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[15] Ascesa

James Gordon osservava Gotham City dal terrazzo dell'edificio. A differenza di altre sere, non vi era salito per accendere il Bat-Segnale: Batman stesso gli aveva detto che sarebbe stato fuori città per alcuni giorni. L'unico motivo per cui il Commissario Gordon era lassù era fumare una sigaretta senza che nessuno lo vedesse.

Quella che aveva in mano era già la seconda o la terza; se Barbara l'avesse saputo, lo avrebbe rimproverato. Jim abbozzò un sorriso prefigurandosi sua figlia, inviperita, sgridarlo come avesse messo piede a casa. Tuttavia, la sua bambina era anche il motivo per cui aveva bisogno di staccare la mente per un po'. Non l'avrebbe mai ammesso a nessuno, ma vederla tutti i giorni sulla sedia a rotelle gli faceva male all'anima, più di quanto il fumo non ne facesse ai suoi polmoni.

Erano passati anni dalla tragedia, dal giorno in cui un colpo di pistola le aveva tolto l'uso delle gambe. Anche se la pallottola aveva colpito la colonna vertebrale di Barbara, per lui era sempre stato come se il colpo fosse stato indirizzato al suo cuore. Dopotutto cos'è un figlio, se non il cuore di un genitore con l'abilità di correre e saltare lontano?

Ora il cuore di Jim Gordon non poteva più correre, non poteva più saltare, non poteva più muovere un passo. Provava un'enorme fitta al petto ogniqualvolta vedeva sua figlia in difficoltà a raggiungere uno scaffale troppo alto in cucina o quando faceva l'intero giro del tavolo per recuperare la penna rotolata fuori dal raggio d'azione delle sue braccia. Lei, testarda come la madre, non voleva aiuto quando non lo chiedeva e, in questo, il padre la rispettava.

Spense il mozzicone inspirando l'aria fredda della notte e prese dalla tasca l'accendino.

"Questa è l'ultima, James," si disse con poca convinzione.

"Non l'accenda, Gordon, non Le fa bene fumare."

La voce di un adolescente alle sue spalle lo fece trasalire.

"Robin, cosa ci fai qui? Il capo non ti ha dato serata libera?" domandò ancor prima di voltarsi.

"So che è una serata tranquilla, -sospirò il ragazzo.- La verità è che speravo di poter scambiare qualche parola con con Lei, signor Gordon."

Jim si tolse gli occhiali e diede una pulita alle lenti, il giovane che aveva di fronte era Robin e al contempo non lo era.

Negli ultimi quattro o cinque anni si era dovuto abituare sull'atteggiamento spavaldo ed esuberante di quel fanciullo in corpetto rosso e mantello giallo convinto di saperne di più di chiunque altro al mondo. Quello che aveva davanti, invece, era un ragazzo mesto che pareva vestito da ninja.

"Cosa succede?"

"Domani compirò quindici anni e non so se ho preso delle decisioni corrette ultimamente."

"Credo che tu debba aggiungere qualche dettaglio, figliolo, -sorrise Gordon appoggiando la schiena al muro più vicino.- Purtroppo non ho la capacità di leggere nella mente. Non ancora, almeno."

"Io... Io non sono adatto per essere Robin."

Jim sgranò gli occhi: non poteva credere alle proprie orecchie. Riuscì a stendo a domandare il significato di quell'affermazione così netta.

"Robin dovrebbe essere qualcuno in grado di tenere a galla il lato migliore di Batman, qualcuno capace di riportarlo alla luce anche nei momenti più bui..." s'interruppe.

"È un grosso fardello da portare."

"Il problema è che questo valeva per chi mi ha preceduto! Con me è diverso, è tutto il contrario. Troppe volte è Batman che deve riportarmi alla luce!"

"Hai litigato di recente con tuo padre?"

"Più che di un litigio, si è trattato di un lungo rimprovero carico di delusione e... UN MOMENTO! Come sa che è mio padre?"

"Figliolo, Batman non è l'unico investigatore al mondo."

Il ragazzo arretrò di qualche passo. Era teso come una corda di violino e scrutava il volto del commissario da dietro la maschera, l'unico pezzo del costume di Robin che avesse con sé. "Lei sa più di quello che dice, vero? Lei... Lei ha scoperto l'identità segreta di Batman?"

