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2224 - Yama no Hi


L'11 agosto del 2224 fu un mercoledì storico per l'intero pianeta.

La Terra era da tempo spezzata in due: il Tropico del Cancro era divenuto un'unica immensa megalopoli, i cui confini tra uno stato e l'altro si fondevano indistinti.

Il tropico del Capricorno era rimasto più selvaggio, meno tecnologico e in alcune aree ancora povero, come lo era da secoli.

I due emisferi non vivevano in armonia, e spesso il Nord si dimostrava aggressivo e imperante. Al contrario il Tropico del Capricorno vantava un rispetto per l'ambiente e la natura che i popoli nordici avevano dimenticato, privilegiando la bellezza di un cielo limpido e l'aria pulita alla costante connessione e al consumismo.

In questo mondo, diviso e contorto, in Giappone ai piedi del monte Hotaka, sul confine tra le prefetture di Nagano e Gifu, il tempo si era fermato. Appoggiati dal governo nazionale e dalla città di Kanazawa, l'area era stata dichiarata riserva storica. Qui si mantenevano le vecchie tradizioni: non c'era elettricità, non c'erano macchine né computer.

Nel villaggio di Hirayu quasi cinquecento persone avevano scelto una vita naturale, legata al passato.

Tutti tranne uno.

Kunishi Rin era nato e cresciuto nel piccolo insediamento, tenuto lontano dalle modernità di cui sapeva l'esistenza ma non la funzionalità, in apparenza.

La sua famiglia di samurai da cui discendeva, Kunishi saika, era incaricata del governo di Hirayu di cui Rin aveva ricoperto il ruolo di capo villaggio non appena maggiorenne.

Quel mercoledì si svegliò di buon ora, come suo solito, ma già sentiva nell'aria qualcosa di diverso.

Un fastidioso odore ferroso disturbava i suoi pensieri meditabondi mentre recitava a mente la preghiera del samurai. Era tutto inutile: quella sensazione pungente che gli irritava il naso, lo distraeva dal quotidiano apprezzamento per il suo piccolo villaggio, tanto che non sentì Nakamura Midori avvicinarsi.

«Buongiorno, Rin-san o forse dovrei dire Ohayou gozaimasu, Kunishi Rin?» Midori era una giovane donna nata e cresciuta nella megalopoli di Nagosaka. Quattro anni prima, all'età di venticinque anni, proprio durante un Yama no Hi, il giorno delle montagne, si era innamorata del villaggio di Hirayu e non lo volle più lasciare.

Era al fianco del capo villaggio indossando il suo kimono celebrativo che si apprestava ad aiutare l'amico in un giorno per lui critico.

«Ohayou gozaimasu, Nakamura Midori» la salutò con la formalità che tanto gli aggradava, tuttavia quel fastidio fece crollare subito la delicata cesellatura delle consuetudini, così Rin le confessò il suo il disagio «Midori-san, lo senti anche tu questo odore fastidioso? È insopportabile o sbaglio?»

Il collo della giovane si allungò verso il cielo terso dell'agosto montano, arricciando il naso alla ricerca di un suggerimento olfattivo.

«Non sento nulla Rin, mi pare tutto normale. Non è che il sakè di ieri sera ti ha dato alla testa?»

«Non ho bevuto così tanto, ero troppo in ansia per oggi» replicò distratto.

«Hai fatto colazione? Magari Hito-san può darti un suo rimedio naturale camuffato in un buon ramen, che ne dici?»

Rin annuì, muovendo la sua lunga chioma nera e lucente che non aveva ancora raccolto nella classica acconciatura prevista per quel giorno.

Nagata Hito, uno dei più anziani non nativi del luogo, era specializzato nei ramen e aveva una piccola bottega che teneva aperta tutto il giorno per servire i suoi concittadini o i vari turisti che di tanto in tanto venivano a visitare il villaggio. I suoi ramen erano rinomati e la gente di Hirayu credeva che lui mettesse degli ingredienti speciali nelle preparazioni così da poter curare ogni disturbo, sia fisico, sia psicologico.

Fu attorno al bancone di Hito-san che Rin trovò rimedio al suo fastidio, mangiando un bao caldo con una abbondante dose di wasabi appena grattugiato.

«Ti senti meglio, Rin?» Midori gli chiese con il suo fare delicato, appoggiando piano la sua mano sul dorso definito di quella del capo villaggio.

«Deve essere tutta l'agitazione per oggi, lo sai che veder arrivare tutti questi turisti per il giorno della montagna, mi mette in agitazione. Io non voglio essere maleducato, ma certe persone sono proprio insopportabili.» concluse trattenendo le lacrime che la radice locale gli provocava ogni volta.

