🧡TSUKIYAMA (AU) | EMERALD
FANDOM: Haikyu!! (NonCanon!AU)
SHIP: Kei Tsukishima x Tadashi Yamaguchi
PAROLE: 7.326
RATING: 🧡 semi nsfw
TW: ✶ Yaoi ✶ Lemon ✶ Smut ✶
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* * * ATTENZIONE * * *
QUESTA STORIA CONTIENE SCENE E LINGUAGGIO ESPLICITI
- - - ADATTA PER UN PUBBLICO ADULTO - - -
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Yuki lo trascinò su per le scale. La rampa che portava al tetto era sempre vuota e silenziosa visto che la porta di uscita era stata sbarrata dopo l'ultimo festino degli studenti del terzo anno.
Si fermò in cima appoggiandosi alla porta e finalmente poté stringere a sé quella schiena flessuosa che aveva potuto solo sfiorare di nascosto al cambio dell'ora in sala professori.
Con un gesto rapido e brusco, estrasse la camicia di Masu dai pantaloni|
"Cazzo! Sempre la solita roba..."
Kei sbuffa, toglie gli occhiali e li appoggia dopo averli ripiegati con cura. Li posiziona nel solito posto, sopra la moleskine nera, di fianco al cellulare, non troppo vicino al bicchiere per non rischiare di urtarli nel prendersi da bere.
Il cursore lampeggia insistente di fianco alla "i", a ricordargli che la scadenza è vicina. Ogni lampeggio è un secondo in meno, uno di quei 131.880 secondi che ha ancora a disposizione prima della consegna. E già sono diventati 131.870... meglio non pensarci.
Massaggia lentamente il ponte del naso mentre appoggia la schiena alla sedia ergonomica e distende le gambe sotto la scrivania.
È arrivato anche stavolta.
Non capita spesso, ma quando succede a ridosso della scadenza è davvero una seccatura.
L'imbuto.
Che non è proprio il blocco dello scrittore. È una sensazione molto personale, che Kei non riesce nemmeno a spiegare al suo editore quando gli succede.
È un po' come un imbuto tappato. Ha la storia in mente, ma in qualsiasi modo provi a scriverla non lo soddisfa. È come se le buone idee per esporre quello che ha nella testa restassero incastrate tutte insieme, senza che nessuna riesca a farsi strada verso il fondo del cono e uscire per prendere forma sulla schermata del suo editor di testo.
A volte basta semplicemente aspettare e una di queste idee riesce a uscire dall'imbuto da sola.
A volte invece bisogna proprio infilarci un bastoncino, tra quelle idee, mescolarle bene e fare sì che quella più pesante esca per prima e sblocchi l'ingorgo.
Stavolta però il tempo di aspettare non c'è, il termine ultimo per la consegna è troppo vicino, meno di due giorni.
Bisogna proprio che almeno trovi il bastoncino giusto da ficcarci dentro.
Kei sta ancora fissando il vuoto davanti a sé, quando il trillo del campanello lo riscuote da quello stato di apatia.
"Merda. Merda, lo sapevo..." bofonchia mentre infila gli occhiali e va ad aprire la porta.
"Kuroo-san che sorpresa..."
"Tsukishima-kun, tu e le tue battute sarcastiche... Sai bene che non è una sorpresa, vengo sempre a trovarti quando manca poco alla scadenza." Kuroo sorride mentre entra in casa con la sua solita andatura arrogante e si accomoda sul divano senza aspettare alcun invito.
Come se fosse casa sua. Come se essere l'editore di Kei da cinque anni, averlo scoperto, averlo lanciato nel mercato dell'editoria di nicchia, avergli procurato tutti i lavori che lo hanno portato a farsi un nome, gli desse il diritto di comportarsi così.
Beh, in effetti forse sì.
O comunque, Kei non ha mai pensato che non fosse corretto, etico o semplicemente educato. È così da sempre, da quando abitava in quella piccola stanza con il letto e la cucina in dieci metri quadrati, e scriveva pezzi per tutte le riviste che gli capitavano, per pagarsi l'università.
"Vuoi qualcosa da bere?" domanda Kei di getto, prima di pentirsene subito visto che il frigorifero è vuoto da un paio di giorni.
"No. Voglio sapere a che punto sei." Kuroo va dritto al punto, il suo tempo è prezioso e già doversi recare di persona a casa di Kei per verificare lo stato del suo lavoro è una concessione che fa a pochi dei suoi collaboratori.
"È quasi finito." risponde Kei asciutto, sedendosi rigido sulla poltrona vicino al divano.
Kuroo alza un sopracciglio mentre accavalla le lunghe gambe fasciate dal completo grigio, un braccio appoggiato mollemente allo schienale del divano.
"Kei, ti conosco da quando ancora portavi i pantaloni corti. Riconosco quella espressione. Ti sei bloccato." gli risponde saccente, poggiando poi i gomiti sulle ginocchia e sporgendosi verso Kei con un ghigno sarcastico in volto.
"Sì, ma è davvero quasi finito. E comunque erano i pantaloni da basket, non contano..." replica Kei fissando Kuroo dritto negli occhi.
Perché se accetta come naturali certe dinamiche tra editore e collaboratore, non si può dire altrettanto di quello che risale al loro passato, a quando si sono conosciuti giocando al campetto nel parco.
Il carattere fiero e orgoglioso di Kei ha sempre sofferto la rivalità con Kuroo.
Faceva finta che non gli importasse, ma ascoltava sempre con attenzione i commenti delle ragazze e dei ragazzi che frequentavano il campo da basket.
Era una specie di mito, Kei, prima che arrivasse Tetsurō, il diavolo dai capelli corvini che ha scalzato l'angelo biondo dal trono.
Poco importava se in palio c'era chi avrebbe pagato da bere al chiosco poco distante. Era una questione di orgoglio. E di quello, Kei, ne aveva in abbondanza.
Una mano di Kuroo sul suo ginocchio lo riscuote dai suoi pensieri.
"Kei, sai che se vuoi sono sempre disponibile a darti una mano per trovare nuove idee su cui scrivere..." le iridi nocciola quasi scomparse, inghiottite dalla pupilla allungata e brillante.
