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Languore

Mani_di_carta spero che questa storia possa soddisfarti, anche se ci ho messo un bel po' per scriverla in quanto sono nel periodo di compiti ed interrogazioni facendo il quinto.

La mia vita non è affatto interessante, la percorro con disinteresse come fosse un vecchio film in bianco e nero che scorre in sottofondo ed io non sono altro che un umile spettatore, relegato sul suo sedile ed impossibilitato nel fare alcunché per cambiare la trama della pellicola, poiché essa è gia stata realizzata da altre mani, da altre menti e per quanto non mi piaccia, non mi è concesso di abbandonare la sala o distogliere lo sguardo cremisi da questa quotidianità soffocante.

Mi si parla continuamente di sogni, aspirazioni, amore e sentimenti caldi che mi suono esotici, così lontani ed inafferrabili come lo era la luna per gli uomini delle epoche passate, ormai convivo con la rassegnazione a questo insopportabile languore, questo sentimento di gelida decadenza ed infinita angoscia che mi ha privato del sorriso, ma non solamente di questo. Sono rimasto solamente con la mia rabbia che nutro verso me stesso, poiché non trovo la forza di svincolarmi da questa persona che non mi apparteiene e che tuttavia è il riflesso delle continue opposizioni e pressioni che mi sono state fatte fin dall'infanzia, da chiunque sia mai entrato in contatto con me, al punto che ora sono costretto a domandarmi se psso davvero considerarmi reale e vivo, non un vuoto manichino manovrato da infiniti fili.

Mi rigiro tra le coperte con lo sguardo occultato dalle palebre, la mia pena nell'esistere mi sta divorando come una bestia che ha già consumato il mio cuore e tutte quelle cose belle che rendono la gente entusiasta, lasciadomi con una noia asfissiante ed il desiderio che tutto termini presto affinchè, in una prossima vita, io possa afferrare la mia esistenza, liberandomi da questo stato di non essere, privo di scelte e libertà nel quale mi ritrovo. Sospiro, mia madre ha sempre preteso l'eccellenza da me, che fosse fisica o intellettuale, anche solo un mezzo gradino al di sotto della perfezione non è mai stato tollerabile perché la famiglia Bakugou ha un buon nome da rispettare; mio padre, per quanto gentile, si è assicurato che seguissi le sue orme, finendo per scegliere una facoltà universitaria che non mi interessa minimamente, lontana dal mio amore per la letteratura, la filosofia e la mitologia, tutti derivatami da quella passione ormai spenta che avevo per la lettura e persino i miei autodefinitisi amici pretendono che io condivida i loro interessi, che io mai mi allontani da questo personaggio scomodo e meccanico nel quale sono stato obbligato.

La noia e l'irritazione sono tutto ciò che mi è rimasto di quell'anima ormai marciscente, sul punto di sbriciolarsi completamente, non posseggo più neanche la capacità di provare dolore per la mia situazione tanto soffocante e la sua manifestazione, in quanto ho terminato le mie ultime lacrime all'età di dieci anni; ero un bambino ma ormai avevo pienamente compreso che la mia vita non mi sarebbe mai appartenuta e so bene che questo mio unico spiffero di semi-liberà si esaurirà quando avrò terminato gli studi. Non mi sarà più concesso di vivere separato dalla mia famiglia, con quel poco di sollievo dalle pressioni che sono comunque ognipresenti, con un altro sospiro abbandono ogni pesiero pesante grazie alla stanchezza che finalmente prevale, facendomi giungere nel mondo onirico.

Sono spaesato quando mi rendo conto d'esser circondato da un paesaggio che definire fantasioso è un eufemismo: sopra la mia testa si estende un infinito cielo, coperto di pesanti nuvole grigie come la mia vita e una fitta pioggia si scatena, scandita dalle forte stoccate di luce e suono provocate dai fulmini che lambiscono il cupo firmamento. Esso si mischia con l'acqua sotto i miei piedi, scindibile dalla volta celeste solamente a causa delle piccole onde che continuano a perturbarne la superficie, la quale risulta tanto innaturalmente rigida che riesco a camminarvi. Mi affretto a cercare riparo in questo vuoto mondo angosciante e nel giro di pochi passi finisco sotto la cupola di un padiglione, il quale si erge su una candida base marmorea con una breve scalinata che abbraccia il palco in legno di ciliegio, lucido ma fragrante a causa dell'umidità portata da quel perenne temporale; all'internò vi è una panchina realizzata sempre con quella calda tonalità di legname, rifinita però in ferro battuto con una trama che trovo molto piacevole. Solo successivamente noto le elaborate colonne in stile corinzio, dalle linee eleganti che narrano della maestria dell'arte greca, ben lontana da ciò che sono abituato a vedere qui in Giappone, però a sorprendermi è ciò che sorreggono: una cupola rosso sangue, brillante come fosse fatta di rubini e la presenza dell'erica, pendenti da vasi sistemati all'di sopra dei capitelli in modo che solo i fiori della pianta siano visibili.

