Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 5. In mezzo a tutti i miei sbagli

Regrets collect like old friends
Here to relive your darkest moments
I can see no way, I can see no way
And all of the ghouls come out to play

***

Passare del tempo insieme a mio padre è una delle cose che preferisco di più, perché io e lui abbiamo un rapporto speciale, un'intesa particolare, che fa di noi due complici perfetti. Sono sempre stata la preferita di papà, anche se lui non vuole darlo a vedere. Ma io lo so, e questo basta.

«Piccola Grace, qualcosa ti turba». La sua non è una domanda, ma un'affermazione. Mi passa un braccio attorno alla spalla, tirandomi più vicino a sé. Abbiamo appena parcheggiato la macchina e ci stiamo dirigendo verso l'entrata dell'autodromo. C'è un mare infinito di persone, tantissimi colori che si confondono tra loro: il rosso, l'arancione, il blu. Mio padre sta indossando un cappellino della McLaren, è sempre stata la sua scuderia del cuore. Io invece sono una delle poche ad avere addosso vestiti "normali", a tratti noiosi: un paio di jeans a zampa di elefante davvero comodissimi e una maglietta a maniche corte bianca.

«Io e Tom vogliamo andare a vivere insieme e stiamo cercando casa», gli faccio sapere. Mio padre si ferma di colpo, facendo fermare anche me. Rimaniamo così, uno di fronte all'altra, mentre attorno a noi la gente continua a camminare, alcuni probabilmente sono contrariati dal fatto che ci siamo piantati in mezzo ai piedi. Mio padre mi continua a guardare, con la mascella serrata e i suoi occhi chiari, di ghiaccio. «Papà...» lo chiamo dolcemente, lui accenna un sorriso, incurvandosi nelle spalle. Tom non gli è mai piaciuto e non ha mai fatto finta del contrario. Sapendolo, ho ridotto al minimo gli incontri tra di loro, ma le poche volte che si sono visti...beh, mio padre non si è mai risparmiato. Sa essere freddo e sbrigativo quando vuole. Quindi, non mi aspettavo una reazione diversa da parte sua alla notizia che io e Tom stiamo pensando di andare a vivere insieme, ma vedere la sua espressione, che è un mix tra delusione e fastidio, mi uccide.

«Non sembri particolarmente felice», dice soltanto.

«Io...» sospiro, mordendomi il labbro. «Io ho dei dubbi», ammetto. Mio padre sembra rilassarsi, come se gli avessi appena dato la notizia più bella del mondo. Non riesco a fare a meno di ridere.

«Che c'è?» chiede lui, aggrottando la fronte.

«Potresti almeno fingere che ti dispiaccia un pochino».

«Ma a me non dispiace affatto», fa sapere. «Di cosa dovrei essere dispiaciuto, poi? Hai dei dubbi e questo significa che in cuor tuo sai anche tu che Tom non fa per te. Non fare niente di avventato, non fare qualcosa perché credi di doverlo fare», mi consiglia, prendendomi per la spalla e facendomi appoggiare la testa contro il suo petto. «Grace, l'amore non mette dubbi, ma dà certezze». Mi stringo a lui, avvolgendogli la vita con le braccia e ispirando a fondo il suo profumo, che è lo stesso da quando ho memoria. Papà sa di casa, di protezione, di amore. «L'unica cosa che voglio è che la mia bambina sia felice», mi sussurra tra i capelli. «Hai ventotto anni, non credo di poterti dire cosa fare e cosa invece no, quindi prendi quello che ti sto per dire come un consiglio: lascia perdere quel Tom, quello giusto arriverà. Quello al quale penserai sempre e non vorrai altro che vivere ogni singolo momento, bello o brutto che sia, insieme. Devi avere pazienza, tesoro». Annuisco piano, perché ha ragione. Sentirmi dire queste parole è come sentir parlare la mia coscienza.

Lascia stare Grace, non fare stronzate!

«Che dubbi hai?» Sollevo la testa, così da poterlo guardare negli occhi. Lui rimane in attesa, con l'espressione furba e un sorriso dolce sulle labbra.

