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Imprevisto

Su richiesta di:AsiaFabbri0

Ultimamente non sono sicuro di quello che mi stia capitando, un senso di disagio mi perseguita imperterrito, quasi si divertisse nel procurarmi quel continuo mal di testa che mi trascino dietro da settimane, ma fortunatamente oggi pomeriggio non ho compiti da fare, né la pressione di dover stare appresso alle irragionevoli richieste di mia madre o peggio, al chiasso frenetico generato da quei caotici amici che mi sono piovuti addosso non appena ho cominciato a frequentare le superiori. Normalmente non lo ammetterei ma sono grato alla loro caparbietà nel volermi decifrare, sebbene non ci riescano del tutto e credo sia una nota positiva, ho imparato a mie spese di non riuscire a rapportarmi decentemente con chi ha libero accesso ai miei pensieri, sbuffo, scuoto la testa vigorosamente nel tentativo di sgomberarla dall'immagine di quel fastidioso nerd, davvero non riesco a comprendere come, dopo averlo odiato per anni, sia finito con il ritrovarmelo costantemente nei miei pensieri, scuoto le spalle e decido di non pensarci, oggi non ne ho voglia.

Mi fermo un attimo ad inspirare l'odore che aleggia nella zona, legno bagnato, fragranza tipica di quelle ore subbito successive alla pioggia, corrido leggermente stringendo la mano attorno allo skateboard che porto con me, i miei intenti per questa giornata sono di abbandonare per qualche ora l'insistente mole di interrogativi che partono da quella chioma arrufata di un verde brillante, la tensione dovuta all'insopportabile professoressa di storia, la quale continua a bersagliarmi di domande ogni volta nella speranza di trovarmi finalmente impreparato dato che, chiaramente, non riesce proprio a sopportarmi, saremo solo io e la tavola di legno, nessuno che conosco, che possa riempirmi di domande, complimenti, insulti o qualsiasi altra cosa. Mi sono rilassato, dunque mi precipito nel piccolo parco che dista una decina di minuti da casa mia, supero il marcapiede di confine con un balzo, mettendo in mostra le mie lucenti scarpe nere, lancio con relativa delicatezza quel mezzo che mi dona le ali e mi diriggo distrattamente ad una delle numerose rampe presenti nella zona, tuttavia quando alzo il capo per vedere dove sono radunate meno persone mi rendo conto che c'è più gente del solito, quasi la maggior parte dei ragazzi della città si sia riversata qui,  ringhio leggermente frustrato nel pensare che forse il destino non abbia voglia di lasciarmi quieto. Sono tutti raggruppati attorno all'insime di rampe più adatto alle figure più complesse, tristemente sono costretto a rendermi conto che l'unica zona praticabile è quella riservata alle persone alle prime armi, certo, potrei accontentarmi ma peggiorerebbe il mio umore poiché non riuscirei a liberarmi nel modo corretto, dunque mi arrendo al dover aspettare un poco, anche se questo mi porta inevitabilmente a riflettere sugli anni passati della mia vita e su tutte le sclete sbagliate che ho fatto pur di non perdere la mia facciata orgogliosa, dannazione, non mi piace per nulla finire a rimurginare sui miei rimpianti come un coglione, ma non posso farci nulla.

Dinnanzi ai miei occhi si raggruppano frammenti di quando avevo appena quattro anni, mi rivedo a correre a destra e sinistra seguito dal gracile ragazzino dalla chioma verde che mi osservava con occhi scintillanti, era il mio migliore amico, l'unico che non mi rivolgeva sorrisi di circostanza o che non mi si era accostato per convenienza, una vola scoperto che i miei genitori avevano una posizione economica pittosto elvatata e davvero ero contento di specchiarmi nella sua ammirazione, poi uno stupido pomeriggio, con il sole infiammato dalle ore del vespro m'ero deciso a passeggiare con passo sostenuto sopra un tronco trabballante che permetteva a noi piccoli avventurieri di attraversare la sponda del fiume, anche se basso, scivolai maluguratamente e l'unico dei presenti che venne ad accertarsi delle mie condizioni fu proprio Deku, sospiro nel chiedermi cosa mi sia passato per la mente, perché ho sentito che la scelta migliore fosse quella di spingerlo via ed accanirmi su di lui come una bestia inferocita, rendendo un vero e proprio inferno la sua vita per più di dieci anni? Nessuno mi aveva mai ripreso, non avevo mai capito quali potessero essere le conseguenze di quello che facevo oppure dicevo, tutto è cambiato proprio l'anno scorso, quando ho messo piede nelle superiori, ritrovandomi a non essere più il centro assoluto dell'attenzione e forse anche il fatto che non l'ho avuto continuamente attorno mi ha dato modo di rendermi conto di cosa avevo combinato e non posso negare che la presenza di Kirishima, Denki, Sero e Mina non mi abbia fatto rendere conto di cossa significasse la parola "amicizia" ma ad essere onesto con me stesso, credo che il colpo finale a quel castello illusorio che m'ero costruito per convincermi d'aver agito correttamente fu vedere i nuovi legami che Izuku sviluppò e che tutt'ora continua a coltivare con attenzione. Sono pentito da un po' di aver perso una delle persone più sincere che abbia mai incontrato, eppure ultimamente mi sento  spiazzato, come se mi mancasse il terreno sotto i piedi, non saprei spiegarlo neppure a me stesso, ma mi pare quasi d'avere il fiatto sospeso, come mi fossi immerso nell'acqua gelida dell'oceano e per risalire avessi bisogno di gettare almeno uno sguardo sul profilo delicato del nerd, che nonostante gli anni di cattiverie ancora mi degna di qualche parola e cordiali saluti che sono conscio di non meritare e per quanto lo senta insufficente non ho modo di cambiare le cose, con che faccia potrei presentarmi davanti a lui e dirgli: "ehy scusa se ti ho detto di suicidarsi, sono stato un po' coglione, amici come prima?" è semplicemente impossibile e poi parliamoci chiaro, se fossi al suo posto non mi perdonerei nemmeno se mi pagassero a peso d'oro gli anni di sopprusi.

Vengo riportato alla realtà circa mezz'ora dopo il mio arrivo quando sento due ragazzi parlottare con tono mesto: «Dannazione, io volevo provare a carpire qualche segreto al re delle accrobazie ma ha fatto solo cose tranquille e per di più s'è rifiutato di gareggiare, credo che non gli vada a genio che metà della città sia corsa qui quando qualcuno ha postato su instagram il fatto che lui si stesse allenando» l'altro gli lascia un'amichevole pacca sulla spalla ridacchiando: «Non puoi davvero biasimarlo, poveraccio, magari voleva solo farsi gli affari suoi e divertirsi, ma s'è ritrovato accerchiato come se fosse una celeberità, deve essere stressante non potersi cimentare in quello che ama tranquillamente» in risposta ottiene un cenno d'assenzo e sebbene la conversazione non sia cessata, io curioso allungo il collo per cercare d'intravedere di chi stiano parlando e con mia sorpresa mi ritrovo a fissare rapito proprio lui, quel ragazzo di media altezza, con il corpo più muscoloso di quanto i suoi soliti abiti lascino intendere ed il suo viso, quello mi colpisce più del solito, non è diverso dal suo solito pallore spruzzato di piccole macchie variegate, simili alle numerose stelle che brillano nel cielo notturno o per i vivaci occhi smeraldo, ma più per l'espressione seria che vi si affaccia, con le sopracciglia leggermente contratte, qualche goccia di sudore che scivola provocante lungo la linea sottile del suo naso leggermente alla francese, mancando di poco le labbra carnose, pressate in una linea leggera, un'appena percepibile smorfia che lo fa apparire estremamente attraente, giunta con quell'inaspettato stile da skater e qualche piercing sulla parte superiore dell'orecchio destro che non ho mai visto prima.  Sono perplesso, non riesco proprio a capacitarmi di come faccia a sembrare completamente diverso dal ragazzo per bene, amante dei libri e completamente distante da qualsiasi cosa d'atletico che si mostra a scuola, sarà forse la maglia verde di qualche taglia più larga che ricade morbidamente sulla sua figura, bagnata dal suo sudore, che la fa aderire parzialmente al suo busto muscoloso, esposto da qualche strappo del tessuto, o i pantaloncini che mostrano le sue gambe fino a sopra il ginocchio, rivelando alcune cicatrici inspiegabilmente perfette sulla sua pelle pallida, o magari la ginocchiera stretta che evidenzia forma di tutte le fasce mucolari che supporta?

