World Champion; Sebastian Vettel
Quell'anno iniziò in maniera disastrosa, a causa di una pandemia globale che non aveva avuto pietà di tutti noi. Colpiva ricchi e poveri, senza alcuna distinzione. Tutto era stato fermato, si parlava del lockdown più grande della storia. E neanche la Formula 1 poteva riprendere e Sebastian era provato da quella situazione. Non solo il rischio di per sé, ma anche l'insistenza da parte della Ferrari, ché la informasse se avesse intenzione di continuare con loro o meno.
Sebastian girava per la stanza, mordendosi le unghia e, ogni tanto, passarsi una mano tra i capelli, per poi sbuffare. Aveva meno di una settimana per dare la sua risposta definitiva e non aveva la minima idea di cosa fare. Eravamo fidanzati dai tempi delle superiori e convivevamo da circa cinque anni, l'avevo visto più volte indeciso e sofferente come in quel momento. Sapevo quanto ci tenesse alla Ferrari, ma da quando vi era approdato era cambiato, non era più il ragazzo spensierato della Red Bull, aveva un enorme fardello da dover portare sulle spalle. Non amavo vederlo in quello stato, preferivo lasciasse la scuderia, piuttosto che vederlo infelice ed insoddisfatto. Anche perché ciò non avrebbe fatto bene neanche a me ed al bambino che avevo nel mio grembo. Lo avevo scoperto da poco, non glielo avevo ancora riferito, per evitare che potesse condizionare la sua scelta. Quella era la sua vita ed io non avevo alcun diritto di interferirmici.
«Diamine!». Urlò Sebastian, gettando per terra uno dei caschi che aveva appeso al muro. Per fortuna finì su un tappeto, che evitò la sua rottura. Lo andai a cogliere, per riporlo da dove lo aveva preso.
«Ehy, Seb, calmati». Mi avvicinai e cercai di tranquillizzarlo, accarezzandogli un braccio, ma lui si allontanò di forza.
«Io ho dato tutto quello che avevo, non sappiamo neanche se quest'anno gareggeremo e mi chiedono di dar loro una risposta entro questa settimana! Dovevano congelarli quei dannati contratti!». Continuò a gridare. «E poi la loro proposta è che io mi metta al pari di Charles. Un ragazzino che neanche ha vinto due gran premi, ora è addirittura diventato più importante di me!». Sapevo che le sue parole fossero dettate dalla rabbia, Sebastian aveva un'ottima considerazione del monegasco, nonostante gli screzi in gara. Purtroppo quando si è arrabbiati, si dicono delle cose senza realmente pensarle.
«Seb, non dovresti prendertela con Charles, non c'entra nulla in questa situazione». Tentai di poggiare una mano sulla sua spalla e quella volta me lo permise. Si passò una mano sul volto ed annuì.
«Hai ragione». Incastrò i suoi occhi nei miei. «Cosa dovrei fare, T/N?». Gli sorrisi leggermente e con una mano gli accarezzai la guancia.
«Sei ancora felice di stare alla Ferrari?». Si irrigidì. «Non nasconderti con me, sai che ti appoggerei in qualsiasi tua decisione».
«Io amo la Ferrari, ma non credo di essere ben accetto. So di non aver vinto il mondiale, ma ci ho provato, davvero, con tutto me stesso». Andò a sedersi su una delle poltrone con le mani che gli coprivano il volto ed io mi misi in ginocchio davanti a lui. Presi una sua mano e la strinsi tra le mie.
«Seb, io conosco il tuo impegno e la tua dedizione. Ma non devi dimenticare che vi è ancora questa stagione in Ferrari, puoi ancora dimostrarle quanto vali». Cercai di rassicurarlo.
«Non credo di riuscire a vincere questo mondiale». Gli sollevai il volto, obbligandolo a guardarmi.
«Non dire mai più una cosa del genere!». Stavolta fui io ad alzare la voce, anche se di poco. «Non devi mollare mai, Sebastian». Raramente usavo il suo nome completo, non gli piaceva quando lo facevo, affermava che suonasse male sulle mie labbra. Per gli altri era Sebastian, ma per me no. Tuttavia fui costretta ad usarlo, per fargli comprendere che non dovesse scoraggiarsi.
