Berlino, maggio 1933
- Hans aspetta! -
Rubine non era abituata a correre a perdifiato. Le sue scarpe scivolavano sul selciato liscio. Hans correva davanti a lei, erano in ritardo per l'appuntamento con Rachele, che li stava aspettando tutta sola. Quando la raggiunsero Hans si precipitò da lei.
- Ciao Rachele, stai bene? - le chiese con il fiatone. Rachele, con le sue trecce scure e gli occhi grandi e neri incorniciati da sopracciglia folte, lo guardò incuriosita da quella sua apprensione e semplicemente annuì. – Ottimo entriamo prima che ci vedano –
Rubine non capiva la preoccupazione di Hans. Dovettero correre per seminare i suoi cugini senza i quali non le sarebbe stato possibile uscire dall'accampamento, non l'avrebbero mai lasciata in compagnia di Hans, un tedesco alto biondo con occhi azzurrissimi e pieni di vita. Erano gli occhi di Hans a piacerle tanto, così diversi da quelli della sua gente. Così cristallini. Aveva immaginato molte volte come avrebbero potuto essere i loro figli.
- Rubine cosa aspetti, entra! – la esortò Hans con la sua voce da uomo anche se aveva solo sedici anni. Forse erano coetanei. Rubine non sapeva quando fosse nata di preciso, le figlie femmine non erano sempre registrate. Ancora una volta l'apprensione di Hans la distolse dai suoi pensieri.
Finalmente entrarono nella libreria del sig. Slovoski. Un locale lungo e stretto con librerie di legno scuro alte fino al soffitto stipate di libri di ogni genere impregnata del buon odore della stampa e delle rilegature in pelle. Si infialarono nel loro solito corridoio, quello dei romanzi, che terminava in una piccola nicchia con una finestrella.
Ripresero fiato. Hans estrasse dalla tasca della giacca un piccolo fagotto che conteneva del pane e qualche frutto. Rubine fece lo stesso, ponendo al centro anche una piccola bottiglia di liquore sconosciuto che aveva trafugato dalla scorta dello zio. Rachele porto dei bretzel.
- Allora come stai Rubine? Che bello rivederti! – Esclamò Rachele.
- Bene Rachele, va tutto come sempre, questa volta resteremo di sicuro fino a settembre. - Annunciò con allegria. Hans le ascoltava ma in cuor suo Rubine capì che qualcosa non andava. – Ma Hans che hai? Da quando ci siamo visti sembri molto preoccupato. – Hans sollevò i suoi begli occhi cristallini puntandoli su quelli nocciola di Rubine, la loro vitalità sembrava ora adombrata.
- C'è che qui le cose si stanno complicando. A scuola giravano certi volantini di propaganda e sono preoccupato che possa succedere qualcosa. – ammise - Rachele tu stai bene? Non succede nulla di strano alla tua scuola? – chiese preoccupato.
- Non vado più a scuola. – ammise – mio padre ha deciso di educarci a casa e viene il Rabbino a farci lezione, sia a me sia ai miei fratelli e qualche cugino. – spiegò – perché cosa succede nella tua? – chiese, ma non sembrava veramente voler sentire una risposta.
- Ma, cosa?! – Rubine non seppe formulare bene la domanda, i suoi occhi nocciola avevano un'espressione interrogativa profonda. Hans dovette trovare coraggio per ammettere ciò che lui stesso aveva tentato di nascondere per tanto tempo.
- La propaganda anti semita – guardò Rachele negli occhi con espressione dispiaciuta – sta dilagando. I miei compagni di classe non fanno altro che parlare di come gli ebrei stiano inquinando la nostra razza e la nostra nazione. – Deglutì – io non capisco il perché di questo accanimento, ho provato a chiedere a mio padre, ma non sa spiegare nemmeno lui come certe persone riescano ad essere, - si interruppe cercando la parola giusta – succubi della propaganda, questo dice mio padre, che non ragionano con la loro testa e a volte ha il dubbio che ne abbiano una. Ero preoccupato per Rachele, lasciarla sola fuori dalla libreria poteva essere pericoloso. – disse addentando un pezzo di pane e sorseggiando un po' del liquore Sinti di Rubine, che gli accese il viso di un bel colore rosso.
- Mio padre non mi fa più andare a scuola perché dei ragazzi hanno picchiato mio fratello Adam, e il preside non ha fatto nulla. Non mi ha mai detto cosa gli ha risposto il preside, ma da allora possiamo uscire poco di casa. – Rubine ascoltò attonita, non sapeva proprio cosa dire.
