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Capitolo 2. Qualcosa di nuovo

I get a little bit nervous around you
Get a little bit stressed out when I think about you
Get a little excited
Baby, when I think about you

***

«Buongiorno Dottoressa Turner», mi saluta Alice, la segretaria, non appena arrivo. La sua scrivania è posta fuori dai vari studi che ci sono sul piano. Oltre al mio c'è anche quello di Sofia, con la quale ho frequentato insieme l'università. Poi c'è lo studio del Dott. Marcus, un ometto sulla sessantina troppo gentile per essere veramente così gentile, oserei dire a tratti irritante. Alice si occupa della parte amministrativa e degli appuntamenti, ha preso il posto della Signora Marina, che è andata in pensione lo scorso Settembre.

«Buongiorno Alice», la saluto a mia volta, fermandomi davanti al bancone e guardando nella cassettina in cui solitamente mette la posta. Ci sono alcune buste per Sofia, ma niente per me. Le rimetto in ordine, spostando lo sguardo sulla ragazza, non appena mi rivolge la parola.

«Ha fatto qualcosa di nuovo ai capelli?» chiede. Mi porto istintivamente una mano ai capelli, sistemandoli meglio dietro all'orecchio.

«No, in realtà no», ammetto.

«Beh, comunque trovo che stia molto bene stamattina. Sarà forse la camicetta o il rossetto, non saprei», dice lei, alzando le spalle. Le sorrido, decidendo semplicemente di ringraziarla e dandomela a gambe levate il prima possibile. Mi chiudo nel mio studio, appoggiandomi alla porta. Prendo un respiro profondo, sentendomi improvvisamente davvero stupida.

Questa mattina mentre mi stavo preparando sono rimasta davanti all'armadio per più di dieci minuti, indecisa su cosa mettere. Mi sono guardata allo specchio più del dovuto, cambiando per ben due volte il rossetto. Mentre lo facevo sapevo esattamente il perché lo stessi facendo, ma adesso che ci ripenso mi sembra assurdo. E davvero, davvero inappropriato!

È martedì, il che significa che questo pomeriggio avrò appuntamento con Daniel Ricciardo. Questo ha in qualche modo a che vedere con il fatto che mi sia messa in tiro? Vorrei poter dire di no. È tutto così assurdo che mi metto a ridere mentre mi incammino verso la mia scrivania. Prima di sedermi apro la finestra, fa già caldo e sono solo le nove del mattino. Mi lego i capelli in uno chignon veloce, prendendo gli occhiali da vista dalla borsa e mettendomi davanti al computer.

Dopo aver controllato le mail e aver risposto ad alcune di queste, mi dedico a riordinare i fascicoli dei pazienti, finendo su quello di Daniel. Non c'è ancora molto e quel poco che c'è lo conosco già a memoria. Decisamente inappropriato.

Qualcuno bussa alla porta, entrando ancor prima che io possa rispondere. Chiudo velocemente la pagina del PC che sto guardando, alzando lo sguardo e fingendo un sorriso.

«Ehi bambola!» mi saluta Sofia. «Andiamo a prenderci un caffè? Ne ho decisamente bisogno, considerando che alle undici ho la signora Robinson».

«Sì, ne hai decisamente bisogno», confermo, essendo a conoscenza di quanto la signora Robinson possa essere...invadente. Un pomeriggio ha chiamato Sofia ben undici volte!

La raggiungo, chiudendomi la porta alle spalle e la seguo verso l'ascensore. Sotto il nostro ufficio c'è una caffetteria, ed è per questo motivo che siamo praticamente delle caffeinomani! Ci sediamo al solito tavolo, io davanti ad un caffè americano e lei con una tazzina di espresso in mano.

«Lavorare d'estate è uno strazio», dice lei sospirando. «Non vedo l'ora di essere alle Barbados. A non fare niente. Davvero: niente!» Rido, portandomi la tazza alle labbra e prendendo un sorso. «Tu dove andrai in vacanza?» chiede.

«Io, Naomi e Michael andiamo una settimana in Scozia. Poi credo che starò un po' dai miei».

«E Tom?»

«Già...Tom», sussurro, mordendomi il labbro. Vi ricordate quando ho detto che è assurdo che mi sia messa in tiro solo perché nel pomeriggio vedrò Daniel? Ecco, aggiungete il fatto che mentre io stavo scegliendo i vestiti, sotto la mia doccia c'era Tom. Abbiamo passato la notte insieme. Ieri sera è venuto da me per parlare, ma siamo sempre stati più bravi a stare zitti. C'è stato un tempo in cui amavo fare tutt'altro che parlare, ma le cose cambiano ed è palese che qualcosa tra me e lui si è inevitabilmente rotto. Finire a letto insieme è stato grandioso per il tempo di un orgasmo, poi lui si è girato dall'altra parte e ha cominciato a russare. Sono rimasta sveglia a chiedermi cosa diavolo sto facendo e soprattutto perché lo sto facendo. Mi sono addormentata davvero scombussolata e mi sono svegliata allo stesso modo, trovando nel pensiero dell'appuntamento pomeridiano con Daniel una via di fuga.

