First podium and more...; Alex Albon
[Dedicato a
Spero ti piaccia❤]
«Perché è tutto così dannatamente difficile?» . Erano settimane che Alex non faceva che ripetere ciò. Stava avendo dei problemi con la scuderia ed aveva il presentimento che ben presto lo avrebbero retrocesso. «Sto facendo del mio meglio, eppure non sembra mai bastare». Scosse la testa ed io mi avvicinai a lui, sedendomi al suo fianco sul divano. Posai una mano sulla sua spalla, ma lui si ritrasse al mio tocco, voltando il capo, così da non guardarmi. Sospirai. Volevo aiutarlo, ma non me lo permetteva. Credeva di poter fare tutto da solo, ma non capiva che sarebbe solamente sprofondato sempre più in fondo. Io conoscevo abbastanza Alex da sapere che non era capace di gestire quella situazione più grande di lui. Sapevo, però, che era anche testardo e che non avrei potuto fare molto per fargli cambiare idea. Voleva combattere quella guerra da solo e non voleva coinvolgermi in essa, per quanto potesse tenerci a me. È sempre stata una questione di orgoglio. Aveva paura che ai miei occhi, se si fosse fatto aiutare, sarebbe parso un codardo ed una femminuccia. Non capiva, però, quanto mi facesse male vederlo crollare pezzo dopo pezzo e sapere di non poterlo aiutare. Mi alzai e mi avviai verso la nostra camera da letto. Non aveva alcun senso rimanere lì, al suo fianco, se non mi rendeva partecipe della sua vita. Afferrai una felpa dal mio armadio e feci per indossarla, quando una voce mi interruppe. «Perché non ne hai presa una mia come fai sempre?». Mi voltai verso Alex, il quale, appoggiato allo stipite della porta, mi osservava confuso e dispiaciuto.
«Beh, visto che mi stai tagliando fuori dalla tua vita, pensavo ti desse fastidio». Risposi più acida di quanto in realtà volessi sembrare. Si avvicinò all'armadio ed estrasse una delle sue felpe preferite.
«Non ti sto tagliando fuori dalla mia vita, Sofia...». Me la passò e si voltò a guardarmi. «È solo che non mi piace che tu mi veda così».
«Perché Alex? Cosa c'è di sbagliato se hai dei problemi ed hai bisogno di aiuto per affrontarli? Il fatto che tu stia riscontrando dei problemi e che tu abbia dei punti deboli, non significa che tu debba proibirmi di aiutarti!». Mi posi dinanzi a lui, pochi centimetri ci dividevano. «Permettimi di far parte della tua vita...». Lo guardai negli occhi, implorandolo. Prontamente mi abbracciò ed io ricambiai. Iniziai ad accarezzargli i capelli, mentre lo sentivo singhiozzare sulla mia spalla. Rimanemmo in silenzio a lungo in quella posizione, lui si stava mettendo a nudo e non volevo dire nulla di sbagliato. Mi lasciò un bacio sulla clavicola e poi alzò il volto, affinché potesse vedermi. Posò una mano sulla mia guancia e si avvicinò a me, fino a quando le nostre labbra non si scontrarono. I nostri sospiri andavano all'unisono e spezzavano il pesante silenzio che si era creato intorno a noi. Le sue mani vagarono sul mio corpo, per poi soffermarsi sui miei fianchi. Mi strinse a sé e, quando meno me l'aspettavo, mi sollevò, senza interrompere il bacio. Mi fece stendere sul letto e si pose al mio fianco, poggiando il capo sul mio petto. Voltai il capo verso di Alex, che aveva chiuso gli occhi. Sorrisi dolcemente. «Io ci sarò sempre, Alex, niente e nessuno mi allontanerà da te». Sussurrai, sapendo che avrebbe sentito. Non volevo una sua risposta, ma solamente che sapesse che non l'avrei abbandonato, qualsiasi cosa fosse successa. Ben presto lui si addormentò, mentre io rimasi sveglia. Da giorni, infatti, nonostante fossi molto stanca, a causa di dolori insopportabili alla schiena non riuscivo a prendere sonno. E quello, purtroppo, era uno di quei giorni. Afferrai il cellulare, che si trovava sul comodino al mio fianco, e mandai un messaggio alla mia migliore amica.