«Ho deciso». Sentenziò lui, dopo pochi attimi di silenzio. Mi diede un bacio fugace sulle labbra ed afferrò il cellulare per chiamare Mattia. Uscì fuori casa ed io non lo seguii, per non disturbarlo. Accesi la televisione, senza prestare, però, particolarmente attenzione ai programmi che stavano trasmettendo. Stavo pensando a come dire al mio ragazzo che fossi incinta. Non perché temessi che non lo volesse, d'altronde Sebastian aveva sempre voluto un figlio, bensì perché le circostanze erano davvero difficili. Tirai un sospiro e mi coprii il volto con una mano proprio quando rientrò in casa.
«È fini...». Si fermò, non appena mi vide. «Che succede, amore?». Si sedette al mio fianco. Mi voltai a guardarlo.
«Seb...». Il mio tono di voce fece impallidire il mio fidanzato.
«Non dirmi che vuoi lasciarmi, ti prego». I suoi occhi iniziarono ad inumidirsi ed io prontamente gli asciugai una lacrima che era caduta, scuotendo la testa in negativo.
«Non volevo che lo sapessi adesso, soprattutto in un periodo per te così difficile, ma sono incinta». Dissi tutto d'un fiato, tanto che, inizialmente, ero convinta non avesse compreso le mie parole. Quando, però, vidi il suo sorriso allargarsi ed i suoi occhi inumidirsi di nuovo, mi sentii rassicurata. Mi abbracciò di slancio, accarezzandomi i capelli.
«È la notizia migliore che tu potessi mai darmi». Continuò a sorridermi. «Tu lo vuoi, vero?». Annuii e lui mi baciò dolcemente.
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Era l'ultimo Gran Premio della stagione, si correva a Yas Marina ed il Mondiale era ancora aperto. In una decina di punti erano racchiusi ben quattro piloti, in ordine Lewis, Sebastian, Charles e Max. Io ero nei box della Ferrari quel giorno, nonostante fossi ormai al settimo mese di gravidanza ed il dolore alla schiena e la stanchezza si facessero ormai sentire con più frequenza. Seduta su una sedia, osservavo il mio fidanzato che parlava con i suoi meccanici e che, talvolta, mi rivolgeva qualche leggero sorriso, per poi prestare loro nuovamente attenzione. Partiva secondo, al fianco di Lewis Hamilton, mentre dietro di loro vi erano Max e Charles. Avendo unicamente tre punti di distacco dall'inglese, doveva prendere la sua posizione e mantenerla fino alla fine. Dopo qualche minuto, Seb si avvicinò a me, mentre stava indossando la balaclava. Gli lasciai un bacio, prima che si coprisse il volto.
«Buona fortuna, amore». Gli sorrisi. «Vinci per noi». Annuì e poi si allontanò, dopo avermi salutato. Fissai lo sguardo nel monitor dinanzi a me.
Senza neanche accorgermene, giunse il momento dello spegnimento dei motori, per il giro di formazione. Il mio cuore aveva iniziato a battere più velocemente del solito, ero fortemente in ansia. Seb doveva battere in pista quello che sarebbe stato il suo nuovo compagno di scuderia, per poter vincere il quinto mondiale della sua carriera ed il primo in Ferrari. Io credevo in lui, sapevo che, dopo tutto ciò che era avvenuto in quell'anno, ci sarebbe riuscito. Voleva dimostrare il suo valore.
