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[1] Teen Titans

Da diverso tempo non accadeva nulla di eclatante a Jump City. Tutti si sentivano sollevati da ciò. Tutti tranne una persona, che sembrava particolarmente inquieta e, invece di rilassarsi, si dava pena come se fosse nel mezzo di un caso oltremodo complesso: il leader dei Teen Titans.

Gli altri membri della squadra temevano che fosse nuovamente per via di Slade Wilson. Il criminale non veniva avvistato da tempo e sembrava aver fatto sparire ogni traccia della sua esistenza. Sapevano fino a quale punto si potesse spingere l'ossessione che il giovane aveva per Deathstroke e che la sua latitanza fosse un pensiero fisso nella mente del ragazzo; sapevano che quella preoccupazione poteva portarlo alla follia. Tuttavia non era quello che stava opprimendo la sua psiche: si trattava di un terribile presentimento.

Robin aveva passato gli ultimi giorni a fare ricerche su ricerche, passando da uno schermo all'altro in continuazione. Ad un certo punto, Stellarubia gli aveva persino fatto un discorsetto: temeva che potesse ricrearsi un alter ego malvagio per investigare sul mondo del crimine dall'interno. Ma l'aveva rassicurata: non si sarebbe mai ripetuto l'incidente "Red-X".

Una miriade di pensieri che gli affollava la testa sentiva che qualcosa di orribile sarebbe accaduto di lì a poco. Forse era già in atto. Forse era già avvenuta una sciagura.

A questo pensava il primo aiutante di Batman mentre se ne stava seduto sul tetto dell'edificio in cui viveva, fissando l'orizzonte, con le gambe a penzoloni nel vuoto.

Il vuoto...

Tutti quelli che non avevano ancora imparato a conoscere il giovane eroe si spaventavano quando lo vedevano in bilico a quel modo, ma a lui il vuoto faceva paura, non gliene aveva mai fatta. Fin dalla più tenera età, gli era stato insegnato a non temerlo. I suoi genitori erano trapezisti e, per quei nove anni in cui li aveva avuti accanto a sé, lo era stato anch'egli. In quel momento non riusciva più a dirsi un acrobata: non bastava a definire chi fosse. Sebbene si trattasse di una parte rilevante del suo io, il trapezista era il passato. L'acrobata, il combattente, il vigilante, l'eroe... Un eroe. Questo era adesso, almeno per come lo vedevano dall'esterno, ma in lui c'era molto di più di un vigilante. Lo aveva capito quando aveva scelto di lasciare Gotham, quella città piena di insidie era diventata parte di lui: era diventata casa sua.

Casa...

Da bambino non avrebbe mai associato quella parola ad un punto sulla cartina: il circo si spostava assiduamente. Eppure, in quel covo di malavita, in quel luogo cui aveva perso due delle persone più care che avesse mai avuto, coloro che, a quei tempi, erano tutto per lui, laggiù aveva trovato qualcuno che tenesse a lui, aveva trovato una casa. Anche a Jump City, con i Titans, si sentiva a casa; con tutte le avventure e le disavventure che avevano superato, sarebbe risultato più strano se non avesse provato quei sentimenti.

In quel momento ammirava il cielo albeggiante, promessa di novità e di speranza, che gli rilassava la mente preoccupata e gli calmava l'anima ansiosa.

Qualcuno, Cyborg, segnalò tramite la ricetrasmittente la presenza un intruso, un possibile nemico in avvicinamento, e lo riportò alla realtà. Strizzando gli occhi in direzione del Sole nascente, notò una macchia scura che si muoveva velocemente sulla superficie dell'acqua che circondava la loro isola e puntava proprio in direzione della T Tower.

In fretta rientrò e scese le scale per andare sulla spiaggia, nel punto dove più probabilmente l'estraneo avrebbe ormeggiato il proprio motoscafo. Raggiunse la piccola insenatura per primo, proprio mentre l'intruso stava sbarcando.

Solo che non si trattava di un LUI.

Era una ragazza che sembrava avere all'incirca la sua stessa età. Indossava un'aderente tuta blu notte che lasciava poco del suo fisico all'immaginazione, in vita aveva una cintura per le armi gialla, della stessa tonalità che avevano anche i suoi guanti, gli stivali, il lato interno del mantello e il disegno stilizzato di un pipistrello che aveva sul petto.

"Batgirl!" esclamò Robin mentre quella di toglieva il casco che indossava liberando la folta chioma rossa che sporgeva da dietro la maschera che le copriva il capo.

