🧡DAISUGA | SLIDING DOORS
FANDOM: Haikyu!!
SHIP: Daichi Sawamura X Kōshi Sugawara
PAROLE: 5.785
RATING: 🧡 semi nsfw
TW: ✶ Yaoi ✶ Lemon ✶ Smut ✶ Spoiler (pre Time-Skip) ✶
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* * * ATTENZIONE * * *
QUESTA STORIA CONTIENE SCENE E LINGUAGGIO ESPLICITI
- - - ADATTA PER UN PUBBLICO ADULTO - - -
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- Buongiorno capitano. Dormito bene? –
- Buongiorno Suga! Benissimo, grazie, e tu? –
- Alla grande! -
Il buongiorno di Sugawara è una piacevole consuetudine, che ormai da due anni accompagna Daichi e che contribuisce a gettare sulla sua giornata una luce positiva sin dal primo mattino.
Ma quel giorno, il primo dell'ultimo anno di liceo, anche quello scambio ha un sapore un po' agrodolce; le parole sono le stesse di ogni mattina, ed entrambi sono sicuri di averle pronunciate allo stesso identico modo. Eppure, alle loro orecchie sono risuonate con quel tono un po' fragile e tremolante delle belle cose che stanno per finire.
Ad ogni modo è una splendida mattina di primavera, l'aria è frizzante e il cielo terso, perciò la mente di Daichi cerca di scacciare quel velo di malinconia per dedicarsi al suo obiettivo principale per l'anno appena iniziato: riportare la Karasuno, in qualità di capitano, al suo antico splendore.
Il numero esiguo di iscritti al club di pallavolo, però, non fa ben sperare, e l'accoglienza che riceve in palestra dopo le lezioni gli conferma che costruire una squadra forte e compatta non sarà affatto facile.
I due nuovi primini, Hinata e Kageyama, sono davvero indomabili, talmente assorti nella loro rivalità che risale ad una partita dell'anno precedente, che non ascoltano nessuno e continuano a battibeccare e a sfidarsi senza alcun ritegno.
Nemmeno lo spiacevole incidente con il parrucchino del Vicepreside serve a sedare i loro animi litigiosi; l'estrema pazienza di Daichi è giunta al limite, e si trova costretto a rimedi estremi.
- Non importa quanto siate bravi, o quanti sforzi siate disposti a fare. Quelli che potrebbero creare problemi alla squadra per dei banali dissapori, sono da evitare! – ringhia mentre li sospinge letteralmente fuori dalla palestra, sbattendo loro in faccia la domanda di iscrizione.
- Non parteciperete ad alcun allenamento, finché non realizzerete di essere compagni! – conclude chiudendo con forza le porte scorrevoli della palestra numero due.
Il rumore delle porte che sbattono riecheggia sonoro nel grande ambiente silenzioso.
- Sei proprio sicuro, Daichi? Sono dei membri preziosi. E poi una squadra può consolidarsi un passo alla volta, dopo tutto, non credi? – chiede Suga con apprensione.
Un'improvvisa vertigine invade la mente di Daichi, che chiude gli occhi e respira a fondo.
È abituato ad ascoltare sempre con attenzione le parole del suo vice, che è intervenuto a favore dei due ragazzi; il suo animo gentile è assolutamente convinto che il capitano stia esagerando e che una volta calmatisi, si piegheranno a più miti consigli.
Stavolta però Daichi è perplesso, l'istinto gli dice di proseguire con la linea dura. Ma di fronte all'insistenza di Suga che ottiene anche il sostegno di Tanaka, decide infine di provare a dare ai due un'opportunità.
Dopo una decina di minuti, all'arrivo di Kiyoko Shimizu, la manager della Karasuno, Daichi chiede a Suga di lasciare la porta aperta e fare entrare i due, che sembrano effettivamente essersi calmati, e partecipano all'allenamento del pomeriggio senza più causare problemi.
È ormai quasi sera che Suga termina di riordinare la palestra insieme a Daichi.
Non gli sfugge il cipiglio del suo capitano, troppo assorto nei suoi pensieri e decisamente silenzioso. E quando lo vede fermo davanti alle sue scarpe sulla mensola dello spogliatoio, lo sguardo perso sul muro davanti a lui, non riesce a non intervenire.
- Daichi, che succede? Va tutto bene? –
- Non lo so, Suga. Ho una strana sensazione, come un brutto presentimento. –
Suga posa la sua borsa sulla sedia e si avvicina a Daichi.