«Lo sai, la nostra relazione non è mai stata stabile, ci siamo lasciati e poi ripresi molte volte. Negli ultimi mesi abbiamo litigato spesso e...»

«Spero niente di grave», interviene, serio. Scuoto la testa, rassicurandolo, anche se beh...forse una o due volte ha alzato un po' troppo la voce e ho seriamente avuto paura che potesse andare a finire male tra di noi. Ma non posso dirlo a mio padre. Impazzirebbe!

«Anche se ci siamo riconciliati, io credo che qualcosa si sia rotto tra di noi, ma lui dice che dobbiamo darci una possibilità, che andare a vivere insieme, costruendo una vita tutta nostra, ci farà superare ogni ostacolo». Mio padre scuote la testa, facendo schioccare la lingua contro il palato, in un evidente segno di disappunto. Merda, non voglio rovinare la nostra giornata con le mie paturnie. Cerco quindi di recuperare. «Andiamo, non possiamo starcene qui tutto il giorno», dico, staccandomi da lui e prendendolo per il braccio, così da farmi seguire verso l'entrata. Sembra un po' dubbioso, questo non riesce proprio a nascondermelo, ma mi sorride.

Aspettiamo il nostro turno per mostrare i biglietti e poi andiamo alla ricerca dei nostri posti, che sono nella tribuna proprio di fronte alla linea di partenza. Oltre, si intravedono i box dei piloti ed io non riesco a fare a meno di allungare il collo e sbirciare.

«Cerchi qualcuno?» chiede mio padre, inarcando un sopracciglio. Sposto lo sguardo su di lui, facendo cenno di no con la testa, freneticamente. Lui non sembra bersela. Pazienza. «Beh, io vado a prendere qualcosa da bere. Che cosa vuoi?»

«Una birra, grazie», dico io.

«Allora due birre». Mi fa l'occhiolino mentre si alza. Io gli sorrido. Appena rimango da sola ne approfitto per controllare il cellulare, che non guardo da stamattina. Trovo dei messaggi nella chat di gruppo che ho con Naomi e Michael. Sono delle risposte alla foto insieme a mio padre che ho inviato prima di partire per Silverstone. Devo decisamente fare una premessa prima di farvi addentrare in questa chat. I miei hanno avuto me e mio fratello Gregor (di due anni più grande) da giovanissimi. Avevano vent'anni, quindi adesso che io ne ho ventotto e mio fratello trenta, loro ne hanno cinquanta. E si sa...i cinquanta sono i nuovi trenta. Tutto questo per dirvi che mio padre viene parecchio apprezzato dai miei amici. Ha un fisico ancora tonico, va a correre e quando riesce gioca a tennis (ha provato a far giocare anche me...missione fallita!). Certo, ha qualche ruga e i capelli brizzolati, ma è un uomo con un certo fascino...a detta dei miei amici.

Chat di gruppo: I tre Moschettieri

Michael: Signor T., mi faccia quello che vuole. Anzi, la prego!

Naomi: Questa volta mi sento di concordare con Mich.

Naomi: Gi, tuo padre più invecchia e più è bello...ma com'è possibile?!

Michael: #DILF

Grace: Davvero inopportuni e sfacciati!

Michael: Delle vere ragazzacce! Colpevoli.

Naomi: Ma ti vogliamo bene, lo sssssai!

Naomi: Stasera a cena da me?

Grace: Io ci sono!

Michael: Appuntamento al buio...insomma, se gli ho visto solo il cazzo è al buio, vero?

Naomi: Irrecuperabile.

Naomi: Gi, ti aspetto. A dopo tesoro.

Michael: Ancora una volta: colpevole!

Grace: A dopo, fate i bravi. xx

Scorrendo le altre chat vedo che mi ha scritto mia madre, dicendomi di avvertire appena arrivati, quindi lo faccio subito. Nessuna risposta invece da parte di Tom, al quale ho scritto il buongiorno, avvisandolo che ero in partenza. Intuisco che è rientrato tardi e che probabilmente sta ancora dormendo. Scorrendo oltre vedo che ho alcune chat con i colleghi di lavoro e...oh, un messaggio da parte di Daniel.