«Lo capisco,» Midori chinò la testa come se si sentisse in colpa «sono stata dal quel lato della barricata, ricordi? Nelle scuole delle megalopoli insegnano cos'è la montagna, ma finché non ne vedi una, non cammini all'interno delle sue foreste e non ne annusi il profumo, non ti rendi conto di quanto sia bello stare qui».

«Cosa ti ha convinta a restare?» la domanda di Rin era onesta, priva di malizia, ma Midori arrossì. Rin non capì quella sua reazione, il suo intuito per certe cose lasciava molto a desiderare, ma quello per i pericoli e le situazioni a rischio era molto sviluppato e quando scoprì che l'effetto del wasabi era finito, il tagliente odore di ferro tornò a istigare le narici «qualcosa non va. Dobbiamo bloccare i bus dei turisti, spero non siano già partiti da Onsen, ma dobbiamo cancellare la festa di oggi» i suoi presentimenti erano sempre più forti.

«Rin-san è l'ansia che parla, andrà tutto bene, come solo tu sai far funzionare le cose». Midori tentò di consolarlo.

«Non è così Midori-san, non questa volta» uscì velocemente dal locale del vecchio Hito e si bloccò al centro della strada argillosa che costituiva la via principale del villaggio. «Midori-san, ascolta» la invitò a fare silenzio e concentrarsi.

«Io non sento nulla» così come per l'odore ferroso di cui si lamentava Rin, anche per i suoni ebbe lo stesso riscontro.

«Appunto: a quest'ora gli uccelli cinguettano, le cicale friniscono, e se aguzzi bene l'udito senti le zampette degli scoiattoli correre su e giù per i tronchi degli alberi, ma ora nulla. Sta per succedere qualcosa e spero di sbagliarmi» lasciò in sospeso i suoi sospetti, non convincendo del tutto Midori che spesso lo aiutava ad alleviare l'ansia che si presentava annualmente per la celebrazione centenaria.

«Rin-san, andrà tutto bene, i turisti arriveranno, faranno le loro passeggiate per onorare la montagna, saranno arroganti e sbruffoni con tutti i loro device elettronici, ci prenderanno un po' in giro e se ne andranno prima che il sole tramonti, come ogni anno. Te la caverai benissimo e se va come credo, qualcuno si aggiungerà alla popolazione di Hirayu». Midori, che aveva studiato psicologia applicata al marketing, sapeva bene quale tono usare per convincere qualcuno a comprare un prodotto, tuttavia il suo "pacchetto serenità" sembrava non trovare nessun appiglio nella mente di Rin.

«Raduna tutti alla casa del villaggio, subito! Non serve che mettano i loro abiti buoni, anzi, se hanno ancora della tecnologia è il momento di tirarla fuori» Rin non credeva alle sue stesse parole, ma fu la prima piccola scossa tellurica a convincere Midori ad ascoltarlo.

Il volto della giovane trasmutò, capì quanto l'istinto di samurai del capo del villaggio fosse vivo e attivo. Slacciò l'obi che teneva fermo il kimono, rivelando la sua comoda tenuta da trekking, scivolò fuori dai suoi geta tradizionali e corse a suonare la campana di adunanza ed emergenza.

Non tutti avevano percepito quella prima scossa, ma la campana si sentiva echeggiare per tutta la valle.

Furono momenti confusi e concitati, un brulicare di persone e cose che si muoveva nelle strade scure del piccolo insediamento.

Erano quasi le sette del mattino quando furono tutti davanti alla casa del villaggio e Rin apparve davanti a loro in un'insolita tenuta. Indossava parte dell'armatura samurai della famiglia Kunishi, aveva raccolto i capelli e portato con sé alcune pergamene, la sua naginata e un tablet, che fu lo strumento che più stupì gli astanti.

«Buongiorno a tutti. Qualcuno forse sente questo odore fastidioso di ferro, qualcun altro ha sentito la piccola scossa di poco fa, ma sicuramente tutti vi sarete accorti che non vola un uccello e non si sente nessun rumore» usò parole precise e fu il più sintetico possibile «mio nonno e mio padre mi hanno insegnato una sola cosa sulla tecnologia, la sola cosa che poteva essere utile al villaggio, la lettura dei numerosi sismografi dispiegati nel territorio».

Midori lo osservava stupita, non aveva idea che Rin sapesse usare quello strumento, così come molti suoi concittadini.

«Dovete andarvene tutti, evacuate il villaggio subito!»