- Mi dispiace averti contraddetto oggi, spero non sia colpa mia il tuo malumore. –
Daichi si volta, gli occhi luminosi di Suga che lo fissano sgranati e pieni di apprensione. Un sorriso sul viso del capitano riporta un po' di serenità in quello stanzino angusto.
- No, Suga, tranquillo, tu non c'entri niente. Anzi, ti ringrazio per essere intervenuto. Forse ho preso tutta la faccenda un po' troppo sul serio. È che, davvero, questa è la nostra ultima possibilità, e dopo quello che è successo con Asahi e Nishinoya, non so bene come faremo quest'anno a giocare. –
Suga condivide le stesse perplessità del suo capitano, il timore di non poter vivere appieno l'ultimo anno con la squadra ritorna prepotente ogni giorno anche nei suoi pensieri.
- Vedrai che ci riusciremo. Sei un ottimo capitano. Riuscirai a far calmare i due primini, e conta pure su di me per qualsiasi cosa. – un sorriso luminoso nei suoi occhi nocciola scioglie finalmente un po' della tensione accumulata quel giorno.
- Grazie Suga. Non so cosa farei senza di te. – il sorriso di Daichi è un balsamo per gli occhi di Suga. E il suo tocco gentile sulla spalla, il più gradito dei ringraziamenti.
Lasciano lo spogliatoio con l'animo più sereno, anche se l'inquietudine a cui accennava Daichi poco prima non si placa.
Tutt'altro.
Continuerà a tornare e ripresentarsi prepotente nei giorni a venire, via via che il clima nella squadra continuerà a peggiorare, grazie all'arrivo di altri due giocatori del primo anno, Yamaguchi e Tsukishima.
Quest'ultimo in particolare risulta avere un carattere difficile e spigoloso, portando così Kageyama a suddividere le sue stoccate velenose tre lui e Hinata, e rendendo il clima in palestra sempre più pesante.
Qualche settimana più tardi, Suga e Daichi tornano in spogliatoio per cambiarsi dopo aver terminato di sistemare la palestra. Ma il capitano si lascia cadere su una sedia, i gomiti sulle ginocchia, la testa tra le mani, in una posa davvero affranta e sconsolata.
- Daichi, tutto ok? –
Anche Suga è preoccupato dalla situazione che stanno vivendo in squadra, e si pente di aver perorato la causa di Hinata e Kageyama quel primo giorno. Forse Daichi aveva ragione ad essere così duro con loro. E vedere il suo capitano in quello stato lo sta davvero mandando nel panico.
Accosta una sedia accanto alla sua, si siede e gli circonda le spalle con un braccio. Lascia che quel silenzio li avvolga, il loro rapporto così solido e profondo non ha bisogno di parole ma basta semplicemente un gesto, come quel braccio attorno alla schiena di Daichi, il quale lentamente si inclina verso Suga e poggia la testa sulla sua spalla.
Un sospiro dopo qualche minuto segnala che è pronto a parlare.
- È un disastro, Suga. Non so davvero più cosa fare. Dove ho sbagliato? –
- Non credo tu abbia sbagliato niente, Daichi. Forse non era destino. –
- Eppure, io ero sicuro che quest'anno ce l'avremmo fatta. Me lo sentivo. I primini sono bravi, presi singolarmente sono davvero tutti talentuosi. Ma non sanno amalgamarsi, non riescono ad andare d'accordo. Asahi non è più tornato, e anche Noya si rifiuta di rientrare senza Azumane. Non abbiamo uno straccio di allenatore, e il povero professor Takeda fa quello che può ma non è riuscito a organizzarci nemmeno un'amichevole. Non credo di poter fare molto di più, Suga. Io getto la spugna. –
Il tono così affranto di Daichi, sull'orlo delle lacrime, getta Kōshi in uno stato di disperazione così profonda che anche i suoi occhi vengono inondati in un istante, il suo petto scosso da singhiozzi.
- Hei Suga, non fare così, ti prego... - Daichi solleva la testa, prende le mani di Kōshi tra le sue, e lo guarda negli occhi con tenerezza.
- Mi dispiace, – dice ancora - non volevo riversare su di te la mia amarezza, scaricarti il peso del mio fallimento. –
Il pianto di Suga si quieta appena, mentre solleva gli occhi in quelli di Daichi e lo guarda con una stima e un'ammirazione senza confini. Non può non amarlo, non più di quanto lo stia già amando da due anni a quella parte; in silenzio, ma con una forza e un'intensità che ogni giorno ha temuto che gli sarebbe esploso il cuore nel petto. Quel ragazzo così serio, affidabile, solido, che nel momento della sua disperazione più cupa, riesce ancora a preoccuparsi di consolare il suo vice.