Daniel: Buongiorno Dottoressa Turner, è già arrivata?

Con mani un po' tremanti decido di rispondere, dandomi però prima un'occhiata attorno, come se qualcuno potesse capire con chi mi sto scrivendo.

Grace: Pronta per l'azione, proprio davanti alla linea di partenza!

Oltre al messaggio decido di mandare anche una mia foto. Dio, ma tutto questo è così poco professionale! Beh, ormai è troppo tardi: la foto l'ho mandata. Sono ancora intenta a guardare il mio cellulare quando attorno a me sento un boato generale. Alzando lo sguardo mi rendo conto che Daniel Ricciardo si è appena affacciato oltre la grata che divide la pista dai box e sta salutando. Non credo lui mi veda, ma io vedo lui e non riesco a fare a meno di sorridere.

«Ma cos'è questo casino?» chiede mio padre, passandomi uno dei due bicchieri di birra.

«Un pilota sta salutando», rispondo vaga, indicandolo con un cenno di testa.

«Oh, ma è Ricciardo!» fa lui, alzando la mano e salutando con entusiasmo insieme a tutti gli altri. Io rimando dove sono, bevendo un lungo sorso dal mio bicchiere e pulendomi poi le labbra dalla schiuma. Il telefono mi vibra nella tasca dei jeans.

Daniel: Mi dica che era in mezzo a tutta quella gente che ho appena salutato...perché era lei che volevo salutare.

Daniel: Solo lei.

Oh Dio, questo è molto peggio che guardare un tramonto insieme ascoltando i Rolling Stones! Sospiro, cercando di darmi un contegno. Non posso rispondere, non dopo quello che mi ha appena scritto. E che cosa dovrei dire? Sì, sono qui, terrò gli occhi solo su di te? Non se ne parla nemmeno!

Ricaccio in tasca il cellulare, decidendo di dedicare il resto del tempo a mio padre. Cerca per l'ennesima volta di spiegarmi le regole, commentando tutto quello che succede da quando inizia la gara alla fine. Passiamo una bella giornata insieme e quando arriva il momento di salutarci, sotto casa mia, ci scambiamo un abbraccio che dura tantissimo e che vorrei potesse durare anche di più.

«Abbi cura di te, piccola Grace», mi dice.

«Farò del mio meglio, papà», lo rassicuro.

«Sai che se hai bisogno basta che chiami, io arrivo». Sì, lui arriva sempre, come quando andavo alle elementari e stavo male, lo chiamavano e lui mi veniva a prendere. Chiedeva mezza giornata al lavoro e stavamo insieme, finché non mi sentivo meglio. Mio papà ha questo bellissimo dono: riesce a curare ogni mia ferita, profonda o superficiale che sia.

Quando ormai sono arrivata in casa, con il telefono stretto nella mano, decido di mandargli un messaggio, ringraziandolo ancora per la bella giornata. Non posso ignorare il fatto che io abbia nuovi messaggi, alcuni mi sono arrivati poco fa. Sono di Daniel. Mi ha scritto anche Tom. E così, rimango a guardare le mie chat, ad osservare il nome di Tom, sotto quello di Daniel. Il mio dito scorre, e poi si ferma.

Grace: La psicologa ha bisogno di una psicologa.

**

«Non dici niente?» chiedo.

«Io...Grace, sapevo che c'era qualcosa che non mi dicevi, ma non credevo che...allora, fammi capire se ho capito».

«No dai, Naomi, ti prego!» Lei mi fa segno di stare zitta, portandosi il calice alle labbra e bevendo tutto il contenuto. Insomma...metà bicchiere!