La trovo particolare sia perché la pianta, per ottenere un'effetto a cascata è cresciuta in maniera innaturale, sia perchè il bianco simboleggia la solitudine mentre il rosa la malinconia, in più nell'entica grecia si credeva che tale vegetale fosse sacro, di fatti veniva utilizzato per per pulire gli altari degli dei... Dove sono finito? Sospiro ancora, lo faccio davvero troppo spesso e quando mi volto nuovamente verso la panchina per sedermici, davanti agli occhi mi ritrovo un uomo perfidamente meraviglioso, è la prima volta che rimango tanto catturato dall'aspetto di qualcuno, più che altro dei suoi occhi: due pozze smeraldine affrante quanto le mie, perse nella noia di un tempo di vita che pare un naufragio e l'affinità che ho sentito con lui, mi ha portato a mantenere la calma davanti alle sue zanne allungate e le due grosse ali nere che svettavano dalla sua pelle perfettamente candida, nuda.

«Questo posto... Sai dove ti trovi, umano?» domanda lo sconosciuto guardandomi con circospezione, io contraggo la mia espressione, questo sogno è fin troppo realistico. Immagino che comunque non abbia nulla da perdere perciò mi limito a scuotere la testa in segno di negazione, lui sospira facendomi ceno di accomodarmi accanto a lui, facendomi prevedere una qualche lunga e complicata conversazione ed infatti esordisce: «Innanzitutto è meglio partire dalle origini: ogni essere vivente possiede un'anima ed essa coincide con la nostra essenza, vale a dire è quell'elemento astratto ed intangibile che delimita la nostra esistenza. Si potrebbe affermare che è ciò che ci fa essere come siamo. Si tratta della nostra caratteristica di base dalla quale discendono i nostri connotati specifici come carattere e comportamento, tuttavia può essere anche visualizzata come il luogo dove risiede il nostro intelletto» con un muovimento ampio delle braccia porta la mia attenzione sullo scenario catastrofico che ci circonda, spiegando: «Vedi, ora noi ci troviamo nel mondo della tua anima. Si tratta di un luogo non reale che riflette la tua situazione emotiva ed io, normalmente non dovrei trovarmi qui, soprattutto un essere umano comune dovrebbe essere incapace di entrare nel proprio mondo dell'anima. Come sei arrivato qui?» «Mi sono addormentato» lo sconosciuto si massaggia pensieroso il mento alla ricerca di una soluzione logica all'attuale situazione.

«Probabilmente il tuo stato emotivo di sconforto, solitudine e tristezza è tanto soffocante da aver inquinato il tuo sognare, a tal punto da aver trovato un contatto con il sigillo che mi ha tenuto imprigionato nella mia dimensione onirica fino ad ora. Suppongo che l'affinità tra le nostre anime abbia creato un collegamento tra di noi, ma potremmo averne conferma solamente se la prossima volta che ti addormenterai ti ritroverai qui» trovo tutto questo più che assurdo eppure non riscontro alcuna difficoltà nel fidarmi delle sue parole, nonostante sia qualcuno che non ho mai incontrato prima d'ora, del quale non so il nome e che per aspetto dovrebbe appartenere alla razza demoniaca, qualcosa di alquanto pericoloso. La curiosità ha la meglio sul mio buon senso e dunque gli domando: «Tu sei un demone?» i suoi occhi smeraldini sembrano stupiti dalla mia tranquillità, forse trova divertente la noncuranza con la quale sto continuando la conversazione, cosa che fa piegare le sue labbre carnose in un abbozzo di sorriso che trovo stranamente confortante.

«Si, anche se sono un'eccezione particolare. Vedi, io sono un ibrido nato da re degli inferi e una comune umana e diciamo che sono stato sigillato dalla mia unica amica poco prima che ella morisse, lei lo ha fatto per il mio bene. Sono noto come il diavolo non diavolo poiché non ho bisogno di nuntrirmi della carne e del sangue degli esseri umani per divenire più forte e non sono davvero interessato al potere o all'influenza, quindi sono stato scacciato sia da demoni che da umani, stancato di essere tormentato ho accettato di distanziarmi dal mondo, in fin dei conti ero già solo. Sei la prima persona con la quale ho una conversazione da secoli e secoli» un velo di amara nostalgia si posa sul suo volto di porcellana spurzzato da timide lentiggini, piccole imperfezioni che ne risaltano il fascino seducente, annuisco debolmente comprendendo il suo stato d'animo e mi abbandono contro lo schienale in legno della pachina, butto indietro il capo chiudendo gli occhi mentre gli lascio il tempo di decidere se continuare a parlare, oppure arrestarsi.