Non servirono molte parole, una seconda scossa più forte convinse tutti a seguire l'ordine del giovane capo villaggio. Fu però in quel momento che dalla parte opposta sbucarono i primi turisti. Forse non avevano sentito le scosse, forse non avevano ricevuto allerte pur essendo costantemente connessi.

Così Rin concluse i suoi comandi:

«Mettetevi i vostri abiti comuni, procuratevi qualcosa da mangiare e acqua, riempite velocemente gli zaini, prendete tutti i turisti in arrivo da Onsen e tornate indietro con loro, passo svelto, poi andate a ovest»

Tutti si mossero velocemente, tranne Midori che lo guardava scioccata. La sua aria interrogativa era eloquente. Sulla fronte di Rin si formarono dei profondi solchi, le sopracciglia nere si incresparono verso l'alto mentre la osservava preoccupato.

«Devi andare anche tu Midori-san» la incitò, ma ella non si mosse «quando sono diventato capo villaggio, mi hanno consegnato sia le pergamene sia il tablet. Nelle prime spesso si narra di leggende, di cui si fatica a credere, ma è proprio lì che scrivono quanto la percezione dell'odore di ferro sia premonitrice di un evento catastrofico. Nel tablet, invece, ne ho la conferma: il monte Fuji sta per esplodere e il governo evacuerà tutto il Giappone»

Midori rimase impietrita a quella sua dichiarazione, tanto che gli strappò il tablet dalle mani. I dati che vi leggeva erano inconfutabili.

Midori guardò Rin negli occhi. Era innamorata di lui. Era lui la ragione per cui era rimasta. Dopo quattro anni aveva imparato a conoscerlo, sapeva quanto il suo ruolo lo impegnasse e quanto lui amasse rispettare le regole che esso stesso imponeva. «Vieni con me?»

Rin dissentì. Non ebbe il coraggio di negare con la voce.

Midori era combattuta.

Se fosse rimasta sarebbe stata una preoccupazione per lui, ma chi si sarebbe preoccupato per lui?

Se fosse rimasta avrebbe dovuto seguire l'istinto di Rin, attraverso eventi che non si sarebbe mai spiegata.

Se fosse rimasta probabilmente sarebbe morta e Rin si sarebbe sentito in colpa. In quel momento, suo malgrado, si rese conto che la forma di amore che egli avrebbe compreso maggiormente sarebbe stata la sua obbedienza. Chiuse il kimono con l'obi come meglio poté, si profuse in un rispettoso, elegante e profondo inchino con le sue mani giunte sulle cosce. Gli occhi erano lucidi.

«Ti auguro che il tuo istinto ti porti lontano, spero ci rivedremo un giorno.» Si avvicinò al suo volto e posò sulle sue labbra un delicato bacio d'addio.

La terza scossa contribuì ad accelerare tutto il processo.

Rin aiutò i suoi concittadini, quasi li spinse fuori dal villaggio di modo che avessero il tempo di tornare a Onsen prima del tramonto, ma soprattutto per avere il tempo di arrivare al dirupo prima che fosse troppo buio.

Cambiò le sue calzature tradizionali con comodi stivaletti da trekking, indossò i cargo al posto del largo pantalone istituzionale. Prese la sua fidata naginata e corse nel bosco.

Furono numerose le scosse che percepì nella sua folle corsa, ebbe anche l'ardire di fermarsi guardando indietro per vedere pezzi di montagne staccarsi dai costoni e spostare interi boschi. Vide ferite aprirsi in inghiottire tutto. Corse sempre più veloce.

Arrivò alla rupe che la luna stava facendo capolino dietro il profilo dei monti.

Il fiato corto, il cuore che pulsava nelle tempie. Ogni respiro bruciava in gola. Ci fu un'altra scossa, più forte, più dirompente. Rin fece fatica a mantenere l'equilibrio.

A est un boato riempì ogni spazio plausibile. Il giovane si aggrappò a delle sottili radici che erano spuntate in uno dei vari crolli e ribaltamenti del suolo, una luce rossa infiammò il cielo. Poi li vide: illuminati dal satellite brillante, decine di aerei per l'evacuazione trans-atmosferica si levarono in cielo. Sarebbero rimasti in orbita fin tanto che la situazione non si sarebbe assestata, o eventualmente si sarebbero rifugiati al Tropico del Capricorno.

Fu allora che Rin, in piedi sulla rupe, con la naginata in pugno, pronunciò una parte della preghiera del Samurai che tanto amava:

Non ho né vita né morte: l'"Assoluto" è la mia vita e la mia morte.

Lui divenne Assoluto.

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