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Tu non mi ami, vuoi solo controllarmi. È diverso; Dan Ticktum


Dedicato a joe-vinazzi


Amavo Dan, davvero tanto. Non riuscivo a immaginare la mia vita senza di lui, dico sul serio. Ma non sopportavo il suo comportamento. E no, non riguardava le poche attenzioni nei miei riguardi per via del suo lavoro, perché quando mi ero fidanzata con lui sapevo esattamente ciò a cui sarei andata incontro. Sarei stata un'ipocrita se mi fossi lamentata di ciò. Quello che non tolleravo era il suo essere fin troppo possessivo: all'inizio la sua gelosia mi divertiva, era bello vedere che ci tenesse a me, ma, lentamente, quella gelosia si stava trasformando in ossessione e possessione. Non potevo andare più da nessuna parte e non potevo indossare vestiti un po' più corti, perché lui temeva che lo avrei tradito. Da stupida - perché ammetto di esserlo stata - non mi sono mai ribellata e ho lasciato che lui mi desse degli ordini, senza mai ribellarmi. A posteriori, me ne pento davvero molto. Vivevo male quella relazione, sapevo che era tossica, molto tossica, ma non avevo il coraggio di lasciarlo. Non perché potesse farmi del male, Dan non era mai stato aggressivo nei miei confronti, ma perché avrei sofferto troppo: era importante per me, più di quanto io stessa volessi ammettere, e l'idea di non averlo al mio fianco mi terrorizzava e non poco. Non lo avrei mai minacciato di andarmene o, almeno, così credevo. Ma quando mi impedì anche di uscire con le mie amiche io non potei fare altro se non urlargli contro. Ricordo che ero nella nostra camera da letto, ormai convivevamo da un anno, e stavo rovistando nell'armadio, alla ricerca dei vestiti da prendere. Indossai un semplice vestito bianco a tema floreale, niente di particolarmente appariscente o scollato. Mentre mi spazzolavo i capelli per legarli in una coda alta, entrò Dan, che era appena tornato dalla palestra. 

«Buon pomeriggio, piccola». Mi salutò lui, senza realmente prestarmi attenzione, mentre cercava il suo cambio per poter andare a farsi la doccia. 

«Buon pomeriggio Dan, come è andato l'allenamento?». Domandai, mentre afferravo la borsa e infilavo dentro il portafoglio, il cellulare e le chiavi di casa. Neanche allora si voltò a guardarmi.

«Tutto bene, è stato più intenso del solito, ma è normale. Siamo a metà stagione e devo ottenere buoni risult-». Si interruppe, quando, girandosi per dirigersi verso il bagno, notò che fossi vestita per uscire. «Dove stai andando?». Mi chiese con un sopracciglio alzato. 

«Esco con delle amiche a fare un po' di shopping, è da tempo che non le vedo». Risposi con estrema calma, prima di incamminarmi verso la porta. «Ci vediamo più tardi». Non riuscii neppure a uscire, che il mio fidanzato si sistemò davanti a me, impedendo qualsiasi mio movimento. «Cosa succede, Dan?». Notai un leggero nervosismo nella sua espressione. 

«Tu non uscirai». Disse, senza dare una vera e propria risposta alla mia domanda.

«Io, invece, uscirò». Cercai uno spazio in cui passare, ma il fisico di Dan era troppo imponente per riuscirci. 

«No. Ne abbiamo parlato già altre volte e sai come la penso. Rimarrai qui». Lo spinsi con la mano, per farlo spostare.    

«Daniel, io esco». Continuai a ribadire, noncurante dei suoi continui sbuffi alla mia improvvisa ribellione. 

«Ma cosa ti succede oggi? Perché stai insistendo così tanto?». Presi un lungo sospiro, cercando di calmarmi e di non dare inizio a una scenata proprio pochi istanti prima di uscire. 

«Non mi succede assolutamente nulla, Daniel. Ho voglia di trascorrere una giornata diversa ed è esattamente quello che farò. Non è giusto che tu possa girare il mondo, andare nei locali, divertirti e io no. Ho anche io 22 anni e non posso vivere da reclusa, neppure fossi una monaca in clausura!». Mi passai una mano sul volto, per evitare di urlargli contro. Il sorriso che mi aveva rivolto aveva fatto aumentare in me il desiderio di prenderlo a schiaffi. 

«Con chi ti stai sentendo?». Sentii un dolore al petto simile a quello di una pugnalata. Mi stava davvero chiedendo se lo stessi tradendo? 

«Sei serio? Io cerco di farti capire che ho bisogno anche io dei miei spazi e tu mi poni questa domanda?». Si appoggiò allo stipite della porta, con estrema calma. Presi un altro respiro. 

«Ti è sempre andato bene, significa che qualcuno ti ha messo in testa questa idea». 

«Ho capito, Daniel. Lasciami uscire, ne riparleremo dopo». Tutto ciò che volevo in quel momento era non vederlo per un po' di tempo e cercare di calmarmi, prima di esplodere definitivamente e di gettargli addosso tutto il dolore e la sofferenza che quella relazione mi stava provocando. 