Alla fine riesce a coinvolgermi e ci perdiamo con un entusiasmo a noi completamente sconosciuto, in intricati sentieri di discorsi frammentati ma estremamente interessanti, tanto che ormai egli ha recuperato tutte quelle informazioni mancanti sullo sviluppo della nostra società, mentre io ho acquisito un gran numero di nozioni sul genere demoniaco, però sicuramente non abbiamo ancora terminato; egli ha riacceso quell'intersse che non speravo di poter più avare, vorrei continuare questo nostro tempo ancora un po' e per la prima volta sento davvero di desiderare qualcosa con il mio essere, come un riacceso alito di vita. Questo però non sembra possibile, inizio a divenire evanescente, dunque preoccupato scruto il diavolo che mi sorride rassicurante dicendo: «Non preoccuparti ti stai semplicemente svegliando. Qui il tempo scorre molto lentamente rispetto alla realtà, perciò a noi sembra passata un'eternità ma in verità solo la notte è trascorsa...» sembra triste, ma una luce nuova gli inonda gli occhi quando aggiunge: «Ci sono! Presentiamoci, i nomi hanno una forza non indifferente, questo amuenterà la nostra probabilità di reincontrarci: io mi chiamo Izuku» io trattengo il respiro sorpreso, non avrei mai immaginato che mi avrebbe mai rivelato una cosa tanto importante con tanta leggerezza, poiché conoscere il nome di un demone ti da pieno potere su di lui, scuoto il capo e con un sorriso, uno di quelli che non facevo dalla mia infanzia, dico: «Katsuki Bakugou» poco dopo riapro gli occhi con il trillo della mia sveglia nelle orecchie e davanti la noiosa visione del mio soffitto bianco.

La giornata mi sembra trascorrere in un batter d'occhio tra le noiose lezioni che non ascolto e gli amici che tratto con sufficienza nel raccogliere informazioni su di lui e quello che è successo ed ecco che si fa sera, con me che fremo sperando di incontrarlo ancora una volta, perciò quando me lo ritrovo davanti sorridente, la pioggia di quel mondo si affievolisce debolmente, similmente si ripetono varie settimane dove ci facciamo più intimi. Ora sono seduto il più fermo possibile, con le farfalle nello stomaco e il battito cardiaco accellerato mentre il riccio mi stringe la mano amorevole, dice che sta lasciando la sua impronta nella mia anima, in modo da essere sicuro che anche incontrassi un demone esso sarebbe troppo spaventato anche per torcermi un capello e, sucedesse qualcosa, riuscirebbe sicuramente a trovarmi per aiutarmi, perché sono diventato qualcuno di importante per lui e io mi domando se sia giusto aggrapparmi a queste parole per alimentare la calda fiamma del mio amore, il quale ha reso il mondo della mia anima un luogo meravigliosamente luminoso «Katsuki, vedo che sei ben più felice ultimamente» mi punzecchia sorridendo sensualmente, accarezzando con i polpastrelli il mio polso, io mi faccio livido in viso e sbuffando mi volto dall'altro lato, mugugnando qualche insulto poco sentito, provocandogli una risata allegra.

Izuku non demorde e avendo terminato quello che stava facendo mi circonda il busto con le sue braccia forti, facendo sfiorare i suoi capelli contro il mio collo, bisbigliando: «Kacchan, lo sai che quando arrossisci, lo fai anche sulla nuca e le orecchie?» io, estremamente imbarazzato, mi volto di scatto per inveirgli contro ma, prima che possa farlo, lui cattura la mia bocca con la sua, avverto le sue mani esplorare dolcemente ogni angolo del mio torace, risalendo fino alla mia mascella per approfondire quel bacio destabilizante nella sua irruenza, con scontro vorace di labbra e le nostre lingue voluttuose che si cercano ed intrecciano come serpenti. Mi abbandono al calore che pulsa violentemente dal mio cuore fino alla punta dei piedi, lo sorprendo avvolgendo le mie braccia attorno al suo collo per spingerlo verso di me, che lo desidero come fosse acqua nel deserto ed inaspettatamente un piccolo gemito di puro godimento abbandona la mia gola, la vibrazione si trasmette da me a lui che ne sembra deliziato, a tal punto da abbassare nuovamente le sue dita verso il mio bacino, lo stringe con forza incombendo su di me, fino a che non mi ritrovo stradiato sotto il suo fisico erculeo, completamente perso in questo istante che amerei fosse eterno.

