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Quella è la mia felpa?; Daniel Ricciardo


Dedicato a mary2211


Io e Daniel eravamo sempre stati una bella coppia, i nostri amici dicevano che se non fossimo riusciti noi due a portare avanti una relazione, allora nessuno avrebbe mai potuto farlo. E, inizialmente, la pensavamo allo stesso identico modo, finché le cose tra di noi non sono precipitate. Lui, essendo pilota, era molto impegnato e quindi avevamo davvero poco tempo per noi due, ma quando aveva la settimana libera raramente la trascorreva con me. In un primo momento avevo fatto finta di nulla, perché non volevo apparire come la fidanzata ossessiva o gelosa, ma quando si dimenticò persino del mio compleanno non potetti far altro se non arrabbiarmi con lui. Pensava unicamente a se stesso ed a come potesse divertirsi, ignorando me, la sua ragazza da quando avevamo entrambi 17 anni. Quel giorno tutto il palazzo sentì le nostre urla, ma non mi interessava molto. Volevo fargli comprendere che non fossi un giocattolo e che non potesse usarmi a suo piacimento. E se ormai non provava più nulla per me, allora sarebbe stato meglio lasciarci. In realtà non giunse mai una sua risposta, e quindi lo presi come un valido motivo per afferrare le mie valigie ed andarmene via, senza pensarci due volte. Il suo silenzio valeva più di mille parole. 

Erano trascorsi molti mesi da quel giorno e, ormai, vivevo da sola, ma sempre a Monte-Carlo. Non avevo più visto Daniel, ma ero rimasta in contatto con alcuni dei piloti che avevo conosciuto grazie a lui. Uno di questi era Charles, con cui mi incontravo abitualmente nel bar vicino casa mia, e che mi era stato molto vicino. 

«Max ha organizzato una festa stasera, ma ammetto di non avere alcuna voglia di andarci». Mi riferì il monegasco, mentre sorseggiava il suo cappuccino. 

«Strano, tu ami le feste». Risposi, dando un morso al croissant che avevo ordinato. 

«Sarà che non sono in grandi rapporti con l'organizzatore». Ridacchiò ed io scossi la testa. 

«Max è simpatico, dovresti rivalutarlo». Ribattei, pensandolo realmente. Al contrario di quanto potesse sembrare, l'olandese era davvero una persona molto affabile e mi ero sempre trovata bene con lui. Se non ci vedevamo era perché fosse molto amico di Daniel. 

«Ogni volta che ci troviamo vicini finiamo per buttarci fuori dalla pista». Posai una mia mano sulla sua spalla. 

«Pensa positivo, stasera non avrete auto con cui farvi fuori». Scherzai e lui sorrise. 

«Perché non mi accompagni?». Alzai un sopracciglio, confusa. Dovevo sicuramente aver capito male. 

«Cosa?». 

«Dai, Stella, è solo una festa, ti divertirai». Lo guardai. 

«Ci sarà Daniel ed io non ho intenzione di vederlo». Sistemai il croissant sul piattino, essendo passata la fame. Era incredibile l'effetto che mi facesse l'australiano, anche solo nominandolo.  

«Non puoi evitarlo per sempre e poi, te l'ho detto molte volte, dovreste chiarire. Sono convinto che Daniel non volesse rompere la vostra relazione». 

«Non mi ha risposto Charles. È rimasto per cinque minuti in silenzio, senza dire nulla e senza guardarmi negli occhi». 

«Si è trovato alle strette! Sai com'è fatto Daniel e come siamo fatti noi ragazzi, non ci piace essere messi alle strette. Non te ne faccio una colpa, è giusto che tu abbia voluto chiarire la situazione, ma non credo che lui non ti amasse, e non ti ami, più. Stavate insieme da un'infinità di tempo!». Mi accarezzò una mano, per convincermi. 

«L'amore finisce Charles, non è eterno. Evidentemente la nostra relazione non era destinata a durare. Ha fatto e fa ancora male, ma riuscirò ad andare avanti, prima o poi». 

«Per andare avanti devi riuscire anche ad affrontarlo». Riferì. «E questa potrebbe essere l'occasione. Indossa il vestito più bello che hai, mostrati sicura ed in pace con te stessa, sentiti stupenda, perché lo sei, e fagli vedere cosa si è perso. Fallo per te stessa». Puntò i suoi occhi nei miei. «Non ci hai perso tu, ma lui, ricordalo». 

«Va bene, verrò alla festa con te». Mi sorrise. 

«Credo non potessi prendere decisione migliore». Roteai gli occhi, ma ricambiai il sorriso. 

«Ricordami per quale motivo sono qui?». Domandai a Charles, non appena entrammo in casa di Max. 

«Per divertirti e per affrontare Daniel». Mi rispose lui. 

«Per farlo credo di aver bisogno di due bottiglie di alcol, dove lo trovo?». Mi fermò, impedendomi di andare alla ricerca di alcolici. 