«Quando si parla di Tom è sempre tutto molto...complicato», ammetto con un sorriso amaro. Sofia mi sorride di rimando, spostando poi lo sguardo sul suo telefono, che si illumina quando le arriva un messaggio.

«Scusami, è Jamie», mi fa sapere, scrivendo un messaggio. «Oh sì a proposito, Daniel è venuto da te? Daniel Ricciardo», precisa, come se ce ne fosse bisogno.

«Oh sì, sì», dico annuendo e nascondendomi subito dopo dietro alla mia tazza.

«Daniel è davvero un ragazzo speciale, mi sarebbe tanto piaciuto potergli dare una mano ma siamo troppo in confidenza e non sarebbe stato professionale. Però sono sicura che con te si troverà bene...sicuramente meglio che con Marcus». Sofia ride, toccandomi il braccio. Rido anch'io, ma per cercare di mascherare il fatto che sono nervosa quando si parla di Daniel.

«Tesoro, devo andare, però ti scrivo», mi fa sapere, alzandosi. Ci salutiamo, quindi lei ritorna in studio ed io decido di rimanere e finire il mio caffè. Troppo distratta, o forse per qualche ritorno karmico, finisco per versarmi il caffè sulla camicetta. Mi affretto ad asciugare la macchia, correndo in bagno e aggravando la situazione quando ho la brillante idea di provare con un po' di sapone per le mani.

«No, no, no», cantileno, continuando a tamponare con la carta. Provo anche a mettermi sotto l'asciugamani elettrico, ma alla fine mi rimane sulla camicetta un'enorme macchia marroncina.

Sempre per qualche ritorno karmico, appena ritorno in ufficio, Alice mi fa sapere che un paziente ha chiamato e ha chiesto di poter venire prima di pranzo, perché a detta sua è un'emergenza. Non mi faccio nemmeno dire di chi si tratta, troppo occupata a trovare una soluzione al disastro che ho combinato. Un quarto d'ora dopo la mia camicetta è ancora sporca e quando bussano, capisco che devo fare il prossimo incontro così, volente o nolente. Ne approfitterò della pausa pranzo per andare a casa a cambiarmi.

Aprendo la porta mi ritrovo davanti Daniel. Daniel Ricciardo. Alle undici e mezza del mattino. Nel mio studio! Okay, oggi non è decisamente la mia giornata.

«Buongiorno Dottoressa Turner», mi saluta, entrando.

«Buongiorno», bisbiglio.

«Mi scusi per il poco preavviso, avevo proprio bisogno di vederla». Lo seguo con lo sguardo mentre si va a sedere sulla poltrona, imbambolata e con la mano ancora stretta attorno alla maniglia. Appena ritorno in me mi affretto a chiudere la porta, andandomi a mia volta a sedere sulla mia poltrona.

«Spero non sia successo niente di grave», dico, prendendo il mio quaderno e scrivendoci la data e il nome del paziente. Alzando la testa mi accorgo che Daniel sta guardando la mia camicetta e cerco di coprire la macchia con la mano, come se potesse servire a qualcosa. «Caffè», lo informo.

«Due cucchiai di aceto bianco e poi in acqua tiepida per una notte. Si fidi, funziona!» Sorrido sentendo le sue parole e mi sistemo meglio gli occhiali sul naso in un gesto che mi tradisce, perché palesa quanto sia tesa. «Comunque no, niente di grave, però la volevo davvero vedere e allora ho detto alla segretaria che fosse urgente».

«Ma avevamo appuntamento oggi pomeriggio», gli ricordo alzando un sopracciglio.

«Mi perdoni, le prometto che non succederà più».

«Come sta?» gli chiedo improvvisamente, facendogli capire che non deve preoccuparsi e che non sono affatto infastidita di averlo qui. Beh, in realtà non so se lui questo lo capisce...

«Stamattina mi sono svegliato e mi sono chiesto cosa sto facendo e perché lo sto facendo». Oh beh, quindi siamo in due. «Nel senso, ho superato i trenta e credo di sentirmi pronto per qualcosa di più stabile. Non sto parlando solo di una stabilità emotiva. Forse ho bisogno di fermarmi un po', di costruirmi una routine e capire cosa si prova nell'annoiarsi a fare sempre le stesse cose».

«Quindi? Vuole ritirarsi?»

«Potrei farlo», dice alzando le spalle.

«Ma correre è l'unica cosa che riesce a farla stare bene, me l'ha detto l'altra volta». Daniel abbozza un sorriso, annuendo.

«Già, ed è proprio questo il problema», ammette. «Perché le cose che amiamo il più delle volte finiscono per distruggerci?» mi chiede. E, wow, cavolo, davvero pensa che io possa avere una risposta a questa domanda?

«Signor Riccia-».