Dopo lunghi minuti di durata troppo breve ci stacchiamo ansanti, ancora uniti da un piccolo rivolo di saliva che scintilla sotto il sole acceso che ha reso la mia anima viva, ci fissiamo ormai prigionieri l'uno dell'altro e mi abbraccia forte, intrecciando le mie gambe con le sue, infilando poi il suo naso contro il mio collo in un sospiro di beatitudine che mi fa scappare un'allegra risatina: «Kacchan, ormai non posso più vivere senza di te. Hai portato nuovaente luce nel mio mondo cinereo e ti amo così tanto...» sussurra debolemente mentre io, accarezzando la sua chioma morbida e boccoluta, mi diletto nell'ossrvare i fiori d'erica mutare in camelie, pianta che, secondo il mito giapponese viene dall'isiola di Honshu dove viveva la dea del sole Amaterasu e qui si trovava anche il serpente Yamata no Orochi, che ogni anno esigeva una fanciulla in sacrificio, almeno finchè Susanoo, divinità del vento, andò nell'oltre tomba cercando una spada dove imprigionò un raggio di sole e con essa uccise l'animale. Una volta fatto questo, poggiò la lama insanguinata sull'erba che si tinse di rosso e nacque un arbusto dai fiori bianchi con delle macchie rosse, che venne chiamato "tsubaki" o rosa del Giappone, la cui caratteristica è di non perdere petali, i fiori cadono interi dall'albero, simboleggiando le vite interrotte prematuramente dal mostro. Mi domando perché una pianta con una simile storia porti su di sè il significato di amore eterno, tuttavia questo mio pensiero innecessario viene stroncato dalle sue labbra che mi sorprendono, lasciandomi senza fiato ancora una volta.

«Katsuki, promettimi che qualasiasi cosa succeda continuerai a provare questi caldi sentimenti per me» mi chiede con espressione addolarata, lasciando un bacio delicato sul dorso della mano che stringe forte, mi preoccupo ed annuisco: «Come potrei perdere i miei sentimenti d'amore, questa luce che mi fa sentire finalmente vivo, me stesso e non un vuoto feretro riempito dalle ambizioni e desideri altrui?» «Anche io ti amo, così profondamente da crederti fulcro del mio spirito e mio amato, credimi se ti dico che continuerò a cercarti per tutta l'eternità se dovessimo essere separati» ho paura, lo stringo a me con una disperazione soffocante e mi abbandono alle sue delicate carezza confortanti, so che non mi avrebbe detto nulla del genere se non ce ne fosse stato motivo, dunque mi aggrappo con forza alle sue spalle nude, protetto dalle sue larghe ali nere che mi avvolgono. «Deku, ti prego non nascondermi nulla. Sta sccedendo qualcosa e non potremmo incontrarci, vero?» lui annuisce, si distacca leggermente dal mio corpo, accarezzando con sguardo adorante il mio viso che non cela il peso che porto nel petto, a lui solamente sento di potermi mostrare puro e nudo nella mia essenza più profonda, senza il bisogno di piegarmi a ruoli che non mi si addicono o bugie di circostanza.

«Da un po' ho cominciato ad avvertire il sigillo che mi ha tenuto distaccato dal mondo reale perdere potere, tuttavia non desideravo fartene cenno poiché sapevo che ti saresti incupito terribilmente e ho solo desiderato poter ammirare il tuo sorriso il più a lungo possibile. Mi dispiace non averti detto nulla, oggi sarà l'ultimo giorno, ma abbi fede in me, ti troverò sicuramente e finalmente ci incontraremo davvero» vorrei picchiarlo ma la cura che ha avuto di me e della mia felicità me lo impedisce, dunque lo spingo in maniera grezza senza dire nulla, ignoro la sua espressione ferita per poi stendermi con il viso sul suo petto, per ascoltare il suo muscolo vitale palpitare velocemente ed un sospiro di sollievo che si lascia sfuggire. Ah, eravamo entrambi così freddi ed indifferenti durante il nostro primo incontro, mentre ora il solo pensiero di passare un solo istante separati diventa incredibilmente spaventoso, non siamo forse cambiati? Certo che lo siamo, ma sono felice di questo.

Questa volta è lui che si diletta a tracciare percorsi immaginari con le dita fra i miei capelli, lo fa con espressione sorpresa come se non s'aspettasse da essi una tale morbidezza e non posso dargli torto quando alla vista risultano tanto ispidi, lo sento, il nostro tempo sta finendo e non voglio che sia sprecato, dunque mi alzo velocemente attacando le sue labbra. Mi aggrappo saldamente alle sue spalle, lui al mio bacino e ricambia questo contatto ardente come il deserto, che però presto si fa umido di quelle lacrime che, entrambi, non pensavamo saremmo mai più stati capaci di versare; non ci scambiamo vuote parole di dolore o rimpianto, ci perdiamo in noi, in questo contatto che si incide nelle nostre memrorie come fiamme vive e preghiamo, imploriamo il nostro destino di lasciarci ricongiungere, nonostante questo, quando la mia sveglia mi costringe ad alzarmi non riesco a smettere di piangere, chiamando disperatamente il suo nome.

