Sfuggo ciò che m'insegue
Innanzitutto una menzione speciale a @Intodarkness01 che mi ha fornito la linea generale dell'idea che, spero, d'aver ben sviluppato. Non negherò un leggero nervosismo che mi sta divorando lo stomaco, giacché sai che amo il tuo stile di scrittura e sei un po' la mia musa che mi ha fatto tornare la voglia di scrivere, in quel modio maniacale che avevo dimenticato nella mia mancanza di emozioni, quindi spero ti piaccia.
La realtà spesso non fa altro che riempirci di speranze, sogni ed aspettative sul nostro futuro, riguardo a quello che ci attende una volta abbandonato il calore protettivo della nostra confortevole casa, inebriati da come idealizziamo il mondo in attesa, situato oltre le braccia forti dei nostri genitori, che durante la nostra giovinezza cercano di proteggerci da tutte quelle ombre e dalla sporcizia che domina la società.
Bakugou Katsuki, un giovane uomo di vent'anni aveva affrontato qualcosa del genere da quando aveva lasciato la propria casa, cercando fama e fortuna nella movimentata San Francisco, dedicandosi ai suoi studi tanto da essere uno dei migliori, tuttavia non fu abbastanza per poter avere accesso alla borsa di studio e l'improvvisa perdita di lavoro di suo padre lo aveva spinto a cercare un modo per poter vivere senza pesare sulle spalle dei suoi genitori, perché per quanto si mostrasse estremamente abrasivo nei suoi comportamenti e negli appellativi poco carini che rivolgeva soprattutto a sua madre, era segretamente legato a coloro che lo avevano messo al mondo.
Fu in questo modo che una sera, camminando fra le strade affollate e luminose della città, storcendo il naso fra la folla, per i suoi gusti era fin troppo vivaci, che si ritrovò incuriosito da un locale anonimo, messo in risalto soltanto da una piccola insegna al neon che brillava di un rosso traballante, quasi avesse rischiato di spegnersi da un momento all'altro e quando lesse il nome "Heaven" un brivido gli percorse la schiena. Quel genere di parole solitamente non lasciavano presagire chissà quale rispettabile luogo, dunque finì con per dare al ragazzo il sentore di un posto poco raccomandabile nel quale non sarebbe voluto entrare, tuttavia non fece in tempo a disperdersi nella folla smaniosa e festaiola, che una mano dalla presa salda gli afferrò la spalla. Il biondo si girò stranito, con gli occhi rubino che saettavano tutta la sua rabbia pronta per essere sfogata su chiunque avesse avuto il coraggio di toccarlo, tuttavia quando riconobbe la stramba capigliatura scarlatta del suo migliore amico si rilassò leggermente, sebbene non del tutto, aspettandosi tacitamente una spiegazione.
«Hey Bakugou che ci fai qui, volevi divertirti eh?» chiese maliziosamente, ammiccando, seppur conservando il suo luminoso sorriso divertito, sfruttando la sua momentanea distrazione per avvolgergli completamente il braccio attorno al collo, evitando che questo potesse scappare o esplodere in una delle sue solite reazioni violente, ignorando il ringhio rabbioso dell'altro che lo guardava minacciosamente. La voce rauca del più alto si fece udire sovrastando il vociare della folla alle loro spalle nel dire: «Non dire scemenze, stavo solo camminando e l'insegna mi ha attirato. Ugh ho fallito tre colloqui di lavoro perché a quanto pare non ho un viso rassicurante. Ma che cazzo significa?» esplose alla fine, lasciando andare tutta la frustrazione assimilata quella stessa sera, l'altro ridacchiò tentando di non farsi udire, trovò ironico come i modi e l'aspetto del biondo suggerissero un poco di buono, un uomo poco serio e dalla mala personalità ma che era tutto l'opposto.
Katsuki infondo si tirava sempre fuori da discorsi poco casti trovandoli una perdita di tempo e un modo piuttosto efficente per dimostrare poca materia celebrale, era il tipo di ragazzo che era estremamente virtusoso, che non sarebbe andato a letto con una ragazza solo perché questa gli si era strusciata contro e nella sua brutalità si rifiutava d'illudere con della gentilezza innecessaria coloro che gli si dichiaravano, ammaliati dal suo innegabile fascino che talvolta catturava persino i ragazzi ch'affermavano d'essere eterosessuali. Eppure lui non era mai parso interessato a nessuno dei due sessi, cosa che inizialmente aveva stupito il suo gruppo d'amici, soprattutto Kirishima che sospettava d'aver inteso nello sgorbutico amico, un qualche segreto riguardo la sua situazione amorosa, della quale però egli non desiderava parlare.