Gordon annuì.

"Da quando?"

"All'incirca da una delle prime notti in cui mia figlia è sgattaiolata fuori dalla finestra insieme a Dick Grayson."

Il giovane borbottò delle parole incomprensibili, non era inglese, ma Jim vi percepì molta inquietudine.

"Non l'ho mai detto a nessuno, neanche a Barbara. Tu sei il primo a cui rivelo di sapere."

Quella dichiarazione sembrò calmarlo un poco. "Davvero?"

"Te lo assicuro, -ribadì l'uomo con tono paterno.- C'era altro di cui volevi parlarmi?"

"Il nome Ra's Al Ghul. Le dice qualcosa?"

Una serie di immagini attraversò la mente del capo della polizia di Gotham. Quello era il nome di una delle persone più potenti, pericolose e misteriose al mondo. Era il nome di uno dei più grandi ecoterroristi di cui si fosse mai sentito parlare.

"La... ehm... La Lega degli Assassini è tornata in città?" domandò con timore malcelato.

"No, no. Volevo solo essere sicuro che sapesse di cosa le sto per parlare."

"Ti ascolto."

"Lei ha mai ucciso qualcuno?"

Quella domanda lo spiazzò. La risposta era ovvia. Nel corso della sua carriera da poliziotto aveva sparato più di una volta dei colpi fatali, essenzialmente per legittima difesa.

"Sì. Ho ucciso alcune persone," confermò.

"Saprebbe dirmi quante? Si ricorda i loro nomi, si ricorda i loro volti?"

Jim rabbrividì, non riusciva a vedere dove sarebbe arrivata quella conversazione, ma sapeva che non si sarebbe trattato di qualcosa di gradevole. "Sì, me li ricordo tutti. Uno per uno. I loro visi tormentano ancora i miei incubi."

Calò il silenzio per un tempo che parve interminabile.

"Per me è diverso, -buttò lì l'adolescente quando si accorse che il suo interlocutore stava per tornare all'interno dell'edificio.- Io non ricordo a quante persone ho tolto la vita. Non so se ho mai saputo i loro nomi. Non ricordo nemmeno quale sia stato il mio primo omicidio."

"Mi stai prendendo in giro? Ragazzo, su certe cose non c'è da scherzare."

"Visto che sa il mio nome Gordon, non si faccia problemi ad usarlo, -replicò duro il giovane.- In ogni caso non sto scherzando. Io sono nato e cresciuto nella Lega degli Assassini, per i miei primi dieci anni di vita non ho conosciuto altro che quel mondo. Sono stato addestrato per essere uno di loro, per essere il migliore tra loro fin dalla più tenera età."

"Di cosa stai parlando? -il commissario esitò prima di poggiargli una mano sulla spalla.- Ro... Damian, di cosa stai parlando?"

"È un pettegolezzo sempre vivo, tra la gente e sui giornali. Tutti sanno chi sia mio padre e si chiedono chi sia mia madre. È una delle grandi domande di gossip locale."

"E c'è una risposta a questa domanda?"

Il ragazzo si ritrasse. "C'è. Mi madre è figlia di Ra' Al Ghul, probabilmente la sua prediletta. E mi ha allevato perché, un giorno, ne diventi il degno erede. Ho sempre dovuto dimostrare di essere all'altezza delle aspettative, sono sempre stato tenuto ad essere perfetto, impeccabile, superiore. L'idea del fallimento non può essere contemplata."

"Sono parole tue o te le hanno messe in testa?"

"È strano. Me l'hanno ripetuto così a lungo che non so rispondere. Quando si sente un mantra del genere durante la prima infanzia, è difficile ricordarsi la differenza tra i pensieri propri e quelli appresi. Ciò che sto cercando di fare adesso è mettere chiarezza nella mia mente."

"Ancora non capisco perché tu sia qui a parlarne con me."

"L'argomento omicidi non è esattamente molto adatto per una cena in famiglia. Specialmente nella mia. Il ramo materno lo definirebbe una semplice eliminazione di superflue nullità. Il ramo paterno direbbe qualcosa come <<NO! È sempre sbagliato. Discorso chiuso.>> Quindi anche solo provare ad esprimere come mi sento a riguardo sarebbe piuttosto inutile."

