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Lasciarsi. Sì, lasciarsi

Eccomi, anzi rieccomi.

Sull'ennesimo aereo, l'ennesimo viaggio, l'ennesimo abbandono, l'ennesimo ritrovarmi.

Sì, ritrovarmi

Qualcosa però questa volta è diversa, tu sei diverso.

<Uhm, sono lì> mi hai detto per chiedermi di farti sedere accanto al finestrino e io ti ho fatto passare.

<Boarding completed> ma siamo solo io e te in una fila per tre.

Non mi sposto. No, mi piace stare al centro.

L'ansia per il decollo passa una volta staccati a mille piedi da terra.

Il telefono precedentemente impostato su modalità aerea e un paio di cuffie arrotolate che mi accompagnano. Mi isolo dal mondo, come sempre, per cercare una via di fuga tra quelle nuvole bianche. Ti spio sai? Non mi attiri in quel senso, ma sento che tra noi c'è una connessione.

Non mi sbaglio.

Tra le mani rigiri l'Arte di amare di Ovidio e sai, vederlo tra le mani di un ragazzo che non sembra studiare lettere  mi colpisce.

Perché hai quel libro? Perché proprio l'Arte di amare? Perché su un aereo? 

<Posso avere una penna, per favore?> chiedi alla hostess mentre io fingo di dormire.

Sono girata verso di te e quando l'hostess ti dà la penna, tu tiri fuori dalla sacca un taccuino di pelle nera e lo apri.

16 Gennaio 2017.

Lo scrivi di getto, come se volessi liberarti di quel giorno. Non è però la data a farmi balzare il cuore nel petto, ma il titolo che le hai dato: lasciarsi.

Una scrittura elementare, semplice, quasi uno scarabocchio che solo tu sei in grado di capire.

Chi darebbe il titolo a una giornata? Tu, di certo.

Sono combattuta se leggere o meno, se allungare il collo come sto inconsciamente facendo per rubare un pezzo della tua anima. Sì, mi sento un po' come una ladra. Ladra di sentimenti, di emozioni private. Però cosa dovrei fare? Non è forse di questo che si nutre chi ama scrivere? Non è forse la speranza che qualcuno legga quello che scriviamo, il motivo stesso per cui scriviamo? La scrittura ci salva e ci mostra al mondo per quello che siamo: deboli, innamorati, infelici. Attraverso essa speriamo di essere compresi, capiti. Vogliamo essere salvati.

16 Gennaio 2017.

Lasciarsi. Sì, lasciarsi. Cosa vuol dire davvero però?

Così comincia il tuo primo rigo. Tratto distratto e sofferente. Pieghi il braccio verso l'esterno occupando il tavolino del posto di fronte che hai aperto per appoggiarti. Mastichi l'astuccio della penna nervosamente, come se stessi affrontando da capo quello di cui stai scrivendo.

Lei è lì, di fronte a te e tu stai rivivendo tutto, parola dopo parola.

Lo so, ho preso io la decisione, ma perché? Beh, tre parole mi hanno portato a questa scelta:

- distanza

- diversità

- mancanza di sesso

L'elenco, razionale nella sua irrazionalità, mi colpisce come uno schiaffo. Vorrei chiederti: sei una mia proiezione? Ma tu non mi senti e continui.

Sì, lo so. L'ultima non è una parola, ma è il mio diario e posso scrivere ciò che voglio e il sesso, sì, quello mancava. 

Soffoco una risata per il fatto che ti sia corretto e giustificato da solo. Ti massaggi la barba appena accennata e sbatti la penna sul diario.

Forse ti accorgi che ti sto osservando, ma non t'interessa. In fondo neanche a me importerebbe. Non ci vedremo mai più e anche se dovesse accadere, continueremmo ad essere perfetti sconosciuti che si sono incrociati su un aereo un 16 gennaio qualsiasi.

Qualsiasi proprio, no.

Lasciarsi. Questo, è il tuo 16 Gennaio 2017.

Ed è stato anche il mio Maggio 2016.

Questa è la connessione profonda che ci lega. Una sottile linea che mi pone ad essere la persona che più può capirti in questo momento, più di quelle pagine macchiate di caffè alle quali stai affidando il tuo dolore, le tue memorie. 

Chi dice che chi lascia non soffre, beh lasciatemelo dire, non sa un cazzo dell'amore!

Si soffre, anzi forse si soffre di più. Soffri mentre maturi la decisione, soffri quando la prendi e soffri dopo che l'hai presa. Parliamo, chiaramente, di individui che possiedono un organo vitale chiamato cuore non ricoperto da lastre di ghiaccio.

E il mio non lo è.

Sono forte? Sì. 

Sono una persona normale? Sì.

Apprezzo ciò che la vita mi dà? Sì, a volte no. Ma chi non vorrebbe sempre qualcosa che non ha?

E allora lotti.

E allora ti sforzi.

Mi sono sforzata per un anno. Ho davvero cercato di far andare bene le cose nonostante sapessi che le cose potevano solo peggiorare. Il tempo mi ha dato la forza di riuscirci. Non si nasce carnefici e non è fottutamente facile prendere una decisione di quel tipo. 

Forse ti ho amata. Forse ti amo ancora. Forse non ti ho mai davvero amata. Chi può saperlo? A vent'anni non hai davvero idea di cosa sia l'amore. Cresci, conosci i tuoi amici e molto probabilmente ti innamori di una di loro. Affronti il liceo insieme, le prime delusioni, le prime esperienze e poi un giorno uno dei due se ne va. Ognuno va per la sua strada e tu instauri una relazione con il tuo cellulare. Certo, dietro c'eri tu. Tu dietro a uno schermo però. Non eri tu. 

Ed ecco di nuovo il legame. Continui a scrivere e io muovo la mano come se stessi scrivendo insieme a te. E' strano, vero? Sono pazza? Forse.

O forse, semplicemente, ho imparato ad essere me stessa. A non avere paura di essere me stessa.

Mi sento sola? A volte! Anzi, la maggior parte del tempo. Mi spaventa? No, e sai perché? Perché se ti senti sola anche quando hai una persona accanto, vuol dire che quel viaggio non siete in due a farlo. E forse gli artisti, o meglio, coloro che hanno la testa incasinata sono così. Nella solitudine trovano se stessi e guai a chi me la toglie, la mia solitudine.

Sfogli il tuo diario pieno di giorni intitolati.

Foto, macchie, scritte indecifrabili. Però sei tu. Ed è straordinario vedere che al mondo non sei la sola. Tu appartieni. 

Magari non sai ancora bene a chi, ma appartieni.

Noi apparteniamo.

Help, I lost myself again but I remember you  

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