- Daichi, sono io che mi scuso con te. Ho insistito per farti accettare i primini e poi non sono stato capace di fare niente di concreto per far funzionare le cose. Avevi ragione tu. Hai sempre avuto ragione tu. Mi dispiace tanto... - le lacrime scendono ancora dagli occhi di Sugawara, colano copiose sulle sue gote e si raccolgono in fondo al mento dove gocciolano lentamente sulle loro mani unite.
Daichi osserva quelle lacrime, brillanti e luminose nella luce che filtra dalla finestra di quel misero e triste spogliatoio. Con il pollice, accarezza piano una guancia, raccoglie le lacrime e le scosta da quella pelle candida e morbida, e poi fa lo stesso con l'altra guancia.
Immersi nel silenzio, si fissano negli occhi, tutta la stima reciproca costruita negli anni, insieme a qualcosa di più profondo, più grande. Mentre Suga era già consapevole del suo amore, per Daichi invece quel momento è una rivelazione.
In un istante, è come se tutte le tessere di un mosaico andassero al loro posto. Quella sensazione di sicurezza che avere Suga al suo fianco gli ha sempre dato, andava ben oltre al semplice rapporto tra capitano e vice; era una forza che ha sempre sentito ma mai davvero realizzato, una sorta di sottofondo rassicurante di cui non aveva piena consapevolezza. E ci voleva quel momento di profonda intimità, per rendersi conto che il loro rapporto era ormai innegabilmente qualcosa di più.
Tante domande inespresse trovano una risposta. Perché non abbia mai incoraggiato Yui Michimiya, facendo sempre finta di non capire il suo interesse per lui. Perché ascoltasse i consigli di Suga con un'attenzione diversa da quelli di Asahi, seppur godesse anche lui della stessa stima e della stessa amicizia storica.
Tanti altri tasselli andranno al loro posto nei giorni successivi, perché in quello spogliatoio la mente di Daichi si ferma alla superficie di quella rivelazione, e rimane catturato dagli occhi di Suga che continuano a fissarlo senza più alcun falso pudore, senza staccarsi come spesso si era imposto di fare per non lasciar trasparire i suoi sentimenti. Perché vede negli occhi di Daichi una luce nuova, la riconosce, e sa che finalmente ci si può specchiare senza timore.
Inebriato da quella rivelazione, Daichi allunga la mano verso i capelli di Suga, intrappola tra le dita una ciocca ribelle che scosta con gentilezza dalla sua fronte. Il tocco è delicato, lento e pacato, vuole sentire ancora la consistenza setosa di quei capelli d'argento che realizza di aver sempre voluto accarezzare.
E Kōshi lo lascia fare, non chiede di meglio in realtà, la mano di Daichi a pochi centimetri dal suo viso, che gioca con una ciocca dei suoi capelli, la avvolge tra le dita e poi la spinge di lato per riprenderla ancora quando torna testarda alla posizione di partenza. Ma il suo sguardo non segue i movimenti delle sue stesse dita, gli occhi di Daichi sono ancora persi in quelli del suo alzatore, che resta fermo, trattiene il respiro, e si gode quel momento che tante volte ha immaginato nella sua testa, ma che non si è mai concesso di sperare che accadesse davvero.
È come se entrambi volessero prolungare quell'istante il più possibile, uno sguardo a collegare le loro anime, il tempo che ha smesso di scorrere nello spogliatoio e che li congela così, per sempre.
La vibrazione di un cellulare li riscuote, rompe l'incanto, rovina la magia.
Daichi si stacca e recupera il telefono in borsa.
- Devo andare. –
- Sì, certo. – risponde Suga alzandosi dalla sedia e recuperando la borsa.
- Buonanotte Daichi. – apre la maniglia dello spogliatoio guardando il suo capitano. Non sa se deve aggiungere altro, ma la risposta di Daichi gli conferma di no.
- Buonanotte Suga. – e recupera le scarpe dalla mensola senza voltarsi a guardare il suo vice, che si richiude la porta alle spalle.
I giorni successivi decretano il tracollo della Karasuno.
Come una palla di neve lasciata cadere sulla pista, il disastro cominciato con la prima litigata in palestra tra Hinata e Kageyama, rotola lentamente a valle, un ammasso che raccoglie e travolge ogni ostacolo che si para lungo il suo cammino, diventando sempre più grande e sempre più veloce.
E quando arriva a valle, ormai, della Karasuno non vi è più nulla che si possa recuperare.
Tsukishima e Yamaguchi hanno deciso di lasciare il club e si sono iscritti a quello di basket.