Kei si alza, passa una mano tra i suoi riccioli biondi e si allontana, mettendo la poltrona a mo' di barriera tra di loro.
"Grazie Kuroo, ma non è necessario." risponde asciutto, cercando di celare una punta di imbarazzo.
"Bene. Allora aspetto il pezzo entro le 9.00 di lunedì." conclude sbrigativo mentre si alza e raggiunge la porta con due falcate.
"E ricordati di mangiare, sei sciupato. Lunedì sera avremo il gala, non puoi venire ridotto così. Sai che io ci tengo alle mie risorse." e si chiude la porta alle spalle.
Kei si butta di nuovo in poltrona, confuso come sempre dalle avances più o meno velate che Kuroo gli spiattella di tanto in tanto.
Le prime volte non ci aveva nemmeno fatto caso: una pacca sul sedere a fine partita, uno sfioramento dell'inguine di Kuroo sui suoi glutei con la scusa di marcarlo, una mano trattenuta sui pettorali un secondo di troppo... Ma era sempre un contatto veloce, accennato, all'apparenza casuale, e non ci aveva dato peso più di tanto.
E poi sono arrivate le battutine nel corso del loro rapporto lavorativo, qualche sottinteso legato al fatto che Kei scrive storie del genere "Boys Love"; battute che, dette da quello sciupafemmine di Kuroo Tetsurō, all'inizio quantomeno, Kei non aveva per nulla preso sul serio.
Ma Kuroo non si era mai spinto troppo avanti, limitandosi a frasi come quella appena pronunciata, la mano sul ginocchio, sguardi intensi. Atteggiamenti troppo accentuati però, perché Kei, che ne scrive ogni giorno, non se ne accorgesse; ma non abbastanza espliciti per un rifiuto categorico, che potrebbe in qualche modo compromettere il loro rapporto lavorativo.
"Doccia!" dichiara a sé stesso alzandosi dalla poltrona.
È giusto coperto da un asciugamano intorno alla vita che si appresta ad aprire di nuovo la porta, una mezz'ora dopo, quando suonano con insistenza.
Le lenti degli occhiali ancora leggermente appannate per il vapore gli mostrano un ragazzo con la divisa di Globo, uno dei corrieri per la consegna di cibo a domicilio a Tokyo; in mano ha un pacchetto dall'aria elegante e raffinata.
"Consegna..." riesce a dire mentre alza lo sguardo dal foglio che ha in mano e gli occhi inciampano sul torace ancora bagnato di Kei.
"Non ho ordinato niente." replica freddo e scostante.
Gli occhi del ragazzo indugiano un attimo di troppo sugli addominali di Kei, che cerca di allenarsi in palestra quando può, proprio per scongiurare lo sfacelo che la sua vita troppo sedentaria potrebbe attuare al suo fisico.
"Scusi, lei è il signor Tsukishima Kei?" domanda il ragazzo leggendo il foglio che ha tra le mani.
"Sì, sono io." risponde Kei esasperato passandosi una mano tra i capelli umidi "Ma le ripeto che non ho ordinato niente. Da dove arriva la consegna?" domanda Kei.
"Dal Koshitsu." risponde il ragazzo che, ripresosi dalla visione di Kei mezzo nudo, ora vorrebbe solo consegnare e andarsene.
"Ah, quello molto caro in centro." commenta Kei. Quello dove Kuroo lo porta tutte le volte che devono parlare di lavoro, aggiunge mentalmente. Ma non aveva certo bisogno che gli ordinasse la cena e gliela facesse portare a casa. Il solito modo di fare arrogante e prepotente, che Kei detesta. E Kuroo lo sa, ma a volte sembra che lo faccia apposta.
"Senta, io devo fare la consegna. La vuole o non la vuole?" domanda il ragazzo con un tono deciso, che obbliga Kei a guardarlo davvero per la prima volta.
Verde. È la prima parola che gli viene in mente. Sarà per la giacca verde catarifrangente della divisa di Globo, o forse perché una selva di capelli verdi sparano da tutte le parti, aggrovigliati in qualche modo in una crocchia scomposta in cima alla testa. Due occhioni verdi si perdono in un mare di lentiggini. E verdi sono anche le Converse mezze rotte che indossa a pelle insieme a un paio di jeans stracciati e striati del verde dell'erba in più punti.
È alto, non quanto Kei ma più della media, e indossa anelli e piercing con gran disinvoltura.
Il rumore di una porta che si apre in fondo al corridoio induce Kei ad una reazione.
"Vieni dentro, per favore, vorrei evitare che la signora Nakamura mi vedesse mezzo nudo."
Kei prende il ragazzo per il polso e lo tira dentro chiudendosi la porta alle spalle.
"Aspetta qui un secondo." gli dice ancora, mentre va in camera per infilare velocemente una t-shirt e i pantaloni della tuta.
"Cosa contiene il pacco?" grida poi dalla camera.
"Shaomai al vapore, Yasai Yakimeshi, Yasai Yakisoba, Sushi Sakura, Onigiri..." declama il ragazzo dalla lista di consegna, con cadenza annoiata e impaziente.
"Tonno o salmone?" chiede ancora Kei recuperando il portafogli, con l'intenzione di dare una mancia al ragazzo.
Per alcuni secondi non ottiene risposta, torna quindi in ingresso.
"Tonno..." risponde il ragazzo verde masticando avidamente un onigiri, il pacchetto aperto a terra.
Confuso, Kei non sa se ridere o incazzarsi, ma il ragazzo verde replica subito a quello sguardo penetrante.
"Senti..." inghiotte "Hai detto che non la volevi. È già pagata, mica posso riportarla indietro. Questa è la mia ultima consegna, e ho degli impegni dopo. Non posso tornare al negozio o faccio tardi..." spiega con un sorriso così adorabile sul suo viso lentigginoso, che induce Kei a sorridere a sua volta.
Neuroni specchio, dice a sé stesso, tornando subito serio. Ma i suoi neuroni lo sorprendono ancora una volta.
"Ok, allora siediti sul divano, almeno, e appoggia tutto sul tavolino." si sente dire Kei senza nemmeno averlo prima pensato.