Scuoto il capo, prendo un profondo respiro e mi chiedo se sia una buona idea il provare a ricostruire qualche cosa partendo dalla nostra passione comune, mi tiro un paio di schiaffi in  faccia, che diavolo mi prende? Io, il grande Bakugou Katsuki non ho alcuna intenzione di esitare dunque mi tiro in piedi con un colpo della mano, mi sgrullo di dosso lo schifo che mi si è attaccato ai pantaloni quando ho deciso di abbandonarmi sul marciapiede e mi avviccino alla chioma riccioluta che ondeggia ogni volta che un filo di vento decida di farsi vivo, lo osservo mentre si piega sulle ginocchia, reggendosi con il braccio destro alla tavola di legno sotto i piedi, superando una curva, per poi saltare attorno allo skate con una perfetta angolazione, sarebbe stata un'esecuzione magistrale se non fosse per il fatto che, nel noatrmi, s'è distratto ed è finito con il sedere a terra, io ridacchio internamente e mi avvicino tranquillo, non desidero che noti la mia agitazione, per qualche ragione ho sempre detestato mostrargli la mia debolezza, forse per non far scemare quella luce d'ammirazione che gli ha sempre illuminato lo sguardo, non lo so, l'unica certezza che ho è che lui non riesca a capacitarsi di come il suo piccolo segreto mi sia stato rivelato con tanta facilita. «Emh, Kacchan, che coincidenza vederti qui...» io lo osservo confuso dal suo tono estremamente acuto, piego un po' il collo cercando di cogliere qualcosa diverso dall'imbarazzo sul suo viso, tuttavia mi arrendo dicendo: «Non sapevo ti piacesse lo skateboard e che fossi pure una celebrità nel mondo competitivo, nerd, mi chiedo come abbia fatto a non incontrarti dato che vengo qui da anni» sembra stranito dalla mia calma, lo è ancora di più dalla mano che gli tendo in un moto invito a rialzarsi, temo che possa rifiutarla iracondo come io feci con lui nella nostra infanzia, ma semplicemente mi porge un sorriso meraviglioso, uno di quelli splendenti che non mi regalava più da una vita, mi ringrazzia tutto emozionato e mi spiega che in verità lui tenta di venire qui solo in orari poco trafficati e che aveva provato a gareggiare solo per divertirsi, non si sarebbe aspettato di vincere.

«Non ho mai visto Kacchan nelle competizioni, me ne ricorderei» io scuoto le spalle rimettendo il piede sul mio skateboard rispondendo: «Non ho mai voluto partecipare, sai come divento quando partecipo a qualcosa che prevede la vittoria, non volevo rovinarmi la sensazione che mi da fare skateboard con la mia competività» sospiro leggermente, odio in modo viscerale la mia ossessione nel voler giungere sempre al primo posto, qualsiasi cosa io faccia e davvero è stancante, solo che non riesco a mitigare questo tratto della mia terribile personalita, ricambio lo sguardo insicuro che mi rivolge, sembra che sia indeciso sul chiedermi qualche cosa o meno, ma ancora prima che io possa esortarlo a farsi avanti lo vede stringere gli occhi e assumere un'espressione sicura, non mi lascia neppure il tempo di prepararmi alla travolgenza delle sue iridi assurdamente magnetiche, più di quanto avessi mai notato e mi chiede: «Ti va se ogni tanto ci divertiamo insieme? Non abbiamo più fatto nulla di comune...» schiocco la lingua sul palato, non perché sia infastidito dalla sua richiesta, che in verità mi rende estremamente felice, ma lo faccio più che altro per il fatto che sembri già rassegnato ad un mio rifiuto, reazione comprensibile dato come l'ho trattato e questo mi lascia un sapore amaro sulla punta della lingua, un peso sullo stomaco che non pare volersi dissipare: «Ah, però se ti da fats-» sospiro, sorrido leggermente sotto la sua espressione basita e rispondo: «Va bene, però Deku non fare quella faccia che con la bocca spalancata finirai per ingoiarti qualche insetto» ridacchio leggermente dandogli le spalle, non voglio che se ne accorga e comincio a far strisciare le ruote contro il suolo liscio, gli passo accanto un paio di volte beandomi del suo esser rimasto di sasso nel bel mezzo della pista, poi però mi volto e dico: «Oi nerd, vieni o hai intenzione di fissarmi ancora a lungo?» lui arrossisce leggermente e si unisce ai miei movimenti, che non hanno nulla da invidiare alle sue abilità. Siamo fluidi nel performare a qualche centimetro di distanza l'uno dall'altro, senza però intralrciarci in alcun modo, come due falchi dalle ali spiegate che solcano i cieli cavalcando le stesse correnti d'aria, scambiandosi di posto ma senza mai cozzare ala contro ala, tremo leggermente scosso, avverto circolarmi nel petto un sentore di libertà che eccheggia sconosciuto nelle pareti del mio io tormentato, mi pare quasi d'esser vissuto fino a questo momento con delle catene su braccia e gambe, dalle quali penzolavano pesi invisibili ma insostenibili, dei quali ora, in questo istante sono stato liberato dalla sorridente figura che mi sfreccia accanto, con la sua scia di menta che fa formicolare il mio stomaco in subbuglio e quel modo assurdamente magnetico che ha di fissarmi di tanto in tanto, il quale mi fa salire il cuore in gola, in un miscuglio di pericolo ed eccitazione che mi lascia stordito, con la testa che gira leggera, perso nell'incredibilità di queste ore che si sono dissipate fra le mie dita come sabbia trascinata via dal vento.

Mi rendo conto dell'ora tarda solo quando con la coda dell'occhio incontro gli ultimi bagliori giallastri mischiarsi con l'azzurro appesantito che si strascina nel cielo, pronto per piegarsi alle tonalità più scure della notte in agguato, questa giornata è terminata prima che io me ne sia potuto rendere conto e mio malgrado si ripresenta alle porte della mia mente l'angoscia soffocante che mi ha colpito nell'ultimo periodo che m'ero illuso m'avesse lasciato andare, faccio scontrare tra loro i miei denti perfettamente candidi, stringendo contro il fianco la tavola decorata da un motivo a teschi, nel vano tentativo di fuggire da tutti quei proccessi mentali nei quali tendo ad ingarbugliarmi, quasi venissi catapultato dentro un labirinto ignoto e mutevole dal quale non esiste fuga alcuna eccetto la comprensione più intima della sua natura, come se fosse lo specchio della mia anima tortuosa, nodosa ed insidiosa, maestra nel celare alla sua coscienza tutte quelle cose pesanti o troppo complesse d'affrontare e dunque sospiro all'impossibilità di scorgere il mio nitido riflesso, il quale mesto tenta di rivelarmi quelle risposte che cerco febbrilmente. «Oh, si è fatto tardi, io devo tornare a casa Kacchan, vogliamo fare la strada assieme, dopotutto abitiamo nella stessa via» rabbrividisco in maniera incontrollata nel percepire la tua voce graffiare il mio udito ed il tuo caldo respiro accarezzare, come dotato delle incantevoli mani del diavolo, la pelle esposta del mio collo, più sensibile di quanto il mio orgoglio maschile mi consenta d'accettare, mi limito ad annuire senza guardarti, ho come l'impressione di star convertendomi in un pomodoro per il bollore che avverto sui miei zigomi, non so che cosa mi prenda, so d'essere abituato alla tua presenza che segue ogni mio piccolo gesto e mi convinco che l'instabilità dei miei passi sia dovuta alla contentezza d'aver ottenuto nuovamente le tue attenzioni, crogiolandomi nell'inmeritata possibilità di ricostruire quanto ho distrutto anni addietro, senza neppure dover fare la fatica di chiedere perdono, sebbene nel profondo sono ben consapevole di non poter proseguire vivacemente senza essere onesto riguardo al caos che lui ha gettato in me.