Scosse la testa per ritornare alla conversazione e allargando il proprio sorriso gli chiese: «Perché non tenti qui? Io e Kamininari ci lavoriamo è non è poi così male. Certo, ci sono degli individui inquietanti che ansimano vicino al palco ma fortunatamente il proprietario è molto gentile, fa sempre in modo che i clienti non si approfittino di noi che ci esibiamo» fece una pausa mentre se lo tirava vicino nel addentrars in quel misterioso locale, poi quando ebbero sceso una scalinata poco illuminata e si furono arrestati dinnanzi ad una porta metallica continuò a spiegare: «Si guadagna bene nonostante questo non sia il tipo di locale dove vengono rimossi tutti i vestiti, anche se in caso qualcuno voglia guadagnare di più è libero di farlo, tuttavia il capo lo sconsiglia sempre. E poi ci sono anche dei ragazzi che lavorano come addetti alla sicurezza ed hanno il compito di proteggerci con quei loro magnifici muscoli» tossicchiò rosso in viso accortosi dell'ultimo commento, il quale aveva strappato un ghigno malevolo al biondo.
Si vedeva chiaramente dal brilluccichio nello suo sguardo quanto adorasse quel luogo, avrebbe potuto spiegare all'amico di come ritrovarsi poco vestito su un palco, esposto a numerosi sguardi e applausi continui lo avesse aiutato a superare le sue insicurezze e le sue indecisioni, ma poi scosse il capo sorridendo, in fin dei conti Bakugou era l'ultima persona al mondo che avrebbe potuto aver bisogno di un poco di amor proprio, ne aveva fin troppo a dire il vero.
Dopo aver ricevuto un paio d'informazioni in più Bakugou s'arrese all'insistenza dell'amico e si fece trascinare in quel locale abbastanza ampio, il pavimento era rivestito di mattonelle nero lucido che davano l'idea d'essere pulite e nella loro sobbria eleganza parevano cozzare con le pareti in velluto rosso che contronavano il locale, ciononostante la compatibilità delle due tinte donava una certa piacevolezza al luogo, anche grazie alla presenza di qualche lampadario a soffitto che irrorava una luce calda e diffusa nell'ambiente, senza danneggiare gli occhi come invece facevano le classiche luci colorate che si trovavano di sovente nei night club, non che lui ne avesse frequentati molti o che lo avesse fatto recentemente.
Prima che potesse abituarsi allo scenario che lo circondava un ragazzo massiccio dalle folte sopracciglia gli si avvicinò con espressione corrucciata e minacciosa, sembrava fosse un membro degli adetti alla sicurezza dei ballerini data la maglia nera su cui era stampato il logo di quel posto, tuttavia dato come gli si era posto per il biondo non era stato difficile notare una certa predisposizione a mettergli le mani addosso, fortunatamente però venne evitato il peggio da Kirishima, il quale con una risata nervosa affermò: «Oh, lui è il mio ragazzo, Tetsutetsu. Questo invece è un amico dell'università, Bakugou Katsuki e forse lavorerà qui» a quelle parole l'altro parve rilassarsi, mostrando un sorriso che parve la copia di quello di Ejiro, mentre chiedeva perdono per aver mal interpretato la situazione.
Bakugou si limitò a scrollare le spalle disinteressato, scorrendo con le gemme rubino su tutti i visi di quel luogo, senza però prestare veramente attenzione a nessuno per poi tirare una gomitata all'amico, ricordandogli di non essere d'indole paziente e che non sarebbe rimasto immobile come una statua di sale solo perché lui era impegnato a scambiarsi smancerie con il proprio partner, così con l'ennesima risata soffocata questi finalmente si decise ad accompagnarlo dal proprietario, che lasciò uno strano senso di delusione nel biondo non appena lo vide.
Si era immaginato almeno una decina di possibili uomini dai tratti differenti, ma di certo non si era premurato di pensare che a gestire un night club fosse un uomo di mezza età, dai capelli dorati scompigliati, la carnagione pallida come se si fosse trattato di un fantasma più che di un vivo. Il suo era viso scarno, estremamente scavato, gli occhi stretti ed il fisico estremamente minuto, dall'apparenza gracile che però mostrava un portamento orgoglioso, si trattava probabilmente di un frammento di un passato fiero, che però quei gentili occhi azzuri non sembravano rimpiangere. Gli basto quella prima occhiata per capire che si trattava di un individuo alquanto singolare, forse fin troppo onesto e di buon cuore per potersi occupare di un'attività di quel genere, uno dei pochi che trattava i ragazzi bisognosi di una buona paga in maniera dignitosa, non come scarti che potevano essere maltrattati, usati e poi gettati in qualche vicolo buio.
In qualche modo rassicurato dall'aura onesta che lo circondava, Katsuki gli si presentò come era solito, senza nascondere l'acidità che lo aveva colto nel corso degli anni e dopo un susslto sorpreso da parte di Toshinori, si fece spiegare da quest'ultimo nei dettagli quali erano le condizioni, che tipi di esibizione avrebbe dovuto fare e tutti i dettagli inerenti all'impiego, cosa che portò via una buona mezz'ora a causa dell'eccesiva diffidenza e della meticolosità del nostro protagonista, ma alla fine decise di firmare il contratto.
L'unica cosa che gli rimaneva da fare era scegliere tra i possibili tipi di esibizioni, pensò che sicuramente il burlesque non facesse per lui, allora vagliò l'ipotesi dell'esibizione canora recitata, ma neppure quella s'adattava bene alla sua esplosiva personalità, così sconfortato si buttò sulla pole dance, che grazie a Mina, la sua amica esaggeratamente esuberante, sapeva essere ben distina dalla lap dance, dunque non era nulla di necessariamente sensuale e che per altro sarebbe stato un buon esercizio fisico per lui, dunque con una punta d'incertezza si fece insegnare da qualche collega più esperto.