Ma non può essere davvero stato lui a parlare! Lui, che rifugge sempre il contatto con le persone, non può aver invitato il ragazzo verde a mangiare nel suo salotto.
"Grazie!" risponde con un altro sorriso luminoso, mentre toglie le scarpe senza nemmeno slacciarle e butta a terra anche il giubbotto.
In un attimo dispone i vari contenitori sul tavolino e prosegue a mangiare seduto sul divano, mentre Kei lo osserva incuriosito e si accomoda in poltrona.
"Vuoi?" il ragazzo verde si rivolge a Kei a bocca piena offrendogli la sua stessa cena, e Kei capitola. Una risata irrefrenabile esce dalle sue labbra e si spegne non prima di un minuto buono, lasciandogli gli occhi bagnati di lacrime.
Sfila gli occhiali e si asciuga il volto, per tornare poi ad infilarli e guardare di nuovo il ragazzo verde che si abbuffa sul suo divano.
Surreale. Al limite dell'assurdo. Ma forse era esattamente quello di cui Kei aveva bisogno. Una sana risata per stemperare lo stress della visita di Kuroo e di quel maledetto imbuto sempre più ingorgato.
Il ragazzo verde non sembra minimamente offeso dalle sue risa e continua a masticare fissandolo con un filo di curiosità.
"Ah, comunque io sono Tadashi. Yamaguchi Tadashi. Piacere." bofonchia masticando mentre gli porge la mano, che Kei stringe nella sua.
"Piacere mio. Tsukishima Kei, ma già lo sai..." risponde Kei con una smorfia agli angoli della bocca, senza lasciare quella mano. Ma allunga l'altra per prendere un onigiri.
"Tonno hai detto?" domanda addentandolo e staccandosi da quel contatto per appoggiarsi allo schienale della poltrona.
"Mmhhh... Aspetta..." Tadashi si alza e recupera dal suo zaino una birra che posa sul tavolino.
"Era per la mia cena" prosegue "ma mi sembra il minimo visto che sto mangiando la tua. Hai dei bicchieri?"
Kei recupera due bicchieri e versa la birra per entrambi, quindi si siede e riprende a sbocconcellare assaggi di quel cibo costoso e prelibato.
Ma il suo sguardo cade sempre su Tadashi, su quello strano ragazzo verde che si sta abbuffando nel suo salotto come se fossero amici di vecchia data.
Ogni tanto si volta verso di lui e gli sorride con gli occhi, per nulla imbarazzato dalla situazione né apparentemente infastidito da Kei che continua a guardarlo con insistenza.
"Quindi lavori per Globo..." commenta Kei, per stemperare invece il suo, di disagio.
Un disagio strano, che sta aumentando man mano che passano i minuti, man mano che si rende conto che non riesce a staccare gli occhi da quelle lentiggini, man mano che si accorge di stare contando tutti i suoi anelli e di aver già mappato i diversi piercing che ha sulle orecchie e sul viso. E la cosa che lo sorprende di più, è l'istinto di rispondere a quel sorriso che Tadashi sembra avere sempre incollato sul volto.
"Sì, tra le altre cose..." risponde Tadashi. "Copro tutta la zona dall'inizio di questa via, fino al parco giù in fondo."
"Ah... E che altro fai?"
"Faccio anche il dog sitter, e saltuariamente il modello per i corsi d'arte all'università, ma non per le classi che frequento, però, sarebbe imbarazzante..." ridacchia, e poi aggiunge "Buffo, no?"
"Cosa?"
"Che io faccia il modello. Cioè, guardami, ti sembro un canone di bellezza classica?" domanda, sinceramente curioso di sapere il parere di Kei, che invece a quella domanda rischia di strozzarsi con la birra.
"Cioè... beh.... Classica forse no..." bofonchia prendendo altro cibo e portandolo alla bocca senza nemmeno vedere di cosa si tratta.
"Beh, comunque mi va bene tutto" taglia corto Tadashi "ma i soldi mi servono per pagare l'università e qualche altro svago."
"Tipo?" si trova a chiedere Kei, davvero curioso di conoscerlo meglio.
"Lo skateboard, prima di tutto. Tatuaggi e piercing... Ah ma cazzo, si è fatto davvero tardi. Devo scappare. Grazie per la cena..."
"Figurati." riesce solo a dire Kei, mentre lo osserva infilare di corsa le scarpe e la giacca, e fiondarsi fuori dalla porta.
Il silenzio improvviso che cade nella stanza colpisce Kei come uno tsunami.
È da sempre amante della quiete, a suo agio con sé stesso, in sintonia con i suoi pensieri, in armonia con il suo spazio personale che decisamente preferisce non venga invaso da nessuno. E non si spiega ora questa sensazione di inquietudine, di vuoto che prova da quando Tadashi è uscito dalla porta.
Scorre con lo sguardo il suo salotto, incasinato come non lo è mai stato, con tutte le confezioni da asporto aperte sul tavolino e la bottiglia vuota. I cuscini, di solito perfettamente allineati contro il bracciolo, giacciono schiacciati e sparsi disordinatamente lungo la seduta.
Resta ancora in poltrona a fissare quella confusione, e si accorge lentamente di cominciare a percepire l'altra confusione, quella che c'è nella sua testa, il volume che diventa più forte di minuto in minuto; è il rumore di tante idee che ruotano agitate, cozzando una contro l'altra nell'imbuto, per cercare di farsi strada e venire finalmente alla luce. Ed è talmente preso da quel vortice che non si rende nemmeno conto di essersi alzato, di aver camminato fino allo studio, e di aver cominciato a battere con foga sui tasti del suo laptop.
Il ragazzo verde, Tadashi, aveva fatto la magia.
Le lunghe dita affusolate di Kei scorrono inarrestabili sulla tastiera per tutta la notte.
Le parole prendono forma su quel bianco immacolato: le frasi già perfette che escono dalle sue dita scandiscono il passare delle ore, componendo via via una storia originale e del tutto particolare, diversa da qualsiasi cosa Kei avesse mai scritto prima.