Cerco di riprendermi ed in qualche modo riesco a schivare le domande invadenti di Mina e Kirishima sul perché i miei occhi siano gonfi, sono persino riuscito a distrarmi grazie all'attenzione che ho dovuto prestare ai corsi universitari e nella stesura degli appunti, però ora ho paura dei momenti vuoti e del silenzio, perchè temo che non appena sarò libero la mia mente mi condurra la pensiero di lui e allora un dolore senza uguali mi colpirà profondamente, non oggi, non in questa inutile notte senza sogni che accresce la mia miseria.

Non posso sopportarlo, la fitta che mi ha sorpreso impreparato al muscolo vitale mi ha lasciato senza fiato, ho quasi temuto che qualcuno mi avesse trafitto con una lama e maggiore è il numero dei giorni che scivolano come sabbia tra le mie dita, peggiore diventa il mio carattere, non riesco a controllarmi, non quando viene preteso da me che mi comporti come il solito e capisco che non sia colpa dei miei amici, i quali di me non sanno nulla e che non conoscono la situazione straziante nella quale mi ritrovo, penso però che potrebbero avere un po' più di tatto nel vedermi scoppiare in violente reazioni, insomma, non è ovvio che io non stia bene? Basta, non riesco neppure a guardarli mentre ridono, alcuni di loro si perdono nel loro amore gioviale senza sapere il male che mi fanno e dunque decido di richiudermi in me stesso, in quel vuoto appartamento perennemente al buio ed è per questo che ora, a distanza da settimane da quel nostro ultimo bacio, sono seduto scomportamento su una sedia che ho trascinato fino alla portafinestra del salotto. Mi sono preparato una tisana alla menta poichè in qualche modo mi fa pensare a te, creando una lieve illusione che mi da un minimo di sollievo mentre guardo la pioggia scendere aggressiva, proprio come quando scoprii di quella realtà che non conoscevo, sorrido appena nel figurarmi davanti quel cielo meraviglioso, terso ed il sole luminoso che ci deliziava con un caldo tepore, segno della spenzieratezza che eri riuscito a regalarmi e che in altro modo non avrei mai sperimentato, nonostante la mia giovane età di appena venti anni.

Non so perché, però vengo colto dall'improvviso desiderio di uscire fuori e mi trascino sul balcone, avvolto dalla mia calda coperta di lana, soggetto al vento dispettoso che di tanto in tanto manda qualche schizzo contro la mia pelle facendomi rabbrividire, ma che importanza ha? Prima non mi sarebbe importato di ammalarmi, questa vita dopotutto non mi è mai piaciuta, forse non ero io quello che sarebbe dovuto nascere dal ventre di mia madre, magari al mio posto sarebbe stato preferibile quel Katsuki Bakugou capace di vivere allegramente, rispettando tutte le aspettative di chi gli sarebbe stato accanto, non qualcuno come me, obbligato ad indossare una machera che non riconosco come mia, in un modo di essere che mi ha portato a domandarmi se io esistessi davvero e ormai credo che io non sia stato reale prima di incontrarlo, colui che ha recuperato i brandelli della mia essenza e li ha amati come sono, non come avrebbe voluto che fossero. Mi stringo il petto con la mano, fa male, fa davvero tanto male non averlo al mio fianco, mi pare di star cadendo a pezzi dolorosamente, sono ormai mesi che attendo che mi trovi, che mantenga la sua promessa e che ancora una volta venga a salvarmi perché, per come sono ora, penso che persino il nulla della morte sarebbe più dolce del male che sento dentro e che mai si affievolisce.

Scuoto la testa tirando su con il naso, non credo che sia stata una buona idea uscire senza una maglietta indosso e poi non potrei mai davvero pensare al suicidio, non voglio cercare la via più semplice e soprattutto non voglio impedirgli di tenere fede alla sua parola, tornerà da me e io lo accoglierò. Sospiro, mi alzo lasciando che la coperta mi scivoli giù dalle spalle e poco prima che possa girarmi una violenta raffica di vento mi sorprende, istintivamente chiudo gli occhi proteggendo il volto con gli avambracci, i quali vengono inumiditi dalla pioggia, ma non me ne importa un fico secco, perché quando riapro i miei gonfi occhi rubino lo vedo. Se ne sta appollaiato sulla ringhiera con il petto nudo ed indosso solo dei pantaloni neri, le sue grandi ali color pece sono ancora spiegate dal suo atterraggio e grondano a causa del temporale, in questo momento fattosi ancora più intenso. Nessuno di nuoi due dice una singola parola, ci fissiamo increduli, io con il cuore che batte troppo veloce e titubante gli accrezzo la faccia con le dita fredde, Izuku chiude gli occhi strofinando la sua guancia contro la mia mano: «Kacchan, hai le dita fredde, non voglio che tu finisca con l'ammalarti» detto questo allunga le braccia, catturandomi in una stretta ferrea: «Te l'ho detto che ti avrei trovato, no?» non ho la forza di dire nulla, lascio che mi baci, che avverta il mio dolore sollevarsi dal mio animo, quando ci stacchiamo mi promette che non mi lascerà mai più andare e mi conduce gentilmente dentro casa.