I piloti tornarono sulla griglia di partenza, si spensero i semafori ed iniziò il Gran Premio di Abu Dhabi. Sebastian partì con un buono spunto, migliore del pole man, il quale, invece, era rimasto inchiodato, partendo, così, in ritardo. Max e Charles dietro di lui, invece, lottavano per la seconda posizione, in un modo abbastanza violento. Ero sicura che sarebbero usciti entrambi ben presto, se avessero continuato così. La Ferrari del monegasco, che a differenza di quella del tedesco sembrava averne di meno, fu costretta a lasciare la posizione all'olandese, per evitare l'incidente. I meccanici avrebbero poi cercato di fargli recuperare la posizione con una buona strategia. Quella che mi auguravo avrebbe avuto anche Sebastian, il quale, approfittando della lotta tra i due giovani, aveva allungato già di quasi quattro secondi su Max. Doveva solamente mantenere quella posizione, aveva deciso che si sarebbe fatto lui la strategia, se doveva perdere voleva farlo per un suo errore. Intorno al decimo giro vi fu un incidente causato da Grosjean ed entrò la Safety Car. Sebastian avvertì i meccanici che avrebbe svolto il suo primo ed unico pit stop. Avrebbe montato le gomme medie e sarebbe arrivato a fine gara con quelle. I ferraristi non mi sembravano molto convinti della sua decisione, ma lo assecondarono. D'altronde era momentaneamente campione del mondo. Rientrò e, per la nostra fortuna, ci impiegarono davvero poco, azzardando, addirittura, un doppio pit stop con Leclerc. Erano rientrati quasi tutti, Sebastian, rimaneva, dati alla mano, ancora primo. Doveva solamente cercare di non far surriscaldare le gomme, ma di mantenerle alla giusta temperatura, così da non farsi superare dal suo compagno di scuderia, il quale, nel frattempo, grazie ad un pit stop sbagliato della Red Bull, aveva potuto approfittare per impossessarsi della sua posizione. La Safety Car, dopo quasi tre giri, uscì di pista, e Seb riuscì ad allontanarsi dal suo compagno di scuderia, attaccato, questa volta, da Lewis, che voleva a tutti i costi vincere il Gran Premio ed il mondiale. Nei giri successivi l'usura delle gomme iniziava a farsi sentire sulle vetture di tutti i piloti e, al di fuori dell'inglese e del mio fidanzato, cercarono tutti di rientrare nei box. Lewis ormai si era avvicinato molto a Sebastian, senza, però, usare troppo gli pneumatici. Anche il tedesco stava facendo un ottimo lavoro, era riuscito a conservare le gomme in uno stato quasi perfetto. Poteva arrivare tranquillamente a fine gara con un solo pit stop. Eravamo quasi giunti alla fine del Gran Premio, l'inglese era in zona DRS, aveva tentato più volte di superare Seb, ma quest'ultimo era riuscito a mantenere la posizione. Giunse la bandiera a scacchi, saltai dalla sedia ed abbracciai Britta ed Antti che erano al mio fianco. I meccanici urlarono e si strinsero in calorosi abbracci e si stringevano le mani. Ce l'aveva fatta, era campione del mondo, aveva vinto con la Ferrari. Iniziai a piangere dalla gioia e mi diressi fuori dal paddock con i meccanici per poter vedere la premiazione. Sebastian scese dalla sua monoposto e saltò addosso agli uomini della Ferrari, abbracciandoli. Quando lo vidi, noncurante del fatto che indossasse ancora il casco, gli lasciai un bacio dove sapevo fossero le sue labbra. Insieme a Lewis ed a Charles salì sul palco, prendendosi gli applausi di tutto il pubblico italiano. Iniziò l'inno tedesco e potetti notarlo piangere, mentre biascicava le parole in tedesco. Giunse, poi, quello italiano, che non avrebbe mai più sentito dopo quello del suo paese, e, forse, anche per questo motivo, non smise di piangere. Prese lo spumante e lo aprì, per berlo, ma sia Lewis che Charles lo bagnarono, facendolo sorridere. Lo abbracciarono entrambi e si congratularono. L'aveva meritato quel mondiale. Terminata la premiazione, uscì per poterci raggiungere nel paddock. Mi affiancò e mi abbracciò, ringraziandomi. Dopo avermi lasciato un bacio, ne pose uno anche sul mio pancione e poi corse a stringere la sua PR ed il suo preparatore atletico. Sorrisi vedendolo così felice e speravo lo sarebbe stato anche in Mercedes, dove avrebbe sicuramente continuato a lottare per il mondiale. Poteva ancora raggiungere l'inglese, non era più impossibile. E poi se avesse vinto con la Mercedes, sarebbe diventato il secondo pilota ad aver vinto mondiali in scuderie differenti, dietro Fangio.