È un momento di grazia perfetta, come gliene erano capitati pochissimi nella sua vita. Il flusso della storia è già formato, si scrive da sé nella sua testa, e Kei deve solo riportarla fedelmente nell'editor, obbedendo al bisogno della sua anima di raccontare qualcosa di nuovo e, se lo sente dentro proprio in mezzo al petto, meraviglioso.
Il sole sta sorgendo dietro alle persiane quando Kei appoggia gli occhiali accanto al mouse e distende le lunghe gambe sotto al tavolo mentre spinge indietro lo schienale fino all'ultima posizione reclinata.
Un sorriso soddisfatto affiora sul suo volto stanco, quindi si alza e si butta sul letto così com'è.
Sarà solo al risveglio che si renderà conto di non aver lavato i denti come sempre, di non aver infilato i boxer e la t-shirt che usa per dormire, di non aver spento le luci in salotto, di non aver buttato i contenitori della cena, di non aver riallineato i cuscini sul divano.
Di non aver appoggiato gli occhiali accuratamente ripiegati sulla moleskine.
Di non aver fatto un sacco di cose che ha sempre fatto, identiche e rassicuranti, ogni singolo giorno della sua vita.
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Questa volta è vestito di tutto punto quando va ad aprire la porta e il modo in cui Yamaguchi lo squadra dalla testa ai piedi lo fa quasi pentire di non aver indossato la solita tuta. Spinge indietro con indice e medio gli occhiali che gli sono scivolati sul naso, mentre con l'altra mano spazzola dei pelucchi inesistenti dal bordo inferiore della camicia.
"Ciao. Accomodati." lo invita facendo un passo indietro.
"Ciao." risponde Tadashi esitando ancora sul pianerottolo "Ho qui la tua consegna."
"Sì. Ho chiamato io."
Tadashi si avvicina di un passo e gli porge il pacco.
"Ecco..." inizia Kei prendendolo dalle sue mani "speravo che avessi voglia di farmi compagnia anche stasera."
Tadashi lo fissa per un istante, la sorpresa resa evidente sul suo volto da un violento rossore che lo investe e ricopre con un velo carminio le sue lentiggini.
"Cioè, se hai finito di lavorare, intendo..." aggiunge ancora Kei, anche lui in evidente imbarazzo.
Ha pianificato con cura ogni cosa, chiedendo lo stesso orario di consegna della sera precedente, e ordinando più o meno lo stesso menu, che era già sicuramente per due persone. Ha ordinato anche due birre, che Tadashi tiene ancora nel sacchetto termico appeso al polso.
E poi ha aspettato che arrivasse, sedendosi sul divano con un'ora abbondante di anticipo e torcendosi le mani come uno scolaretto alla sua prima cotta.
Perché non sa come altrimenti definire quello che gli sta capitando. Il ragazzo verde - che stasera è invece anche un po' rosso, con le sue Converse quasi distrutte che si abbinano alle guance imporporate e al minuscolo cristallo incastonato sulla narice - lo ha colpito come nessuno prima. Ha catturato la sua attenzione e per la prima volta Kei è davvero interessato a un'altra persona, sente il bisogno di conoscerlo meglio, ha voglia di passare del tempo con lui semplicemente per parlare e scoprire quello che gli piace. Non sa realmente quanto pesi su di lui anche l'ispirazione a scrivere che il primo incontro con Tadashi gli ha suscitato, ed è assolutamente intenzionato a scoprirlo.
È quindi nervoso, impacciato, consapevole dei suoi limiti nel socializzare ma desideroso di riuscire in qualche modo a fare sì che Yamaguchi si fermi ancora a chiacchierare con lui.
"Ok..." risponde infine Tadashi entrando finalmente in casa.
Kei ha già sistemato il tavolino con i bicchieri e alcuni tovagliolini, e comincia ad aprire i pacchetti mentre Yamaguchi si toglie le scarpe e la giacca.
A differenza della sera precedente, dove tutto si era svolto con la massima naturalezza, nella stanza regna ora un silenzio impacciato, interrotto solo dal fruscio della carta che avvolge le pietanze.
"Sai, non mi piace mangiare da solo" Kei si sente quasi in obbligo di spiegare il motivo del suo invito "spesso sono così preso dal mio lavoro che mi dimentico perfino di cenare."
"Perché, che lavoro fai?"
"Scrivo."
"Cosa scrivi?"
"Un po' di tutto... collaboro con diverse riviste, e sto scrivendo un romanzo che prima o poi spero di riuscire a pubblicare." spiega Kei, lo sguardo che finalmente si illumina dietro alle lenti degli occhiali "Ma per il momento mi adatto a scrivere quello per cui mi pagano meglio." conclude.
"Già, ti capisco, anche io faccio così."
Il meccanismo che sembrava inceppato riesce finalmente a rimettersi in moto; le parole escono spontaneamente ora dalla bocca di Kei e ora da quella di Tadashi, che si raccontano in maniera sempre più vera e naturale, e accompagnano il lento scomparire del cibo dalle costose confezioni del ristorante.
Scoprono di avere avuto esperienze diverse ma di essere accomunati dallo stesso sogno, quello di dare voce alla propria creatività con l'intento di farne un mestiere per la vita. L'unica cosa che Kei omette è il genere di cui scrive. Per la prima volta si sente in imbarazzo e resta molto vago e generico sulle riviste per cui collabora. Pensa che scrivere sotto pseudonimo gli garantisca una copertura sufficiente, ma preferisce non correre rischi; cerca quindi di sviare tutte le domande di Tadashi e riportare sempre la conversazione su di lui, su quello che fa e su quello che ama fare.
"Il mio sogno è aprire un negozio di tatuaggi!" confessa Yamaguchi con una luce brillante a illuminargli lo sguardo "Ho già un book davvero notevole e sto prendendo la certificazione da tatuatore. Ecco guarda, questo l'ho disegnato io, anche se lo ha realizzato il mio amico Makoto."
Con molta noncuranza, Tadashi slaccia la camicia di jeans e se la fa scivolare sulle spalle, poi ruota il busto per mostrare a Kei, seduto in poltrona, la visione conturbante della sua schiena.
