Sbiadita
Oggi, gentaglia, vi presenterò lo scritto del primo tema del contest di Via_Di_Angelo, spero vi piaccia
OC
Nome: Olivia
Cognome: Stevenson
Carattere: Olivia ha passato gran parte della sua vita senza provare nessun tipo di emozione, o quanto meno dei vaghi accenni a ciò che realmente avrebbe provato. Da piccola era una ragazza molto semplice, spontanea e curiosa con gli occhi sfavillanti di energia. Era in perenne caccia di guai e lei era emozione allo stato puro. Rideva e piangeva allo stesso tempo. Era gioiosa, arrabbiata. Olivia era tante cose. Nella sua vita attraverso i sogni, è una ragazza distratta e con la testa sempre sulle nuvole. Si sorprende di qualsiasi prova e sembra incapace di provare cattiveria. Olivia è di una purezza d'animo che ormai non esiste più.
Aspetto: Olivia è di media altezza e con un corpicino magro magro dalla pelle pallida che, al sole, le procura scottature non poco fastidiose. Una folta e ingestibile chioma corvina le incornicia il viso un po' ossuto e dagli occhi scurissimi leggermente sporgenti adorni di lunghe ciglia scure. Le labbra sottili sono di un rosa pallido e spesso screpolate. Le dita lunghe e sottili erano spesso tremanti
Abbigliamento: Olivia non ha mai realmente scelto cosa indossare, i medici e gli infermieri, semplicemente, la vestivano con lunghe vesti con colori spenti e pallidi.
Curiosità: Olivia soffre della sindrome di Peter pan e si rifiuta di crescere. Non ha mai letto libri se non nei sogni con Annabeth. Si è appassionata di Architettura e adora Percy Jackson
Storia: Olivia non doveva nascere quel 17 maggio del 2005. Perchè Olivia non era normale, lei era magia. Brezze magiche e scintille di sogni erano scaturiti dalle emozioni che la lettura provocava negli animi dei comuni esseri umani. Frammenti di risate, pianti e rabbia avevano vagato per anni nel mondo fino a concentrarsi nel sangue di una piccola bambina dagli occhioni scurissimi. Olivia. E lei era magia. Una magia senza controllo, pura e illimitata, inesauribile. Olivia aveva solo sei anni quando i suoi genitori iniziarono la "cura". Furono chiamati i migliori dottori, scienziati e medici di tutto il mondo per lei. Olivia non andò mai a scuola, la sua vita era spesa in un labirinto di stanze segrete che non poteva aprire. Stesa sul suo letto, Olivia aveva visto passare tante, troppe persone che la guardavano con espressioni diverse. C'era chi la guardava con disprezzo, altri con curiosità, altri con pietà, ma nulla la feriva realmente. Perchè lei era nata magia e la magia era emozione e loro volevano toglierla. Eppure la magia era come parte di lei, si generava più forte di prima e più incontenibile. Ma per Olivia non era lo stesso. Con il passare del tempo le sue emozioni iniziarono a svanire, lasciandola semicosciente sul suo misero letto con la vista velata e l'espressione spenta, gli occhi sbiaditi. Non c'era più traccia di vita in lei.
L'eco di un rumore sommesso la destò dal sonno, Olivia, vagamente infastidita, sbattè le palpebre scacciando il sonno, cercando di localizzare la fonte del rumore inaspettato. Nessun risultato. Non si diede la pena di rammaricarsi, erano mesi che, aprendo gli occhi, non riusciva che a notare sagome indistinte: pallide imitazioni della realtà.
Si passò la lingua sulle labbra secche e scosse leggermente il capo, sperò che facessero ritardo. I dottori erano sempre terribilmente opprimenti e, se non andava errando, quello doveva essere il giorno della visita settimanale.
Di nuovo esposta come un trofeo. Che bello! Sgranò gli occhi, per quanto poteva. Si sorprendeva ogni mattina di quanto fosse viva, delle emozioni che provava. Il mattino era il momento migliore della giornata. Sentiva la testa leggera, quel giorno -poi- sentiva vagamente un barlume di felicità: Annabeth aveva baciato Percy.