L'immagine imperturbabile di me che ho continuato a mostrargli regge fino a quando supro la porta di casa, poi avverto i miei piedi formicolare, le gambe tremare come se fossero state trasormate in gelatina da un misterioso sortilegio celato dal verde dei tuoi occhi, ho il viso caldo, rosso e sicuramente devo aver messo su un'espressione persa, da idiota data la faccia corrucciata di mia madre, tuttavia non ho la forza di rispondere alle sue battute pungenti dall'interpretazione spinta, è come se l'alito di vita che quel piccolo diavolo dalla doppia faccia mi ha soffiato in corpo, mi abbia però portato via ogni goccia d'energia una volta dissipatosi. Ho lo stomaco sotto sopra, i sensi ebbri della sua presenza, tanto che mi pare di percepire il suo calore addosso mentre mi abbandono  tra le morbide lenzuola del mio letto, arriccio il naso, soffio infastidito contro il tessuto per tentare di spostarlo, tuttavia non ho successo e sebbene con molta riluttanza, m'obbligo a scivolare meglio, ponendomi rilassato con la schiena contro il materasso e le braccia libere di smuovere quel mare nero che ricopre il mio giaciglio, socchiudo gli occhi abituandomi alla totale oscurità del mio rifugio e per un attimo mi pare di scorgere una massa di ricci che si destreggia dinnanzi a me,scuoto la testa sapendo che qualcosa del geneere è tutto funrché possibile e m'addormento esausto con un ultimo inarrestabile pensiero per la mente: voglio rivederlo. La mattina dopo, quasi una superiore entità celeste m'abbia dato retta, vengo destato da un paio di curiosi occhi color smerlado che mi scrutano giocondi, io rimango immobile ad osservarli, chiedendomi se sono impazzito abbastanza da immaginarmeli o se siano davvero presenti, sospiro e mi siedo sul letto, mi pizzico il ponte del naso in modo da rilassare la vista e poi mi volto nella direzione della porta, proprio dove sarebbe dovuto essere il nerd e contro ogni mia aspettativa me lo ritrovo seduto affianco che sorride radioso dicendo: «Zia Mitsuki mi ha intercettato mentre stavo andando a scuola, mi ha chiesto di venirti a buttare giù dal letto e ricordarti che lei e lo zio partiranno per un viaggio tra un paio di giorni» io annuisco stiracchiandomi, sono tentato di buttarmi nuovamente a dormire ma mi costringo a liberarmi dal caldo abbraccio delle coperte, arranco fin al bagno, mi do una sistemata, indosso l'uniforme della nostra scuola e dopo aver messo qualche cosa sotto i denti trascino quel ragazzo troppo confuso con me. «A-aspetta Kacchan, ma quindi starai da noi per un paio di settimane?» io lo osservo senza fare commenti, prendo una boccata d'aria e scuoto le spalle, dovrebbe conoscere quella pazza scatenata della mia genitrice, che per altro non ripone un minimo di fiducia nella mia responsabilità, dunque a chi si aspettava che mi abbandonasse se non alla sua migliore amica?

«Non sei arrabiato?» mi domanda di punto in bianco, con una naturalezza nel tono di voce che, non posso negarlo, m'ha ferito nel profondo, scuoto la testa, con il naso che mi pizzica in modo sgradevole al sentire un verso di pura sopresa trapelare dalle tue labbra carnose, si è bloccato nel mezzo della strada per qualche istante, poi però si riprende  e mi corre a presso con le mani strette attorno agli spallacci dell'assurdo zaino giallo che si porta dietro dalle medie, ho sempre pensato che fosse fastidioso questo suo lato estremamente sentimentale, che tra l'altro lo lega alle vistose scarpe rosse che calza sempre, però in queste ore mattutine mi trovo a pensare che lo renda meravigliosamente speciale, forse anche adorabile sotto un certo punto di vista, anche se tendo di distanziarmi il più possibile da quel pensiero. «Eppure ero certo che tu mi odiassi...» borbotta, forse più a se medesimo che a me che gli sono accanto, per un paio di secondi indugio con la voce che balla sulla punta della mia lingua, sospiro per l'ennesima volta e mi volto a fissarlo, penso che sia stato il timore di me che negli anni gli ha fatto prendere la brutta abitudine di camminarmi alle spalle, scuoto leggermente la testa e dico: «Non ti odio nerd, se fosse così la tua testa non sarebbe attaccata al tuo collo e non camminarmi dietro, è inquietante» un po' mi fa rabbia il rendermi conto che non riesco ad essere onesto con lui, ma mi accontento di riuscire a gestire la tensione senza urlargli contro, non è forse un buon progresso considerato il mio temperamento problematico? Con un luminoso sorriso mi raggiunge, un brivido piacevole si diffonde nel mio corpo, invaso improvvisamente da un ignoto tepore che mi fa formicolare dolcemente le punta delle dita, sembra così felice di quelle parole che il cuore mi si stringe nel petto, vorrei davvero poter trovare una macchina del tempo per raggiungere il me stesso bambino e riempirlo di schiaffi per la sua stupidità, ma non posso e mi limito a domandarmi come abbia fatto ad affrontare la vita senza poter vedere Izuku zampettare allegramente al mio fianco, che mi parla di tutte le nuove cose della sua vita, non più intimidito come lo era ieri, mi dispiaccio quando si ferma improvvisamente nell'avistare gli armadietti, forse spera che non noti l'occhiata triste che mi rivolge e giuro che potrebbero spuntargli le orecchie e la coda da cane, per coronare quella sua espressione da cucciolo abbandonato, contro la quale mi ritrovo inaspettatamente debole, eppure sono certo di non essere stato tanto cedevole fino a qualche giorno addietro, o forse è perché prima non era più parte della mia quotidianità come invece spero che farà d'ora in avanti?

«Non guardarmi in quel modo, se vuoi continuare a parlare lo faremo nella pausa pranzo ma a condizione che non ti trascini dietro i tuoi amici, sono certo che mi riempiranno di domande e non sono in vena» propongo piegando leggermente le labbra in un sorriso, gesto che penso d'aver rivolto solo a Midoriya e alla mia famiglia da quando sono nato, quasi mi strozzo con la saliva perché improvvisamente ha stavolto la tua espressione, come se qualcuno gli avesse appena detto che ha vinto alla lotteria, le sue braccia si aprono con l'intento di stringermi in un abbraccio, testimone del suo entusisamo, tuttavia intuendo il taglio borderline dell'azione si ferma e saltella estasiato attorno a me, non c'è che dire, assomiglia fin troppo ad un cucciolo emozionato e per quanto sia strano, la cosa non mi turba affatto. Al suono della campanella si dilegua fulmineo come una lepre, mentre io con svogliatezza mi strascino fino al mio banco, circondato dagli sguardi curiosi dei miei amici che però ignoro completamente, a quanto pare secondo tutti loro sono troppo silenzioso, persino la professoressa di matematica che tanto mi odia mi ha domandato se mi sentissi bene, solo perché durante i cambi di classe non ho minacciato nessuno di quegli idioti che si divertono a provocarmi, sperando prima o poi di riuscire a battermi in uno scontro, quando finalmente arriva la pausa pranzo l gruppo di rumorosi idioti mi accerchia, a parlare è Mina che fa da porta voce: «Bakubabe, se qualcosa ti turba non tenertelo dentro» sospiro, sono ore che ripeto di stare bene, ma sembra che tutti siano d'opinione ben diversa: «Sto bene, non so in quante lingue debba ripeterlo, comunque atemi andare, devo andare da una parte...» digo vago, dileguandomi nella folla, raggiungo il mio armadietto e subito noto una chioma riccioluta che mi attende tutta elettrizzara, sorrido di nuovo, la raggiungo ed il suo proprietario mi saluta affettuosamente, scaricandomi addosso una valanga d'informazioni non richieste mentre ci avventuriamo su per le scale della scuola sino a raggiungere l'ultimo, piano, non lo interrompo, mi piace vederlo parlare perché posso scorgere innumerevoli espressioni sul suo viso lentigginoso.