Forse era solo il suo istinto di padre, ma Jim sospettò di aver capito cosa il ragazzo volesse sentirsi dire in quel momento. "Come ti senti a riguardo?"

Damian tacque, si voltò e si avvicinò al parapetto. Attese che Gordon lo raggiungesse, osservando la strada sottostante. "Non vorrei che mi prendesse per pazzo, ma non provo quasi nulla. Lei ha detto di avere incubi, io mi sono sentito in colpa solo una volta..."

L'uomo rimase in silenzio, non osava intervenire.

"Lo sa, commissario, che un colpo inferto con la giusta energia alla radice del naso può provocare una paralisi temporanea? -allungò un dito sul ponte degli occhiali del suo interlocutore.- Proprio qui dietro."

"No, non lo sapevo."

"Se il colpo è troppo forte, chi lo subisce può restarci secco. Nei miei primi tempi come Robin ho usato quel colpo per uccidere un uomo adulto. È stata la prima ed unica volta in cui ho provato rimorso per aver tolto una vita. Tuttavia, il senso di colpa non era dovuto alle mie azioni. L'ho capito solo recentemente, da poco ho realizzato che ciò che provavo era dovuto all'aver disobbedito a mio padre. Non potevo sopportare il suo sguardo deluso: avevo trasgredito al suo ordine di non uccidere nessuno. Tutto ciò che volevo era la sua approvazione."

"Dunque non ti sei mai sentito effettivamente colpevole," azzardò Gordon.

"No, credo di no. Non so neanche se cercare l'approvazione di Batman sia stato un'idea logica." Con calma, il giovane si tolse la maschera dal volto e la diede al commissario.

"Cosa dovrei farmene?" chiese questi sorpreso.

"La dia a Barbara e la ringrazi da parte mia per il favore che mi ha fatto l'altro giorno."

L'uomo lo guardò fisso negli occhi fino a quando non provò una forte sensazione di disagio. In quelle iridi smeraldine aveva intravisto una vena di cattiveria, qualcosa di molto simile alla follia di certi criminali che si credono nel giusto, nonostante le terribili azioni commesse.

"Cosa stai per fare, figliolo?" domandò poco sicuro di voler sapere la risposta.

"Sto per andarmene via, lontano. Ha altre domande, signor Gordon?"

"Che favore ti ha fatto mia figlia?"

"Oh, mi ha solo passato alcune riprese delle telecamere di sorveglianza di Arkham. Al momento, quello che vedono gli addetti alla sicurezza non è altro che un montaggio dei giorni passati."

La vocina che dal profondo della mente del commissario gli stava insinuando il dubbio che qualcosa era già accaduto iniziò a gridare.

L'uomo arretrò verso la porta che conduceva all'interno. "Che cosa hai fatto, ragazzo?"

"Quello che era necessario. Batman non riesce a vedere il mondo con prospettiva per il futiro. È considerato il più grande detective del mondo, eppure non sapeva della mia esistenza così come tutt'oggi ignora l'esistenza di mia sorella. È cieco a molte cose. Per lui esiste solo il suo codice morale, -il giovane sorrise, quindi si coprì il volto lasciando solo gli occhi visibili.- Quello che ho fatto, commissario, lo scoprirà nonappena la chiameranno dal manicomio, domattina presto, quando porteranno le medicine ai prigionieri, Consideri il danno riportato da sua figlia come vendicato. Addio, Gordon."

Con quelle ultime parole, Damian prese la rincorsa e saltò sul palazzo vicino. Dieci secondi più tardi era sparito nell'ombra.

James Gordon corse giù per le scale a rotta di collo. "Contattate l'Arkham Asylum! Subito!" ordinò tornato al piano di sotto. Era successo qualcosa laggiù, lo sapeva.

La pendola del distretto di polizia segnò la mezzanotte insieme alla maggior parte degli orologi della città.

· · ·

"Buon compleanno, piccolo mio," sussurrò Talia Al Ghul tendendo al figlio una mano per farlo salire sull'elicottero.

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