Fu incredibilmente difficile i primi giorni, aveva i palmi delle mani e le cosce lacerati dalla frizione contro il metallo, tutti i muscoli doloranti e a malapena era riuscito a fare qualche semplice figura, tuttavia nel giro di qualche settimana aveva padroneggiato quello sport alla perfezione stupendo tutti quanti, dopotutto la pole dance non era facile e nuppure si riusciva in poco tempo a performare le figure più semplici, ma Katsuki aveva un enorme talento per qualsiasi cosa avesse a che vedere con il movimento e aiutato dalla passione che s'era ritrovato a sviluppare per quel tipo di danza, era riuscito a studiarla perfettamente e dunque ad eseguirla.
Fu così che una gelida sera di dicembre, si era ritrovato con il corpo virile, scultoreo fasciato da un provocante completo che però non lasciava vedere nulla d'inappropriato: si trattava di un top verde scuro che avvolgeva la parte superiore del suo busto, lasciando intravedere in maniera sensuale la parte inferiore dei suoi massicci pettorali, da un buco situato in mezzo ad esso si intrecciavano delle strisce di tessuto arancioni che lo avvolgevano come lacci, creando un'intricata trama volta a stuzzicare la fantasia del suo pubblico. Nella parte inferiore invece era coperto da un paio di pantaloncini corti dello stesso colore dell'altro indumento, ad esso legato dalle stringhe di stoffa, il tutto completato con una maschera nera che sui lati aveva due decorazioni bordate d'arancio, le quali ricordavano delle esplosioni, nulla di più perfetto per lui.
Quella fu la sua prima magica notte all' Headen, scoprendo l'inebriante sensazione di potenza generatagli da tutti quegli sguardi che seguivano famelici la sua figura scolpita, maschile ma dalla pelle candida e i movimenti delicati, ma sensuali abbastanza da distrarli da tutto il resto e come ubbriaco degli applausi, delle attenzioni che riceveva, lavorò con dedizione. Il ragazzo dalla chioma dorata lasciò che la musica lo guidasse come una musa ispiratrice, la quale gli concesse di abbracciare la sua natura più intima per poi mostrarsi per qualche breve istante, abbastanza da sembrare meraviglioso come un fiore che sboccia. Fu proprio mentre si abbandonava a quel nuovo piacere che, tra la folla urlante, adorante, non poté fare a meno di scorgere due occhi grandi, di un verde smeraldo travolgente e un sorriso mal celato che rammentava perfettamente, quello era Midoriya ed era certo d'essere stato riconosciuto dal riccio che lo osservava.
Non pensava che lo avrebbe più rivisto, lui era il suo primo amore ed un giorno, senza preavviso, era svanito lasciandosi dietro quei sentimenti così pesanti che non aveva mai avuto il coraggio di rivelargli e che aveva sempre tentato di soffocare convincendosi d'amare una vecchia compagna di classe. Nonostante i suoi sforzi però, nella sua intimità rimase consapevole del proprio inganno e sebbene si spinse tanto lontano da tentare di perdere con lei la sua verginità, non ne fu capace poiché il disgusto che lo investì fu tale da obbligarlo ad accettare la realtà dalla quale non era più riuscito a fuggire. Non importa dove si voltasse, si sentiva soffocato dai ricordi che aveva di lui, i quali aleggiavano come spiriti in ogni angolo del suo paesino, perciò aveva deciso di lasciarsi tutto alle spalle per ricominciare proprio lì, a San Francisco e magari innamorarsi ancora, ma fu inutile e questo gli provocò quella sua acida abrasività che non tentava più nemmeno di nascondere. Era frustrante e snervante allo stesso tempo come l'immagine di quel viso non lo avesse mai abbandonato, nel mai pronunciato desiderio di scorgerlo un giorno fra la folla e averlo rivisto lì, quella sera, più uomo di quando lo aveva lasciato, aveva acceso nuovamente in lui la sfolgorante fiamma di quell'amore che aveva incatenato in un angolo buio di se stesso e dunque, la sua ultima danza fu brutale, sensuale ed energica, perché la diresse a Izuku, tentando di liberarsi ancora una volta da quei sentimenti che gli parevano privi di speranza.
Dal canto suo Midoriya, seduto composto al tavolino di metallo, aveva completamente smesso di ascoltare i commenti focosi fatti da Aoyama sull'uomo che gli ammiccava da dietro le pesanti tende sanguigne del palco; la sua completa attenzione era stata catturata da due rubini furiosi che brillavano d'impeto, proprio come li ricordava, cosa che lo aveva condannato non non esser più capace a distogliere lo guardo da Bakugou, lasciando che la birra acquietasse momentaneamente la sete di lui che era tornata ad importunarlo dopo anni.