Kageyama non parla con nessuno, non ha accettato la decisione di Daichi di lasciare Suga come alzatore titolare, e non si integra con il resto dei compagni. È sempre potentissimo nei suoi servizi, schiaccia con precisione sulle alzate di Sugawara, ma ogni occasione è buona per criticare i suoi compagni, anche i senpai più grandi di lui.
Hinata sta migliorando nei fondamentali, ma le sue schiacciate sono ancora imprecise e poco affidabili, nonostante tutto l'impegno che Suga ci mette dedicandogli anche degli allenamenti aggiuntivi.
È una sera di pioggia quando Daichi decide di parlare con i pochi membri rimasti della Karasuno: l'animo cupo e ingrigito di tutti sembra quasi aspettarsi quella comunicazione.
- È ormai certo che non parteciperemo a nessun torneo, quest'anno. Da settimana prossima, quindi, gli allenamenti si terranno solo il lunedì e il giovedì. Potete andare. –
Tornato nello spogliatoio Suga si cambia lentamente, pensieroso, mentre i suoi compagni se ne vanno uno dopo l'altro.
La tristezza della comunicazione di Daichi si aggiunge alla delusione per l'evoluzione subita dal loro rapporto negli ultimi giorni. Non hanno più parlato di quanto è successo, o per essere precisi, di quanto non è successo, quella sera nello spogliatoio, troppo impegnati a cercare di gestire il tracollo della squadra. Già dal mattino successivo, Daichi si è presentato al solito appuntamento con un umore cupo, preoccupato, silenzioso.
E nei giorni seguenti la situazione è degenerata, tanto che Suga è arrivato a convincersi di aver letto nello sguardo di Daichi qualcosa che in realtà non esisteva, che forse Daichi aveva solo avuto un momento di debolezza ma da cui si è ripreso subito.
Aveva commesso l'errore di concedersi di sperare, e non lo avrebbe più ripetuto. Sempre gentile e cortese con tutti, si è però trincerato dietro ad una barriera, lasciando fuori il mondo.
- Suga... - è quasi un sussurro, che interrompe il flusso dei suoi pensieri.
Non risponde subito, spiazzato dal suo nome pronunciato nel silenzio assordante dello spogliatoio in cui sono rimasti ormai soli.
Si volta verso Daichi che, a un metro da lui, lo fissa con gli occhi pieni di lacrime ed una espressione di dolore indicibile a sfigurargli il volto austero.
Il cuore di Kōshi si scioglie in un istante, incapace di resistere davanti a cotanta sofferenza negli occhi dell'uomo che ama. Si volta completamente verso Daichi, e semplicemente apre le braccia, le spalanca, pronto a dare o ricevere, tutto quello di cui Daichi ha bisogno.
Il capitano è in un istante tra le sue braccia, lo cinge per la vita e posa la fronte sulla sua spalla mentre si abbandona ai singhiozzi. Piange disperato tra le braccia amorevoli del suo vice che lo avvolgono e lo cullano, cercando di trasmettergli quantomeno la certezza della sua presenza. Piange il suo fallimento, la sua amarezza per non aver potuto riscattare il nome della squadra e soprattutto teme di aver deluso tutti.
Suga lascia che si sfoghi, sa per esperienza che deve aspettare che Daichi butti fuori tutta la sua emotività, per poi recuperare la razionalità e dare voce finalmente ai pensieri nudi e crudi. Lo stringe forte a sé, la mano che risale lentamente la schiena forte e solida, si infila tra i suoi capelli scuri, e lo accarezza come farebbe con un bambino, con tutta la tenerezza di cui è capace.
Non si fa domande sul perché Daichi sia corso piangendo tra le sue braccia, e non si fa illusioni su quella intimità ritrovata. Daichi ha bisogno di lui, e lui è lì per quello, nient'altro conta.
I singhiozzi lentamente si placano, Daichi alza la testa ma non scioglie le mani attorno alla vita di Suga, e lo guarda, ora calmo ma con una disperazione tale nello sguardo da trafiggere il cuore di Kōshi, che può solo asciugare le guance del suo amore con le dita, con lievi carezze che, spera, riportino un po' di serenità in quegli occhi tumultuosi.
- Scusami, Suga, avevo bisogno di sfogarmi. – sussurra dopo un attimo, senza ancora sciogliere le sue braccia.
- Lo so, non ti preoccupare. – risponde piano Suga, i loro visi a pochi centimetri di distanza. E poi continua, il suo cuore che gli suggerisce cosa dire.
- Non hai nulla da rimproverarti, Daichi. Davvero. Hai fatto del tuo meglio. – i palmi delle mani posati ora sul suo petto, che riescono a percepire il battito ancora impazzito.