Sono disperato, ho bisogno di sentirlo ancora di più contro la mia pelle e a quanto pare non sono l'unico: «Perdonami» le nostre labbra si sfiorano: «Ci ho messo troppo tempo» le nostre bocche si bramano febbril: «Non importa. Sei qui» biscico abbena per poi buttarmi contro il suo corpo caldo, innaturalmente ma piacevolmente bollente; le nostre lingue si abbracciano come se volessero divenire una solamente, siamo vicini eppure mi sembra che non basti ancora, perciò gemo estasiato quando mi spinge contro il divano del salotto, con i suoi addominali scolpiti che sfiorano i miei, senza interrompere la scarica di infiniti contatti alla quale ci stiamo abbandonando, noncuranti della finestra aperta e la gelida aria che punge contro la pelle. Mi tocca ovunque le sue dita possano arrivare e febbrilmente, tra un bacio e l'altro, cantilena il mio nome con i suoi occhi smeraldo rilucenti di lussuria, oh quanto è bello, il mio meraviglioso diavolo che mi condurrà per i peccaminosi giardini del piacere carnale, immersi nell'estasi del nostro incontro ci siamo già aggrovigliati l'uno all'altro. I nostri corpi non vogliono aspettare un singolo istante eppure desideriamo godere appieno di questo noi, finalmente stabile e reale, perciò tratteniamo queste violente tempeste di desiderio, sprofondando sempre di più l'uno nell'altro.

La bocca bramosa del riccio afferra con veemenza dei lembi di pelle del mio sensibile collo, dunque mi lascio andare ai sospiri di piacere e le elettriche scariche che dal basso ventre si dirmano lungo ogni cellula del mio essere mentre vengo marchiato dall'uomo che tanto amo, tuttavia mantengo un minimo di decenza fino a che Izuku, fin troppo sensualmente, comincia a dedicarsi attivamente a quei piccoli bottoncini di pelle scura che svettano sui miei pettorali, senza tralasciare di farmi percepire la sua imponente grandezza contro la mia, siamo entrambi turgidi. Non riusciamo a smettere di toccarci e guardarci, inarco la schiena completamente stravolto dal godimento che prende il controllo delle mie umane membra quando la sua grande mano destra stringe con decisione i nostri sessi roventi, un piacere carnale di intensità mai provata mi stravolge la mente tanto che, lentamente, ogni pensiero evapora per lasciare spazio solo alle lettere del suo nome che risuona forte nella mia mente, proprio come Eco, incapace di gridare l'amore nel suo cuore, differente da lei è la mia sorte, quella di poterti avere per me e sentirti con questo corpo che porta già il tuo segno.

Ansimo come un animale, lascio che le mie dita forzute lascino sulle tue spalle l'ombra della mia mascolina intensità nell'aggrapparmi al tuo corpo scultoreo, l'orgasmo ci regala deliziosi spasmi che ci portano ad essere meno appagati che anzi, più desiderosi di perderci nella carnale beatitudine dell'altrui peccaminsoità e quando ringhi, accanto al mio viso scarlatto, il mio membro si rinvigorisce rapidamente: «Kacchan, ti voglio» io non apro bocca se non per baciarlo come se la mia vita ne dipendesse e lui comprende, lo bramo allo stesso modo, dunque non si cura dei vestiti che riduce a brandelli, della finestra del salotto ancora aperta, della gelida aria notturna pregna di pioggia temporalesca e del fatto che la nostra prima volta non abbia quella dolcezza romantica da romanzo. Semplicemente mi rende il fulcro della sua visione smerlada, riempiendo il mio corpo di baci e succhiotti, nel tentativo di farmi rilassare, nonostante la spiacevole senzazione di un oggetto esterno che penetra all'interno del mio anello di muscoli, i quali fanno una certa fatica a rilassarsi, tutto cambia quando i suoi canini, ora più prominenti forse a causa della sua eccitazione, si fanno strada lungo la mia pelle candiada, provocandomi una sensazione paradisiaca nella sua malvagità.