Stellarubia, arrivata in quel momento assieme al resto della squadra, fissò la nuova arrivata con leggero sospetto: non stava particolarmente apprezzando l'entusiasmo con cui il moro l'aveva accolta. Ancor meno le piacque il momento in cui la Ragazza-Pipistrello strinse a sé il Pettirosso che non si ribellò affatto.

"Chi è lei, Robin? La conosci?" chiese Cyborg dando voce alla domanda di tutti.

"Batgirl, questi sono i Teen Titans. Ragazzi, lei è Batgirl, probabilmente la mia migliore amica."

"Probabilmente?" ripeté la ragazza incrociando le braccia al petto simulando di essersi offesa.

"Sicuramente la mia migliore amica." si corresse Robin sorridendole.

Batgirl strinse la mano a tutti. "Sono felice di conoscervi..."

"...Cyborg."

"...Beast Boy."

"...Raven." Nel trovarsi vicina alla nuova arrivata, l'empatica ebbe una fitta allo stomaco: una tempesta di emozioni negative popolava la mente dell'altra.

L'extraterrestre sfoggiò a fatica uno dei suoi sorrisi migliori. "Io sono Stella. Molto piacere di conoscerti... Perché non vieni dentro a vedere la nostra Torre?" marcò particolarmente l'aggettivo possessivo. Forse si stava comportando in modo esageratamente attaccato nei confronti di Robin, ma non aveva potuto farne a meno: quella era una possibile rivale.

"Mi farebbe molto piacere. Sono onorata di poter vedere la Torre."

. . .

"... E questa è la stanza in cui passiamo il tempo libero insieme." finì di spiegare BB.

Senza tanti preamboli Batgirl si rivolse a Robin con un tono piuttosto serio. "C'è un motivo, se sono venuta fin qui."

"Lo sospettavo... Di che si tratta?"

"Credo che sia meglio se ne parliamo... in privato. -aggiunse la ragazza mentre le mani le iniziavano a tremare quasi impercettibilmente.- C'è un luogo tranquillo in cui possiamo avere una chiacchierata a quattrocchi?"

"Possiamo andare nella mia stanza... -suggerì il Ragazzo Meraviglia dopo qualche secondo di riflessione. Poi si rivolse alla sua squadra.- Non vi dispiace se ci assentiamo per un poco?"

"Nessun problema." confermarono quelli.

Appena i due ebbero lasciato la stanza, BB e Stella fecero per seguirli, il primo per curiosità, la seconda per gelosia. Ma si dovettero fermare subito: un campo di energia nero li aveva bloccati.

"Amica Raven!"

"Raven!"

I due Titans guardarono la compagna di squadra interdetti.

"Perché ci stai bloccando, amica mia? -chiese Stella.- Io mi sento che quella Bat-Ragazzina ci sta nascondendo qualcosa. Non dirmi che tu non sospetti di nulla!"

"Lasciale almeno il beneficio del dubbio. -ribatté pacata, ma incredibilmente seria la giovane strega.- Io credo, invece, che Batgirl sia venuta per parlare a Robin di qualcosa che riguarda la sua vita quando non indossa la maschera, sennò non gli avrebbe chiesto di parlare in privato..."

"Credi che Batgirl conosca l'identità segreta di Robin?" domandò Cyborg. La mezza demone annuì, ma non poté rispondere, dato che Beast Boy intervenne a sproposito, come suo solito.

"State dicendo che Robin ha una vita in cui non indossa la maschera? Credevo che se la togliesse solo per farsi la doccia!"

"Voglio solo dire che il nostro Robin ha già più di diciott'anni e che se la sa cavare benissimo da solo. -spiegò Raven lanciando un'occhiataccia a BB.- Lasciamo loro un quarto d'ora di pace. Va bene, Stella?"

"OK." concesse la ragazza non convinta del tutto.

. . .

"Dimmi pure, Babs. Sono tutt'orecchi." sorrise Robin quando furono nella sua stanza.

"Credo che faresti meglio a sederti, Dick..." Consigliò Batgirl sedendosi lei per prima sul letto perfettamente fatto dell'amico e attendendo che quello la raggiungesse. Era tutta tremante.

"Barbara, -il ragazzo la cinse delicatamente con un braccio.- cos'è successo?"

"Non so nemmeno da dove cominciare... -disse levandosi il cappuccio del costume e cominciando a rigirarselo tra le mani.- Non so come dirlo: è successo così in fretta... E mi sembra ancora impossibile..."