«Non credo che bere risolverà la situazione». Sbuffai e rimasi al suo fianco. Ad un tratto Max si avvicinò a noi due e mi strinse in un abbraccio, per poi dare una pacca sulla spalla al mio accompagnatore. 

«Non ti aspettavo qui, ma mi fa molto piacere che tu sia venuta!». Mi disse, guardandomi. 

«Neppure io mi aspettavo qui, eppure...». Sussurrai e l'olandese non mi sentì, a causa della forte musica. Infatti ben presto si congedò per andare dagli altri ospiti. Charles si guardò attorno, per poi riportare lo sguardo su di me. 

«Per la tua fortuna, Daniel non è qui. Forse non dovrai sopportarlo per tutta la serata». Sorrise e mi circondò la vita con il braccio, facendoci spazio tra le persone. 

«Sarà questione di istanti prima che faccia la sua entrata da quella porta». Ed indicai l'ingresso. «È una festa, il che gli basterebbe ad accettare, ed è stata organizzata da Max. Non la mancherebbe per nulla al mondo o non ci saremmo lasciati». Neppure il tempo di terminare la mia frase, che l'australiano aveva fatto il suo ingresso nel locale, attirando immediatamente gli sguardi su di lui. D'altronde, Daniel non poteva non fare quell'effetto. Aveva carisma, era affascinante, divertente. Decisamente molto bello. Era molto sicuro di sé e questo faceva sì che tutti lo amassero e fossero attratti da lui. In qualsiasi accezione. Era diverso dagli altri, aveva una luce negli occhi che non l'aveva mai abbandonato. Aveva ormai superato la trentina, eppure rimaneva sempre un ragazzo. E se ciò, da un lato, può essere reputato un vantaggio, era stato proprio questo aspetto a farmi allontanare da lui. Necessitavo di stabilità, di un qualcuno che di me si interessasse. Ma per Daniel esistevano solo la Formula 1 ed il divertimento. Non gli avrei mai chiesto di fare a meno di uno dei due, non era nella mia indole, ma avrei voluto essere parte della sua vita. Avrei voluto che ritagliasse del tempo anche per me. 

«Parli del diavolo». Sussurrò Charles, risvegliandomi dai miei pensieri. Io feci spallucce. 

«Lo avevo detto». Daniel si guardò attorno, a cercare qualcuno, probabilmente Max, ma quando fissò il suo sguardo nel mio arricciò il naso, segno che era a disagio. Subito dopo notò Charles al mio fianco, che si era abbassato per dirmi qualcosa a cui non stavo, ovviamente, prestando attenzione. Non spostò gli occhi da me, neppure quando il monegasco mi tirò con sé al bancone, a prendere qualcosa da bere. Certo che era strano: prima diceva che bere non mi avrebbe aiutato e poi mi incitava proprio a fare quello. 

«Mi rimangio le mie parole: è meglio bere». Continuò Charles, quasi a leggermi nel pensiero. Ridacchiai leggermente e lui chiese qualcosa al barista. Non ascoltai, stavo pensando unicamente ad una persona: Daniel. Quando mi fu servito il mio cocktail, di cui non conoscevo il nome, iniziai a buttarlo giù, facendo allarmare il ragazzo al mio fianco. «Non credo che sia una buona idea, Stella». Io lo ignorai, ordinandone un altro. Ed un altro. Ed un altro ancora. Non ho idea di quanto avessi bevuto quella sera, ma sicuramente ero fin troppo ubriaca per comprendere anche semplicemente come mi chiamassi. «Sapevo non fosse una buona idea». Sospirò afflitto Charles, scuotendo la testa e guardandomi. In realtà non so neppure se avesse detto effettivamente quello. Non che mi importasse, comunque. Quella serata fu un completo fiasco, tanto che dopo ben poco il monegasco fu costretto, non con tanto dispiacere, a congedarsi dalla festa per accompagnarmi a casa. Il viaggio non fu molto lungo o almeno non mi sembrò esserlo, ma forse ero troppo poco lucida per rendermene conto. «Va' a dormire ora, Stella, ci sentiamo poi domani. Se hai bisogno di qualcosa sai come chiamarmi». Mi disse, una volta giunti a casa. Annuii, sebbene la sua voce mi fosse giunta piuttosto confusa. Aprii l'armadio ed afferrai la prima felpa che mi capitò a tiro. Mi cambiai e mi sistemai nel letto, crollando dopo poco tempo. 

La mattina ero estremamente confusa e corsi in bagno a rimettere anche l'anima. Una cosa era certa: non avrei più dato retta a Charles. Mi lavai i denti e sistemai i capelli ed in quel frangente di tempo bussarono alla porta. Tornai in salotto e mi diedi un'ultima sistemata, prima di aprire a chiunque si trovasse fuori casa mia. Certamente, però, non mi aspettavo che quella persona fosse Daniel. Tentai di richiudere la porta, ma lui la tenne bloccata con il piede. 