Finalmente. Erano anni che aspettava quel momento e Olivia lo intendeva nel vero senso della parola. Non ricordò esattamente quando iniziò a sognare di Annabeth, se doveva essere sincera, ricordava quasi niente.
Quando il sonno la coglieva, lei sprofondava nei sogni ritrovandosi nella ormai famigliare High School di New York e, ridendo e canticchiando allegramente, volava verso Annabeth. Era chiaro che lei non la vedesse eppure Olivia c'era sempre, in un modo o nell'altro.
Se ne stava accanto a lei, con la testa inclinata e gli occhi curiosi, guardando tutto quello che accadeva e sussurrando di tanto in tanto all'orecchio di Annabeth. Olivia amava la sua Annabeth, le voleva un mondo di bene e sarebbe morta per lei.
La prima volta che l'aveva vista non aveva avuto più di 8 anni e ora ne aveva 15, come Olivia e questa era fiera di dire che la conosceva meglio di chiunque altro.
Tante volte aveva dovuto asciugarle le lacrime, l'aveva rassicurata e l'aveva fatta ridere. La spingeva contro Percy, il suo bel migliore amico e si divertiva un mondo nel vederli entrambi così rossi.
Annabeth era la sua migliore amica, indiscutibilmente, eppure - a volte- si trovava a pensare, mentre le fluttuava intorno, che avrebbe voluto essere molto più che uno spirito intangibile, avrebbe voluto parlarle, dirle che le voleva bene, ridere con lei.
Ma non si lamentava.
Poteva quasi sentire l'eco sommesso delle voci. La settimanale esposizione era iniziata. Perfetto.
"E' lei la ragazza?" chiedeva uno "Sì. E' lei," rispondeva l'infermiere meccanicamente perché oramai non era altro che un copione che si ripeteva di settimana in settimana
"Ma è vomitevole! Una ragazza definita magia? Se mi attengo a quanto ha detto, sarebbe anche in grado di volare, diventare invisibile, giusto?" chiese con una leggera punta di scetticismo
"Esattamente. E' stata diagnosticata quando aveva sei anni. Abbiamo iniziato le cure all'indomani dei suoi nove anni. Non riusciamo a dire se stia migliorando o no"
"Che migliori o no, poco importa. I mostri come lei sarebbero dannosi per la nostra società, metterebbe tutti in pericolo, per di più un'adolescente." l'uomo si interruppe e si schiarì la voce, Olivia poteva giurare che stesse alzando il mento con aria importante
"Condivido quanto state facendo: il pomeriggio stesso finanzierò i nuovi medicinali"
"Grazie signore, grazie!" la voce di quell'infermiere attempato era colma di gratitudine
"Prima, però" lo interruppe il signorotto "Gradirei osservare il processo di iniezione della cura" questa volta parlò a voce più alta e l'altro lo zittí
"Abbassi la voce" sussurrò "La ragazza è diversa la mattina. Noi non sappiamo cosa accada quando dorme, ma c'è un'impennata di magia non da poco. Oserei dire impressionante"
"Come... mi faccia vedere i dati!" I due uomini fecero qualche passo e Olivia sentì l'infermiere scartabellare con impazienza quelli che immaginava fossero le sue schede mediche.
"N-notevole" borbottò improvvisamente il signorotto "Assolutamente notevole!"
"Sì" confermò l'infermiere con tono cupo
"Mi dica" riprese l'altro "Voi vedete la magia?"
Se Olivia avesse avuto le forze per alzare gli occhi al cielo, l'avrebbe fatto. Quella era una domanda ricorrente e pressochè immancabile
"Sì." rispose seccamente "L'abbiamo analizzata al microscopio ma i dati raccolti rimangono insufficienti. Sappiamo che sono fatti di sottilissimi filamenti e ognuno a una sfumatura di colore diversa. Non sono mai uguali ed emana una sorta di sfavillio dorato"
"Impressionante!" commentò. Olivia si chiedeva se questi signori fossero in grado di dire qualcosa di originale e diverso. Il suo pensiero ricorse alla sua Annabeth, e i suoi termini così ricercati. Una delle tante qualità che ammirava di lei era la sua originalità.
