelata. Intorno a me c'è un gran casino, tra i fogli sparpagliati, i pennelli ancora sporchi di tempera che hanno macchiato ovunque, e briciole di cibo che non ricordo di aver mangiato. Ho fame. Mi metto seduta, ho i capelli raccolti in quella che un tempo deve essere stata una treccia, le labbra sono secche e qui si sveglia anche la mia sete. Ieri, dopo quella sfiancante discussione, sono salita in camera mia e mi ci sono chiusa dentro tutto il tempo.

Non ho neanche salutato mia madre dopo essere tornata da lavoro.

Raccolgo i fogli sparsi per terra, sono solo schizzi confusi proprio come la mia mente da un paio di giorni a questa parte.

Controllo l'ora, è tarda mattinata.

Mi infilo una felpa mentre ignoro il disordine ed esco dalla stanza, sicura di non incontrare mia madre.

A quest'ora è sicuramente già a lavoro. Spero di non incontrare mia sorella, in quel caso non so come potrei comportarmi.

No, non sono arrabbiata con lei. Probabilmente la ignorerei e basta.

Arrivata in cucina regna il silenzio più totale. Sul frigo c'è un post-it di mia madre, lo riconosco dal colore viola: 'spero tu abbia dormito bene, buona giornata!'. Ce n'è un altro, è rosso, è di May: 'sono a casa di Sarah, non torno per pranzo'. Li prendo tra le mani, li accartoccio e li getto nel cestino. Perché sarà uscita? Voglio dire, dovrei essere io quella che si rifiuta di vederla e non lei. Mi fa rabbia. O forse mi da solo fastidio non averla trovata qui.

Mi siedo su uno degli sgabelli con davanti un bicchiere di latte e dei biscotti al cioccolato. Ho bisogno di dolcezza, quanta più me ne possano dare questi triangolini marroni.

Per quanto cerchi di non pensare a quello che è successo ieri, tutto continua a tornarmi in testa, portandomi all'esasperazione. Non vedo davvero l'ora di uscire da questa situazione. Per certi versi sembra così facile ma per altri così difficile, vorrei solo riuscire a fare chiarezza. 

Quando sto per bere un sorso di latte, qualcuno suona al campanello una sola, breve volta. Cerco di scorgere la figura dal mio posto ma, nonostante le grandi finestre, non vedo niente e nessuno.

Sbuffando, mi alzo e mi dirigo verso la porta; dallo spioncino vedo solo il mio giardino e la strada deserta.

Apro ugualmente la porta e mi affaccio mentre il vento gelido mi arriva in volto.

Guardo a destra e a sinistra. Nessuno.

Faccio un passo in avanti per avere una visuale più ampia e, solo quando il mio piede sbatte contro una piccola scatola, mi rendo conto di non essermi immaginata il suono del campanello.

La prendo tra le mani, lentamente, e poi torno in casa chiudendomi di scatto la porta alle spalle.

È tutta marrone e sigillata con dello scotch; la scuoto un po' ma è difficile immaginare cosa ci sia dentro dal rumore che produce.

Dopo averci pensato non molto, decido di aprirla.

Inizio a sbirciare al suo interno. La prima cosa che trovo è un biglietto bianco con sopra una scritta rossa: 'spero aiutino a distrarti'.

Sotto ci trovo un set di 6 tubetti di colore con affianco dei pennelli apparentemente nuovi. Li poso sul tavolo una volta accortami che sotto c'è dell'altro. Questa volta è una busta, ancora una volta tutta bianca, sopra c'è scritto solamente il mio nome, in rosso.

Mi batte forte il cuore mentre la apro, ma sembra fermarsi quando ho tra le mani il suo contenuto: una mia foto mentre sono affacciata alla finestra di camera mia.

È di ieri notte, o forse di ieri sera, ho addosso gli stessi abiti di ora, meno la felpa che ho messo stamattina, e i capelli raccolti in una...treccia. Sembra sia stata scattata dal giardino di casa mia. Questo vuol dire, tralasciando il suo essere inquietante, che all-

I miei ragionamenti vengono interrotti dallo squillo del cellulare. Lo afferro con uno scatto veloce guardando per mezzo secondo il display: è un numero sconosciuto. Rispondo immediatamente.

«Buongiorno Roxenne», dice una voce maschile e familiare. È di nuovo quel maledetto ragazzo della festa, quello che non sentivo da un po'. 