- E voi? Vi fanno problemi? – chiese Hans.
- Non più del solito. – rispose Rubine – io sto sempre bene a Berlino, saltavo come una cavalletta quando ho saputo che saremo tornati, i miei genitori mi hanno messo in punizione perché ero troppo rumorosa. – sorrise Rubine – ma ora sono qui e sono con voi e sono felice di vedervi. Vedrete che tutto si sistemerà, quando se la prendono con noi basta lasciarli un po' sbollire e poi tutto torna normale – disse Rubine cercando di consolare i suoi amici.
- Lo spero tanto – disse Hans, che tra tutti era quello più preoccupato, mentre Rachele abbassò il viso e distolse lo sguardo. Aveva gli occhi pieni di lacrime e si stava sforzando di non farle scendere.
- Lo spero anche io – disse trattenendo a stento un singhiozzo – mio padre vorrebbe mandarmi via, darmi in sposa a un cugino a Gerusalemme e dovrei andare a vivere là, ma io non voglio. –
- Perché non vuoi? - chiese Rubine – io mi sposerò forse per la fine di quest'anno, ma se non lo faccio le cose saranno ben peggiori, per cui mi sono abituata all'idea. Mi sarei dovuta sposare il mese scorso a dire il vero, ma hanno arrestato il mio futuro marito quindi devo aspettare che lo rilascino. –
- E chi è? – chiese Hans.
- Uno della tribù, che importa, se non fosse lui sarebbe un altro, io non ho nessuna voce in capitolo, dovrò solo farci un sacco di figli e dire sì – Hans la guardò basito.
- Come fai a non pensare all'amore? – Rachele aveva lasciato andare le lacrime che ora le disegnavano dei piccoli fiumi sulle guance.
- Cos'è l'amore? Non ho idea a cosa tu ti possa riferire. – spiegò in tono quasi disinteressato. –
- No lo so di preciso, ma se penso a Elisabeth Bennet e al signor Darcy è così che immagino possa essere, struggersi perché si è lontani, innervosirsi perché l'opinione della sola persona di cui ti importa di più al mondo non accontenta le tue aspettative e avere il cuore che batte forte. – tentò di spiegare Rachele.
- Al diavolo l'amore, non ci mangio! La mia vita è questa e non posso cambiarla! -
- Certo che puoi! – si intromise Hans – vattene se il matrimonio non è quello che desideri! -
- Per andare dove? – chiese con un pragmatismo disarmante. – a casa vostra? A cercare un uomo che mi possa sposare e salvarmi dal mio destino? O vado da Rachele? chiusa in casa come un prigioniero? Dimmi Hans cosa mai potrei fare senza la mia gente? –
La discussione iniziò a farsi animata. Rachele, presa dalla tristezza, si attaccò alla bottiglietta di liquore mentre Rubine cercava di dare delle spiegazioni alle sue motivazioni brandendo un pezzo di pane. Hans le guardava sempre più preoccupato, si vedeva che non pensava solo a loro ma che i pensieri indugiavano su altri problemi forse più imminenti.
- Ma che hai, mi stai ascoltando? – lo ridestò Rubine – si può sapere cosa ti prende oggi? –
- Sono preoccupato per quello che può succedervi. Stavo pensando che se seguissi il ragionamento sull'amore di Rachele, io provo amore per voi, perché quando non siete qui con me io vi penso sempre, sono in apprensione e vorrei togliervi dagli impicci di una vita fatta di obblighi. Ma è amore? – chiese Hans.
- Ci sono molte forme di amore. – lo guardò Rachele con occhi umidi – l'amicizia è una di queste. –
- Anche io vi penso sempre e spero sempre di incontrarvi il prima possibile ogni volta che siamo nei paraggi.– trasalì – è amore? -
Rachele annuì.
- Gli amici provano quell'amore speciale che li tiene uniti per sempre, legati da questo sentimento così forte. – spiegò. – quello che cercavo di spiegarti è che oltre a questo, cerco un ragazzo che contraccambi. È il 1933 insomma, dovrei pur aver il diritto di esprimere una preferenza! – chiosò.
- Pfiù – sbuffò Rubine – sei una donna, ti rimetti alla volontà di tuo padre e basta. Poi lui ti passerà a un marito e fine lì. Io non sono triste per questo, perché so che avrò voi e i nostri libri.