Si perse nell'ammirare il suo corpo flessuoso ma al contempo ben marcato, a come delle piccole gocce di sudore scivolassero lungo la sua pelle ad ogni mossa, ostentando una forza dal tono erotico, che contrastava con la sua espressione seriosa ed impegnata. Il riccio ghignò impaziente attendendo con desiderio febbrile d'essere notato dal suo Kacchan, cosciente che sarebbe accaduto e pregustava di già l'attimo nel quale l'altro, nel riconoscerlo, sarebbe stato sopraffatto dall'imbarazzo della situazione, tuttavia venne sorpreso dall'ultima performance del biondo, che lo fece incespicare nei propri desideri lungamente celati.
Sapeva che quell'espressione di travolgente desiderio che aveva dimostrato poco prima di sparire dietro al palco era stata rivolta a lui, cosa che lo aveva fatto sprofondare nell'ossessivo sentimento che negli anni lo aveva divorato. Lo desiderava, anelava nel poter percepire la sua pelle sotto al suo tocco ed i suoi gemiti inondati di lussuria mentre marchiava quel corpo così pallido e spettacolare, dunque con espressione predatoria si tirò indietro i capelli ricci, sospirò alla ricerca di quel minimo di lucidità che avrebbe potuto fermarlo, ma non la trovò.
Dal canto suo Aoyama si zittì di colpo nel vedere l'amico, con i suoi solitamente gentili smeraldi, mutati in una profonda pozza popolata dalla fame, tanto che non riuscì a spiccicare parola quando lo vide allontanarsi, notando i ogni suo gesto come paresse dominato dal carnale desiderio che quella notte fu padrone delle sue membra. E prima che potesse rendersi conto di quanto stava accadendo, smarrì la schiena muscolosa dell'amico, senza immaginare che questi avrebbe raggiunto il ballerino dalla chioma ribelle.
Non ci furono parole tra Bakugou e Izuku, solo quei nomignoli che li seguivano dalla loro giovinezza ed in seguito erano rimasti circondati da un silenzio fin troppo eloquente, discutendo solo tramite dei muti sguardi conversatori, che li avevano accompagnati fino ad una squallida stanza d'albergo. A ciò seguì il rumore del letto che cigolò sotto i loro copi frenetici, avvinghiati ed intrecciati fra loro, il sudore che come lacrime gioiose delle loro pelli scivolava lungo i loro fisici perfettamente allenati, inzuppando le lenzuola. Per quanto riguarda invece quel vuoto di suono che li aveva seguiti fino a quella porta scorticata, aveva atteso paziente senza varcarne la soglia, lasciando che ad inondare quelle quattro scadenti mura, fossero le urla di godimento, i gemiti soffocanti ed il piacere che scorreva smodatamente, macchiandoli in modo irreversibile, nascondendo fra le sue acque un seme maligno.
Bakugou scoprì in questo modo la forma più succulenta di godimento nell'affondare le unghie corte nella schiena larga di Deku, il quale come una feroce belva lo mordeva ringhiando, lo marchiava ovunque i suoi denti famelici potessero arrivare, nel inconscio desiderio di afferrarlo e legarlo a se, in una meschina espressione dei suoi più profondi sentimenti, mascherati da semplici animaleschi istinti. Entrambi conobbero la lussuria ed il calore del corpo altrui che alleviava le sofferenze dei loro animi tormentati, schiacciati da una vita per loro troppo pesante, tuttavia quel gesto momentaneamente consolatorio, si sarebbe negli anni trasformato in una spietata condanna, costringendoli ad una brama insaziabile, ad una solitudine insopportabile e ad un'attesa sfiancante, lasciandoli dunque cadere in una ignota oscurità senza permetter loro di poterne scampare.
Quello fu l'istante stesso in cui i fili già intessuti dei loro destini terminarono di fondersi insieme, fu il coronamento di una forza travolgente come una spietata tempesta, la quale però si lasciò passare per una brezza passeggera che la fredda stagione aveva lasciato alla primavera,che solo in seguito avrebbe mostrato la sua vera natura.
Tra il piacere delle carni ed il dolore dei cuori straziati nacque un legame silente ed inscindibile, non fatto di pura libidine come avevano creduto, forse sperato; si trattò di un qualche cosa di ben più profondo, dell'intrecciarsi dei loro spiriti e di fatti, la mattina, quando si ritrovarono distanti, impossibilitati nel raggiungersi. Intrappolati come topi nelle loro vite e nella loro incomprensibile ostinazione nello sfuggirsi, un vuoto sconosciuto li afflisse, minacciandoli di provarli ancora una volta di quella leggerezza che a stento ricordavano.
Cinque anni dopo Katsuki aveva terminato con successo i propri studi, ottenendo il massimo dei voti come a ripagare gli sforzi che s'era caricato sulle spalle, cosa che però si rivelò presto essere un traguardo insignificante poiché non riuscì a trovare un impiego decente, motivo per il quale gli era toccato ingoiare l'orgoglio nel vedere degli idioti incapaci caricarlo d'una mole di lavoro non indifferente, pagandolo per altro una miseria. Per ciò, frustrato, aveva abbandonato l'infantile idea di divenire un uomo di successo, ben cosciente che la sua personalità fin troppo corretta non lo avrebbe portato da nessuna parte, non con il viscidume che circondava l'economia della città, dunque se durante il mattino arrancava nella vita quotidiana, comportandosi come un impiegato modello stringendo i denti, la notte viveva sul serio, esibendosi all'Headen.