- Ma non è stato abbastanza. - risponde con amarezza il capitano.
- A volte nella vita succede. - lo guarda con dolcezza, Suga, mentre gli dice quelle parole; cerca di rassicurarlo, di fargli capire che a diciotto anni non si può accollare tutti i problemi del mondo, e sicuramente non quelli della squadra.
- Grazie, Suga. Davvero. Grazie per il tuo supporto. Se non ci fossi stato tu sarei già impazzito da settimane. –
Suga sorride. Non risponde, non sa cosa dire, gli sembra così assurdo venire ringraziato per essere stato sé stesso, per aver fatto semplicemente quello che si sentiva di fare. Stargli vicino.
E quel sorriso ammalia Daichi una volta per tutte.
Settimane di turbamenti e pensieri sconnessi, di dubbi e paure, che vengono spazzati via in un istante dagli occhi dolci di Kōshi, dalle sue labbra così sensuali e invitanti, dal calore delle sue mani che percepisce come un marchio a fuoco che, lo sa ora senza alcun dubbio, lo sta segnando indicandone il possesso, la sua completa e totale appartenenza a quello splendido ragazzo dai capelli d'argento.
Di nuovo imbrigliati in uno sguardo profondo, restano solo loro nell'universo. Il mondo sparisce. Nessun cellulare potrebbe riscuoterli, nulla di esterno si può insinuare tra loro due, ora.
E come due magneti, si avvicinano, piano, attratti inesorabilmente l'uno dall'altro, il bisogno di unirsi e fondersi ormai realizzato e metabolizzato chiaramente da entrambi, senza più alcuna paura.
Le labbra di Suga sono morbide come le immaginava, calde e soffici mentre sfiorano quelle del suo capitano. La testa lievemente inclinata ad agevolare l'incastro perfetto, l'unione inevitabile delle loro bocche come coronamento di un sentimento ormai impossibile da negare.
Daichi stringe la vita del suo alzatore, e infila una mano tra i suoi capelli, dietro alla nuca, per sostenere la spinta della sua stessa bocca, che si fa sempre più urgente.
E con la stessa sintonia che hanno sempre avuto in campo, Suga asseconda il movimento, e raggiunge con la lingua quella di Daichi che lentamente si insinua nella sua bocca.
Come una scossa elettrica, il contatto delle loro lingue li folgora, li proietta in un luogo senza tempo in cui loro due da sempre si baciano e si baceranno per sempre.
L'assoluta perfezione di quel contatto, percepita da entrambi come un dogma, una certezza inconfutabile, un assioma assoluto.
E poi la percezione si espande, si estende al contatto perfetto dei loro corpi, al calore delle mani di Suga sul suo petto, alla sua erezione chiaramente percepita insieme alla propria.
Perché se anche la purezza del loro sentimento è infinita, cionondimeno è innegabile la reciproca attrazione fisica, amplificata dalla tempesta di emozioni dell'ultima ora.
E Suga lo dimostra chiaramente allacciando le braccia al collo di Daichi e spalmandosi letteralmente contro di lui, per aderire il più possibile, per sentire ogni centimetro del suo corpo a contatto con il proprio.
La lingua di Daichi lambisce la sua senza sosta, perso in quell'abbraccio da cui sente di non volersi più staccare; quelle emozioni che prova mentre tiene il corpo snello del suo alzatore tra le braccia, sono la conferma definitiva alle sue elucubrazioni degli ultimi giorni.
Ha evitato di proposito di ritrovarsi solo con Suga; ancora confuso e destabilizzato dal momento di intimità vissuto qualche settimana prima, ha cercato di trovare razionalmente le conferme ai suoi dubbi. Ma invece è bastato un bacio, un unico bacio, a trasformare ogni punto interrogativo in una certezza.
Solo Suga riesce a farlo sentire così in pace con sé stesso e col mondo, solo Suga gli dà la forza e il sostegno da cui attingere per essere la versione migliore di sé.
E solo Suga riesce a farlo bruciare così, ad accendere in lui un desiderio così forte da fare male, un incendio che ha appiccato in mezzo al suo petto, e che solo lui può domare.
Le labbra di Daichi non si staccano nemmeno per un istante, per bere da quella bocca sensuale tutto il suo amore e placare quelle fiamme che lo stanno consumando attimo dopo attimo.
Suga appoggia la schiena contro la porta dello spogliatoio, non si è nemmeno reso conto di come ci siano arrivati, ma è felice di un sostegno alle sue gambe tremanti.