«So che odi rompere le regole, quindi fermiamoci qui, siamo davanti all'entrata della terrazza, non dovrebbe venire a rompere nessuno» lui annuisce sollevato, ci sediamo con la schiena contoro il muro freddo e lui dice: «Kacchan, sai, oggi ho preso una A+ in chimica» mi osserva tutto orgoglioso, proprio come quando eravamo bambini, rammento che adorava farsi accarezzare il capo e dato che, nonostante possa essere mutato negli anni, io voglio mostrargli di tenere cari quei ricordi, quindi faccio scivolare la mia mano libera fra i ricci morbidi, beandomi di quel contatto delicato contro la pelle, oltre che dell'espressione rilassata che decora il suo viso lentigginoso, tiene le palpebre rilassate mentre incosciamente muove la testa contro il mio palmo, è davvero troppo adorabile, vorrei stringerlo in un abbraccio ma non ho ancora abbastanza coraggio per qulcosa del genere. «Kacchan, ti ricordi?» «Certo che mi ricordo stupido nerd» sbuffo imbarazzato, non sono preparato al discorso che vuole affrontare, probabilmente se ne accorge perchè cambia discorso: «Oggi pomeriggio ti va se andiamo al parco, come ieri?» «Va bene, ma andiamoci sul tardi o non se ne andranno più» «Mh, hai ragione» dopo questo breve scambio di battute mi pare di riuscire a respirare meglio, chiedendomi quale sia il significato di queste nuove sensazioni che burrascose mi pervadono, travolgendomi come un'inaspettata tempesta, sebbene io sia fortemente ostinato nel trovare la risposta, ogni pensiero, ogni parola vuota che aleggia spettrale nella mia mente si dissipa in una quiete improvvisa quando lo vedo ergersi in piedi dinnanzi a me, tiene le mani stretta dietro la schiena, il portamento perfettamente diritto, i capelli spettinati scivolano timidamente contro la sua pelle, impreziosita da costellazioni nuove che avvolgono in un lusinghiero abbraccio due lune di un verde meraviglioso, il naso leggermente all'insù colorato di un rosa adorabile che pare voler porgere i suoi omaggi al pezzo di paradiso che Izuku stringe fra le labbra distese in uno dei sorrisi più belli che io abbia mai scorto, è spensierato ed allegro mentre osserva il panorama che si può intravedere attraverso la piccola parte di vetro della porta che ci separa dall'imensa terrazza.

Poi, come se un pensiero dimenticato si sia affacciato nuovamente nella sua mente, prende il cellulare fra le mani, controlla l'orario con un picccolo cenno di sconforto che tuttavia rimane silenzioso, sospira leggermente voltandosi verso di me e mi dice: «Ah, mi dispiace davvero Kacchan, ma ora devo proprio andare oppure la mia professoressa di arte mi taglierà via le dita» io annuisco debolmente, mi spingo diritto sulle mie gambe e lo raggiungo calmo: «Rilassati un po' nerd, sembra quasi che ti aspetti una delle mie inmotivate sfuriate. Non ne farò, dunque evita di mostrarmi quest'espressione preoccupata tutte le volte che vuoi dire qualcosa» mi gratto nervoso il retro della nuca, odio rammentare che tutto quest non è altro che il frutto degli errori che ho continuato a comulare nei suoi confronti, ma voglio fare qualcosa per cambiare e dato che tra qualche giorno mi toccherà ritrovarmi a fare l'intruso in casa Midoriya, penso che sfrutterò l'occasione per preparare me stesso ad un'onestà che mi trovera prostrato a chiedere perdono, non ora, non nella tranquillità scolastica, la quale credo sia ancora surreale per entrambi, non solo per me che mi aggrappo disperatamente a questi brandelli di libertà che lui mi ha donato con totale inconsapevolezza. Comincio ad incamminarmi lungo la scalinata, tuttavia mi  fermo e mi volto non avvertendo i suoi passi con i miei: «Andiamo? Non dovresti farti trovare all'aula di arte in tempo?» mi osserva confuso per qualche istante e chiede: «Verrai con me?» «Non ho molto da fare, ma se ti crea problemi tornerò da quel branco d'idioti urlanti che prima mi hanno accerchiato» ridacchia e mi affianca, questa volta però non mi lascia modo di conoscere altre cose della sua vita, anzi, mi porge delle timide domande sul mio presente, alle quali non mi sottraggo di rispondere solo perché è lui a farmele. «Midoriya hai quasi sfiorato, questo comportamento è estremamente rischioso se vuoi mantenere una buona impressione sui professori» dice uno strambo ragazzo che quasi sembra un robort nel modo nel quale gesticola, lui lo ignora e mi saluta, io gli faccio cenno con il capo dirigendomi verso il mio armadietto in tempo per sentire una ragazza bassa, dai capelli castani sussurrare: «Perché eri con Bakugou? Non è una buona compagnia, è conosciuto in tutta la scuola perché ha un caratteraccio, non dovresti proprio frequentare persone del genere, non vorrei che ti succedesse qualcosa...» «Uraraka, non parlare così di Kacchan, è solo un po' complicato ma non è una brutta persona» sorrido leggermente mentre prendo i miei libri, non posso credere che lui mi abbia difeso a spada tratta dicendo che non sono tanto cattivo come mi dipingono, non dopo quello che ho fatto e atterrito, amareggiato mi appoggio con la fronte contro il freddo metallo, mentre dico fra me e me: «Cosa sei un santo? No, forse un angelo?» insomma non può essere una persona comune per avere un cuore così gentile e luminoso da voler vedere una luce di buontà anche in chi è stato estremamente spietato nei suoi confronti, non è che non sappia di aver reso la sua infanzia un inferno. «OhOh chi è che è un angelo Bakubro?» domanda la voce ammiccante di Kaminari che mi circonda il con le braccia, io gli assesto una gomitata stranito, ho sempre odiato il contatto fisico con gli altri, fatta una sola eccezione, sciocco la lingua contro il palato: «Non sono affari vostri, andiamo o faremo tardi» grugnisco.