"Non passano". Scrissi semplicemente e la risposta non si fece attendere.
"Hai avuto anche nausea o altri tipi di fastidi?". Ci pensai su.
"Sì, ora che ci penso, ho rimesso qualche giorno fa e mi sta disturbando molto il profumo che sono solita portare". Quando, però, scrissi quelle frasi, mi resi conto di ciò che significassero. "Oddio, non è che...?".
"Domani vieni a casa mia, farai un test di gravidanza e non accetto un no come risposta". Riposai il cellulare. Non poteva essere, io ed Alex eravamo sempre stati molto attenti. Non potevo essere incinta, eravamo entrambi troppo giovani e lui aveva una carriera davanti. Non poteva prendersi cura di un ipotetico figlio. Facendo attenzione a non svegliare il mio fidanzato, mi alzai e mi avviai verso il bagno. Iniziai a sciacquarmi il viso con l'acqua e mi guardai nello specchio. Il colorito era più pallido del solito e profonde occhiaie solcavano il mio volto. Sentii una fitta al basso ventre e subito dopo una alla schiena. Mi accasciai vicino la porta del bagno, senza emettere alcun suono. "E se Alex non volesse questo bambino?" , pensai. In effetti il mettere su una famiglia non era mai stato oggetto delle nostre conversazioni. Scossi la testa, non dovevo pensarci, d'altronde non era neanche sicuro che io fossi incinta. Poteva essere anche una forma influenzale. Cercai di alzarmi, ma le fitte me lo impedivano. Riprovai una seconda volta, ma colpii la porta con il piede, facendola sbattere. "Che grazia che ho", mi maledissi mentalmente.
«Sofia, stai bene?». Udii la voce impastata dal sonno di Alex, sopraggiungere dall'altro lato della porta.
«Potresti aiutarmi?». Dissi semplicemente e lui entrò, trovandomi seduta a terra.
«Come ci sei finita lì?». Mi domandò, confuso. Si piegò e mi fece circondare il collo con le mie braccia, per poi sollevarmi.
«Ho sentito delle fitte alla schiena e mi sono accasciata». Decisi di omettere quelle al basso ventre.
«Hai bisogno di qualcosa?». Mi guardò negli occhi, realmente preoccupato. Scossi la testa, sorridendo.
«Ti ringrazio, va bene così». Mi pose sul letto e si stese al mio fianco. Mi scrutò attentamente, cercando di capire se stessi mentendo. «Davvero, Alex, non preoccuparti. Torna a dormire, sei stanco e domani devi partire». Mi lasciò un bacio sulla fronte.
«Posso dormire anche in aereo, l'importante è che tu adesso stia meglio. Rimarrò sveglio fino a quando non sarò certo che tu ti sia addormentata, così, se avrai bisogno di qualcosa, potrò aiutarti». Gli sorrisi. Era sempre molto premuroso.
«Ti amo, Alex». Mi diede un bacio sulle labbra.
«Ti amo anche io, baby girl». Mi disse lui.
Il giorno seguente, dopo averlo accompagnato all'aeroporto, mi avviai verso la casa della mia migliore amica. Avevo davvero molta paura, ma dovevo affrontare la situazione. Mi fece entrare e mi porse immediatamente il test. Sharon era preoccupata tanto quanto me. Mi rinchiusi nel bagno e feci il test. Quando uscii, glielo porsi.
«Allora? Qual è l'esito?». Mi stavo torturando le mani. Alzò lo sguardo verso di me e capii immediatamente. Mi sedetti sul letto e mi misi le mani tra i capelli.
«Puoi anche non tenerlo, lo sai». Mi disse ed io scossi la testa.
«Lo voglio tenere, ho solo paura che Alex non sia pronto». Ammisi e lei mi abbracciò. «È mio figlio ed io voglio crescerlo». La guardai. «Ma se lui mi lasciasse? Io non riesco ad immaginare una vita senza di lui».
«Alex ti ama davvero, vedrai che rimarrà al tuo fianco».
«Lo spero».
«Amore, non ci posso ancora credere, sono davvero la persona più felice del mondo!». Mi abbracciò Alex, non appena entrò in casa. Gli sorrisi.
«Lo hai meritato, hai guidato alla perfezione». Dissi e gli lasciai un bacio sulle labbra.
«È anche grazie a te, che hai sempre creduto in me, se ho ottenuto questo podio oggi».
«Conosco il tuo talento, il tuo impegno e dedizione meglio di chiunque altro». Lo guardai fiera. «Ed hai meritato questo podio».
«Voglio portarti fuori, dobbiamo festeggiare». Mi lasciò un altro bacio e mi spinse leggermente verso la camera da letto. Aprii l'armadio e cercai un vestito da indossare. Notai l'abito di seta nero, con scollo a V e spacco laterale e lo afferrai.
«Che ne p...». Mi bloccai, quando notai che Alex aveva in mano il test di gravidanza.
«Cos'è questo, Sofia?». Era una domanda retorica, sapeva perfettamente cosa aveva tra le mani.
«Alex, io...». Non continuai.
«Da quanto tempo lo sapevi?». Mi guardò con sguardo inquisitore.
«Da mercoledì». Ammisi.
«E quando avevi intenzione di dirmelo?». Alzò un sopracciglio.
«Avevo paura». Dissi. «Io voglio tenere il bambino e capirò se, invece, tu vorrai lasciarmi».
«Ma paura di che, Sofia?». Quasi urlò. «Davvero mi credi capace di lasciarti perché sei incinta? Credevo che dopo tanti anni di relazione avessi capito che tipo di ragazzo sono». Si calmò, senza però tentare di nascondere il tono della sua voce deluso e ferito.
«È solo che siamo ancora molto giovani e tu hai una carriera davanti, un bambino sarebbe solamente una distrazione». Dissi, abbassando il capo ed evitando, così, il suo sguardo diventato ingestibile.
«Credo spetti a me decidere cosa sia o meno una distrazione. Voglio crescere il bambino e dargli tutte le attenzioni e l'affetto che un padre deve ai propri figli. Non importa che abbia solamente ventiquattro anni e che, probabilmente, dormirò poco nei primi tempi, è figlio mio tanto quanto tuo. E poi...». Si avvicinò a me, alzandomi il mento con la mano. «Sei l'amore della mia vita, non ti lascerei mai andare». Abbozzai un sorriso.
«Scusami se ho dubitato, anche solo per un attimo, di te». Sussurrai, senza smettere di guardarlo nei suoi occhi castani.
«Non importa». Mi accarezzò una guancia con il pollice. «Anche se ci sono rimasto male, in parte posso capirti. Però devi fidarti di me». Annuii. «Facciamo una cosa, non usciamo, rimaniamo qui. Ordiniamo una pizza e guardiamo un film sul divano, che ne pensi?». Sorrisi. Sapeva quanto mi piacessero quei piccoli momenti intimi, dove potevamo essere solo io e lui.
«Dico che è una magnifica idea». Mi lasciò un bacio sulle labbra e si allontanò per prendere delle coperte dall'armadio da portare sul divano.
«Io sistemo tutto, tu te la senti di chiamare la pizzeria o vuoi che faccia io?». Scossi la testa.
«Non preoccuparti, chiamo io». Lo rassicurai. Scendemmo in salotto e mi fermai ad ammirarlo di spalle mentre preparava tutto. I muscoli della schiena si contraevano quando posizionava la coperta ed il suo volto si crucciava quando pensava a cosa mancasse. Era davvero bello e non mi capacitavo ancora di come lui avesse potuto scegliere, tra milioni di ragazze, proprio me.
«Ti piace ciò che vedi?». Cercò di imitare Max, scoppiando a ridere subito dopo. Lo imitai. Quando ritornò serio, puntò il suo sguardo su di me. «Va tutto bene?».
«Sì, certo. Cosa non dovrebbe andare?». Chiesi onestamente.
«Non lo so, sembra che qualcosa ti stia turbando». Il suo sguardo si era fatto molto intenso, sembrava quasi volesse leggermi l'anima. «Stai ancora pensando a quello?». Alzai un sopracciglio.
«Al bambino?». Scosse la testa.
«Al fatto che non sei abbastanza per me. Ti conosco abbastanza da sapere che stavi pensando proprio a quello. Te l'ho detto un milione di volte, sto con te perché ti amo e perché, ai miei occhi, tu sei la più bella del mondo». Si volse verso di me. «E smettila di torturarti quel labbro». Obbedii e lui sorrise. «Hai ordinato la pizza?». Cambiò argomento. Diamine, la pizza.
«Ehm...». Esitai.
«Va bene, ho capito, non l'hai fatto». Rise, per poi afferrare il mio cellulare ed iniziare a digitare il numero della pizzeria. Andai a sedermi sul divano, mentre lui prenotava, iniziando a scegliere il film per quella serata. Afferrai uno dei CD che possedevo fin da quando ero bambina.
«Sapevo avresti scelto quello. Lo abbiamo visto un qualcosa come un centinaio di volte, ma continua a piacerti». Disse Alex, posizionandosi dietro di me e lasciandomi un bacio sul collo.
«Come se a te non piacesse». Lo sentii sorridere sulla mia pelle scoperta.
«Beccato». Esclamò dolcemente, per poi accomodarsi al mio fianco.
«Mi ricorda noi». Affermammo entrambi, all'unisono, per poi ridacchiare.
«Be', purtroppo non sei Hugh Grant, ma ci accontentiamo». Lo presi in giro.
«Be', purtroppo non sei Julia Roberts, ma ci accontentiamo». Scimmiottò lui. Lo colpì leggermente sul braccio.
«Ma allora sei stronzo!». Dissi divertita.
«Amore, hai iniziato tu». Ancora sentivo le farfalle nello stomaco quando mi chiamava in quel modo. Feci per parlare, ma il citofono che suonava mi interruppe.
«Arrivo subito». Si alzò ed andò ad aprire la porta. Mentre lui pagava, infilai il CD nel lettore e proprio in quel momento Alex tornò in salotto. Mi porse la mia pizza e si sedette sul divano. 'Notting Hill' partì e She risuonava nella camera. Lo sentivo fissarmi, lo faceva sempre quando guardavamo quel film. Cercai di evitarlo e ben presto lui concentrò nuovamente il suo sguardo sul televisore. Ero completamente assorta, quando Alex mi tolse il cartone della pizza dalle mani, per posarlo sul tavolino al suo fianco. Mi voltai verso di lui e mi fece cenno di appoggiarmi a lui. Lo feci e proprio in quel momento partì quella canzone che, puntualmente, ci distraeva, tanto che non eravamo mai riusciti a vedere il finale del film. Sentii le sue dita accarezzarmi il braccio, per poi giungere al mio viso. Lo voltò leggermente verso di lui e, dopo avermi sorriso, iniziò a baciarmi, stringendomi a sé per la vita. Circondai il suo collo e torsi il corpo, affinché non fossi in una posizione troppo scomoda. Mi afferrò per i fianchi e mi posizionò sulle sue gambe.
«Alex...». Lo richiamai e lui mugugnò. «Non so se, essendo incinta, noi possiamo, be', hai capito». Sul suo volto si dipinse un sorriso malizioso.
«Non preoccuparti, piccola». Mi lasciò un altro bacio sulle labbra. «Abbiamo tante alternative, devi solo lasciarti andare». Ed è così che terminò quella serata, tra il suono dei nostri baci e dei nostri corpi ed il film che ci faceva da sfondo, con la consapevolezza che niente e nessuno ci avrebbe mai separati.
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