Inebriato da quelle sensazioni che da tanto aspettava di provare, chiude e gli occhi e si abbandona al tocco morbido delle labbra che lo stanno divorando. Percepisce la mano grande e rovente del suo capitano che si infila sotto la maglietta, i suoi polpastrelli ruvidi posati sui suoi reni, in quello spazio dove la schiena inarcata è distaccata dalla porta.
- Suga, cazzo, quanto sei bello. – è un sussurro sulle sue labbra.
La mano si sposta, calda e forte, percorre tutta la schiena, esplora il suo corpo per la prima volta, e Suga geme a quel contatto, non riesce a trattenersi, esprime il suo piacere con lievi ansiti a bocca aperta gettando indietro la testa contro la porta.
Dachi si avventa su quel collo candido, lo bacia e lo succhia ormai incapace di controllarsi, mentre con la mano si insinua nell'elastico dei pantaloni e si avventura a esplorare l'intimità del suo alzatore.
Il primo tocco di quella mano grande attorno a lui lo fa quasi gridare, un gemito così forte esce dalla sua bocca da stupire lui per primo per quella reazione. Si aggrappa alle spalle di Daichi con disperazione, conscio che le sue gambe potrebbero tradirlo da un momento all'altro per quel movimento che lentamente lo sta infiammando sempre di più.
Lo bacia ancora, Daichi, lo bacia piano ora, lentamente, la sua lingua che scivola pigra mentre accarezza la sua intimità con movimenti altrettanto lenti, per non bruciare in un istante quel momento che finalmente entrambi si sono concessi di vivere. Il ritmo della mano di Daichi è languido, sensuale, segue il movimento delle loro lingue che si intrecciano umide ormai dentro e fuori dalle loro bocche.
Solo i gemiti che escono dalla bocca di Suga indicano quanto quella cadenza misurata sia in realtà letale, un crescendo di sospiri e mugolii sempre più serrato, le dita che strappano e strizzano la stoffa della maglietta, le lacrime che escono ormai copiose dai suoi occhi serrati.
E poi gli ultimi gemiti, sempre più forti, sempre più acuti, mentre anche Daichi aumenta il ritmo della mano e la pressione dei denti sulla sua clavicola.
Si abbandona urlando tra le braccia forti dell'amore della sua vita, consapevole che se non ci fosse stato Daichi il suo corpo sarebbe crollato a terra; si aggrappa a quelle spalle solide come a una tavola nel mare in tempesta, per non annegare nell'uragano di sensazioni che lo sta travolgendo.
Daichi lo stringe a sé, come una cosa fragile e preziosa, lo accarezza dolcemente in ogni lembo di pelle che riesce a raggiungere: il collo, le braccia, la schiena, mentre lentamente Suga recupera la capacità quantomeno di stare in piedi.
Con la testa infilata nel collo del suo capitano, inebriato dal suo profumo eccitante e virile, Suga sa che potrebbe anche morire in quell'istante, perché di null'altro ha bisogno nella sua vita.
- Daichi. Ti amo. – un sussurro sulla sua pelle, le labbra che baciano mentre pronunciano quelle parole, assaporano il sale e il calore del suo collo.
- Anche io ti amo, Suga. – lo stringe forte, lo respira, lo trattiene contro di sé perché staccarsi da lui gli è ormai inconcepibile.
Aggrappati l'uno all'altro contro la porta dello spogliatoio, continuano a stringersi e respirarsi, mentre la realtà torna lentamente a fuoco.
- Dobbiamo andare, è davvero tardi. – Daichi spezza quel silenzio dopo un'eternità, il suo senso del dovere di nuovo al comando.
Vorrebbe restare lì tutta la notte, vorrebbe fare l'amore con Suga anche per terra, fino all'alba, vorrebbe scappare e portarlo via con sé, vorrebbe amarlo per l'eternità. Ma pensa che ci sarà tempo per quello.
La consapevolezza che la situazione disastrosa della squadra abbia raggiunto quantomeno lo scopo di fargli comprendere e accettare i suoi sentimenti per Kōshi è una consolazione per il suo animo sconvolto.
Il domani li attende; non sarà roseo per la squadra, dovrà rinunciare a quella parte di soddisfazione e concentrarsi ancora di più sullo studio. Ma con Suga al suo fianco, quello scenario che fino a poche ore prima gli sembrava drammatico, ora assume una luce del tutto nuova e comunque invitante.
Quanto successo tra loro ha ribaltato in un attimo l'intera prospettiva, tutti i punti cardinali mescolati e confusi; ma c'è Suga, solo Suga, a indicargli la direzione da prendere.