"Bene. Ora, se ci vuole scusare, dobbiamo procedere con la cura"
"Aspettate!" insistette l'altro "Un'ultima domanda! Siete sicuri che la ragazza non scappi! Insomma, con tutta quella magia che ha in corpo"
-No, non ci riesco a scappare. Non ci riesco- avrebbe voluto rispondere Olivia. La sua mente non riusciva a pensare a un qualcosa che non fosse fantasticare. Per di più lei non si sentiva magica, ricordava semplicemente che da piccola, aveva sempre avuto l'inconfutabile certezza di saper svanire appena avesse voluto.
"No. E' impossibile. La ragazza è debole, non parla mai. E' come un automa."
Olivia chiuse gli occhi: non aveva lacrime da piangere. Non riusciva a pensare ad altro che a quanto le sarebbe piaciuto avere la vita di Annabeth, sentire il brivido della vita che le scorreva come una cascata impetuosa che mai si sarebbe prosciugata.
Olivia sapeva di stare peggiorando perchè se avesse usato un barlume di buon senso, si sarebbe imposta di smettere con le fantasie. Ma lei lo voleva così disperatamente. Voleva andare a scuola, voleva correre, gridare fino a perdere la voce, voleva ridere, piangere, voleva qualcosa per cui valesse la pena di vivere.
E quando aprì gli occhi e la luce del sole la acceco, mentre la sua mente memorizzava ogni dettaglio della stanza, Olivia scoppiò a piangere. Si portò le mani al viso e singhiozzò nervosamente "POSSO VEDERE"
Non sapeva perchè lo faceva e urlò. Un urlò che la colse alla sprovvista la cui intensità la spaventò. Sentì l'aria fremere di elettricità, centinaia di migliaia di scintille variopinte danzavano per la stanza.
Olivia scoppiò a ridere e cadde a terra tra isteria e nervosismo. Non riusciva a smettere di sorridere e saltellò per la stanza per poi buttarsi sul suo letto. La cosa bizzarra, pensava, era come tutto fosse immobile (l'infermiere e il signorotto parevano congelati) eppure allo stesso tempo così vivo e sfavillante.
Olivia sorrise ancora e saltò giù dal suo letto con rinnovata allegria. Si avvicinò alla finestra e si scoprì incapace di fissare il sole senza distogliere lo sguardo.
Osservò con sconcerto i colori vividi del mondo, così contrastanti con la sua stanza. Si trovava ad osservare tutto ciò che la circondava con curiosità fanciullesca e gli occhi scurissimi costantemente sgranati.
Non che non avesse mai visto tutto ciò, Annabeth era stata anche in Grecia, e nonostante una vocina interiore le diceva che aveva quindici anni suonati, lei si ritrovava a ridere istericamente. Perchè per la prima volta si sentiva viva. Si sentiva capace di conquistare il mondo. Si sentiva tangibile, vera e assolutamente e splendidamente viva.
E non esitò neanche un istante quando, arrampicatasi sul davanzale della finestra, si lanciò nel vuoto, gridando "SONO VIVA!" per poi piangere e allo stesso tempo ridere.
Olivia volava mentre la brezza settembrina le sferzava il viso senza però farla rabbrividire, niente le avrebbe più fatto paura.
E non ebbe alcuna esitazione su dove dirigersi.
A New York era già notte.
Olivia non sapeva come avesse fatto ad attraversare mezzo mondo in quello che le era parso un tempo brevissimo, ma non fece domande. Tutto, in quella città, le era familiare e quando raggiunse la finestra della stanza tappezzata di monumenti architettonici di Annabeth, senza essere vista da nessuno, Olivia sorrise e finalmente si fermò osservando la sua migliore amica dormire con le labbra piegate in un sorrisi.
Rieccomi qui. Spero che vi sia piaciuto, anche se di genere molto diverso dal mio solito. Ci vediamo con il prossimo tema❤️
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