Era il ballerino più amato e chiacchierato allo stesso tempo: le sue doti atletiche mescolate alla sensualità, regalatagli dal ricordo indelebile di quella notte lontana, lo avevano reso una delizia agli occhi della clientela esultante, tanto che si vedeva ogni volta coperto di banconote anche dal grosso taglio. Il Biondo si muoveva in maniera differente dagli altri ballerini presenti nei numerosi night club della città, lo faceva con vigore nel piegare repentinamente i propri arti mascolini e ben definiti, tuttavia con l'esercizio era riuscito a smettere di sacrificare la lentezza seducente nell'avvinghiarsi contro quel palo di metallo, lasciando che la propria pelle candida assaporasse il freddo durante i primi contatti, alleviando il bollore che lo pervadeva a causa dello sforzo.
Si esibiva in maniera ormai naturale, annegando nel ricordo velenoso delle braccia del riccio che lo avevano stretto, privandolo in questo modo della sua innocenza e dell'unica occasione che gli fosse rimasta dal fuggire da quei sentimenti tanto ossessivi, i quali finivano sempre per strappargli il respiro dai polmoni.
Non riusciva a non pensarlo mentre si cimentava in quelle movenze erotiche, mostrando al mondo il frutto della sua passione e di quelle parole represse che gli avevano lasciato in bocca il gusto agrodolce del rimpianto, a ciò s'aggiungeva sempre una sfolgorante ira che gli illuminava lo sguardo tagliente, il quale molto raramente mostrava il proprio dolore, poiché aveva cominciato ad affogarlo nella propria rabbia che riusciva a sfogare solo su quel palco, con i piedi nudi che spesso tastavano l'aria nelle sue mille acrobazie.
Durante le sue continue riflessioni s'era reso conto che odiava Deku perché gli aveva fatto conoscere la piacevolezza del suo tocco gentile lungo i fianchi, una lussuria travolgente che lo aveva macchiato irreversibilmente, eppure non riusciva a smettere di amarlo profondamente, in modo frustrante ed irrazionale che lo aveva reso ancora più acido ed inavvicinabile nella vita di tutti i giorni. Si sentiva patetico, intrappolato su una giostra, seduto sul suo cavallo bianco, incapace di raggiungere quella chioma scompigliata che si trovava solo a qualche metro da lui, non importa quanti giri l'attrazione compisse, non si sarebbero mai più sfiorati, perché la distanza fra loro era fissa.
Con un sospiro irritato cominciò a scalare il palo in metallo, preparandosi alla propria spettacolare mossa di chiusura, lasciando che le voci assordanti del pubblico che lo chiavano a gran voce con il suo nome d'arte: Ground Zero, gli giungessero ovattate.
Presto ogni si singolo rumore si trasformò alle sue orecchie, come semplice sottofondo al fiume di pensieri che non riusciva più ad arrestare. Negli anni s'era rassegnato, o almeno così s'era illuso, alla tragicità di quel sentimento platonico che lo attenagliava come una catena attorno al collo, aveva cessato di cercare quel viso marcato, puntellato di meravigliose lentiggini fra le teste ignote e confuse che lo scrutavano adoranti, temeva che se solo una volta il suo cervello lo avesse illuso nuovamente d'averlo trovato non sarebbe riuscito a riprendersi.
Ciò lo lasciò a rodersi il fegato, perché Bakugou era diventato quella tipologia di persona che disprezzava di più fra tutte, drogato di qualcosa che non faceva altro che ferirlo e indebolito da un amore che sapeva essere senza speranza, si era trasformato in un pallido riflesso di se stesso, reso fragile come un bicchiere di vetro incrinato, sul punto di spezzarsi, ma allo stesso tempo pateticamente incapace di lasciarsi alle spalle quella lieve scintilla di luce che ardeva crudelmente nel suo animo.
Egli riuscì a tornare alla realtà quando con le dita sfiorò il soffitto; percepì il cuore battergli in gola, mentre passava la lingua umida sulle labbra ferite dai troppi morsi a cui le aveva obbligate quando sopraffatto dalla frustrazione, lasciò che la mente si liberasse d'ogni pensiero e chiuse gli occhi così da non soccombere alla bramosia incontrollata di sfiorare fugacemente quell'ombra che lo assillava come un diavolo infernale e si lasciò cadere pervaso da dei piacevoli brividi che scossero persino il retro del suo stomaco, sospeso in una situazione pericolosa, cadeva rilassato nell'esecuzione di una delle mosse più rischiose della pole dance, il kamikaze.
Volteggiò sinuosamente mettendo in bella vista la propria muscolatura tesa, abbandonandosi ad una repentina caduta libera che arrestò poco prima di schiantarsi al suolo, terminando con una posa eccitante nel giungere con le ginocchia piegate contro il legno del palco, la schiena inarcata con piccole gocce di sudore che scivolavano contro i suoi addominali tremanti e le braccia lunghe, intrecciate con il pallo argenteo che risplendeva mentre le pesanti tende si chiudevano, obbligandolo a tornare alla realtà opprimente che lo stava logorando. Così con il respiro affannoso si diresse nei camerini per farsi una doccia e cambiarsi, dopotutto avrebbe dovuto aspettare ancora un paio d'ore prima di potersi esibire di nuovo, scappando momentaneamente da quei problemi che parevano essere più grandi di lui e che lo divoravano costantemente, sperava solo di poterlo fare in pace, da solo, annegando nell'ennesimo wiski.