E Daichi si incammina da quella parte, tutti i timori ormai trasformati in aspettativa e speranza per il futuro.
Si staccano a fatica, recuperano le borse, e con un ultimo bacio, si incamminano nella notte per riprendere in mano la loro vita, finalmente insieme.
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- Buongiorno capitano. Dormito bene? –
- Buongiorno Suga. Mah, in realtà no... Mi sono svegliato con una strana sensazione di inquietudine. Devo aver proprio dormito male... –
- Mi dispiace, Daichi. Forse un po' di nervosismo per questo nuovo anno scolastico... Vedrai che andrà tutto bene. -
Il buongiorno di Sugawara è una piacevole abitudine, che accompagna Daichi da due anni a quella parte e che di solito ammanta la sua giornata di ottimismo sin dal primo mattino.
Ma quel giorno, il primo dell'ultimo anno di liceo, niente riesce a distogliere Daichi da quella strana sensazione che ha alla bocca dello stomaco da quando si è svegliato.
Eppure, è una splendida mattina di primavera, l'aria è frizzante e il cielo terso, ma la mente di Daichi non riesce a scacciare quella sensazione, che giustifica come apprensione per il suo obiettivo principale per l'anno appena iniziato: riportare la Karasuno, in qualità di capitano, al suo antico splendore.
Il numero esiguo di iscritti al club di pallavolo, e l'accoglienza che riceve in palestra dopo le lezioni, gli confermano che costruire una squadra forte e compatta non sarà affatto facile.
I due nuovi primini, Hinata e Kageyama, sono davvero indomabili, talmente assorti nella loro rivalità che non ascoltano nessuno e continuano a battibeccare e a sfidarsi senza alcun ritegno.
Nemmeno lo spiacevole incidente con il parrucchino del Vicepreside serve a sedare i loro animi litigiosi; l'estrema pazienza di Daichi è giunta al limite, e si trova costretto ai rimedi estremi.
- Non importa quanto siate bravi, o quanti sforzi siate disposti a fare. Quelli che potrebbero creare problemi alla squadra per dei banali dissapori, sono da evitare! – ringhia mentre li sospinge letteralmente fuori dalla palestra, sbattendo loro in faccia la domanda di iscrizione.
- Non parteciperete ad alcun allenamento, finché non realizzerete di essere compagni! – conclude chiudendo con forza le porte scorrevoli della palestra numero due.
Il rumore delle porte che sbattono riecheggia sonoro nel grande ambiente silenzioso.
- Sei proprio sicuro, Daichi? Sono dei membri preziosi. E poi una squadra può consolidarsi un passo alla volta dopo tutto, non credi? – chiede Suga con apprensione.
Un'improvvisa vertigine invade la mente di Daichi, che chiude gli occhi e respira a fondo.
È una sensazione stranissima, come un deja vu, come se sentisse quel momento come fondamentale per il suo futuro; un momento cardine, di quelli su cui poi si dipaneranno eventi che avranno conseguenze a catena sulla sua vita e su quella di tutti gli altri.
Mille linee temporali si dipartono da quell'istante, tutte ugualmente probabili, ma ciascuna di esse unica e irripetibile, diversa in colore e brillantezza, e tutte lo ammaliano con le loro infinite possibilità.
E Daichi sa quale deve scegliere.
- Questo lo so bene, però... - resta saldo nella sua decisone Daichi, anche se normalmente è propenso a fidarsi di Suga.
Eppure, questa volta ha la convinzione intima e viscerale che sia la cosa giusta da fare. Hinata e Kageyama, soprattutto, devono capire sulla loro pelle quanto sia importante collaborare, lavorare insieme. Ed è sicuro che la sfida che ha intenzione di lanciare loro porterà i frutti sperati, e che forse il destino della Karasuno per quell'ultimo anno sarà glorioso, il riscatto che stavano aspettando.
Non si spiega però un sottofondo di amarezza, Daichi, a quella salda esaltazione.
Non ha nessun dubbio di aver fatto la scelta giusta, eppure guarda il volto del suo vice, e sente un guizzo nello stomaco, una sensazione di incompiutezza. Come quando hai qualcosa sulla punta della lingua, ma proprio non ti viene...
Il sorriso di approvazione di Kōshi, che come sempre lo sostiene nelle sue decisioni, assume un alone tremolante, come se si sovrapponesse ad altre immagini di lui con altre espressioni. Dura una frazione di secondo, il viso di Suga sfigurato dalla passione, per poi tornare il suo sorriso caldo e rassicurante.
In un attimo quel momento di smarrimento passa.
