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[2] L'Ultima Danza

Danzava.

Danzava come se fosse parte dell'aria, parte del vento.

Poteva sentire la frescura della notte sul volto, mentre si librava tra i palazzi di Gotham.

Stava volando, danzando nell'aria.

BANG!

Un colpo di arma da fuoco ruppe l'incanto.

Tutto si fece buio, vuoto.

E cominciò a precipitare.

Non avrebbe saputo dire in che direzione stesse andando. Non parevano esistere un'alto e un basso, o una destra e una sinistra.

Stava semplicemente precipitando.

Dal nulla verso il nulla.

. . .

Che fosse stato un sogno lo capì immediatamente: nessun essere umano può volare senza qualcosa o qualcuno che li sostenga.

Ciò che non sapeva era dove si trovasse in quel momento. Era in un letto, non il suo, la schiena contro il materasso. Generalmente, preferiva dormire su un fianco, ma, lì per lì, non aveva alcuna voglia di girarsi.

Un brivido di freddo scosse il suo corpo e improvvisamente sentì un leggero dolore al braccio sinistro, più precisamente nell'ascella del gomito, sembrava un ago.

Decise di "sondare" tutto il proprio corpo con la mente. Era una tecnica che aveva imparato anni prima: utile tanto per rilassarsi prima di un compito in classe quanto per capire esattamente quale punto del suo corpo avesse ferito mentre era di pattuglia.

La testa.
Quella c'era, ovvio. Percepiva tutto come lontano. C'erano dei rumori, ma arrivavano ovattati.

Che mi abbiano drogato, narcotizzato o qualcosa del genere?

Gli occhi.
Nell'aprirli si ritrovò a fissare un controsoffitto a quadri bianchi con delle luci a neon. Era fastidioso. Li richiuse e continuò il "viaggio" nel proprio corpo.

Il naso e la bocca.
Li sentiva e parevano funzionare. Inspirò profondamente e si sentì pervadere da un fastidioso odore di disinfettante.

Le spalle, le braccia, le mani.
Sembrava tutto nella norma, escludendo quell'irritante pizzico proprio a metà del braccio sinistro.

Il petto.
Era integro e il suo cuore sembrava pulsare normalmente.

L'addome.
Si muoveva correttamente assecondando perfettamente il diaframma, solo che... Sulla schiena, poco più in basso di dove davanti stava l'ombelico, lì sentiva qualcosa.

Dolore.

Non riuscì a trattenere un gemito.

Continuiamo si disse.

Niente, non sentiva niente.

Qualcosa, qualcuno, si avvicinò al letto e strinse la sua mano destra.

Socchiuse gli occhi, ci volle una decina di secondi prima che la sua mente cominciasse a riconoscere la figura.

"P-papà?" domandò con voce incerta.

"Sono qui." rispose l'uomo aumentando la stretta sulla sua mano.

"Papà... -ripeté a fatica- Non... Non mi sento le gambe, papà. Non le sento più."

"Non preoccuparti, tesoro, è tutto passato. -l'uomo cercava di mantenere calmo e sicuro il tono di voce, ma non riusciva a nascondere completamente i propri timori.- Andrà tutto bene, Barbara."

Non ricordava cosa le fosse successo, non sapeva da quanto tempo si trovasse in ospedale, non aveva nemmeno il coraggio di aprire gli occhi e di sforzarsi di guardare per verificare che ci fossero ancora, le sue gambe, non aveva neppure il coraggio di chiedere, ma una cosa l'aveva capita: il fatto che non le sentisse era grave. Più grave di quanto il Commissario Gordon volesse dare a vedere.

Se non sentiva più gli arti inferiori, significava che c'era un nervo reciso. L'ultima parte del corpo che sentiva era in fondo alla schiena; questo poteva significare che era stata colpita a quell'altezza da qualcosa.

Ma cosa? Perché non ricordava?

Una lesione spinale... Voleva dire che, nel migliore dei casi, non avrebbe più camminato.

Cos'era successo?

Un ricordo offuscato cominciò a riaffiorare. Una risata. L'orribile risata del Clown di Gotham City. In un turbinio confuso qualche reminiscenza.

Alcune lacrime silenziose le scesero lungo le guance.

Il Joker aveva vinto, lei era sopravvissuta, ma il Joker aveva vinto, aveva vinto e stra vinto.

Non sapeva se fossero passate ore, giorni o settimane, ma ormai ne era certa: Barbara Gordon, o quel che ne rimaneva, c'era ancora, ma quella sera Batgirl era morta.

Non avrebbe più potuto librarsi per i cieli di Gotham lanciandosi da un palazzo all'altro, non avrebbe più volato.

Non avrebbe più saltato, non avrebbe più corso...

Non avrebbe più danzato.


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