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Capitolo 4

Adoro la sera, quando sono distesa sul mio letto rinchiusa in camera, con lo stereo che trasmette varie tipologie di musica. Non ho ne artisti preferiti e ne cazoni a cui tengo di più, ognuna ha i propri pro e contro.
Ad esempio la musica punk, è bella, orecchiabile e i significati che trasmette sono spettacolari, ma quando la ascolto mi da un senso di stanchezza e rilassamento allo stesso tempo.
Quella rock o pop è normale, ti sveglia e ti tormenta, ma a volte le parole non hanno uno scopo preciso da trasmettere a chi l'ascolta.
Infine la tectonica o musica da discoteca, a me piace, ti da energia e non so perché, mi mette di buon umore, ma è troppo chiassosa e ripetitiva.
Questi sono solo opinioni da parte di una ragazza che passa serate ad ascoltare musica continuamente, ma non sono ne un'intenditrice e ne una che sa qual'è giusta e non, ognuno ha i propri gusti. Comunque io di tutto ciò sento solamente i significati e le parole che cantano questi artisti.
A volte possono essere tristi o felici, altre possono suscitare divertimento o relax, ma maggiormente sono tutti brani nati dopo un periodo difficile per sfogarsi o dopo un momento di pazzia.

Le persone sono proprio strane.

Mentre continuo ad ascoltare la musica, facendomi come al solito domande sulla vita(lo so, sono una persona molto complicata), sento di leggeri mugolii vicino le gambe e qualcosa strusciandomi, provocandomi un leggero solletico.
Black sta strofindando il suo muso sul mio fianco, graffiando i pantaloncini del pigiama con le zampette.
Black è un gattino bianco, di circa 2 anni molto dolce e tenero. Vi starere forse chiedendo: perché chiamare nero un gatto bianco? Bhe, non lo so ecco perché le persone sono strane!
Mia madre mi aveva chiesto di scegliergli il nome, con la prima cosa che mi passasse per mente e l'unica cosa che vedevo era il nero.

Mi piego per accarezzarlo e me lo ritrovo subito tra le braccia, accoccolandosi meglio sul mio grembo. È come un batuffolo di pelo che si muove.

-Ehi Black, hai fame?- gli chiedo amorevolmente, continuando ad accarezzarlo, infatti come risposta ricevo un miagolio.

Mi alzo dal letto e mi dirigo in cucina, facendo attenzione a non sbattere contro qualcosa, ma arrivata alla soglia c'è qualcosa che mi blocca: mia madre che canta le canzoni di un cantante americano rap...
Purtoppo la mia sonora risata spaventa il gatto e la mamma credo, visto che sento cadere le posate per terra.

-Tesoro, mi hai messo paura!- mi rimprovera, ma tanto so che non riesce a trattenersi dal ridere anche lei.

-Scusa mamma, ma sei stonatissima!- le dico, facendole una linguaccia e correndo ad abbracciarla.
Adoro mia madre, è una persona buona e generosa, però non solamente con me, ma anche con gli altri. Ogni volta che qualcuno è in difficoltà, lei lo aiuta senza pensarci due volte, è come un eroina per me.

-Siediti a tavola che tra poco ceniamo!- mi dice, per poi rimettersi ai fornelli.

Non fa bel tempo, la pioggia e le nuvole hanno oscurato questa bella giornata di Settembre. Odio la pioggia, è triste e da un senso di solitudine.
A scuola gli studenti non sono così energici come il primo giorno e questo mi rattrista molto. Francisco stranamente è felice come al solito, chissà come fa ad avere sempre così energico.

-Ehi chica torpe, che racconti?- mi chiede il ragazzo in questione, durante l'ora di matematica.

-Sei un ragazzo che chiacchiera durante la lezione, eh?- gli faccio una domanda a mia volta, ignorando la precedente.

-Non proprio direi, è solo che non mi piace la matematica!- mi risponde.

-A me piace, strano però, sei bravissimo in tutte le materie anche se sei qui da solo 6 giorni- dico, continuando ad ascoltare la lezione.

Eh si, Francisco non ha ancora capito che sono ceca, durante l'intervallo ho cercato di evitarlo per tutto il tempo per non farmi accorgere.
Non mi piace essere trattata diversalmente dagli altri pure da lui. Non mi piace essere considerata come una ragazza che ha bisogno di sostegno o altro, riesco benissimo a cavarmela da sola, non esiste solamente la vista come senso.

-Mi spieghi cosa significa chica torpe? È strano come soprannome, io mi chiamo Sopghia- gli chiedo, scarabocchiando il quaderno.

-Ragazza buffa- risponde semplicemente, facendo una leggera risata.
Amo come ride, è un suono magnifico. È qualcosa di contaggioso che strasmette simpatia e sensualità, nello stesso tempo, mi fa dimenticare tutte le mie preoccupazioni e mi lascia un piccolo sorriso sulle labbra ogni volta.

-Tu sei completamente pazzo!- lo prendo in giro, sottovoce, ridendo.

-Mai quanto te, chica torpe-.

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