Siamo diventati on demand.

Siamo la generazione dell'on demand.
Ognuno di noi sa che potrà vedere qualcosa, ascoltare qualcosa quando vuole. Non c'è più condivisione, certo sui social ce n'è tantissima ma non è vera condivisione.

Ci limitiamo a decidere e selezionare solo quello che abbiamo voglia di vedere, che, se da un lato ci da la possibilità di decidere dall'altro ci toglie, e anche tanto. Se tutti avessimo la possibilità di decidere sempre cosa vedere, cosa studiare, cosa fare, non esisterebbero menti aperte, ma solo barriere e forse sta proprio qui il problema della nostra generazione.

Facciamo solo quello che ci va di fare e tutto quello che non rientra in quella categoria lo demonizziamo, amiamo le cose on demand (dove e quando voglio) e la cosa si é purtroppo estesa anche alle persone. Vogliamo amicizie on demand, amori on demand, emozioni on demand. Abbiamo perso la spontaneità, la voglia di lottare per qualcosa, la voglia di adattarci e plasmarci con qualcosa di diverso.

Abbiamo perso la voglia.

Eppure ogni tanto ho ancora fiducia che un giorno riusciremo a controllare questo senso di frustrazione che ci assale quando sentiamo di non essere mai abbastanza per qualcuno perché tanto c'è qualcun altro a portata di mano con più likes e più on demand di noi. All'università un giorno durante una lezione di psicologia di consumi il professore ci parlò del "paradosso della scelta".
Sapete cosa è? È quel senso di impotenza che ci assale di fronte ad uno scaffale pieno di prodotti dello stesso tipo, ma diversi nel brand o in qualche ingrediente e a quel punto sapete cosa accade? Non scegliamo nulla e ci ritroviamo ad aprire il frigorifero vuoto.

Ecco, un po' come certe persone che pensano di avere talmente tanta scelta da non doversi limitare a sceglierne una perché tanto ce ne saranno sempre altre mille, ma poi apre la porta  di casa e dentro è vuota.
Come il frigorifero.