Tuttavia una volto sedutosi al bancone venne accolto dalla vitalità inestinguibile di Kirishima, che lo abbracciò con vigore nonostante le lementele e i comportamenti bruschi del biondo, poi lo osservò in silenzio per una manciata di minuti, assumendo un'espressione estremamente seria che a dire il vero sconvolse Katsuki, portandolo a chiedere: «Capelli di merda, che vuoi?» «Fratello non stai bene. Ultimamente hai cominciato a bere di più, sembri sempre stanco e continui ad allontanare i tuoi amici, sembra quasi che tu voglia distruggerti. Ora dimmi che ti prende, te ne prego, voglio solo aiutarti...» in risposta l'altro s'irrigidì deglutendo a fatica il liquido ambrato che aveva nel bicchiere. Non disse una parola, lasciando che Eijirou si arrendesse sopraffatto dalla frustrazione, cosciente del fatto che non avrebbe ottenuto nulla da lui a causa del suo sciocco e dannoso ego. Il ragazzo dai denti acuminati non immaginava che la reale ragione per la quale Bakugou tanto si rifiutasse nell'aprirsi fosse che, per farlo, sarebbe stato costretto ad ammettere a voce alta quello che già nel suo intimo sapeva, ma che sentiva di non poter sopportare se ne avesse avuta una completa consapevolezza.
Il fulvo per alleviare l'atmosfera, intavolò il discorso delle presunte esperienze del famoso Ground Zero dicendo: «Parlando d'altro, hai sentito come ultimamente siano lievitati i commenti sulle tue frequenti esperienze con i clienti?» egli scosse la testa con un sorriso dalla sfumatura amara, rispondendo: «Lascia perdere, mentre ordinavo il mio drink ho sentito una conversazione tra due tipi disgustosi, mi è venuta la pelle d'oca. Trovo incredibile l'ingente quantità di persone che sostiene d'avermi avuto come compagnia sotto le lenzuola e che abbia loro regalato una notte indimenticabile, quando in verità mi sono concesso completamente a una sola persona» ridacchiò ironico aggiungendo: «Sono davvero dei pazzi, ho avuto la sfortuna d'udire certe cose che sono riuscite a farmi venire la nausea, fantasie tanto perverse che m'è parso d'avvertire il loro tocco viscido sulla pelle. Ma non temere, non ti salvi di certo da queste discutibili attenzioni, solo che spesso a riparare il tuo buon nome da terrificanti dicerie c'è quell'inquietante fidanzato che ti ritrovi» terminò sbuffando, celando al meglio la propria gelosia.
E con un sospiro sconfitto decise di non bere oltre, lasciandosi trascinare nelle discussioni più insensate dall'amico, finché uno dei camerieri non gli disse che era stato richiesto in una delle stanze private sul retro, parve che a desiderarlo fosse stato un pezzo grosso nel ambiente delle multimilionarie della città e che, se avesse accettato, sarebbe stato pagato profumatamente, a patto però che non avesse indossato la maschera scura, rivelando dunque la sua identità. Sebbene normalmente egli si sarebbe rifiutato di esporsi a quel modo, essendo quasi certo delle viscide intenzioni di chi aveva avanzato una simile pretesa, il suo cuore lacerato lo spinse invece ad accogliere l'offerta con entusiasmo, avrebbe fatto qualsiasi cosa per stare meglio, anche se si fosse trattato di un singolo momento, cosa che a dire il vero lo spaventava.
Sapeva di starsi smarrendo, avendo intrapreso un sentiero non delineato e pericoloso che s'era rivelato maligno nel porgli continui agguati, quell'amore travagliato che pareva ai suoi occhi perso ogni giustificato, non aveva fatto altro che condurlo in una valle gremita di lacrime amare mai lasciate fuggire e di urla soffocate nel petto, lasciandolo esausto, sentendosi svuotare lentamente di tutto ciò ch era.
Quando quei pensieri strisciarono meschini nella sua mente egli scosse nuovamente il capo, in un gesto abitudinario, indossando un altro abito provocante. Questa volta ad evidenziare la sua sua erculea figura era un body nero e dorato con delle lunghe frange, il cui compito era quello di rendere le sue movenze più interessanti e provocatorie. Si premurò di abbandonarsi alle spalle ogni impegnato ragionamento che aveva minacciato di seguirlo insistentemente e si diresse nel palco della stanza privata, lasciando che ad accompagnare la sua entrata fossero le note di lights down low, oltre che l'illuminazione progressivamente più intensa ma pur sempre soffusa. Si mosse per un po' volteggiando attorno all'attrezzo in modo agile e sensuale, quasi stesse narrando di esperienze paradisiache portate però dalla frivolezza della carne, in un connubio di peccato e piacevolezza al quale non era possibile rinunciare e come d'abitudine tentò di non guardare dinnanzi a sé, cosa che si rivelò inevitabile, trovandosi così a scontrarsi con quelle iridi smeraldo che aveva atteso per cinque lunghi anni di rivedere.