I miei pensieri si fanno ancora più offuscati, il mio respiro si spezza e diviene incostante proprio come il battito accellerato del mio cuore estasiato, uh? Cos'è stato? Non ne ho idea ma non ho potuto fare a meno di spalancare gli occhi lucidi di lacrime, istintivamente ho stretto con violenza le mie gambe muscolose attorno al suo bacino nudo e il mio corpo a tremato come se un fulmine mi avesse attraversato, però Izuku non ha fatto cenno di volersi fermare, mi rivolge una sguardo diabolicamente seducante, con un sorriso soddisfatto che mi lascia interdetto, non riesco a caprilo. Almeno fino a quando stimola nuovamente quello sconosciuto punto dentro di me, allora comprendo che probabilmente sta strofinando la mia prostata generandomi un godimento senza uguali e presto una grande quantità di sperma mi abbandona, lasciandomi indebolito e tremante sotto quella grossa stimolazione. L'impazienza guida il mio diavolo amato, tanto che non mi lascia neppure il tempo di rimprendermi prima di sostituire la sua erezione alle sue falangi e spinge come farebbe un lupo nel mezzo della stagione dell'accoppiamento, indugiamo in questa sensazione dolciastra per untempo surreale, tanto che nel mentre mi sento farmi sempre più debole, con il mio membro che non riesce a produrre più niente e la mente sempre più leggera.

Quando mi rendo conto d'aver perso i senzi sono già arrotolato comodamente nelle coperte del mio letto, stretto nel sicuro abbraccio in cui il riccio mi ha imprigionato, noto subito come la mia pelle sia pulita, così come gli abiti che indosso e sorriso contento nel capire che il mio amato deve essersi preso cura di me, dunque mi strofino contro il suo petto saldo, inspirando la sua rilassante fragraza, cosa che gli causa un'allegra risata, ironicamente lo trovo angelico. «Scusa, ieri ho esagerato, ma ero troppo felice ed eccitato per riuscire a contenermi» sussurra accarezzandomi la guancia con le nocche, poi mi posa un dolce bacio a fior di labbra, io arriccio il naso divertito, crede forse che a me sia dispiaciuta quell'intensa notte appena trascorsa? «Deku, da quanto sei sveglio?» mugugno portandomi una mano davanti alla bocca, celando lo sbadiglio poco elegante, frutto della sonnolenza che ancora si attorciglia al mio corpo, il tutto senza distogliere lo sguardo dal mio partner che assume un esilarante tono rosato in viso, mi stava chiaramente guardando dormire, che cosa adorabile.

Purtroppo la nostra meritata quiete non ha vita lunga, in quanto qualche visitatore poco educato si attacca al campanello e l'irritazione mi pervade, tanto da portare il diavolo a confortarmi con un'ultima carazza prima che mi trascini, poco volenteroso, verso la porta d'ingresso e quando vedo mia madre ogni briciola di buon umore lascia il mio corpo, ella non si perde in cerimonie e mi scanza per scivolare nell'appartamento, buttando alla rinfusa sul tavolo del soggiorno una grossa quantità di cartelline di carta, poi si siede sul diavano a braccia incrociate con la sua classica aria severa, invitandomi a sedermi in quanto ha qualcosa da dirmi. Il mio volto si fa subito scuro perché la conosco bene e so che sta prendendo ancora una volta una decisione per la mia vita, con quelle proporste che non ammettono rifiuto alcuno ma purtroppo per lei non sono più lo stesso Katsuki di allora, quello arreso al fatto che non conoscerà mai la gioia e lo devo tutto all'adorabile ragazzo che ora, probabilmente, se ne sta con l'orecchio appoggiato contro la porta della mia stanza, cercando di capire cosa stia succedendo.

«Sono venuta qui per parlare del tuo futuro» io sospiro pizzicandomi il naso, ho davvero un brutto presentimento, mi trattengo dal dire qualcosa, non è ancora il momento: «Rispetto a cosa?» «Ovviamente abbiamo tutti notato che sei sempre irritato e poco socievole, in più i tuoi amici si sono preoccupati perché negli ultimi mesi sei stato ancora più distante del solito e ti sei rifiutato persino di uscire con loro. Dunque ho deciso di organizzarti degli appuntamenti con delle ragazze di buona famiglia, in modo che tu possa sposarti e portare avanti il buon nome della famiglia Bakugou» la donna allunga la mano verso un gruppo di fogli mostrandomi la foto di una donna dal lunghi capelli neri ed un sorriso gentile, figlia di una delle famigie più potenti dello stato, poi aggiunge: «Non preoccuparti ho già fatto una selezione accurata, ho organizzato tutto. Ti incontrerari con lei tra poche ore, così avrai il tempo di renderti presentabile e fare bella figura» io allungo le mani verso la superficie in vetro e con gesto veloce del braccio libero il tavolino da quelle cartelle, la mia espressione si contrae tra ira e disgusto mentre fronteggio il suo sguardo di fuoco, sibilando: «Cosa diavolo ti fa credere che seguirò ancora le tue istruzioni come un pupazzo senza pensieri? Mi sono stufato delle tue irragionevoli pretese e non incontrerò nessuna di quelle donne, ho già una felice relazione».