Tadashi è magro ma decisamente muscoloso, le sue spalle sono larghe e tornite, i muscoli guizzano veloci sotto alla pelle ambrata dall'aspetto morbido e setoso interamente cosparsa di lentiggini.
Al centro della schiena, in mezzo alle scapole e grande poco meno del suo pugno, la sagoma di un grande uccello nero si staglia davanti a un disco luminoso; non ha idea di come abbiano fatto a rendere quell'effetto, ma il bianco del disco sembra davvero brillare con riflessi perlacei e le ali dell'uccello danno l'impressione di muoversi per quel contrasto cromatico.
"Allora che dici? Bello, eh?" Tadashi gli sorride da sopra la spalla e Kei scola mezzo bicchiere di birra per mandare giù il groppo che gli ha bloccato il respiro.
"B-bellissimo..." balbetta in qualche modo, incapace di staccare gli occhi dal disegno altrettanto affascinante delle sue lentiggini sulle fossette di venere che si intravedono dietro alla camicia drappeggiata sugli avambracci.
Come mosso da fili invisibili, Kei si sporge dalla poltrona e allunga la mano verso la schiena di Tadashi. Posa con delicatezza l'indice e il medio sul disegno e traccia i contorni del cerchio in cui l'uccello è inserito.
Tadashi sgrana gli occhi a quel tocco, una serie di brividi gli scorrono in un istante lungo la spina dorsale e anche Kei può percepire una specie di scossa elettrica sui suoi polpastrelli.
"Scusa..." bofonchia mentre ritrae la mano, ancora confuso dalla sensazione. È riuscito a percepire il disegno sotto le sue dita, un rilievo appena accennato sulla pelle calda e setosa, e... qualcos'altro che non sa spiegare, ma che gli rende le dita ancora intorpidite e formicolanti.
Tadashi si riveste cercando di celare il suo imbarazzo; è abituato a posare nudo e di solito mostrare il suo corpo non gli crea davvero nessun problema. Non si capacita quindi del perché mostrare la schiena lo abbia reso così nervoso, forse è stato il tocco imprevisto di Kei che lo ha destabilizzato...
"C-cos'è? Un'aquila?" domanda Kei ancora nervoso, cercando di distogliere l'attenzione di Yamaguchi dal rossore che sente infuocargli le guance.
"No, è un corvo, e quella dietro è la luna." spiega abbassando ora lo sguardo "Io... non so bene perché ma una notte l'ho sognato, questo corvo che volava nel cielo e passava davanti alla luna piena, e poi mi sono svegliato e l'ho disegnato così, uno schizzo veloce, per non dimenticarmelo."
Tadashi beve in un fiato l'ultimo avanzo di birra dalla bottiglia e poi prosegue guardando Kei dritto negli occhi.
"E al mattino, quando l'ho rivisto, sono rimasto colpito dal mio stesso disegno e ho chiesto al mio amico di tatuarmelo. Credo che lo userò anche come logo del mio negozio, un giorno: si chiamerà Karasu to tsuki*."
Gli occhi di smeraldo di Tadashi brillano mentre pronuncia le ultime parole, la lingua che un po' incespica a pronunciare quella parte del cognome di Kei che non gli è certo sfuggita; il rossore invade ancora una volta prepotente le gote di Kei, che si affretta a raccogliere i contenitori ormai vuoti impilandoli ordinatamente uno sull'altro.
L'imbarazzo sembra essere calato nuovamente nel salotto e dopo alcuni istanti di silenzio Tadashi si alza sfregandosi le mani sui jeans.
"Beh, direi che è ora di andare... Grazie per la cena."
Anche Kei si alza e si rende conto che Tadashi lo sta guardando senza accennare a muoversi.
"Figurati." si affretta a rispondere "Grazie a te per avermi fatto compagnia."
Sembrano entrambi paralizzati, in piedi accanto al tavolino e forse troppo vicini, superando istintivamente la distanza sociale che sarebbe adeguato tenere, invadendo sicuramente lo spazio personale l'uno dell'altro. Ma nessuno dei due fa un passo indietro, restano ancora a guardarsi negli occhi per un lungo istante, oro brillante che si tuffa in quelle pozze di smeraldo.
"Magari domani potrei portare una pizza dopo il lavoro." propone Tadashi mantenendo il contatto visivo con Kei, mentre le sue guance assumono un colore sempre più acceso.
"Magari..." risponde Kei. Poi deglutisce, il suo corpo che ancora si avvicina a quello di Yamaguchi "o magari potresti non andare via, ora..." bisbiglia arrossendo a sua volta ma senza alcun cedimento nei suoi propositi.
Ormai Kei si rende conto di avere innescato il pilota automatico, non è davvero lui a parlare, forse è uno dei suoi personaggi che oltre a prendere vita nella sua testa, questa volta ha anche preso possesso del suo corpo e ci sta palesemente provando con Yamaguchi.
Tadashi non si scosta, resta ancorato ai suoi occhi e le sue intenzioni vengono in un istante rivelate quando sposta il peso in avanti e sussurra un "Potrei..."
Le mani di Kei si posano in un istante sulle guance di Tadashi, e Tadashi chiude gli occhi a quel tocco caldo. Kei accarezza gli zigomi di Yamaguchi col pollice, collegando le sue lentiggini in un disegno che può vedere solo nella sua testa, e Tadashi schiude leggermente la bocca.
La mente di Kei riesce a registrare, in un ultimo istante di razionalità, l'incredibile magia che si cela in quel momento tra loro, scrivendolo con parole forse troppo sdolcinate nella sua mente, prima di decidersi ad abbandonare definitivamente quelle fantasie da romanzo BL e vivere il momento.
Le sue labbra si posano su quelle di Tadashi con delicatezza, mentre il ragazzo si aggrappa alla sua camicia e inclina la testa per agevolare il bacio.
La lingua di Tadashi è morbida e calda, e lo accarezza piano con movimenti languidi e sensuali. Kei approfondisce il bacio, e si rende conto in un istante che aveva desiderato baciarlo sin dal primo momento in cui lo aveva visto sulla sua porta di casa. E la realtà è decisamente migliore di qualunque fantasia avesse mai scritto sino a quel momento.