«Hai iniziato delle sedute con un nuovo cliente, che poi hai scoperto essere Daniel Ricciardo, un pilota di Formula Uno. Non me ne volere, io nemmeno sapevo chi fosse prima d'ora! A quanto pare però è tipo famoso, ricco, bello e pure tanto complessato quanto te! Bingo. L'uomo perfetto per la nostra Dottoressa Turner». Faccio una smorfia, infastidita dal modo in cui sta distorcendo la realtà dei fatti, comunque la lascio fare. «Vi piacete, perché è ovvio...insomma, ho visto come ti ha guardato quella volta, quando l'hai incontrato al ristorante. E poi vi scrivete, tu l'hai invitato da te a vedere il tramonto, IL TRAMONTO!, lui ti ha lasciato delle rose...Dio, ma davvero qualcuno fa ancora queste cose?!»

«Io non sono sicura che sia stato lui a lasciare quelle rose e...»

«Erano tre», dice.

«Sì».

«E il suo numero è il tre. Inoltre, mi hai detto che ha una rosa tatuata sulla mano. Che cosa ti serve di più per capire?!» Alzo le spalle, sospirando. «E come se non bastasse...oggi ti ha chiesto di poterti vedere dopo la gara!» Già, questo me l'ha scritto via messaggio nel pomeriggio, probabilmente una volta finite tutte le interviste e quant'altro. è stata Naomi ad aprire la chat con Daniel, da sola non avrei mai avuto il coraggio di farlo.

«Naomi, è un mio paziente. Tutto questo è sbagliato!»

«Ma lui può anche trovare un altro psicologo...un'altra come te invece dove la trova?!» Sospiro ancora, passandomi le mani tra i capelli.

«Okay...poniamo che io, sì, che io impazzisca del tutto e decida di mollarlo come cliente per darci una possibilità. C'è ancora il discorso Tom».

«'Fanculo Tom!»

«Non ho risposto ai suoi messaggi. Mi ha scritto che vorrebbe andare a vedere un'altra casa domani», faccio sapere alla mia amica, sospirando.

«E quindi cosa, Gi? Vai a vivere con lui? Continui a pensare ad un altro mentre costruisci una vita finta e infelice? Non fare la scema. La prima cosa da fare è parlare con Tom. Digli che non provi più le stesse cose, che fare quel grande passo che secondo lui dovrebbe sistemare tutto tra di voi non è la soluzione». Rimango in silenzio, mordicchiandomi una pellicina. Naomi si riempie nuovamente il bicchiere e beve avidamente, come se fosse lei quella in crisi e non io.

«Sì, hai ragione, devo parlare con Tom. E poi, poi che faccio? Dico a Daniel che non posso più continuare ad essere la sua psicologa perché siamo andati troppo oltre e...sì, insomma, dovrei dirgli che mi...»

«Ti fa bagnare le mutandine? Sì!» Mi lascio sfuggire una risata, felice che l'atmosfera si sia un po' alleggerita. Capisco che avevo davvero bisogno di parlare con qualcuno e adesso che l'ho fatto, che mi sono tolta il peso di ciò che provo per Daniel Ricciardo e come mi fa sentire.

Ma siamo fatti per vivere solo brevi momento di tranquillità.

Verso le undici e mezza lascio casa di Naomi, dirigendomi a piedi verso il mio appartamento, che non è molto distante, circa dieci minuti a piedi. L'aria è fresca, il cielo è sereno. C'è sempre qualcuno in giro in una città come Londra, che sia giorno o notte. Quando però arrivo nei pressi del palazzo in cui abito mi rendo conto della presenza di un'unica persona, che sembra aspettare...proprio davanti al portone. Avvicinandomi sempre di più capisco che è...

«Tom?» lo chiamo. Alza la testa, distogliendo lo sguardo dal suo cellulare e mettendolo in tasca. Con due velocissime falcate è di fronte a me.

«Ma dove sei stata? Non mi rispondi né ai messaggi né al telefono! Ti sto aspettando qui fuori come un coglione da quasi un'ora! Non trovo più le chiavi di casa tua», fa sapere, serrando la mascella. Ha l'espressione seria, i lineamenti duri come se fosse una statua di bronzo. Con i suoi capelli mossi color miele e la linea della mascella perfetta, poco ci manca che assomigli al David di Michelangelo.