Un paio di giorni dopo sono accasciato sul mio banco, il mento premuto contro il legno scorticato e gli occhi rubino fissi sul professore  che cammina placidamente leggendo un noioso brano, poi notando i miei continui sospiri, accigliato e con tutta probabilità estremamente infastidito punta il dito contro di me, mi domanda di leggere un certo spezzone del libro di testo aperto sulle mie gambe, mi obbliga ad alzarmi in piedi sotto gli occhi divertiti dei miei compagni di classe divertiti e amici preoccupati, non sono in me ma non posso farci nulla, la mia mente è piena solo dell'angelica immagine di Deku, la quale mi tortura piacevolmente, impedendomi di concentrarmi su qualsiasi altra cosa, il mio tormento s'è fatto più vivo, ardente come se l'inferno si fosse aperto sotto i miei piedi e le sue fiamme mi reclamassero desierose, eppure tutto questo mio contorcermi dolorante, schiacciato dall'incomprensione di me stesso scompare, come un'illusione dissipata dalla luce della presenza di quel ragazzo basso ma forte, adorabile sebbene mi paia d'aver scorto un bestia sopita in quelle gemme luminose, sospiro ancora, dorerei trovare fra queste pagine gelide la risposta al mio struggimento e nel leggere non mi aspetto di avere un po' di conforto: «Nazim Hikmet, sei la mia schiavitù sei la mia librtà» introduco esitante, queste parole si preannunciano comprensive di quello che mi porto dentro mentre pronuncio con estremo coinvolgimento: «Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
Sei la mia carne che brucia
Come la nuda carne delle notti d'estate
Sei la mia patria
Tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
Tu, alta e vittoriosa
Sei la mia
Di saperti inaccessibile
Nel momento stesso
In cui ti afferro.» ho messo il mio cuore nel immergermi in queste linee poetiche, che mi sembrano malignamente parlare di te, privandomi del respiro nel farmi rendere conto che forse ciò che ho sempre portato con me, nascosto sotto falso nome, non fosse del semplice affetto per Deku, ma fosse qualcosa di più profondo, ben più travolgente, un'entità terrificante che si riversa con mille sfumature sotto cinque lettere, amore, tormento e sollievo di molti, morte e vita, tortura e godimento, euforia  e avvilimento, spensieratezza e inquietudine di chi vive per questo, un ossimero di bellezza atroce, posso ritrovare in questo concetto tutto quello che ha reso il mio animo caotico, perso, ora ho un nome per questa profondità che mi lascia perplesso, non più padrone del mio cuore o delmio corpo incerto che trema dinnazi a lui. Mi riscuoto dal profondo pensare nel quale ero scivolato inconsapevolmente, alzo le palpebre chiuse per notare lo sbigottimento sul viso del professore, il quale, ne sono certo, non si sarebbe mai aspettato un mio impegno tanto evidente, con un'emotività non mia che ha infettato la mia voce roca, dandole una dolcezza ignota che avrei avuto piacere di celare ai presenti, per mostrarla solo a chi ha tirannicamente dominato il fulcro d'ogni mia idea.

Fortunatamente è l'ultima ora e l'attenzione della maggior parte degli studenti si dirige al suono della campanella, volendo fuggire il prima possibile dall'edificio, tuttavia i miei amici non fanno parte, come avrei voluto, di questo gruppo, anzi mi raggiungono con fare inquisitorio: «Hey Bakubro, quindi hai qualcuno che ti piace uh? Questo spiegherebbe il tuo continuo sospirare» «Lasciate perdere, non è un qualcosa che deve interessarvi, non ho neppure il tempo di dirvelo, se lo vorrò allora lo saprete» ciò detto afferro di tutta fretta il mio zaino e vado incontro a mia madre, che con un sorriso tranquillo mi porge le chiavi di casa, mi saluta con un bacio e lo sguardo estremamente preoccupato, sono certa che abbia notato il modo perduto nel quale nel quale mi sono spinto in giro per la casa negli ultimi giorni, però mi conosce e sa che se non voglio parlarle allora è meglio che attenda che sia io a volerle narrare quanto mi attenaglia l'animo, per questo si limita ad arrufarmi la chioma bionda e ad andarsene, lasciandomi solo con la causa del mio profondo turbamento, Izuku mi sorride ignaro dei sentimenti che nutro per lui, sospiro e lo raggiungo, mi immobilizzo teso quando le sue dita mascoline mi sfiorano le guance arrossate dalla sua vicinanza: «Kacchan, c'è qualcosa che ti preoccupa?» sussulto deglutendo: «No, in verità si, diciamo, ho solo qualcosa da dirti perciò ti va di seguirmi a casa mia, lascerò lì il mio zaino e prenderò quello che mi serve...» mi osserva sorpreso, inclinando leggermente il capo, come a voler leggere nel mio animo e dunque svio lo sguardo, ah, non mi sono mai sentito tanto in ansia in tutta la mia esistenza, mi sembra di avere il respiro bloccato nel petto ed il cuore che palpita ostinato nella mia gola, facendo giungere il suono del suo moto anche alle mie orecchie e per quanto irrazionale, ho quasi il timore che Deku possa percepire le vigorose stoccate del mio muscolo vitale, annuisce dicendo: «Va bene, fammi avvisare mia madre che, lo sai com'è fatta, sarebbe capace di chiamare la polizia solo per un minimo ritardo di cinque minuti» rido leggermente nell'immaginarmi Inko tutta preoccupata che digita il numero delle forze dell'ordine con del panico evidente, così mi ritrovo angosciato che traballo da una parte all'altra della mia camera da letto, ho le mani sudate, leggermente tremanti nel raccattare qualche vestito, con i suoi occhi che mi seguono costantemente, assetati di conoscere la ragione del mio strano agire, sistemo tutto nella borsa che ho adagiato a terra, poi mi siedo affianco a lui.

«Io volevo parlarti seriamente...» «Va bene Kacchan» mi dice con un sorriso strano, al metà fra il felice ed il soddisfatto, sospiro leggermente, che se lo aspetasse? In questo momento non ha importanza, seppur abbia mostrato una tale gentilezza nei miei confronti solo per vendicarsi del male che gli ho fatto allora me lo farò andare bene, sono stanco di nascondermi deitro parole che non sento mie, dietro gesti che non mi appartengono o una rabbia cieca che aveva solo lo scopo di aiutarmi a non affrontare i miei sentimenti: «Innanzitutto la prima cosa che volevo fare era chiederti scusa, sembra davvero stupido dopo tutti questi anni, ma che tu ci creda o no è stato un mio pensiero fisso per un bel po', anche se sono coscente che non sarà sufficente a rimediare a quello che ho fatto oppure detto in passato e se tu mi chiedessi il motivo del mio agire non saprei davvero cosa rispondere. Crescendo mi sono reso conto di essere stato davvero pessimo» non ho il coraggio di guardarlo, non riuscirei a confessare il mio amore in questo modo. «Kacchan, non dirmi che era questo che ti preoccupava... Voglio dire, non ti ho mai odiato per come mi hai trattato, lo so che sotto sotto non avresti voluto e quanto tu abbia sempre odiato deludere le aspettative delle persone attorno a te» «Si, è vero, però sai non credo che dovresti essere così gentile con me, non me lo merito affatto» «Mh? Di cosa stai parlando, penso che tu abbia sofferto abbastanza, l'ho visto di tanto in tanto nei tuoi occhi, dopotutto non ho mai smesso di osservarti» mi sorride dolcemente, io abbasso il capo leggermente per nascondere le mie labbra che si sono piegate leggermente: «Ma sono certo che non sia tutto, non è così?» annuisco nascondendo il tremore delle mie dita, non saprei come potermi esprimere correttamente a dire la verità, le parole rifugguno fuori dalle mie labbra ed inaspettatamente sbuffa, mi afferra il viso con le mani e mi ruba un bacio, io mi sento avampare, sciogliere nel percepire la sua umida lingua scivolare fra le mie labbra dischiuse, mugugno leggermente, inarco la schiena verso di lui, perso in quel contatto delizioso che mi fa battere il cuore senza contegno, mi sento completamente travolto dalla sua presenza e m'abbandono alla bramosa pressione che mi spinge con la schiena contro il materasso, allaccio le mie braccia attorno al collo del riccio, il quale mi mostra un'intraprendenza inaspettata, ma non me ne la mento.