Quella sera stessa si tenne la cena per festeggiare il mondiale e per salutare Sebastian. Avevo fatto davvero difficoltà a trovare un vestito che mi entrasse, visto il pancione che era ormai cresciuto. Era un abito in chiffon di colore rosa antico e nero. Il mio fidanzato aveva indossato il completo della Ferrari.
«Sei bellissima». Mi sorrise, per poi allungarmi il braccio, affinché mi appoggiassi a lui. Entrammo nella sua vettura e dopo non molto ci ritrovammo nel ristorante in cui avremmo festeggiato. Salutai tutti e poi mi sedetti accanto a Sebastian, che prontamente mi prese la mano, stringendola nella sua.
«Sebastian, ti ringraziamo infinitamente per ciò che hai fatto per noi in questi sei anni». Iniziò Mattia. «Abbiamo discusso a lungo e vorremmo proporti un contratto biennale, guadagneresti quanto prima». Il mio fidanzato si irrigidì.
«Ti ringrazio Mattia, sai che sono affezionato alla Ferrari, ma io rimango della mia idea. Mi state proponendo questo contratto perché vi siete resi conto di aver commesso uno sbaglio, ma io non lo commetterò. È inutile continuare una storia ormai giunta al capolinea. Ci ho messo il cuore in questi sei anni ed ho lottato fino a quando non ho vinto. Ma io ero diventato la seconda scelta e so che se commettessi qualche errore l'anno prossimo, ritornerei ad esserla. Perciò ti ringrazio della tua offerta, ma la mia risposta è no». Sapevo stesse soffrendo nel pronunciare quelle parole, ma era da tempo che le pensava ed aveva bisogno di sfogarsi. Mattia abbozzò un leggero sorriso ed annuì. Ormai era troppo tardi. «Ora, però, vorrei che questa vittoria fosse completa». Riferì Seb, alzandosi ed inginocchiandosi dinanzi a me. «T/N, tu mi sei stata affianco durante tutta la mia vita lavorativa, mi hai appoggiato, mi hai risollevato quando avevo bisogno di conforto e mi hai riportato con i piedi per terra, quando, invece, avevo qualche attimo di superbia. Non hai mai chiesto qualcosa per te stessa, non mi hai mai detto di sacrificare la mia passione per te, perché sapevi che non avrei potuto farlo. Mi hai aiutato a prendere quella che sarebbe stata la decisione più importante della mia vita, facendomi unicamente riflettere su quali sarebbero stati i riscontri. Mi hai fatto da scudo contro le offese, mi hai elogiato, quando nessuno più lo faceva, mi hai aiutato a non mollare. E, cosa più importante, mi stai donando una bambina, che sono sicuro ti assomiglierà e che amerò incondizionatamente, proprio come faccio con te. Adesso, T/N, permettimi di essere io ad appoggiarti, a risollevarti, a confortarti, ad aiutarti, quando tutto sembra andare a rotoli. Permettimi di condividere con te quelle buffe serie tv che guardi in televisione scaldata dalla tua coperta, di uscire a correre tutte le mattine, di osservarti quando cucini o quando scrivi sul tuo computer le tue relazioni. Permettimi di darti il bacio del buongiorno, di litigare per un motivo stupido e subito dopo riderci sopra. Permettimi di fare tutto ciò per sempre e mi renderesti l'uomo più felice del mondo». Tirò fuori una scatolina dalla tasca. «Mi vuoi sposare, T/N?». Annuii, con le lacrime agli occhi, e lo baciai, con gli applausi di tutti a farci da sfondo. La vita con Sebastian sarebbe stata unica nelle nostre monotonie, perché era lui, con il suo modo di essere, a rendere tutto unico. E lui era l'unico che volessi sposare.
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