"Allora dillo e basta. Senza tanti giri di parole." suggerì il moro.

"Si tratta di Jason..." dalla voce, si capiva che la ragazza era sull'orlo del pianto.

Il giovane conosceva bene l'abilità che l'altro aveva per mettersi nei pasticci, ma sapeva che Jay era altrettanto capace di tirarsi fuori dai guai. Se Barbara Gordon era così sconvolta, c'erano poche opzioni possibili...

"In che senso? Vuoi dire che ne ha combinata una delle sue o che gli è successo qualcosa?"

"Jason... -balbettò.- Jason è morto."

Dick balzò in piedi, come punto da una vespa. "Stai scherzando, vero? Appena dico che ci credo e che sono dispiaciuto, si spalanca la porta e lui mi fa una delle sue battute irriverenti!"

"Ho la faccia di una che sta scherzando, Richard?" replicò Barbara stizzita.

No, non l'aveva. Non poteva trattarsi di uno scherzo, tuttavia lo desiderava con tutto sé stesso.

Nell'incrociare gli occhi gonfi di lacrime della ragazza, sentì i propri pungere sotto la maschera, per cui se la tolse. Era raro che accadesse nella Torre, ma in quel momento non avrebbe potuto evitarlo: l'eroe inattaccabile che ostentava essere, in quel momento, era distante, irraggiungibile.

Tutto quello che riuscì a fare fu stringere in un abbraccio vigoroso la sua migliore amica mentre entrambi lasciavano che le lacrime scorressero lungo le guance.

Dopo un tempo che parve interminabile, Dick riuscì a formulare una frase, una domanda, LA domanda. "Com'è successo?"

Batgirl si asciugò gli occhi con il dorso della mano destra. Poi iniziò a spiegare con una certa difficoltà. "Bruce e Jason erano andati a Sarajevo... Batman era riuscito a seguire fino a lì le... le mosse di Ra's Al Ghul... Il secondo aiutante del Cavaliere Oscuro è stato catturato dal Joker... Non sappiamo nemmeno cosa ci facesse quel pazzo così distante da Gotham... Lo ha percosso duramente e a lungo, poi l'ha lasciato in un edificio isolato con una bomba... Batman è arrivato troppo tardi... Ufficialmente Jason è morto per un bombardamento..."

"Perché sei venuta tu e non Batman a dirmi questo?"

"Lui si sente colpevole di quanto accaduto a Jason... Ma non erano così legati, non quanto lo siete tu e Bruce... Non ha avuto la forza o il coraggio di venire fin qui e guardarti negli occhi nel darti la notizia perché non sarebbe riuscito a non pensare che sarebbe potuto succedere a te..."

Robin annuì in silenzio. Stava assimilando lentamente la notizia: gli pareva ancora surreale. Sentiva la mente leggera e distante come se si trattasse di un sogno, di un incubo ad essere precisi, ma pian piano stava prendendo coscienza che tutto ciò stava accadendo davvero. Era accaduto veramente.

"Ora... Preferirei stare un po' da solo..." disse infine, con un groppo alla gola. Non aveva intenzione di scoppiare a piangere di fronte a Barbara: le avrebbe fatto male vederlo disperato e lei stava già soffrendo abbastanza.

"Come vuoi, Dickie, io torno dagli altri. Se ti servisse qualcosa, non esitare a chiamarmi." capì al volo la ragazza che gli diede un lieve bacio sulla guancia e si alzò.

Prima di lasciare la stanza, indossò nuovamente la maschera.

. . .

"Robin ha detto che vuole stare un po' da solo... -spiegò Batgirl, quando le fu chiesto perché fosse tornata da sola.- Non posso spiegarvi il motivo per questioni di giustizia, ma vi assicuro che ha delle ragioni piuttosto valide per voler essere lasciato in pace..."

"Ah, sì? -insistette scettica Stellarubia- Chi ci dice che tu non sia una traditrice o una spia? Chi ci assicura che non gli hai fatto del male?"

L'altra abbassò lo sguardo. Avrebbe voluto gridare in faccia a quell'aliena sospettosa tutto il proprio dolore. Avrebbe voluto poterle dire che, sì, in realtà aveva fatto del male a Richard. Non fisicamente, certo, ma in quel momento era certa che il ragazzo stesse soffrendo enormemente.

Proprio come lei.