Kei registra anche che è la prima volta che bacia qualcuno con un piercing sul labbro inferiore, e la sensazione è strana ed eccitante, l'anellino è caldo al contatto e si trova a passarci più volte con la lingua per percepire quel leggero sapore metallico.
Il bacio si accende, le mani che scorrono impazienti a togliere le camicie di entrambi, per trovare un contatto a pelle in gesti frenetici e urgenti.
Ma dopo un istante Kei si stacca dal bacio, sopraffatto dalle sensazioni, il battito impazzito e il respiro affannato. Si perde ancora per un istante nelle iridi brillanti di Tadashi, prima di afferrarlo per un polso e trascinarlo in camera da letto dove si spogliano reciprocamente in preda alla più cieca frenesia.
Senza più alcuno strato di tessuto, Kei può finalmente ammirare il corpo di Tadashi in tutto il suo splendore, e la meraviglia di quella visione è solo leggermente offuscata da una punta di gelosia al pensiero che centinaia di studenti possano ammirare quello stesso spettacolo ogni volta che posa per loro.
Un altro anellino argentato spicca prepotente sul capezzolo arrossato, mentre al centro del torace, leggermente spostato verso il cuore, la scritta Pride capeggia in caratteri flessuosi.
Kei scorre ancora i polpastrelli sulla sua pelle, le lentiggini sono davvero dappertutto e ricoprono il suo fisico asciutto e atletico come un soffice tappeto ramato.
Poi tutto si fa confuso nella sua testa, le mani di Tadashi lo sospingono sul letto, il suo corpo lo sovrasta e la sua lingua è ovunque. Kei non riesce a tenere gli occhi aperti, le sensazioni sono amplificate forse dalla birra o forse da quell'overdose di dopamina di cui è ubriaco e che rende tutto caldo e vibrante.
Il corpo di Kei risponde d'istinto a quello di Tadashi, le mani che cercano il contatto in ogni punto possibile, la lingua che traccia ogni parte di quella pelle ambrata così diversa dalla sua, pallida e diafana.
Non si rende conto che i gemiti che gli riempiono le orecchie sono i suoi, è totalmente abbandonato al bisogno di Tadashi, rapito dalla frenesia di strusciarsi addosso a lui, ipnotizzato dai suoi baci profondi e dalle sue mani che lo avvolgono e lo trascinano in un turbine di sensazioni che Kei davvero non ha mai provato.
Come ha anche solo potuto pensare di scrivere scene di sesso, senza aver davvero mai vissuto nemmeno un decimo delle sensazioni che Tadashi gli sta regalando?
Ma non trova una risposta a quella domanda, il suo cervello va definitivamente in corto circuito quando Tadashi lo avvolge con le labbra. Il tocco del metallo è eccitante, la sua lingua è avida, vorace, e Kei si aggrappa alle lenzuola in cerca di un ancoraggio, la sua bocca spalancata che emette gemiti strozzati mentre il ragazzo verde lo porta con un gioco sapiente di lingua e mano, a raggiungere il paradiso.
Kei viene direttamente nella bocca di Tadashi con un grido strozzato, prima di crollare sulla schiena ansimando pesantemente.
Quando Kei riapre gli occhi, Tadashi gli sorride, le sue labbra sono rosse e gonfie e una luce maliziosa gli illumina lo sguardo.
"Tadashi..." mormora prima di schiacciarlo sul letto con suo peso e ricominciare a baciarlo.
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La stanza ondeggia attorno a lui per qualche minuto, poi si stabilizza. La lampada sul comodino spande un alone soffuso sul letto sfatto. Kei non riesce a sentire alcun rumore, si solleva a sedere e cerca a tentoni i suoi occhiali sul comodino, dove li aveva posati un istante prima di sbarazzarsi dei pantaloni, che recupera da terra e indossa velocemente.
La casa è vuota e silenziosa, le scarpe e la giacca di Tadashi sono sparite.
Kei recupera la camicia dal divano dove si accascia, lo sguardo fisso nel vuoto davanti a sé e un sorriso ebete in viso.
Non riesce ancora a credere a quello che è successo. È stato il miglior sesso della sua vita. Tadashi era scatenato, generoso, creativo e deliziosamente rumoroso. Sente ancora le sue dita aggrappate ai suoi riccioli mentre gemiti flebili uscivano dalle sue labbra, il movimento dei suoi fianchi a incontrare il viso di Kei, la sua pelle calda e umida di saliva. E poi, le sue cosce tornite a cingergli i fianchi, le sue unghie piantate nella schiena...
Il respiro accelera di nuovo al solo pensiero, e Kei si alza, va nello studio, e si rimette a scrivere.
Sono le 8.53 di lunedì mattina quando clicca su Invia, in allegato la storia più bella che abbia mai scritto. Probabilmente il suo perfezionismo maniacale gli avrebbe imposto di rileggerla e revisionarla almeno una decina di volte, ma non c'è tempo. Eppure, Kei è soddisfatto, sereno e assolutamente distrutto.
Ma prima di buttarsi sul letto punta la sveglia del suo cellulare, Kuroo non gradirebbe che tardasse al gala che la rivista ha organizzato in suo onore per questa ultima collaborazione. E poi sviene sul letto.
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Sussulta al suono del campanello, lo stomaco contratto per l'aspettativa e il battito che accelera in un frullare rumoroso. Tadashi non gli ha lasciato il suo recapito e Kei ha potuto solo ordinare nuovamente la cena al Koshitsu così da poterlo rivedere.
Apre la porta con un sorriso luminoso, che però si spegne subito sulle sue labbra.
Arancione. È tutto sbagliato e arancione. I suoi capelli, i suoi occhi, le sue guance, il suo giubbotto, tutto è di un arancione brillante e fastidioso, e Kei resta per un istante a guardare il tappetto che si muove nervoso da un piede all'altro porgendogli il sacchetto della cena con un sorriso irritante.
"Buonasera! Ho qui la sua consegna!"
Anche il suo tono di voce è sbagliato e molesto, troppo acuto ed eccessivo nel corridoio angusto.
"Dov'è Tadashi?" chiede brusco, ancora aggrappato alla maniglia.