Tuttavia in qualche modo riuscì a mantenere salda la sua espressione, senza fargli notare il proprio sconvolgimento, anzi, si affidò alla possibilità d'una lieve vendetta che gli si presentò nel poter esprimere come mai aveva fatto il proprio desiderio, giungendo ad una rappresentazione perfetta di tutto ciò che poteva esistere di erotico al mondo. Kacchan godette di come quello sguardo irrequieto non fosse capace di separarsi dalla sua figura in movimento e rimase inebriato nello scorgere come questi si fosse teso, aggrappandosi con forza ai braccioli della poltrona nella vana ricerca di una calma apparente, che come ormai ovvio fallì. Allora sorrise provocatorio nell'ammirare come lo stesse momentaneamente torturando, scrutandolo con i lampi fiammeggianti che brillavano fra le scompigliate ciocche che ondeggiavano come spighe di grano, deciso nel lasciare assaporare ad Izuku una punta di quella frustrante impazienza che lo aveva perseguitato fino a quel momento.
Fu un gioco per entrambi, tra il seduttore spietato che si diverte nel tessere la propria trappola, nella quale la propria preda non può fare a meno di gettarsi.
Quando la musica terminò di suonare i ruoli si invertirono, il ballerino affaticato, che ansimava per il troppo impeto che aveva usato nell'esibizione, si ritrovò a tremare sotto quelle gemme liquide, predatorie che lo fissavano con una bramosia unica, un desiderio impronunciabile di lui tale che nessuno avrebbe potuto intenderlo e si arrese, già da molto tempo colpevole, di essere inciampato in quello schema meticoloso che il riccio aveva composto anni prima. Bakugou rimase immobile, quasi fosse stato pietrificato dalla viva chioma di Medusa nel vederlo avvicinarsi al palco, trattenne il fiato con il cuore che scalpitava tanto forte da sentirlo nelle sue orecchie e gli occhi rubino che brillavano provocatori nell'osservare la figura di Deku che camminava lentamente.
Notò che s'era fatto più alto di lui, che il suo corpo muscolo sembrava stare troppo stretto in quell'elegante stoffa scura che lui gli avrebbe volentieri strappato di dosso, si rese conto che le sue mani erano solcate da numerose e misteriose cicatrici delle quali non conosceva le storie e vide l'impazienza coglierlo nel coprire la distanza che ancora li separava con due ampie falcate.
Il riccio respirò lentamente contro le sue labbra martoriare, beandosi alla vista di come queste avessero tremato anelanti nel percepire il suo caldo soffio e, bramoso d'assaggiarle, intrappolò il mentro del biondo fra le dita, baciandolo in maniera impetuosa, premendo con violenza le proprie carni contro quelle altrui, per poi esplorare con la propria umida lingua la sua bocca bollente e gli parve d'aver assaggiato un pezzo di paradiso.
Non importa quanto avesse tentato di abbandonare quei sentimenti che gli stavano solleticando il corpo, Izuku non c'era riuscito poiché non c'era nessuno che desiderasse e amasse in quel folle modo, tanto da mutare la sua gentile natura in quella di uno spietato predatore e d'esser pronto a sacrificare ogni cosa solo per poter godere della vista del volto dell'altro farsi paonazzo, nel percepire un gemito mal celato contro le labbra ed il suo tocco titubante contro le proprie spalle tese.
Tuttavia per quanto lussureggiante, un contatto simile non era abbastanza per placare la fame che l'uno aveva dell'altro, ormai incapaci di tirarsi ancora una volta indietro, per nascondersi nella loro sciocca ed egoistica illusione nel negare i battiti accelerati dei loro cuori, a quel punto seppero entrambi d'essere destinati ad essere uno soltanto, perché solo in quel modo potevano smettere di soffrire.
Midoriya, con un sorriso compiaciuto, morse leggermente il labbro inferiore di Bakugou per poi lenire il bruciore che gli aveva causato utilizzando la propria lingua, dopo di che si ritrasse leggermente, solo per osservare adorante come il più basso tremasse e il suo sguardo scarlatto, come le più incantevoli delle rose, fosse ricoperto da una lucida patina di lussuria che pareva implorarlo di divorarlo, ma non era quello che pianificava.
Egli desiderava far cadere il proprio amato ancora di più, voleva vederlo piegarsi ed in fine spezzarsi sotto al suo tocco in una resa totale dei propri sentimenti, anelava a possedere ogni cosa di quello statuario uomo, soprattutto il suo complesso cuore.
