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[3] Wedding In Wayne Manor

La notizia dell'imminente matrimonio del Principe di Gotham aveva destato non poco scalpore.

Lo scapolo della città per antonomasia aveva deciso di sposarsi, tutti i giornali locali lo riportavano.

Alcuni scherzavano sul fatto che fosse ora, altri ipotizzavano l'identità della sposa. Qualcuno suggeriva che si trattasse di una qualche nobildonna straniera conosciuta in uno dei suoi viaggi in Europa o in Asia, certi parlavano di una cameriera (un bel finale da favola, no?), c'era persino chi insinuava che non si trattasse di una lei.

Nessuno sapeva veramente di chi si trattasse dato che Bruce Wayne non aveva detto nulla, il miliardario avrebbe preferito non farne un affare di stato, anzi avrebbe preferito tenere la faccenda ben lontana dai mass media.

Tuttavia, quando il loquace Richard Grayson si era recato dal Commissario Gordon per domandargli di consegnare alla figlia di questi un certo invito, aveva parlato un po' troppo e ad alta voce. Fortuitamente, in centrale c'erano alcuni reporter che mai si sarebbero fatti sfuggire un'esclusiva di tale calibro. E così, in capo a ventiquattro ore, tutta la comunità gothamita era venuta a sapere che in capo ad un paio di mesi ci sarebbe stata una nuova signora Wayne.

. . .

Quei pochi mesi di preparativi erano trascorsi in un battito di ciglia.

. . .

Il rito nuziale era iniziato. Dopo parecchia indecisione, la coppia aveva deciso di seguire quello cattolico.

Il giovane Damian Wayne osservava in silenzio la cerimonia.

Il prete parlava, suo padre e Selina Kyle, in ginocchio, rispondevano. Di quando in quando, anche il resto della platea recitava certe formule.

Il ragazzino, invece, si comportava come un automa: si alzava e si sedeva con gli altri, ma era completamente estraniato da sé. Era circondato da persone raggianti, le conosceva pressoché tutte, chi più chi meno. Si trovava tra Grayson e Todd, ma era come se non ci fosse nessuno. Non c'era nessuno che avesse conosciuto prima di compiere dieci anni: quelli che conosceva da più tempo, non li aveva mai incontrati prima di poco meno di quattro anni addietro.

In quella chiesa piena di gente vestita a festa, per lo più membri della Justice League, il tredicenne si trovava quasi a disagio.

"Vi siete davvero commossi?" domandò in un sussurro Jason voltandosi verso lui e Richard ad un certo punto.

Damian rabbrividì e strinse i pugni. "Io non mi commuovo, Todd!" sibilò. Che Dick fosse sul punto di mettersi a frignare era perfettamente plausibile. Terribilmente aspettabile dalla donnicciola che era. Ma non capiva perché Todd non avesse posto la domanda solamente al fratello maggiore.

Si portò una mano al volto e con sommo stupore realizzò di avere le guance umide.

A quel punto si sfregò di scatto gli occhi con il dorso della mano in modo tale da asciugarli.

Jason trattenne a stento una risata nel guardare Damian. Non poteva credere a quello che vedeva. Stava piangendo? No, non era possibile. Il figlio di Batman, il nipote di Ra's Al Ghul che non voleva ammettere di essersi commosso ad un matrimonio?

Poi realizzò.

Non erano lacrime di commozione. Il ragazzino stava assistendo al matrimonio di suo padre con una donna che non era sua madre.

"Ehi, moccioso. -gli sussurrò- Hai una faccia peggiore del solito. Credo che tutto l'incenso ti stia irritando le vie aeree... Andiamo a prendere una boccata d'aria?"

"Io non... -il minore s'interruppe, comprendendo improvvisamente quello che il fratello adottivo stava facendo per lui- Sì, credo che mi serva un po' d'aria fresca..."

Discretamente, i due lasciarono i propri posti nei banchi ed uscirono dall'edificio. Una volta fuori, si sedettero sui gradini e Damian disse due semplici parole che lasciarono l'altro attonito per qualche secondo.

"Ti ringrazio..." gli servì un certo sforzo, ma la sua sincerità era evidente.

"Posso chiederti cos'è successo senza incorrere in danni permanenti?"

"Tt... Non lo so nemmeno io che mi è preso..." sbuffò incrociando le braccia al petto.

"È normale avere paura. Almeno una volta nella vita capita a tutti."

"Non a me... Io sono stato cresciuto per essere perfetto!"

"Nessuno può essere sempre perfetto... Anche io ho avuto paura, molte volte..."

Il tredicenne mostrò di essersi messo in ascolto e il ragazzo sulla ventina continuò.