Raccontare tutto quanto, confidarsi le era stato utile, ma aveva avuto un doppio effetto. Due conseguenze agli antipodi, ad essere precisi. In primo luogo, si era sentita il cuore più leggero parlare le aveva permesso di levarsi parte di quel macigno orribile dal petto. D'altra parte, riportare tutto l'accaduto era stato come smettere di premere su una profonda ferita ad un'arteria: il dolore aveva cominciato a riversarsi all'esterno, copioso ed incontrollabile.
Piangere le era servito. In quel momento tutta la sofferenza era annebbiata dall'endorfina liberata dalle sue lacrime. Ma quella sensazione non sarebbe durata per sempre. Anzi, in capo ad un'ora sarebbe sparita e l'avrebbe lasciata cadere nel baratro.

"Stella, ti prego. Ne abbiamo già parlato: è un'amica e ci fidiamo di lei... -intervenne Raven che aveva sentito lo sconforto interiore della Ragazza Pipistrello- Batgirl, io mi sto preparando una tisana. Ne vuoi un po'? Aiuta a rilassare la mente e a calmare i nervi..."

La rossa mascherata annuì. "Ti ringrazio... Credo... Credo proprio di averne bisogno."

. . .

Robin tirava colpi al sacco da boxe come se volesse ucciderlo. Era ciò che avrebbe voluto fare al Joker, se l'avesse incontrato in quel momento. Quel maledetto clown gli aveva strappato un membro della famiglia!

Jason...

No, no poteva essere veramente morto. Non quell'irritante ragazzino di poco più giovane di lui che un giorno Batman aveva sorpreso mentre tentava di rubare le ruote della Batmobile. Non quella piccola furia desiderosa di prendere a calci nel sedere qualche malfattore. Non quel tipetto che si era ritrovato in casa da un giorno all'altro e col quale aveva litigato per mesi per i motivi più futili. Non il suo compagno negli scherzi che facevano esasperare sia Bruce che il povero Alfred.

NON SUO FRATELLO!

Eppure quella era la realtà da affrontare: Jason era andato. E niente l'avrebbe riportato indietro.

"Jay. -parlò alla stanza- Mi dispiace. Mi dispiace per tutti gli insulti che ti ho rivolto. Mi rimangio tutto."

A quel punto, Dick lasciò perdere il sacco che stava prendendo a pugni e si diresse verso gli anelli. Si cosparse le mani di calce, per evitare che il sudore gli sfavorisse la presa, poi si sollevò da terra grazie al solo uso delle braccia.

Raddrizzò le gambe innanzi a sé.

Uno, due, tre, quattro, cinque.

Si mise in verticale perfetta.

Uno, due, tre, quattro, cinque.

Fece qualche giro su sé stesso. Nel punto più alto lasciò la presa e fece una capriola all'indietro nel vuoto, poi atterrò perfettamente, nel punto esatto che si era prefissato.

"Se potessi riportarti indietro, Jay, solo smettendo di essere Robin, lo farei immediatamente... Ti prego. Dimmi che è solo uno scherzo! Voglio che sia uno dei tuoi maledettissimi scherzi architettati così bene!"

Si guardò allo specchio. Aveva la vista offuscata dalle lacrime, ma riuscì comunque a darsi un'occhiata. Quanto tempo era passato da quando si era allenato senza maschera l'ultima volta?

Troppo.

Essere Robin, molto spesso, non gli permetteva di essere completamente Richard. E questo era sbagliato, lo capiva. Da quel momento non sarebbe più potuto essere il Robin di prima, il Robin di sempre, ma non avrebbe mai potuto essere Dick con coloro che l'avevano già conosciuto come Robin: avrebbe potuto essere un pericolo per l'identità segreta di Batman o per quella di Batgirl o di chiunque fosse legato a loro, alla sua famiglia poco convenzionale...

. . .

Prese la valigetta di metallo che teneva nascosta sotto al letto e la aprì. Ne trasse un album di fotografie, l'album che Alfred gli aveva donato alla sua partenza da Gotham. Lo sfogliò lentamente, fino a quando non arrivò alle immagini che lo ritraevano con Jason. Si trattava per la maggior parte di scatti rubati che quel santo del maggiordomo di Villa Wayne aveva fatto nei momenti più inaspettati.

Si sdraiò sul letto supino; fissava il soffitto con occhi asciutti quanto rossi, stringendo a sé l'albo come avrebbe voluto fare, se si fosse trattato del vero Jason.

"Dovevo passare a salutare più spesso..."