«Ero da Naomi», dico semplicemente, alzando le spalle. Faccio per passargli accanto, così da raggiungere il portone, ma vengo bloccata. Mi prende per il braccio e rimaniamo così quasi spalla contro spalla, così vicini da sentire il suo respiro addosso.

«Oh, davvero? Perché non mi rispondi al telefono?»

«Lasciami, mi fai male», sussurro, osservando come le sue dita si stringono sempre più forte all'altezza del polso. Cerco di farmi indietro, ma lui mi strattona, tirandomi contro il suo petto.

«Mi stai prendendo per il culo, Grace?» chiede, inclinando la testa di lato e guardandomi attentamente. I suoi occhi si muovono frenetici su ogni particolare del mio viso. Sembrano come impazziti. Scuoto la testa, non riuscendo a fare altro, come paralizzata. Ho il cuore a mille. Vorrei dirgli di lasciarmi andare, ma so che non lo farà. E allora me ne sto ferma e zitta. «A me invece sembra che tu mi stia prendendo per il culo. Perché prima mi dici di voler costruire una vita insieme a me, di voler prendere casa insieme e poi te ne stai chissà dove, con chissà chi!»

«Ti ho detto che ero da Naomi!» sbotto. La sberla che mi arriva dritta in faccia è veloce e inaspettata. Spalanco gli occhi mentre finalmente indietreggio. Tom rimane immobile, le sue labbra leggermente socchiuse. Ci guardiamo, io da dietro le lacrime che cominciano a scendere copiosamente sulle mie guance. E brucia, come sale sulle ferite, dove mi ha colpito. Ma ancor di più mi sento bruciare dentro, mi sento piccola e sporca, come se fossi io quella che sta sbagliando.

«Grace, amore, scusami io...» esordisce lui, cercando di avvicinarsi nuovamente. Scuoto la testa, evitandolo in ogni modo e scappando verso il portone. Mi tremano le mani mentre prendo le chiavi e apro, ma riesco a farlo prima che lui mi possa raggiungere. Faccio le scale con il fiato corto e il cuore in gola, piombando in casa e chiudendomi dentro.

Piango forte, riempendo il silenzio, ancora al buio, appoggiata al muro. Una debole luce che proviene da fuori illumina un pezzo di divano in sala, che raggiungo, lasciandomi cadere di peso. La borsa mi cade a terra e riesco a sentire la vibrazione del mio telefono, che ho in qualche tasca interna. Non la sopporto, mi fa saltare i nervi. Devo spegnere il cellulare.

E mentre lo faccio, così da tagliare fuori Tom e le sue scuse, mi arriva un messaggio; è di Daniel. Lui, lì in mezzo a tutti i miei sbagli, che si riflettono su un uomo che non sa amarmi, che non mi ha mai amata e che stasera me l'ha dimostrato definitivamente.

Daniel: Il suo silenzio mi fa capire che ho esagerato e mi dispiace. La verità è che quando si tratta di lei, dottoressa Turner, perdo un po' il controllo. Mi dimentico chi sono io e chi è lei. Non voglio metterla in una situazione scomoda, com'è già avvenuto. Non voglio che si trovi costretta a dirmi che non possiamo più vederci, ne morirei. Ho bisogno di parlarle di me, lei è l'unica con cui ci riesco. Non le scriverò più, non la cercherò. Sarà solo il martedì, ogni martedì. Ed io lo aspetterò come si aspetta il venerdì, quando la settimana lavorativa è finita e ci si può riposare. Lei è il mio riposo, senza diventerei irrequieto com'ero prima che iniziassimo le sedute. Spero lei possa accettare le mie scuse. A martedì prossimo.

La mezzanotte è passata da una manciata di minuti, quindi è già lunedì. E domani sarà venerdì anche per me, Daniel. Ma come dirtelo?



Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro