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Error 404, server not found

Amaro e acido. Il sapore che sentiva nella sua bocca in quel momento erano la bile e succhi gastrici sul pavimento, che faticava a mettere a fuoco. Gli occhi pieni di quel liquido lacrimale lattiginoso gli impedivano di capire se avesse centrato o meno il secchio, e temeva di aver ricoperto i cavi di connessione con quel fluido disgustoso.

Ci mise un po' a realizzare che era stato buttato fuori dal server in malo modo. Erano gli effetti causati dalla disconnessione tempestiva senza i corretti procedimenti. Riusciva a malapena a vedere la superficie della poltrona su cui passava le sue giornate.

Lo stomaco sobbalzava ancora e la testa girava. Se solo avesse chiuso gli occhi avrebbe visto una spirale scura, un imbuto cupo e profondo che toglie il respiro. Doveva solo tenere gli occhi aperti.

«Vinaque!» (Vaffanculo in Fijiano)

Non appena tentò di rimettersi in posizione, un dolore lancinante gli trapassò la testa dalla nuca alla fronte, come se mille chiodi si fossero infilati nelle pieghe del suo cervello. Sbatté le palpebre ancora, più e più volte, nel tentativo di recuperare la capacità di mettere a fuoco.

Le dita intorpidite dal poco movimento, scostarono il visore e si infilarono nei suoi occhi nel tentativo di ripristinare la vista. Il monitor di controllo del Kaigo, poco dietro quello dei segni vitali, era completamente rosso. La prima supposizione fu che il robot che manovrava per pattugliare il WTO10 della Arasaka Corporation avesse un mal funzionamento, e poi eccola lì la piccola scritta che lampeggiava sopra lo schermo della connessione "Error 404, server not found". La luce verde con cui si formavano le parole era indiscutibile. Aveva perso la connessione e non poteva più manovrare Kaigo, ma cosa mai avrebbe potuto provocare una tale e immediata perdita di segnale?

Le botte a mano aperta sui suoi monitor di controllo non sembravano essere di nessun aiuto. Non era colpa di un filo lento o di un jack mal inserito. Dovette procedere alla rimozione della connessione neurale. Sfilare lo spinotto inserito nella sua nuca non era un'operazione tanto facile. Dovette raggranellare le sue ultime energie per strappare quel grosso cerotto tecnologico che gli permetteva di manovrare il robot da così lunghe distanze.

Non mangiava da dodici ore. Per tenerlo sulla soglia dell'attenzione il governo Fijiano, sotto il controllo della Arasaka, gli passava le flebo, così da poter svolgere questi lunghi turni di supporto ai Mecha della difesa delle Nazioni Unite.

Non era un'operazione standard: le Nazioni Unite erano intervenute a tutela degli accordi che si sarebbero presi per costruire quegli aberranti muri-ponte.

La testa girava vorticosamente: doveva nutrirsi. Le sue funzioni cognitive stavano subendo seri rallentamenti, non riusciva a pensare.

I piedi ossuti e scalzi, strisciarono sul pavimento lurido, spostando i cavi in malo modo. L'anta del vecchio frigo si aprì permettendo ai led interni di illuminare la vasta scorta di "Rapid Recovery", bustine di gel proteico e vitaminico che garantivano un recupero veloce di tutte le funzioni corporee. L'effige dei Governi Polinesiani Uniti ne determinava la provenienza, così come per la flebo,.

Luc strappò il lembo in corrispondenza della tacca apposita, facendo quindi sgusciare il contenuto direttamente in gola. Il suo riflesso faringeo avrebbe voluto tanto riversare sul pavimento quel gel: la consistenza simile a quella dell'Aloe appena estratta lo solleticava, e la mancanza di sapore non aiutava a farselo piacere. Dovette attendere qualche secondo perché il gel facesse il suo effetto.

Quel tempo lo dedicò a osservare il buffo disegno che Kiki gli aveva regalato. Ricordò con gioia il giorno in cui lo fece, i tempi in cui ancora poteva rimanere vigile nonostante il fosse connesso. Sua nipote era curiosa e divertita dal suo impianto neurale, ma si rese ben presto conto degli effetti che produceva.

Un giorno accadde che ella si schiacciò il dito nella portiera del frigorifero, Luc dovette staccarsi dal collegamento senza i dovuti passaggi, e vomitò l'anima. Quando arrivò dalla nipote, i suoi occhioni verdi pieni di lacrime erano rimasti bloccati da quella vista. Fu strano come quell'evento così spiacevole creò un legame tanto intenso tra loro.

Kiki si dimostrò curiosa di quel impianto tecnologico, soprattutto quando Luc lo usava per i combattimenti illegali dei Kaigo. Era affascinata da come lo zio con il solo controllo mentale potesse far fare tutti quei movimenti ai robottoni che animavano le serate del vecchio atollo tropicale. Inoltre era colpita dagli effetti che la disconnessione rapida provocava sullo stomaco dello zio, tanto da produrre un inquietante disegno che lo ritraeva mentre vomitava.

La sua curiosità fu la prima preoccupazione di Luc. Egli non avrebbe mai voluto che Kiki entrasse in quel giro, ne sentì vivo il rischio quando un giorno gli regalò una riproduzione del suo robot da battaglia che ora capeggiava sopra i monitor accanto alla poltrona. Era chiaro il suo interesse, ma quando sua sorella morì, mandò la nipote a studiare in un collegio australiano vicino Perth. La voleva il più lontano possibile da Bento e i suoi scagnozzi.

Tuttavia questa decisione gli costò la sua indipendenza. Fu la Arasaka Corporation a sottrarlo dalle grinfie malavitose di Bento, come aveva fatto con numerosi piloti di Kaigo.

Il gel faceva effetto rapidamente, restituendogli lucidità e vigore. Cercò subito di mettersi in contatto con il suo supervisore, ma le comunicazioni erano saltate. Tutto ciò che riusciva a sapere era trasmesso dai quei monitor che continuavano a rimandare le stesse scene.

Doveva capire cosa fosse successo.

Tornò alla sua postazione e spense il monitor dei segni vitali, il suono continuo del suo cuore non faceva altro che innervosirlo.

La prima supposizione fu che il robot che manovrava per pattugliare il WTO10 della Arasaka Corporation avesse un mal funzionamento, ma non giustificava quelle parole: "Error 404, server not found".

«Cosa cazzo è successo?» erano le sole parole che ripeteva come un mantra, cercando di ripristinare una qualsiasi connessione, cliccando sugli schermi e cercando back door di sistema.

Guardava le immagini più in alto, dove il WTO in piena esecuzione plenaria veniva inondato da un'esplosione insolita: l'avatar robotico del rappresentante degli Stati Americani Congiunti aveva prodotto un'esplosione atomica di proporzioni sconosciute. Luc suppose che il conseguente EMP avesse fritto i server a cui era collegato.

Solo la piccola camera installata sulla testa del Kaigo trasmetteva ancora, seppur non ricevesse più i comandi per modificare la visuale e rimanesse bloccata su un unico scenario: fiamme e fuoco.

Avvicinò uno dei monitor per cercare di carpire maggiori dettagli facendo andare avanti e indietro la scena più volte possibile.

Le immagini non erano di nessun aiuto, quindi prese la decisione di uscire.

Da un angolo buio e nascosto estrasse le sue infradito, infilò il comunicatore in tasca e coprì il suo impianto neurale con un variopinto cappellino.

L'odore che la schiuma d'acciaio con cui erano realizzate le strade di Fiji, penetrò potente nelle sue narici, risvegliandolo dal torpore sensoriale a cui si era abituato vivendo sempre connesso. Il mare nero e calmo che vedeva in lontananza gli dava una sensazione surreale.

Il muro-ponte che univa Fiji alle Isole Salomone, brillava sotto le luci multicolore dei veicoli che lo attraversavano, mentre le attività commerciali installate nei pilastri delle campate sembravano non aver avvertito nessun cambiamento. Eppure qualcosa doveva essere cambiato.

Pur essendo conscio che Fiji era una semplice e lontana provincia di Nuova Tokyo, non poteva essere lasciata a sé stessa, qualche essere umano doveva essere al corrente di ciò che stava accadendo.

Doveva sapere.

Camminava spedito per la strada, cercando di raggiungere la spiaggia: lì c'era l'unico locale gestito da persone. Benché intrattenere una conversazione non fosse il suo forte, sapere era una necessità più impellente.

Era così concentrato del dove e come mettere i piedi, che quasi non riusciva a camminare e guardarsi intorno al contempo. Solo dopo un centinaio di metri trovò la giusta coordinazione. Fu allora che si rese conto che erano molti i monitor e schermi pubblici che riproponevano la stessa dicitura "server not found" o peggio "fatal error". L'esplosione poteva aver causato la caduta di connessione con Nuova Tokyo, ma che i semafori pedonali di Fiji fossero gestiti da server così lontani gli parve alquanto strano.

Tentò di ricordare i suoi studi di ingegneria elettronica relativi alla potenza degli EMP, ma la memoria gli restituiva numeri impossibili, e scaturiva ulteriori domande.

Accelerò il passo e arrivo al Tika Tuk che il barista era immobile a fissare la tv.

«Hey, ciao, sai dirmi che succede?» la sua voce risultò roca e sfiatata, non la usava così spesso e forse si era anche stupito di saper pronunciare una frase di senso compiuto.

«Come?» il tono neutro e privo di emozione con cui il ragazzo dalla camicia sgargiante gli rese quell'inizio di conversazione, lo lasciò interdetto.

«Volevo sapere se sai cos'è successo al World Trade Operation della Arasaka Corporation, hai notizie?» insistette.

«È esploso tutto, cazzo. Sìììì» vide il ragazzo avere espressioni di gioia sul volto incredulo «gli hanno fatto esplodere anche il culo! Finalmente quei pezzi di merda dovranno rivedere i loro "piani triennali" del cazzo!» si volse verso Luc con un sorriso ampio «stasera offre la casa!»

La gioia del barista era incomprensibile agli occhi di Luc, la Arasaka Corp aveva tirato fuori dai guai molte persone, lui incluso. Inoltre non c'erano molti avventori a cui offrire da bere e gli sembrò di essere preso in giro.

«Esploso tutto?» Luc stava già facendo i conti con il suo credito, se non gli avessero corrisposto il compenso per il servizio di sorveglianza non sarebbe riuscito a pagare la retta di Kiki. Doveva accertarsi che tutto fosse al suo posto. «Sai dirmi dov'è uno sportello della AraBank?»

«Ragazzo mio oramai sarà esploso anche quello, tutti i conti: "BOOOOOM"» le mani del barista volarono verso l'alto, sfarfallando le dita come le mille scintille di un'esplosione.

«Cosa vorresti dire?»

«Ma da quale mondo arrivi? Eppure non mi sembri un ragazzino appena uscito dal liceo. AraBank è della Arasaka Corporation, niente Arasaka: niente bank. Per questo mi fido solo di banche locali e carte di scambio» fu un attimo, il terrore si infilò in ogni fibra del suo essere. Aveva rinunciato a tutto per aiutare Kiki, e ora era tutto perduto. Il barista notò il panico negli occhi di Luc «hey amico, non ti disperare, tutto tornerà al suo posto una volta che avranno rimesso a posto i server, vedrai che tutto si sistema. Tieni prendi questa birra! È genuina, la facciamo noi, non come quella robaccia industriale.»

Luc non aveva tempo da perdere.

I suoi passi svelti producevano un rumore ritmico sulla schiuma d'acciaio, mentre si faceva spazio tra la gente che nel frattempo era scesa in strada con la sua stessa preoccupazione.

Cercò di contattare Kiki, ma i comunicatori non avevano collegamento.

«Vinaque!» la voce stava tornando, così come quel vecchio sentimento di rabbia e frustrazione che lo avevano governato in gioventù, lo stesso che lo aveva portato ai combattimenti dei Kaigo.

Rientrò nel minuscolo appartamento con il fiatone e le idee chiare.

Prese diverse bustine di gel proteico e le sgusciò all'interno del frullatore.

Si mise a rovistare in un vecchio armadio cercando ciò che gli era necessario per recuperare i crediti per la scuola di Kiki.

Estrasse una bustina con delle pastiglie giallo fluo, una bottiglia di Vodka e un vecchio telefono cellulare, di quelli che usavano ancora i ripetitori a terra.

Si preparò un frullato di gel proteico, anfetamine e vodka che bevve con avidità.

Prese il cellulare e richiamò il solo numero salvato:

«Ciao, Bento»

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