«Katsuki, non osare parlarmi in questo modo, io sono tua madre e so quello che è meglio per te!» «Davvero? Hai il coraggio di utilizzare quel titolo quando non mi conosci nemmeno?! Tutto quello che ti è sempre importato di me è che io fossi adatto a portare avanti il nome della famiglia, della mia felicità o del mio benessere non te ne sei mai curata e dubito dunque che tu possa provare anche solo una punta di quell'amore materno che è comune e noto a tutte le altre donne con dei figli» «Questo non è-» non le lascio finire la frase che con voce grave le domando: «Se non è vero allora dimmi: qual'è il mio cibo preferito? Qual'è il mio sport preferito? I miei hobby o le cose che mi piacciono fare?» la donna mi guarda confusa rispondendo con una certa sicurezza: «Che domande, hai sempre amato i gusti più raffinati, il tuo sport preferito è equitazione e i tuoi interessi sono certa che siano riguardanti il tuo indirizzo di studi e la moda» ecco, come mi aspettavo, non ha idea di chi io sia e questo mi genera una risata amara e se fossimo in un romanzo Pirandelliano, questo sarebbe il momento in cui, togliendomi la maschera, sarei preso per pazzo, ciò però non mi importa, è della sua opinione che stiamo parlando dopotutto.

«Il mio cibo preferito è il curry extra-piccante, il mio sport preferito è il pugilato, i miei interessi sono l'arte, il disegno, la letteratura e la mitologia. Sicuramente non ho alcuna intenzione di proseguire con questa farsa, sono stato per anni obbligato a seguire le tue aspettative e quelle di tuo marito eppure non mi conoscete neppure, l'unico legame che abiamo è il sangue eppure persino questo mi disgusta, Mitsuki.» il disprezzo che lascio fluire apertamente la sorprende, forse però il fatto che l'abbia chiamata per nome l'ha ferita, come se non si aspettasse di sentirsi dire di aver fallito nel suo ruolo di genitrice e davvero non riesco a credere allo sconcerto che emrge da quel volto fin troppo simile al suo. Si alza in piedi di scatto, si getta le mani tra i capelli e poi mi fissa con sguardo allucinato, deve essere difficile per lei non aver raggiunto la perfezione che tanto desiderava: «Non diresti mai certe cose, sono certa che sia colpa di quella donnaccia con la quale hai una relazione! Non c'è altra spiegazione, ma non puoi ascoltare quella persona Ktauski, è chiaro che vuole solo sfruttare il tuo nome e il denaro di famiglia per i suoi scopi, per farlo però ha bisogno di allontanarti dalla tua famiglia. Non preoccuparti, ti perdonerò quando ti allontanerai da quella vipera» un tono proviene dalla camera da letto, mi chiedo se il suo comportamento abbia fatto infuriare Izuku, spero che sia così, vorrei davvero vedere la sua reazione.

Mi distendo scompostamente sul diavano, chiaro segno di starla ignorando, rilasso il capo contro il bracciolo dicendomi che quella donna non ha abbastanza valore perché io venga soprafatto dalle mie emozioni al punto da stare male, dunque scocciato spiego: «Non si tratta di una donna ma di un uomo e per lui queste cose sono futili, in realtà non sapeva molto della mia influenza in questo mondo, conosceva solo l'odio che nutro verso di voi da lungo tempo» la bionda vorrebbe ribattere ma rimane pietrificata quando vede il mio diavolo, il quale la ignora completamente per accomodarsi accanto a me, motivo per il quale cambio posizione, permettendogli di sederesi, con me appoggiato al suo petto. «Persino mio padre, che è il re dei demoni, è stato un genitore più amorevole di te» lo sguardo che le rivolge mi fa rabbrividire, non c'è nemmeno lo spettro della gentilezza che mi ha mostrato, ma solo l'ombra di un intento omicida che mi fa battere forte il cuore, sono proprio pazzo lui, non importa quale terrificante aspetto di sé mi mostrerà in futuro.

Lei se ne va con la promessa di tornare e farmi tornare in me, pensa che io sia soggiogato dal mio amato e la cosa è davvero ridicola, Izuku mi porge la mano sorridendo promettendomi di donarmi un futuro radioso lontano dall'angoscia a cui sono stato abituao sin da bambino, io sorrido, non importa dove mi porterà, fosse anche nel cuore dell'inferno io lo sguirò e dunque ci allontaniamo da questo mondo tanto opprimente per vivere in una piccola casa tra le montagne, a bearci del nostro tempo insieme e di null'altro al mondo. Sento le sue braccia stringermi mentre mi godo il sole estivo: «Non ti senti solo qui?» «Come potrei? Sei l'unica persona che io abbia mai amato e della quale mi importi, credi che rimpianga quelle attenzioni prive di valore?» gli porgo una domanda retorica in risposta baciandolo profondamente, lasciandolo tutto rosso in viso, io sorrido, non penso gli dirò mai di quanto lo trovi adorabile in questi momenti.

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