Ci abbraccia un silenzio rumoroso, affogo contro la tua pelle calda, ebbro del tuo odore che ormai ha scavato dei solchi nella mia mente, cullato dal suono dei nostri baci umidi che ci tolgono il respiro, spingendoci nel sentiero della perdizione come demoni tentatori ed ecco che per la prima volta dopo anni sono costretto ad incontrare la vera natura del mio animo, ho sembre lottato con unghie e denti per non perdere la mia indipendenza, per non sentirmi debitore e per non aver bisogno di avere aiuto eppure ora, davanti a due smeraldi rilucenti di istinti predatori non posso fare altro che soccombere, lasciando la presa sull'orgoglio che mi sono trascinato dietro dalla mia infanzia, non ho intenzione di dirgli come io percepisca le gambe molli, oppure come la mia pella si sia riempita di piacevoli brividi nel percepirmi completamente travolto dalla sua improvvisa aggressività, tuttavia non ho comunque intenzione di mentire a me stesso, non mi convincerò dunque di disprezzare fortemente la maniera nella quale posso ritrovarmi in questi contatti infernali che mi regali, di come io senta il bisogno di gemere estasiato nel sentirmi completamente sopraffatto, vorrei che questo istante non si frantumasse mai, la realtà non voglio viverla se significa che non potrò più sentirmi come se avessi spiccato il volo, come se finalmente avessi trovato un'oasi di quiete, quella irrealistica meta che ho sempre tentato di raggiungere senza mai sperare di sfiorarla eppure Deku non pare mostrare pietà verso il mio animo profondamente terrorizzato, anzi, addenta voracemente il mio labbro inferiore facendomi avvertire un intenso bruciore, che poi placa, staccandosi da me, con un lungo sbuffo d'aria calda che mi fa fremere, devo essere una visione patetica. Dischiudo leggeremente le palpebre per sbirciare il suo meraviglioso profilo tingersi di calde tonalità a causa del tramonto che ha invaso la stanza, trattengo il fiatto quando mi stringe le guance con discreta forza, non abbastanza da farmi male e sussurra, lascivamente, quasi divertito dal modo nel quale tendo il mio addome in evidente trepidazione: «Sai Kacchan, se ti dicessi che mi piaci sarebbe come mentire...» non faccio alcun suono, ho il cuore in pezzi ma non provo altro che dolore, non potrei mai odiarlo, merito questo crudele trattamento, credevo d'essermi preparato abbastanza, mi sbagliavo. «Ti ho amato così a lungo, dire che mi piaci non saebbe abbastanza, sai, ho sempre saputo che ami lo skateboard ed è per questo che ho cominciato a praticarlo, ho pensato che se fossi diventato importante avrei potuto attirare la tua attenzione, come potevo immaginare che tu ti tenessi fuori dal mondo competitivo?» sono spiazzato, a corto di parole, posso solo limitarmi a fissarlo con gli occhi spalancati, leggermente lucidi, so che non ha ancora terminato di raccontare, eppure mi è estremamente difficile concentrarmi con le sue mani calde che esplorano la pelle nuda sotto la maglia, accarezzando malignamente l'elastico dei miei pantaloni, solo per lui posso assumere il mansueto ruolo dell'agnello, perché in fin dei conti lui è lunico a sapere che non sono altro che un indifeso angelo travestito da lupo e spero, nel mio egoistico desiderio, d'essere l'unico a cui ha mostrato d'essere un lupo travestito da pecora, pronto a mostrare le fauci fameliche che ora mi porge ed io, intossicato dal lugubre fascino che lo circonda, gli porgo il collo, incapace d'attendere oltre.

La sua voce si scalda, un ringhio vibra nel tuo petto a contatto con il mio, lascio che la bassa frequenza di quel suono intimidatorio attraversi la mia pelle, diffondendo in me, come una sorta di magia, una strana eccitazione che mi porta ad aumentare la salivazione, ho le labbra incollate, sono troppo preso da Izuku per riuscire a formulare un semplice pensiero e spero mi possa perdonare, ma temo proprio che non sarei capace neppure di spiccicare una semplice sillaba, ecco, questo è il potere che ha su di me, lui e lui soltanto, mio Lucifero angelo di nome ma diavolo di fatto, credo che dal tremore delle mie iridi abbia capito quanto gli sono succube, poiché sfiora le mie labbra con le sue, provocandomi un sospiro tremante quando si allontana ancora una volta, in una lenta tortura che sento mi farà perdere la testa: «Sono felice che tu alla fine mi abbia notato e che provi qualcosa per me» mi acciglio, è un'idiota, muovo le mie mani, libero il suo collo muscoloso per affondare i polpastrelli nelle spalle salde e dico: «Deku, sei un idiota, cosa vuol dire "mi hai finalmente notato" non dirmi che non ti sei mai accorto che da quando siamo bambini non ti ho perso di vista un attimo. Chi credi ci sia alla base delle mie decisioni? Perché credi che abbia deciso di voler diventare il presidente di una compagnia d'elettronica?» ora è il suo turno di scrutarmi sorperso: «Credevo te ne fossi dimentiato...» «No, come non ho dimenticato che il tuo sogno era quello di divenatare desiner di successo» sorride inaspettatamente, finalmente mi baccia con vigorose stoccate che mi fanno formicolare lo stomaco, non voglio sembrare troppo svergognamo, ma ci conosciamo e desideriamo da così tanto tempo che mi sembra futile rifuggiarci in tutte quelle smancerie che non ci calzano bene, come attendere il primo appuntamento o qualche altro mistico evento per azzannarci come animali privi di ragione, ma prima che io possa decidere da che lato pendere mi rirtovo a torso nudo, sotto il riccio che mi sono perso fin troppe volte ad osservare che mi sussurra: «Va bene se lo facciamo?» ansimo, come diavolo fa ad avere un viso tanto innocente e a farmi venire volta di farmi rivoltare come un calzino, penso che non cesserò mai di domandarmelo, stringo le mie gambe attorno al suo bacino e gemo nel suo orecchio, lo sto provocando facendo scontrare le nostre erezioni, sono troppo a disagio per esprimermi chiaramente.

Le parole mi sembrano così superflue in questo istante, in fin dei conti non siamo mai stati capci di comprenderci se non tramite i gesti che abbiamo compiuto, sospiro, non avrei mai immaginato che la mia prima volta sarebbe stata con un maschio, soprattutto non con lui e le sue maledette iridi magnetiche che, nononstante non possano parlare, mi cantano di un desio incommensurabile, che sterili lettere disposte seppur ad arte non potrebbero mai esporre con l'intensità che meriterebbero e giuro d'esser più sorpreso di Izuku nel trovarmi perfettamente a mio agio nella aparte passiva, ciò mi dona una calma nuova, forse perché sono fra le sue braccia delle quali mi fido completamente e per le quali venderei anche la mia anima. Tiro in dietro il capo, allungo il collo esponendo ai suoi canini affamati la tenera carne che non esita ad addentare, gemo leggermente nel percepire la sensazione pungente del auo vigoroso morso contro di me, assaporando l'estasi che si diffonde in me quando comincia a disseminare per tutto il mio torso umidi baci, succhiutti e marchi di ogni genere, trovo piacere nell'irrazionale possessività che ha improvvisamente cominciato ad ostentare verso le mie spoglie mortali, tanto labile alla carnale bramosia che condividiamo soli, come un increscioso segreto che per ora sarà noto a queste quattro mura, le quali ci cingono e nascondono come una fortezza inespugnabile dove nulla può scoppiare la bolla d'amore che ci siamo finalmente concessi, non ragiono più, neppure il riccio si affida più alla compostezza che ha sempre caratterizzato il suo temperamento, ora selvaggio e brutale, non abbiamo bisogno di ipocrite frasi a spezzare la pofonsità di questo legame, non necessitiamo futili "per sempre" che sanno di irrealtà, ciò che ci è necessario siamo solo noi, il volere celato dei nostri cuori, burrascosi per istinti e di sentirci finalmente appartenerci, io a lui, lui a me, fino a quando la fiamma del nostro amore arderà nel terribile mondo che ci racchiude, che da noi s'aspettava essere incompatibili eppure noi ribelli ci rotoliamo fra le coperte, spogliati d'ogni indumento, di vergogna e pudore.