«Il regalo è da parte tua?», domando. 

«Si, ti piace? Ho pensato di mandarti un pensierino per distrarti un po' da tutto quello che ti sta succedendo. Brutta situazione, dico davvero. Credo che, se fossi stato il tuo ragazzo, quell'Andrew l'avrei ucciso». Il suo tono ironico è odioso

Ho le dita che stringono il telefono e tremano leggermente.

Come diavolo fa a saperlo?

Possibile che sappia tutto quello che è successo quella sera, con Andrew?  

«Se fossi stato in te, ieri ci sarei tornato a scuola. Ti conviene affrontare questa situazione il prima possibile, le voci girano e molte sono davvero delle-grandi-stronzate», la sua voce mi ricorda il sibilare dei serpenti. Fa paura quando evita risolini e ironia. 

«Adesso ti metti a darmi consigli?», chiedo rimanendo il più calma possibile.

«Io ci tengo a te Roxenne, anche se sicuramente non mi crederai. È un peccato che quel tuo amichetto...come si chiama... Alan, vero? È un peccato che tu non gli abbia permesso di spaccare la faccia a quel verme».

Mi pietrifico.

Sa praticamente tutto, ogni piccola cosa di quella sera, ogni dettaglio, anche i più insignificanti, lui li conosce. E mi chiedo fino a che punto le sue conoscenze si spingano... 

«So a cosa stai pensando. Tranquilla, non ti seguo ogni secondo della mia vita, semplicemente ho le conoscenze giuste, nei posti giusti, al momento giusto. Quindi rasserenati, saprò sempre tutto di te. Prova a guardare il lato positivo: non devi stancarti per raccontarmi che ti accade, perché tanto lo so già».

Mi prendo un secondo per fare un respiro profondo, poi parlo: «Quindi il tuo giochetto sta continuando... e io che pensavo ti fossi stancato. Quindi ricapitolando, prima ci provi con me a una festa, poi ci incontriamo a un bar, poi mi chiami mentre sono a scuola e ora mi fai addirittura delle fotografie? Non so te, ma questo mi sa tanto di stalking».

Parte una sonora risata. 

«Io? Uno stalker? No, cara, essere un stalker significa tutt'altro. Semplicemente sono un tipo che si annoia e che vuole divertirsi un po'. Tu sei solo il mio giocattolino, capisci?».

«Sei solamente un pazzo senza cervello. Parli di te e del tuo giochetto, ma questo tutto mi sembra tranne un gioco. Sono solo stronzate sparate da un idiota», sputo acida.

«Forse hai ragione, ma è la pazzia a renderci liberi. E poi... stronzate dici? Non mi impegnerei così tanto solo per delle stronzate...», l'ironia attraversa ancora le sue parole e sembra trattenere una risata. 

«C'è una cosa che mi chiedo: perché esporti così tanto? Voglio dire, perché farti vedere da me? Perché chiamarmi? Perché farmi sentire la tua voce? Sai quanto ci metto a risalire a te grazie a questa telefonata e ala tua descrizione?», provo a intimorirlo anche se sono la prima a non credere alle mie parole. 

«Non si può risalire a me, non con un telefono che non mi appartiene. E in più, quale descrizione? Quella di una ragazza ad una festa e poi a un bar? Mettitelo in testa carina, non riuscirai a trovarmi. Io sono un po' come un fantasma che puoi vedere solamente se è lui a decidere di mostrarsi a te. Vedimi così. Tu sei il giocattolino del fantasma». 

Sto per dire dell'altro quando la telefonata si chiude e lui sparisce ancora una volta. Getto il telefono sul tavolo che, strisciando, finisce per cadere.

Non posso credere che stia realmente succedendo tutto questo. Prima il ritorno di Alan e James, poi il rapporto tra me e Alan che continua solo a peggiorare, poi Andrew e ora questo pazzo che mi sta addosso.

Prima non gli ho dato molto peso, ma ora tutto cambia con la foto e il suo controllo totale delle mie mosse. 

Vorrei inquadrarlo meglio ma ciò so non mi basta. 

È arrivato il momento di risolvere questa gigante situazione, un po' per volta. 

Partendo da Andrew.

~•~•~•~•~•~•~•~•~•~
Salve a tutti!

Più si va avanti più le cose si complicano... riuscirà Roxy a sistemare tutto?

Spero vi piaccia!!

Firma: Blonde ✨

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