«Mi può chiamare Daniel? Sentirmi chiamare signor Ricciardo è davvero troppo starno e mi fa sentire vecchio», dice. «C'è tempo per essere un Dilf».

«Daniel, lei non ha bisogno di mettere in pausa il suo lavoro, non è quello il problema, ma anzi io credo che sia la sua valvola di sfogo. Tutto ciò che momentaneamente non va nella sua vita non ha niente a che vedere con il suo lavoro. È normale che superati i trenta si cerchi un affetto stabile e un posto dove costruire il nido della propria famiglia. Credo inoltre che la mancanza della sua famiglia, che è sempre così lontana, le faccia pesare ancora di più questa situazione». Daniel annuisce, abbassando la testa sulle proprie mani. «C'è qualcuno nella sua vita?»

«Ci sono anche fin troppe persone nella mia vita», dice con una smorfia. «Lo scorso fine settimana sono andato ad un brunch, a casa di un amico, insieme a questa ragazza stupenda che avevo incontrato la sera prima. Siamo finiti per fare sesso, poi la mattina dopo quando l'ho trovata ancora nel mio letto ho avuto la brillante idea di portarla con me. Tutti gli altri erano insieme ai loro "affetti stabili", persino Jamie e Charles adesso hanno una relazione e glielo assicuro...è assurdo!» Scrivo velocemente quello che mi dice, rendendomi però conto che mancano delle cose.

«Aspetti, aspetti!» lo fermo. «Mi parli un po' dei suoi amici. Quelli che c'erano al brunch».

«Il brunch era a casa di Lando, anche lui corre in Formula Uno. Da qualche mese a questa parte ha una relazione con Chase...e Chase è un ragazzo davvero adorabile, non si può non volere bene a Chase! Oltre a loro c'erano anche Carlos e Valerie, che dicono di non piacersi ma in realtà si piacciono eccome e prima o poi, sì credo che prima o poi, finiranno per innamorarsi. Sa, uno di quegli amori costernati da litigate, che però non fanno altro che rafforzare il rapporto. E poi c'erano Jamie e Charles, che hanno iniziato la loro relazione basandola su un malsano accordo di cui non ho voluto sapere i punti, ma doveva solo trattarsi di sesso e basta. E adesso stanno insieme. Intendo, insieme per davvero».

«E la ragazza con cui era?»

«Si chiama Barbara, è bulgara e fa la modella...ehm...non le ho più risposto ai messaggi dopo quel giorno», mi fa sapere.

«Daniel, ma lei si sente davvero pronto a mettersi in gioco? Intendo dire, crede di saper gestire una relazione? Perché ha trent'anni e si comporta come se ne avesse diciassette e infinite possibilità. Okay, forse Barbara non è quella giusta, ma non le ha nemmeno dato una possibilità. Deve avere la pazienza e la tenacia di costruire un rapporto, che non deve necessariamente iniziare con il sesso!»

«Questo è un modo gentile per dirmi che rimarrò da solo?»

«Non dica sciocchezze!» lo rimprovero, scuotendo la testa. «Non siamo fatti per stare da soli, ma non siamo fatti nemmeno per stare con chiunque». Sollevandomi gli occhiali sulla testa gli lancio un'occhiata, finendo per osservare alcuni dei suoi tatuaggi, chiedendomi il significato dietro ad ognuno di essi.

«Comunque se ha bisogno di staccare questo è il momento giusto, è estate e può andare ovunque lei voglia. Quindi, chiuda gli occhi», gli suggerisco e lui lo fa all'istante. «Adesso immagini il posto perfetto dove andare in vacanza. Il primo posto che le viene in mente».

«Una spiaggia», sussurra. «Le onde altissime e una tavola da surf».

«Sembra grandioso», ammetto. «Si prenda un po' di tempo per sé, Daniel. Approfitti della pausa estiva per andare a fare surf su una spiaggia deserta, all'alba. Se impara a stare bene con se stesso, allora sarà molto più semplice stare insieme a qualcun altro e lo avvertirà subito il bisogno di quel qualcun altro!»

La nostra ora finisce, ce ne accorgiamo entrambi, io mentre chiudo il mio quaderno e lui dando un'occhiata veloce all'orologio. Ci alziamo, avvicinandoci alla porta e fermandoci prima che riesca ad aprirla.

«Mi stavo chiedendo se-», esordisce Daniel, attirando la mia attenzione, «se...potessi chiamarla ogni tanto, quando sento il bisogno di parlare con qualcuno. Così eviterei di precipitarmi qui». Incrocio le braccia al petto, lasciandogli una lunga occhiata e sospirando.

Sto per cacciarmi in un mare di guai e ne sono consapevole!

«D'accordo, mi chiami pure».

«Allora ci vediamo settimana prossima», dice abbassando la maniglia.

«A settimana prossima», confermo, appoggiandomi alla porta non appena esce. Lui si gira, sorridendomi e facendomi un cenno con la mano.

Sì, mi sto per cacciare in un mare di guai.

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