« Kacchan...» bisbigliò seduttore il riccio, contro al suo orecchio, sentendo le dita allungate del ballerino affondare nella propria pelle, causandogli un dolore che in qualche modo trovò piacevole, forse perché dietro di sé lasciò il marchio dell'irrequietezza di colui che tanto desiderava imprigionare, questo perché Izuku sapeva bene che entrambi avevano bisogno di ritrovarsi in catene per poter essere finalmente liberi. Katsuki si allungò sulle sue ginocchia per far scivolare le proprie braccia attorno al collo largo del più alto, sfiorando con le punta delle dita i suoi riccioli scuri e con un sospiro deliziato da quella situazione travolgente, avendo ormai compreso la futilità di quel loro continuo scappare che s'era perpetrato troppo a lungo gli morse leggermente il collo, per poi soffiare fra i denti: «Deku... ne hai impiegato di tempo...» ciò detto prese a salire con le labbra graffianti lungo la sua mascella contratta, per poi scivolare provocatorio fino all'angolo della sua bocca ed in fine ritrarsi da essa, senza baciarlo, in una pericolosa provocazione.
La reazione che ne ottenne fu un ringhio, percependo la perfetta dentatura bianca di Deku stridere, cogliendo Bakugou alla sprovvista nel sollevarlo in maniera galante, sorreggendo perfettamente le sue lunghe gambe scolpite e la con le braccia creò un appoggio per la sua schiena, se lo avvicinò al petto, baciandolo con una foga ben differente dalla loro prima volta e questo accadde perché finalmente fra di loro s'era sciolto ogni muro e a circondarli c'era solo la consapevolezza di loro stessi.
In uno sbuffo sonoro raggiunse la poltrona per poi coprire il corpo del biondo con la propria giacca, ora era suo e non avrebbe permesso nuovamente ad altri di ammirare il capolavoro di perfezione costituito dalla sua pelle diafana, poi disse: «C'è voluto del tempo ma questa volta non pensare che ti permetterò di fuggire nuovamente da me, neppure se lo desiderassi con tutto il tuo cuore. Sappi che non mi farei alcun problema ad incatenarti...» a queste sue parole il biondo non poté trattenersi dal ridacchiare divertito rispondendo: «Non ho mai potuto farlo, ho solo vissuto nell'illusione d'esserne capace. Quindi ora legami a te, impedisci al me codardo di poter fuggire da qualche parte e stringimi abbastanza da farmi perdere di vista ogni altra cosa, cattura i miei sensi, annebbiandoli e possiedi ogni parte di me, finché non mi rimarrà più nulla da chiamare come mia. Solo così potremo viverci ed amarci, sei disposto a tutto questo?».
Sussurrò con voce calda queste frasi, lasciando che l'imponente figura di Izuku si facesse spazio tra la folla perplessa, che malcelava la propria gelosia. Il ragazzo fermò solo quando furono giunti nella più tranquilla zona dei camerini, lasciando che l'amato potesse sorreggersi sulle proprie gambe per poi dire: «Ho già fatto tutto questo, posso scorgerlo attraverso i tuoi occhi. Sono stato crudele e lo riconosco, ma era necessario perché sapevo bene che se ti fossi rimasto accanto ti saresti testardamente ostinato nel non riconoscere mai appieno i tuoi sentimenti, tuttavia non credere d'esser restato a lungo lontano da questi miei occhi. Diventasti la preda di questi miei brutali sentimenti già molto tempo addietro ed in questi lunghi anni tu non hai potuto scorgermi fra la folla, eppure il mio sguardo non ti ha abbandonato mai, perché l'amore che provo per te non me lo l'ha permesso. E se hai il coraggio di accettarlo, soffocante e prevalicante come è, allora saremo insieme, stringerò la tua mano per proteggerti da ogni spina» subito dopo le labbra di Katsuki si scontrarono con le sue, in un profondo e vorticoso scambio di umidi baci che fecero salire il sangue al volto di molti dei presenti, ma come potevano essere biasimati dopo anni di tormento, di fughe e strategie nella guerra chiamata Amore?
«Cinque anni sono stati davvero troppi, ma ti perdonerò se mi farai dimenticare la tua assenza durante questa notte. Mi hai fatto assaporare un piacere indimenticabile e poi mi hai lasciato solo ed incapace di soddisfarmi, a rodermi per non essere stato in grado di svegliarmi per tempo e trattenerti. Mi hai abbagliato tanto che non ho avuto attenzioni per nessun altro» nell'udirlo parlare in modo tanto sconveniente e disinibito il più altro si trovò spaesato, gli parve alquanto raro se non completamente fuori dalla sua personalità, ma il tutto gli venne chiarificato da una sola frase: «Non c'è nulla di più frustrante di desideri inappagati» alla quale lui rispose: «Non basterà una sola nottata per recuperare il tempo perso, perché Kacchan non ho fatto altro che attendere e sperare in questo istante, potendoti finalmente chiamare mio».
Concluso questo secondo e breve scambio di battute, si baciarono ancora una volta, incuranti di dove fossero o di quanti occhi li fissassero interdetti, perché c'erano come due metà d'un unico corpo che finalmente erano riuscite a ricongiungersi, annegando in un mare di gioia e soddisfazione tali da farli sentire leggeri come petali di rosa. A loro parve come d'esser intrappolati in una bolla d'amore capace di isolarli dall'intero mondo intero giacché per loro, l'unica cosa veramente importante, era quella di essere insieme, per il resto il mondo poteva pure bruciare, sprofondando negli inferi, non avrebbe avuto alcuna importanza, il sapore di quel bacio sarebbe stato ancora dolce.
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