"Chi? Ah, Yamaguchi! Non lavora più per Globo, se n'è andato stamattina. Una vera seccatura, guardi, visto che mi sto facendo io anche la sua zona, e devo confessarle che pedalare con tutte queste salite..."
Kei gli strappa il pacco dalle mani e gli chiude la porta in faccia senza nemmeno preoccuparsi degli insulti che il ragazzo arancione gli sbraita dietro dal corridoio.
Col cuore in gola si siede sul divano, la testa tra le mani, e cerca di ripercorrere mentalmente quanto successo tra loro, due sere prima.
Non crede di essere stato così pessimo a letto, forse un po' imbranato, ma i gemiti di Tadashi lasciavano intendere che avesse comunque gradito sia il suo lavoro di bocca che il seguito. No, non può essere stato quello.
Kei sprofonda ancora di più nel divano mentre tutti gli scenari più catastrofici si fanno strada nella sua testa.
In fondo, il numero di Kei era presente nella bolla di consegna di entrambi i suoi ordini, quindi Tadashi avrebbe potuto contattarlo, se avesse voluto.
Se avesse voluto...
La confusione tiene incollato Kei al divano per una buona mezz'ora, ma dopo aver vagliato tutte le possibili spiegazioni e, soprattutto, dopo aver valutato tutti i possibili piani di azione, Kei si alza, recupera le chiavi della macchina, ed esce nella notte.
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Sono ormai le prime ore del mattino che una scintilla di speranza si riaccende nel cuore di Kei alla vista di una chioma verde sparata in una improbabile coda alta che si libra sfidando la gravità al campo da skateboard del sesto parco che sta controllando.
Si avvicina lentamente, le mani in tasca e lo sguardo fisso sulla t-shirt gialla e verde che volteggia davanti a lui, il tessuto tirato sulle spalle e un lembo di pelle visibile quando si solleva sul suo stomaco mentre ricade a terra.
Tadashi si accorge di Kei e quell'attimo di distrazione gli è fatale. Cade rovinosamente sulla schiena, lo skate che per poco non lo colpisce alla testa.
Kei fa un passo nella sua direzione ma Tadashi si riprende subito, recupera lo skateboard ed esce dalla parte opposta della pista dove recupera il suo zaino e comincia a correre.
Kei ha un attimo di smarrimento a quella reazione, ma lo insegue dopo un istante; ringrazia mentalmente le sue gambe lunghe e gli allenamenti al campo da basket quando, dopo un centinaio di metri, finalmente lo raggiunge. Lo blocca con una mano sulla spalla, una stretta forte e disperata, mentre ansimano entrambi fissandosi negli occhi.
Non capisce perché Tadashi lo stia guardando così, ma è sicuro che ci sia odio nel suo sguardo, e nota anche una punta di rabbia che gli fa aggrottare le sopracciglia in un'espressione minacciosa e sofferente che è del tutto fuori posto sul suo viso solitamente adorabile.
"Tadashi..." ansima Kei, allentando leggermente la presa sulla sua spalla.
"Che cazzo vuoi?" e non è tanto la frase in sé quanto l'astio nella sua voce, che colpisce Kei come un pugno dritto in mezzo allo stomaco.
"Io... non capisco..." balbetta Kei assumendo subito un'espressione offesa e confusa insieme. Cazzo, è lui che è stato sedotto e abbandonato, Tadashi non può permettersi di parlargli così!
"Ah, non capisci?" gli urla, il suo viso così vicino che può vedere le pagliuzze dorate nel verde dei suoi occhi alla luce del lampione proprio sopra di loro.
"No. Non capisco. Te ne sei andato e non ti sei fatto più vedere, e mi hanno detto che non lavori più per Globo..."
"Vedi un po' se questo lo capisci, allora!" Tadashi getta a terra lo skate e ci posa sopra il suo zaino. Apre la cerniera e rovista dentro per qualche istante, quindi gli getta addosso una rivista che cade a terra svolazzando.
È l'ultimo numero di Emerald** uscito quella stessa mattina.
Kei impallidisce in un istante, fa un passo indietro, mentre ormai Tadashi è su tutte le furie. Raccoglie di nuovo la rivista e la sfoglia con rabbia fino a trovare la pagina giusta che gli agita sotto al naso.
"Ecco perché sono sparito! Sei una merda, Tsukishima! Tu mi hai usato!" grida ancora più forte. Gli schizzi della sua saliva gli imbrattano gli occhiali, e Kei vorrebbe solo sprofondare.
Non riesce a rispondere, non immaginava minimamente che Tadashi leggesse Emerald. China la testa, sconsolato e affranto, il senso di colpa che lo schiaccia a terra impedendogli quasi di respirare.
"Mi dispiace..." mormora con un filo di voce.
"Ti dispiace?!?" sbraita ancora Tadashi a pochi centimetri dal suo viso "Hai solo cambiato il contesto ma, a parte qualche dettaglio insignificante, hai raccontato per filo e per segno quello che è successo tra di noi! Hai anche descritto il mio tatuaggio, ti rendi conto?!?"
Calde lacrime escono dagli occhi di Yamaguchi, le sue gote sono rosse e lucide mentre ancora fissa Kei stringendo la mascella con rabbia. Poi abbassa la testa e la rivista gli cade dalle mani. Si china a raccogliere zaino e skateboard, e si volta per incamminarsi lentamente tra i vialetti del parco.
Kei resta per un istante congelato, ma si riscuote, raccoglie la rivista e lo segue.
"Aspetta. Ti prego. Lasciami spiegare..." mormora quando lo raggiunge.
Tadashi si ferma ma ancora non si volta, le sue spalle tremano e Kei sente fortissimo l'istinto di abbracciarlo.
"Cosa c'è da spiegare?" il suo tono è mesto e affranto, ora, la rabbia che ha lasciato il posto ad una amarezza cupa e sconsolata "E' tutto così evidente."
"No, Tadashi, no. Davvero, non è come pensi."
Tadashi si volta, un sopracciglio sollevato mentre il tremore del suo labbro scuote leggermente l'anellino argentato.
"Ma sei serio? Cosa pensi di poter dire per farmi cambiare idea?"