«Possiamo parlare?». Domandò. 

«Daniel, il tempo per parlare è scaduto molti mesi fa». Risposi. 

«Per favore, voglio solo parlarti. Devo togliermi questo peso dal petto, non ti chiedo nient'altro». Sbuffai ed aprii la porta, facendolo accomodare. La richiusi e sistemai la schiena contro di essa, portando le braccia incrociate al petto. Mi squadrò dalla testa ai piedi, senza parlare. 

«Allora?». Dissi spazientita. Lui abbozzò un sorriso e poi mi indicò. 

«Quella è la mia felpa?». Abbassai lo sguardo ed arrossii notando che, sì, stavo indossando la sua felpa. 

«Uhm, ieri sono tornata ubriaca ed ho indossato la prima cosa che ho trovato nell'armadio. Stamattina hai bussato tu, quindi non ho avuto il tempo di guardarmi allo specchio». Non disse nulla. «Comunque, puoi iniziare». Gli feci cenno con la mano di parlare e lui annuì. 

«Ora stai con Charles?». Alzai un sopracciglio. 

«Sei venuto fino a qui per chiedermi questo?». Feci per andarmene, era sempre il solito. 

«No!». Alzò la voce. «No, è solo che ieri vi ho visti entrare ed uscire insieme, pensavo-». Lo interruppi. 

«Pensavi male. Io e Charles siamo amici, ma se anche fossimo un qualcosa di più non sarebbe affare tuo». Risposi acidamente. Se non stavamo più insieme era colpa sua, non poteva farmi ora la predica.  

«Hai ragione». Sospirò. «Uhm, sono qui per dirti che mi dispiace». Sorrisi beffarda. 

«Ti dispiace? Daniel, dopo sei mesi, ti dispiace? Cosa c'è, hai partecipato a tutte le feste del principato e dintorni e non sai più cosa fare?». Non rispose. «Ti sembro forse la tua ruota di scorta?». Lui scosse la testa e fece per parlare, ma lo fermai. 

«No, Daniel, per me la tua chiacchierata si è già conclusa qui. Sono stanca di ascoltare le tue parole, che puntualmente mi illudono. Sono stanca di te, Daniel, dei tuoi modi di fare e di essere. Ho provato ad accettarli, ad accettarti, ma tu sei un narcisista. Pensi unicamente a te stesso ed a come illudermi per ottenere ciò che tu desideri. Mi dispiace non ho intenzione di ascoltarti». Ed aprii la porta, cacciandolo. Lui, però, riuscì a tenerla aperta con un piede. 

«Lo so, hai ragione. Ma non sei la mia ruota di scorta. Dopo che ci siamo lasciati non ho più partecipato a feste-». Lo interruppi di nuovo. 

«Ieri, allora, eri lì per caso?». Alzai un sopracciglio, diffidente. 

«Ieri ero lì perché Charles mi aveva detto che ci saresti stata. Gli è scappato per errore. Lo avevo chiamato per chiedergli della gara e non so come siamo finiti a parlare della festa. Lui ha fatto il tuo nome ed ho pensato che potesse essere un ottimo modo per vederti di nuovo. Non sei obbligata a credere alle mie parole, ma puoi sempre chiedere a Max o a Felipe o a Nico cosa abbia fatto in questi mesi». Riaprii la porta. «So di averti trattata male. Stavamo insieme da quando avevamo 17 anni, il mio comportamento nei tuoi riguardi non è stato corretto. Tu mi hai sempre aspettata a casa, non hai mai chiesto nulla per te. Ed io come ho ricambiato? Ti ho ignorata». Spostai lo sguardo per non guardarlo negli occhi. «Ed ho perso l'unica donna che io avessi mai amato. Ho fatto molte stronzate nella mia vita, forse più stronzate che cose buone, ma questa è stata la più grande. Ti chiedo scusa di non essere riuscito a dimostrartelo quotidianamente, come invece tu facevi. Non sono qui perché tu mi perdoni, hai tutto il diritto di non volermi più guardare in faccia, ma volevo solo che sapessi la verità. Ancora oggi mi sento stupido a non aver risposto alla tua domanda, mi ero solamente sentito attaccato e tu sai che lo detesto. Non te ne faccio una colpa, avrei dovuto capire che tu avessi tutto il diritto di attaccarmi in una situazione del genere. Ma adesso ho intenzione di farlo, ho intenzione di risponderti: io ti amo, Stella, l'ho sempre fatto e sempre lo farò». Fece per andarsene. 

«Daniel!». Lo richiamai e lui si voltò a guardarmi. Gli corsi in contro e lo baciai. Lui mi afferrò per i fianchi e mi strinse a sé, approfondendo il bacio. Mi allontanai da lui per riprendere fiato e posai la mia fronte contro la sua. «Io ti amo, Daniel, l'ho sempre fatto e sempre lo farò». 

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