 «Non uscirai, non credo tu lo abbia capito. Soprattutto non lo farai prima di avermi dato una risposta». Chiusi gli occhi per pochi istanti, rimuginando su quali fossero le migliori parole da dire in quella situazione. 

«La risposta te l'ho data, non credo ci sia bisogno che io la ripeta». Provai a sgattaiolare da sotto il suo braccio, ma mi fermò. «Lasciami andare! Devi smetterla di comportarti così, ma perché non lo capisci? Oh, ma certo, tu non capisci mai. Perché se solo mi guardassi negli occhi e provassi a comprendermi, vedresti che io non sono felice con te!». Urlai e, una volta rivelata tutta la verità, sentii un peso in meno sul petto. «Non sono la tua fidanzata, sono...». Mi bloccai. «... Non so neppure come definirmi. Tu non puoi tenermi rinchiusa in casa non permettendomi di vivere la mia vita. Non è giusto». 

«Alessia, tu sai che ti am-». Lo fermai subito. 

«No!». Gli gridai contro in un modo talmente deciso che balzò leggermente all'indietro. Mi calmai. «Tu non mi ami, vuoi solo controllarmi. È diverso». Quelle mie parole lo lasciarono talmente spaesato che riuscii a uscire dalla camera. «Voglio che tu sappia che da oggi è finita, Daniel. Io ho provato a convivere con il tuo carattere, ma non è questa la vita che voglio per me. Non è ciò che mi merito». Allargai le braccia, esasperata da tutta quella situazione. Rimase in silenzio, non sapendo precisamente come rispondermi. Decisi di continuare con quello che ormai era diventato un vero e proprio monologo. «È meglio che ci lasciamo». Rincarai la dose, dicendo a parole ciò che, in realtà, era già sottinteso in tutto quel discorso. 

«No, Alessia, non è la soluzione migliore». Decisi di lasciarlo parlare, anche se sapevo esattamente dove voleva andare a finire con quel discorso. «Io posso cambiare, davvero. Uscirai più spesso, non sarò più ossessivo, ma non lasciarmi». Scossi freneticamente la testa, quasi a scacciare quelle frasi dalla mia testa. 

«Fidati, è la soluzione migliore per entrambi. Tu non potrai mai cambiare, Dan. Le persone non cambiano e per quanto io possa amarti-». Mi interruppe. 

«Se mi ami perché non vuoi darci una seconda possibilità?». Si passò una mano sul volto.  

«Perché te l'ho già data, te ne ho date fin troppe. Ero convinta che prima o poi avresti capito, ma non è mai successo. Se io ti dessi ancora un'altra possibilità, tu faresti nuovamente le stesse identiche cose. È meglio lasciarsi adesso che quando sarà troppo tardi». 

«Mi avevi detto che avremmo superato tutte le difficoltà insieme, Alessia». Annuii, senza spezzare mai lo sguardo. 

«E lo abbiamo fatto. Semplicemente questo non può essere superato. Io ho bisogno di essere libera e tu, invece, vuoi che io sia alla stregua di un oggetto. Non posso sopportarlo più e preferisco lasciarti sapendo di provare ancora qualcosa per te, piuttosto che andarmene odiandoti». Senza parlare andò a sedersi sul letto e io uscii di casa il prima possibile. Avevo bisogno di piangere, ma non volevo essere vista da lui. In un momento di debolezza avrei anche potuto accettare di ritornare con lui. 

Trascorsero due anni. Io ero molto più serena, avevo trovato qualcuno che mi amasse e che mi permettesse di essere indipendente. Avevo saputo, tramite diverse amicizie in comune, che anche Dan fosse riuscito ad andare avanti. Aveva iniziato a frequentare una ragazza, Anita, e da ciò che mi era stato riferito i due sembravano andare molto d'accordo. Ero molto felice per Daniel, dopotutto era stato il mio primo amore, forse anche la mia anima gemella. Lasciarlo non era stato per nulla facile, non dopo tutti quegli anni insieme. Dan era diventato parte di me e farlo fuori dalla mia vita era stato doloroso proprio come se mi avessero strappato un pezzo di cuore a mano nuda. Ma, tutto sommato, ero riuscita ad andare avanti e a trovare nuovamente l'amore. Sapevo che nessuno sarebbe mai stato come Daniel, ma, forse, da un lato era meglio così. Desideravo vivere con tutti i bei ricordi che avevo di lui e non con rancore nei suoi riguardi. Ci incontrammo anche qualche volta, più per coincidenza che per volontà, ed era stato piuttosto strano averlo nuovamente davanti a me senza essere più fidanzati. Devo ammettere che fosse imbarazzante guardarlo negli occhi e non sapere che dirsi. Sembrava quasi fossimo ritornati a quando ci eravamo incontrati per la prima volta, che nessuno dei due sapeva esattamente come comportarsi. Generalmente nessuno dei due parlava, accennavamo solo qualche saluto e poi cambiavamo strada. Solo una volta - e ammetto che ne fossi piuttosto stupita - mi rivolse la parola. Non dimenticai mai la sua frase. 

 «Spero che parlerai di me ai tuoi figli come il tuo primo grande amore, perché è esattamente quello che farò io quando nascerà mia figlia». 

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