"Quando mi sono ritrovato da solo, per strada, ad esempio, ero poco più giovane di te ed avevo paura. Quando ho realizzato di essere vicinissimo alla morte, ero terrorizzato..."

"Io... Potrei avere... Un vago senso di timore circa il futuro..."

"Quale aspetto del futuro?"

"Lo so che ormai è impossibile, ma nutro ancora il desiderio di vedere i miei genitori insieme..."

"Solo questo?" insistette Jason. Non voleva psicanalizzarlo, desiderava solo aiutarlo: il ragazzo non poteva avere quell'aria da funerale il giorno del matrimonio del padre.

Aveva conosciuto Talia Al Ghul, nel senso biblico del termine, e solo l'Ispiratore della Bibbia avrebbe saputo dire cosa gli avrebbe fatto Damian, se mai fosse venuto a conoscenza di ciò, ma non era quello che importava, non al momento. In quel momento Talia era l'unica figura materna che il ragazzino avesse mai avuto, non la madre modello, ma pur sempre sua madre: era normale che un figlio desiderasse vedere i propri genitori insieme.

"C'è dell'altro... -ammise Damian- Se mio padre dovesse avere un figlio da Selina, cosa ne sarebbe di me? Sarei solo uno dei figli o conterei ancora qualcosa per lui?"

"Bruce non smetterebbe mai di amarti: non l'ha fatto con me, nonostante tutti i casini che gli ho creato, un nuovo fratello non potrà mai strapparti il tuo posto nel suo cuore..."

Il minore non disse una parola.

"Guarda il fatto positivo -aggiunse Jason- con Selina come mamma potrai avere tutti i gatti che vuoi."

Il ragazzo fece un mezzo sorriso.
"Padre mi aveva chiesto se volessi portare io gli anelli nuziali, prima di chiederlo a Cassandra."

"E ti senti in colpa per aver rifiutato?"

"No... Ma aver accettato sarebbe significato accettare anche il loro matrimonio... Ed io non l'ho fatto..."

"E sai dire perché non l'hai accettato?"

"Non lo so e non mi importa..."

"Davvero?"

"Sì. No... È una che ha detto Jonathan..."

"Ovvero?"

"Quando mio padre ha chiesto al suo di fargli da testimone al matrimonio, Jon mi ha detto qualcosa come 'Avrai una nuova mamma! Non sei felice?'. Ad essere sincero, prima che lui me lo facesse notare, non avevo realizzato che Selina sarebbe entrata a far parte della mia vita a tal modo... Credo che sia questo a... A spaventarmi... Io ho già una madre..."

Jason sbuffò sonoramente. "Per quanto simili come parole, madre e mamma esprimono due concetti completamente differenti..."

"Tt. Che vorresti dire? Sono due parole perfettamente interscambiabili..."

"Se è così, perché non chiami mai tua madre 'mamma'?" insistette il giovane uomo dando una riaggiustata al ciuffo di capelli grigi.

L'altro si ritrovò incapace di rispondere.

"Madre esprime il semplice legame di sangue. Mamma, -sospirò- mamma è la figura a cui ogni bambino tiene di più, è la persona che sa sempre consolarti, che sa darti tutto il proprio amore senza motivo, è la prima parola che quasi tutti i bambini imparano. La mamma non deve per forza essere tua madre."

"Come puoi dirlo?"

"Quand'ero bambino mia mamma è morta, ero piccolo, a stento capii cosa fosse successo. Ho scoperto diversi anni dopo che la mia vera madre era un'altra donna. L'ho cercata e alla fine l'ho conosciuta per poche ore e, se sono morto, è stato anche perché l'ho trovata..."

"Ed ora dov'è?"

"Morta. Non sono neanche sicuro che mi abbia mai voluto. Era mia madre, ma non è mai stata la mia mamma."

"Da ciò che stai dicendo, mi pare di non aver mai avuto una mamma..."

"Non è mai troppo tardi per avere una mamma. -concluse Jason passandogli una mano nei capelli prima perfettamente pettinati- Ora, però, torniamo dentro: non vorrai perderti tutto quanto! Non Dick che allaga la navata di lacrime o Stephanie che cercherà sicuramente di prendere al volo il bouquet sotto lo sguardo attonito di Tim."

Damian si alzò per primo, ma aspettò l'altro e, prima di rientrare nella chiesa, sussurrò delle parole che mai in futuro avrebbe ammesso di aver pronunciato, neanche sotto tortura o minaccia di morte.

"Grazie, Todd. È bello averti come fratello."

...

Ecco un'altra favoletta della buonanotte a cui la mia mente lavora da qualche giorno.

L'E.T.i ☎ 🏠

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