"La verità." risponde Kei, disperato, e poi prosegue.
"Sì, è vero, ho scritto quello che è successo tra di noi, e ho cambiato il minimo indispensabile per evitare che venissimo riconosciuti. Ma era tutto troppo bello, troppo perfetto, per rovinarlo modificandolo con la mia fantasia."
"E il tatuaggio? Te l'ho detto, è un pezzo unico, l'ho disegnato io, non ne esiste un altro uguale al mondo."
"Lo so, hai ragione. Proprio per quello non volevo banalizzarlo cambiandolo in un'aquila o roba simile..."
Tadashi lo fissa in silenzio, il suo sguardo è glaciale, la linea dura delle sue labbra che sembra quasi strapparsi col piercing per quanto la pelle è tirata.
"Però se hai letto tutta la storia, hai letto anche quello che prova il protagonista, la sua confusione nell'essere rimasto folgorato dal loro incontro, il suo smarrimento per quanto si sentisse bisognoso della sua compagnia, la sua emozione immensa e profonda quando hanno fatto l'amore..." la voce di Kei si abbassa di un'ottava al solo ricordo di quelle emozioni così intense e totalizzanti.
Ed è così preoccupato e angosciato che quasi non si accorge che l'espressione di Tadashi si apre man mano che lui parla; le sue parole sincere e accorate si fanno strada nella coscienza di Yamaguchi facendogli vedere l'altra faccia della medaglia. Quel plagio, l'aver rubato il loro momento per una stupida storia BL, è anche una confessione sincera e sentita. Tadashi ricorda di essere rimasto intimamente toccato dalle emozioni profonde del protagonista, e di aver provato anche uno struggimento intenso e pungente, insieme alla rabbia per quell'inganno perpetrato ai suoi danni.
"Tadashi" prosegue ancora Kei "non so come e non so perché, ma io mi sono davvero innamorato di te. Sono stato travolto da te. Mi hai fatto dire e fare cose che erano tanto lontane dal mio modo di essere che io stesso non mi riconosco più. E, sì, è vero, ho sfruttato le mie sensazioni per scrivere il pezzo che dovevo consegnare. Ma avevo intenzione di dirtelo stasera, volevo dichiararmi e spiegarti ogni cosa. Mi dispiace che le cose siano andate così."
Kei ha terminato il suo sfogo, svuotato e affranto cerca di carpire da Tadashi qualche reazione ma lui ancora guarda a terra, le labbra che tremano e gli occhi inondati di lacrime.
Kei aspetta ancora un istante, quindi china il capo, sconfitto.
"Mi dispiace." ripete ancora prima di voltarsi per tornare a casa.
"Il tuo pezzo è bellissimo. Il migliore che tu abbia mai scritto." la voce di Tadashi è ferma, decisa, sicura anche se venata di emozione.
Kei si volta e cerca il suo sguardo.
Le labbra di Yamaguchi si ammorbidiscono un istante dopo l'altro. Raddrizza le spalle e finalmente sorride, mostrando di nuovo a Kei quel sorriso così meraviglioso che lo ha fatto capitolare come uno dei protagonisti dei suoi romanzi.
Fa un passo verso Kei e aggiunge "Leggo sempre le tue storie, ma questa era davvero diversa. Era meravigliosa."
"Questa era la realtà." precisa Kei, facendo un passo verso Tadashi "Era la vita reale. E a volte, poche volte in verità, succede che superi di gran lunga anche le fantasie più sfrenate. E io su quello sono un esperto, fidati..." gli occhi di Kei sono lucidi, la speranza che è tornata a brillare dietro le sue lenti mentre accorcia la distanza tra di loro.
Tadashi alza il volto, e il suo sguardo finalmente è sereno.
"E quindi, avevi intenzione di dichiararti, stasera?"
Kei sorride, solleva Emerald e scorre con lo sguardo la pagina cercando il punto che gli serve.
"Quando ti ho visto per la prima volta, il mio cuore ha cessato di battere, e poi ha ripreso a battere ancora più forte, e da allora non ha ancora rallentato..."
"No, no, così non ci siamo" lo interrompe Tadashi sogghignando "In effetti quello l'ho trovato un po' eccessivo, davvero troppo sdolcinato."
Un ghigno sul volto di Kei, che ci riprova "Quando ti guardo me lo fai venire duro." e poi aggiunge "Meglio, così?"
Tadashi scoppia a ridere e comincia camminare nella direzione da cui sono arrivati.
"No davvero." sghignazza ancora "Diciamo che sulle dichiarazioni ci devi lavorare ancora un po'."
Kei si incammina al suo fianco.
"Penso di aver ancora bisogno di una musa ispiratrice..." sussurra.
"Penso di poterti aiutare..." risponde Yamaguchi dandogli una leggera spallata.
"Tornerai a lavorare per Globo?" chiede Kei di punto in bianco, fermandosi nel vialetto alberato.
"Perché?" domanda Tadashi.
"Il tuo amico arancione..."
"Hinata" suggerisce Tadashi mentre il suo sguardo si illumina pensando al buffo ragazzo.
"Hinata sembrava parecchio in difficoltà a gestire la tua zona."
"Vedremo" risponde con un sorriso "se non avrò di meglio da fare..."
Kei si curva leggermente, le mani sui fianchi di Tadashi e lo attira lentamente contro di sé.
"Penso che sarai molto occupato d'ora in poi." bisbiglia sulle sue labbra.
Tadashi sorride. Allaccia le braccia al collo di Kei e gli dice.
"Sta zitto, Tsukishima!" e poi finalmente lo bacia.
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* Karasu to tsuki - in giapponese significa Il corvo e la luna - la traduzione è stata fatta con Google quindi mi scuso in anticipo se non è corretta (fatemi sapere come dovrebbe essere ≧^◡^≦)
** Emerald - è una famosa rivista di manga shoujo e BL, pubblicata in Giappone a partire dal 2014 (per saperne di più: www.yaoitalia.it/emerald-nasce-la-rivista-di-shungiku-nakamura/ e anche yaoi.fandom.com/wiki/Emerald)
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PUBBLICATO: 10/11/2022 - Auguri Yams!
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