Avverto la mia pelle umida scivolare sensualmente contro la sua, in un seducente ondeggiare che decido di mostrare a Deku, completamente immerso in ogni piccolo gesto che mi concedo, ci stiamo divorando, baci, scontri approfonditi, lunghi ma che paiono sempre durare troppo poco fra le nostre bocche febbrili, le quali temono la solitudine e dunque si cercano con disperazione, mi strappa un gemito quando afferra i nostri membri giunti, portando entrambi ad un orgasmo spettacolare che mi spinge a graffiare la pelle della sua schiena dura, ho le gambe aggrovigliate con le sue, versi indecenti di toni indecorosi abbandonano le mie labbra, riversandosi contro le sue, piegate in un ghigno predatorio che mi fa desiderare di morderlo per venetta, mi trattengo solo perché non voglio smettere di scambiare stoccate, schiocchi sonori tra le rose sui nostri volti, le quali misere, gonfie, già tormentate dalla nostra libidine sono campo di battaglia per le nostre lingue, con la sua che tormenta sapiente la mia, è piacevole, abbastanza da distrarmi dal bruciore che ha invaso il mio antro. Il quale si rivela cedevole sotto l'attacco delle sue dita bollenti, ma egli non è tanto caro da farmi aggrappare al mio orgoglio virile, di fatti si muove privo di considerazione per il mio animo, rilassa i fasci di muscoli che si contraggono attorno a quei corpi estranei che ha lubrificato con il frutto dei nostri peccati ed ecco che lo trova, quel punto che mi fa contrarre come un angelo al quale stanno strappando via le ali, costringendolo ad assaporare per la prima volta la voluttà, soddisfazione delle proprie immacolate carni, in questo modo Izuku mi macchia di lussuria ed io gemo il suo nome, forte, con chiarezza e proprio quando, dopo interminabili istanti nei quali si è dilettato nel massaggiare la mia prostata e azzanare i frutti rossi che svettano sul mio busto, cessa ogni movimento, si pieghi con la schiena su di me, ansima teso con qualche goccia di sudore che abbandona le radici zuppe dei suoi ricci morbidi, accarezzando il suo volto messo in ombra dalla sera che ormai tinteggia il cielo di un gelido blu, il quale però non è sufficente per lenire il bollore che ci ha travolti.

«Kacchan, posso andare fino in fondo?» mi domanda trattenendo a stento un rauco verso, io ansimo nel percepire il suo membro, duro come l'acciaio, strusciare incontrollato contro l'apertura che si cela fra i miei glutei sodi, sui quali per altro Deku esercita una presa ferrata, m'inarco leggermente, già vittima del suo fascino da seduttore ed io, nelle spoglie di Eva, non ho intenzione di sottrarmi dalla addentare la mela che mi porge, lo bacio, godo della pressione che applica sul mio bacino, al limite fra dolore e piacere ed ecco che lo avverto penetrarmi con snervante lentezza, mentre accarezza le mie cosce contratte, io lo chiamo in un sussurro soffocato affondando le dita agitate nelle coperte scure del mio letto, stringo combattendo il dolore che mi risale impedendomi per un instante di riempire d'aria i miei polmoni, spingo la nuca contro il cuscino portando leggermente verso l'alto il mio addome ed in fine, quando termina la sua avanzata nella mia intimità, io mi rilasso il più possibile, abbandonandomi contro il materasso e permetto a una lacrima solitaria di solcare i miei zigomi, ad arrestarne il percorso è il pollice della sua mano destra, lo osservo con la vista appannata, ansimando come una belva inselvatichita ed ogni senso di fastidio si dissipa quando mi permette d'assaporare nuovamente i suoi morbidi cuscinetti di pelle, si avvicina a me, dunque ne approfitto per risalire il suo busto con le mani, che ancoro con audacia nella sua larga schiena poi lo mordo con violenza alla base del collo, lo amo profondamente, tanto da desideare di potermi lasciar dietro un marchio sul suo corpo statuario, meraviglioso, lui in risposta ringhia contro la mia bocca, lo stomaco mi si capovolge e preso dal momento comincia a spingere. Il suo corpo di divina bellezza cozza contro il mio, la sua turgida asta scava all'interno del mio antro convulso e preme caparbia contro quel punto capace di farmi smarrire completamente, avverto il mio intero corpo formicolare, le mie pareti interne stringersi vogliosamente attrono al sesso del ragazzo che amo, assecondando ogni colpo di reni che mi rivolge, strappandomi urli di tonalità sempre più alta e quasi la mia mente sia sprofondata in una nebbia opalescente, di mistica natura, tra le labbra stringo il suo nome disperato, forse è una preghiera, forse una maledizione, so solo che sto godendo come mai in tutta la mia vita, non riesco a sopportarlo, mi lascio dietro lunghe scie scarlatte che attireranno l'attenzione di tutti su quella schiena maestosa, oh, lo sento il modo in cui anche lui s'è lasciato sprofondare nella piacevolezza di questo istante, tra ringhi minacciosi ed ansimi trattenuti si muove imbizzarrito, scostante ma vigorosamente: «Ah dannazione, ei così fottutamente stretto, non credo durerò molto» sibila contro il mio collo, dove dissemina l'ennessimo morso, con una spinta di bacino più profonda delle precedenti che quasi mi fa perdere i sensi ed ecco che soggiunge un mare di goduria, candido dentro di me e contro i nostri petti uniti, con Deku che si sorregge a fatica, sbuffa con il viso imporporato dallo sforzo ma estremamente seducente, in una breve pausa che spezziamo affamati, scontenti di quel piccolo assaggio che non basterà a placarci.

Dopo la quinta volta che ci siamo raggomitolati, inzuppando le coperte di seme , così i nostri corpi e dopo aver lasciato che l'odore di sesso abbia impregnato la mia camera da letto, ci costringiamo rammaricati a sfuggire da quella selvaggia passione, consci che Inko ancora ci attende, sono le sette di sera ed io già non mi reggo più in piedi, sonnecchio riverso su di lui che con una lieve risata mi trasporta fino al bagno dove mi lava approfonditamente, liberando il mio orifizio non più vergine dal suo liquido lattiginoso, mi asciuga i capelli con premura e mi infila addosso qualche vestito pescato a caso dall'armadio, è stato tanto premurso da aprire leggermente la finestra e cambiare la biancheria del mio letto, assicurandosi d'averla messa subito a lavare, poi mi scuote leggermente, costringendomi ad aprire gli occhi dicendo: «Kacchan ce la fai a resisere sveglio per mezz'ora?» io annuisco poco convinto, strusciando il naso contro il suo collo alla ricerca di un po' d'attenzioni, mi spiace per lui ma ora che mi ha fatto assaggiare la sensazione d'essere amato, lasciato in balia di terzi e sorretto da quelle braccia forti ma gentili, non ho alcuna intenzione di rinunciare al rifugio che è diventato per me, forse lo capisce perché mi accarezza con delicatezza il viso sussurrando: «Non mi aspettavo che fossi così adorabile, anche se devo amettere che questo lato di te mi piace parecchio, soprattutto perché sono certo di essere l'unico al quale tu lo abbia mai mostrato» «Certo che sei l'unico e sarò anche carino, ma posso sempre spaccarti il culo a calci» biascico tirandomi in piedi a fatica, mi trascino fuori di casa seguito dal nerd che trsporta il borsone con i miei vestiti e quant'altro, più lo zaino di scuola, pronto per domani, chiudo a chiave la porta e mi crogiolo poco dopo nel calore dell'accoglienza di Inko.