. . .

"Perché non è ancora tornato di qua?" si chiese ad alta voce la principessa di Tamaran mentre volava avanti e indietro per la stanza.

Batgirl, seduta sul divano, non accennò a rispondere. Mantenne gli occhi fissi sulla tazza, ormai vuota da parecchio, che aveva appoggiato sul tavolino di fronte a sé.

"Cosa gli hai detto?! Cosa gli hai fatto?!" Stella si precipitò sulla terrestre dalla chioma rossa decisa ad ottenere risposte più precise.

"Non mi ha fatto niente. Non preoccuparti, Stella. Doveva solo riferire un messaggio. -Robin comparve sulla soglia e rivolse un sorriso appena accennato alla squadra.- Mi serviva solo un po' di tempo per... per metabolizzare."

Indossava degli abiti normali che stupirono non poco i Titans, abituati com'erano a vederlo sempre e solo in uniforme, e degli occhiali con le lenti scure: la sua identità segreta rimaneva tale. Aveva uno zaino in spalla e il casco della moto sotto braccio.

"Te ne stai andando!" notò tristemente la Tamaraniana. Notò anche che aveva la voce un poco rauca. Che avesse pianto? In ogni caso non volle sottolineare quel dettaglio: se qualcosa aveva fatto piangere il Ragazzo Meraviglia da farlo restare chiuso in camera sua per quasi un'ora, era meglio... Come dicevano i terrestri? Non rigirare il coltello nella piaga.

"Si tratta solo di qualche giorno: non preoccuparti. -La rassicurò il ragazzo, quindi si rivolse a Batgirl- Andiamo?"

"Certo. -rispose quella alzandosi. Poi esitò un istante- Ma credo che i tuoi amici si meritino una spiegazione... Sta a te decidere se dire cos'è successo o meno... Io non contrasterò la tua decisione."

Il moro si ritrovò quattro paia di occhi puntati su di sé.

Annuì sospirando. "Devo tornare a casa per un po'... È successo un imprevisto... -si bloccò. Non riusciva a dirlo ad alta voce: farlo l'avrebbe reso... Vero. Ora capiva quello che Barbara aveva provato poco prima, nel riferirgli la sciagura.- Devo... salutare per bene mio fratello..."

"Capisco. -intervenne Raven. Robin non ne dubitò neanche per un istante. Che fosse per via della sua natura di empatica, per il legame psichico che avevano o, semplicemente per ragionamento logico, era perfettamente plausibile che avesse afferrato il concetto per prima.- Non serve che ti metti fretta. Stai con la tua famiglia tutto il tempo che ti serve."

Stellarubia gli fu addosso in un'istante e lo stritolò in un abbraccio: a volte dimenticavano entrambi quanto l'aliena fosse più forte del terrestre. Non disse una parola, ma probabilmente aveva capito tutto anche lei.

Cyborg gli diede una pacca sulla spalla. "Ci vediamo, amico."

Beast Boy lo guardò stupito. "Hai un fratello? Quanti anni ha?" domandò.

Un brivido percorse la schiena del leader dei Teen Titans. "Non l'ho più, BB...-rispose con tono assente- Aveva sedici anni..."

Il ragazzo verde ammutolì e il suo sorriso scomparve. Salutò l'altro con un cenno della mano, incapace di commentare oltre.

. . .

"Non posso più continuare ad essere Robin, Babs..." si confidò Richard in un sospiro, mentre tirava fuori la sua motocicletta dalla rimessa.

"Di che stai parlando?" chiese la ragazza, che nel frattempo aveva recuperato il proprio veicolo e lo aveva trasformato da mezzo acquatico a mezzo terrestre premendo un pulsante.

"Robin è l'aiutante di Batman... Io mi sono allontanato da lui da tempo. Ho imboccato la mia strada: è giusto che mi costruisca una reputazione senza che mi associno a lui..."

"E..." lo esortò Batgirl: lo conosceva abbastanza bene da sapere che c'era almeno un'altra ragione.

"E poi non voglio che la gente pensi a me nel dire Robin. Voglio che pensino a Jay... Io non... Non voglio che venga dimenticato."

"E non lo sarà. Promesso."

* * *

Ispirazione da:

Batman - Under the Red Hood (film di animazione)

Teen Titans (serie animata)

Young Justice (serie animata)

Questo video: (che ha portato la mia insensibile persona sull'orlo del pianto)

https://youtu.be/NR7jzDFsndk

~ET

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