La luce del sole iniziava ad abbassarsi, erano rimasti molte ore a parlare del futuro senza rendersene conto. Avevano anche finito tutte le vettovaglie incluso il liquore quando i loro discorsi furono interrotti da un forte baccano che veniva dalla strada. Sentirono il sig. Slovosky imprecare, quando qualcuno spalancò la porta d'ingresso facendo tintinnare il campanellino sovrastante.
Ci fu una lite, di cui i ragazzi non capirono molto. Si appiattirono contro la parete con una certa paura nel realizzare che erano gli studenti dell'Associazione Studentesca della Germania che urlavano e inveivano contro il sig. Slovosky. Sentirono dei tonfi. Hans si pose davanti a Rachele e Rubine nel tentativo di offrire loro un riparo facendole scivolare tra uno scaffale e l'altro.
I ragazzi si palesarono e ordinarono a Hans di portare fuori quanti più libri potesse, soprattutto di Hesse, Mann, Brecht.
- In quest'angolo ci sono solo romanzi inglesi – disse.
- Allora portali fuori tutti, non vogliamo influenze straniere nel nostro paese! –
Hans raggelò. Fece uscire le ragazze dalla porta del magazzino dicendo loro di tornare a casa di corsa. Una raccomandazione inutile. Rachele e Rubine seguirono da lontano quei ragazzi così impetuosi con un carretto stipato dei loro amati libri, finché non arrivarono a Opernplatz. La grande piazza brulicava di ragazzi in divisa dell'associazione, molte braccia tese e svastiche. Furono sopraffatte dalla folla che era totalmente inattesa e furono stupite nel vedere il loro Hans con quei ragazzi.
- Ma cosa stanno facendo? – chiese Rachele che non voleva credere ai suoi occhi.
- Li stanno bruciando – rispose Rubine dimessa e incredula – Rachele, torna a casa, corri, qui non si mette bene! – disse risoluta. Si girò verso l'amica e la guardò con aria seria. La abbracciò forte. – Stai attenta, mi raccomando. Vorrei tanto sapere che sarai salva a casa. – Rachele tentò di consolare l'amica.
- Ora io vado, so che strada fare, ci vediamo tra tre giorni di fronte alla libreria. Va bene? – le propose – anche io voglio sapere che stai bene, ti aspetterò tutto il giorno se necessario.
- Farò così anche io, ora devo dirlo a Hans e poi scappo a casa. – Si abbracciarono nuovamente. I loro cuori erano in tumulto, la paura scorreva nelle loro vene.
Quando Rubine raggiunse i margini della folla vide Hans apatico, compiere gesti come se fosse una marionetta. Notò che i suoi occhi erano intrisi di lacrime. Fece in modo di catturare il suo sguardo. Quando finalmente Hans la vide, sbiancò, come se gli fosse possibile diventare ancora più pallido.
Si avvicinarono. Hans aveva nelle mani uno dei suoi libri preferiti, "Siddharta" di Hesse. Lo stava stringendo così forte. I ragazzi dell'Associazione Studentesca lo incitavano a bruciarlo, urlandogli di lanciarlo.
Hans guardò Rubine negli occhi, quei suoi begli occhi nocciola che si accendevano con il riflesso delle fiamme. Aprì il libro proprio su una delle pagine che lo avevano colpito di più, la strappò e la accostò alle fiamme. Portò quella pagina fiammeggiante davanti al suo volto, mentre lo sguardo nocciola di Rubine gli scavava l'anima.
"La maggior parte degli uomini sono come una foglia secca, che si libra nell'aria e scende ondeggiando al suolo. Ma altri, pochi, sono come le stelle fisse, che vanno per un loro corso preciso, e non c'è vento che li tocchi, hanno in sé stessi la loro legge e il loro cammino." (Siddharta, H. Hesse)
Il libro finì sopra gli altri oramai divenuti cenere.
- Quelle parole ora resteranno nell'aria, sarebbe bello se si potessero respirare. Se tutti i pensieri di quel mucchio di carta e inchiostro si potessero insinuare nelle menti bacate di questi che si fanno chiamare studenti. – disse Hans con voce profonda e triste – immagino Hesse, Mann, Shopenauer entrare nelle loro narici e farli rinsavire. Vorrei pensare a noi come stelle e loro come foglie, che ondeggiando cadono in quel fuoco.-
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