«Oh Katsuki,sembri molto stanco» dice la donna mentre afferra con le bacchette un pezzo della cotoletta nella sua ciotola, ha deciso di fare il katsudon che per altro è il piatto preferito del figlio, io annuisco mandando giù un sorso d'acqua, lasciando a chi mi ha sfinito il compito di accampare una buona scusa: «Kacchan ha dormito male ieri sera, quindi mi sa che lo porterò dritto dritto a dormire» ridacchi nervoso, alzando il colletto del maglione che ti ho prestato, lo hai infilato sotto la divisa e dortunatamente tua madre non ha notato nulla di sospetto: «Riguardo questo, ho avuto dei problemi con il futon che avrei dovuto preparare, spero che per te non sia un problema dormire con Izuku, eravate abituati da bambini ma non so se sia ancora così...» «Non preoccuparti zia Inko, forse è meglio così, non sono abituato a dormire a terra e non so se sarei stato scomodo» dico mentre afferro le stoviglie vuote portandole nel lavandino, le lavo velocemente ma senza negligenza e poi sbadiglio vistosamente, trovandomi dinnanzi la donna pienotta che mi sorride teneramente: «Non preoccuparti, non c'era bisogno che facessi i piatti, in queste settimane sarai mio ospite» mi stringe in un abbraccio che sa di floreale, getta un'occhiata al figlio che va a preparare la stanza, cerca di sbrigarsi ma non fa in tempo ad evitarmi una buona dose d'imbarazzo: «Sai non ha fatto altro che parlarmi di te, non ha detto nulla ma ho notato da sola come vi siate allontanati in questi anni, anche se io e Mitsuki eravamo certe che prima o poi vi sareste messi insieme. Tua madre è davvero incorreggibile, ha voluto scommettere su quando lo avreste fatto, io ho scommesso sul periodo della loro vacanza, lei sul giorno del tuo compleanno o comunque in quella faascia di giorni, sembra che io abbia vinto e un'ultima cosa, il maglione a collo alto credo serva più a te che a Izuku» ridacchia allegra, lasciandomi il tempo di nascondermi nella camera del figlio, che  nel vedermi tornare rosso come un peperone mi si avvicina preoccupato, dopo che gli racconto l'accaduto la sua espressione non è diversa dalla mia. Siamo entrambi troppo stanchi per preoccuparcene e ci addormentiamo, io con le sue braccia strette attorno al corpo. con il viso appoggiato sul petto ed i piedi gelidi contro i suoi bollenti, quando riapro gli occhi vengo pervaso da una luminosità eccessiva che mi lascia intontito, vago con lo sguardo cercando di riconoscere il luogo nel quale mi trovo e solamente dopo interminabili istanti mi ritrovo cosciente, ancora leggermente imabarazzato alzo il viso, trovandomi davanti a due smeraldi brillanti che mi osservano vitali e una voce terribilmente sensuale, resa roca e graffiante dal sonno appena terminato che mi augura buon giorno, saluto che ricambio con un bacio passionale, il quale viene tristemente interrotto dal ronzio della sveglia. «Kacchan, mi dispiace» «Ti ho detto che va bene così Deku, non è che pianificassi di nascondere la cosa, anche se per come mi hai ridotto sembra che abbia combattutto con un leone» rido indicando il collo talmente mal messo che nulla è riuscito a coprire i segni della nostra passione, lui sbuffa ironico per poi scoppiare in una meravigliosa risata cristallina, interrotta dalla fastidiosa voce di guance rosa che sibila il mio nome, vorrebbe apparire minacciosa, che carina, peccato che con me non funzioni: «Bakugou...» passa lo sguardo sul mio ragazzo, non mi piace il modo nel quale lo osserva e sogghigno, mi chiedo quanto ci metterà a notare il morso che gli ho lasciato: «Non vorrei risultare spiacevole, ma trovo assurdo che voi due passiate del tempo insieme, Midoriya credo che i vostri caratteri siano incompatibili, tu sei l'esempio perfetto di bravo ragazzo mentre lui, beh è noto come uno dei peggiori in comportamento» dice Todorki, lo sguardo di Izuku si fa più affilato, sta per difendermi quando nella conversazione si butta la compagnia di idioti che ho per amici: «Badate a cosa dite, è vero che Bakubabe ha una pessima personalità, ma solo per chi non lo conosce bene, in realtà ha un cuore d'oro e ci aiuta sempre anche se siamo snervanti e non capiamo mai nulla» «Bakubabe?» chiede il riccio guardandomi, posso vedere le sue sopracciglia inarcate in un cenno di fastidio, io sospiro scrollando le spalle: «Potrei davvero spiegartelo se lo capissi, so solo che hanno un modo tutto loro di chiamarmi» Mina si porta la mano destra sulle labbra con fare drammatico: «Attenzione gente, il nostro incazzoso pomerania è di buon um-» gli amici di Izuku la guardano confusi, si è fermata mentre parlava per poi impallidire: «Ohh, adesso capisco da cosa viene questo buon umore...» termina indicando il mio collo, poi con poca delicatezza ma velocità fulminea slaccia i primi bottoni della camicia di Deku, rivelando un paio dei marchi che ho impresso nella sua carne: «Perché io non ne sapevo nulla?» si lamenta battendo i piedi, in mio soccorso giunge Kirishima: «Mina, mi dispiace dirtelo ma diventi oppressiva e credo che in una giornata avrebbe saputo tutta la scuola della notizia».

«Midoriya, questo significa che tu e lui...?» domanda quella che gli sbava dietro, lui annuisce cingendomi la vita con un braccio, cerco di guardarlo male ma quando infila il naso nei miei capelli, strusciandolo in modo tanto tenero non posso fare a meno di farmi scappare un sorriso che scandalizza quelli che mi conoscono, quello più basito è Sero: «Emh so che questa domanda è strana, soprattutto perché odi queste cose, ma devo chiedrtelo, sei fatto?» «Cosa? No, ma che diavolo, sai che detesto persino il fumo passivo che appesta i bagni» ringhio leggermente sotto lo sguardo sorpreso di Iida, probabilmente si immaginava che fossi un drogato, alzolizzato che si passa chiunque, il moro alza le mani in segno di resa: «Scusa, non è colpa mia se in un anno e mezzo di consocenza non ti vedo sorridere manco mezza volta e oggi te ne esci così» Deku sfrutta l'occasione per appoggiare il mento sulla mia spalla dicendo: «Quindi Kacchan non sorride spesso? Eppure quando sei con me lo fai sempre» «Sta zitto stupido nerd, la cosa è diversa» ridacchia leggermente: «Come puoi chiamarmi nerd quando tu hai solo voti alti?» «Così: nerd» ribatto ironico, lui mi stampa un bacio sulla guancia che mi fa diventare rosso in viso, non se ancora se amo oppure odio questa sua intraprendenza. «Midobabe, dato che Bakubabe è come una vecchia suocera arcigna, perché non ci regali qualche dettaglio prima dell'inizio di questa tortura chiamata scuola?» «Del tipo?» «Da quanto tempo sei innamorato di questo biondo lamentoso» io leggermente offeso dico: «Oh, è così dunque, buona fortuna con il compito di matematica della prossima settimana, io non ti aiuterò e se qualcuno del gruppo ti passerà qualche appunto lo saprò e non salverò più i vostri culi idioti dalla bocciatura» lei piagnucola ma il sorriso le viene subito riportato da Midoriya: «Sono innamorato di Kacchan da quando ho memoria, è stato il mio primo amore, anche unico» queste parole fanno perdere del tutto le speranze ad Uraraka che finalmente va in classe con una pessima scusa, grazie al cielo gli altri decidono di lasciarci qualche minuto da soli per amoreggiare, giusto il tempo per essere avvolto da Izuku che si lamenta disperato di non potermi vedere tutto il tempo, cosa che mi fa sorridere, eh già, lo amo davvero troppo.

 


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