Daichi apre la porta della palestra, e Kageyama gli conferma ancora che preferirebbe ricevere, alzare e schiacciare da solo piuttosto che collaborare con Hinata. Nessun dubbio ormai che abbia fatto la scelta giusta, e Daichi prosegue con il suo piano che si dimostra incredibilmente efficace giorno dopo giorno.
- Ancora non ci posso credere. Abbiamo vinto! – Suga bisbiglia per non svegliare il resto della squadra. Sono tutti stanchi e stremati per la partita, l'adrenalina della vittoria contro la Aoba Josai ha lentamente lasciato il posto ad una piacevole spossatezza, ed il movimento ipnotico del pullman ha dato a tutti il colpo di grazia.
Daichi si volta verso il suo alzatore, la luce del tramonto sulla campagna sonnolenta ammanta i suoi capelli argentati di una luce violacea. Non riesce a vedere bene i suoi occhi in controluce, ma ne scorge ugualmente il bagliore di felicità, evidente anche nel tono incredulo e soddisfatto della sua frase.
- Già, ma non dobbiamo rilassarci troppo. Hanno giocato senza Oikawa. Se ci fosse stato lui, avremmo perso. –
- Sì, hai ragione, però i ragazzi se la sono cavata bene a prescindere. Soprattutto Kageyama e Hinata. In pochi giorni sono riusciti ad affiatarsi in quella veloce stramba, e Kageyama ha capito quanto sia importante avere la fiducia di tutti i giocatori. –
Daichi annuisce e torna a guardare il sorriso stanco di Suga, che improvvisamente sbadiglia.
- Dormi un po' anche tu. – gli dice il capitano.
- Sì, sono davvero stanco. –
Suga appoggia la testa al sedile, e chiude gli occhi. Cullato dal movimento ritmico del pullman, la sua testa piano scivola verso la spalla di Daichi, dove si appoggia in equilibrio precario.
Daichi assesta lievemente la sua posizione, per consentire a Suga un appoggio più stabile, mentre l'accenno di un sorriso distende le labbra di entrambi.
Una sensazione di pace incredibile nel petto di Daichi, per la vittoria appena conquistata e perché si rende conto che le cose stanno forse andando nella direzione giusta. E sente che in qualche modo la forza e il sostegno di Suga sono come sempre fondamentali per lui.
Ruotando appena la testa, osserva il profilo del suo alzatore contro al cielo ormai quasi buio, con qualche sprazzo rosso e violaceo ad indicare il punto in cui il sole è tramontato. Le lunghe ciglia si appoggiano sulle guance candide, la bocca appena socchiusa, il respiro regolare alza e abbassa il suo petto.
Non sa assolutamente spiegarsi il perché del suo gesto, Daichi, quando allunga la mano e la posa su quella di Suga appoggiata sulla sua stessa gamba. La sente calda, morbida e non può fare a meno di accarezzarla piano.
Un lieve tremore, e Suga ruota il palmo verso l'alto e intreccia le dita con quelle di Daichi.
Il cuore del capitano accelera improvvisamente. Non pensava che fosse sveglio, ha agito d'impulso, ma Suga lo ha stupito accogliendo la sua carezza e intrecciando le dita con le sue.
Daichi dà velocemente un'occhiata attorno, ma sui sedili dall'altra parte del corridoio Yamaguchi sta dormendo a bocca aperta contro la spalla di Tsukki che ha perfino tolto gli occhiali.
Nessuno può vederli, complice anche il buio della notte ormai calata completamente.
Stringe allora le dita di Suga, fa scorrere lentamente la sua mano per sentire lo sfioramento tra le dita, dove la pelle è più sensibile; e Suga risponde al suo gesto allo stesso modo, senza mai aprire gli occhi, ma confermando senza alcun dubbio che è sveglio e che gradisce quella carezza. E stringe ancora più forte, stringe le dita del suo capitano in un gesto che non è propriamente da amici.
Ma in fondo Daichi lo sa, lo ha sempre saputo, che quel sentimento per Suga non è solo amicizia. Non sa bene cosa sia, e non si era mai permesso di capirlo, troppo impegnato a soffocarlo e a negarlo. Ma adesso non può più andare avanti così. Il suo cuore impazzito per lo sfioramento delle loro dita gli dice che c'è molto, molto di più. E che lui ne ha bisogno. Ha bisogno di Suga, della sua amicizia e del suo supporto, certo, ma ha bisogno anche di sentirlo, di toccarlo. Di amarlo, confessa ormai a sé stesso, ammettendo la sua presa di coscienza per quel sentimento che lo spaventa e lo affascina in egual misura.
Daichi poggia la testa a quella di Suga e chiude gli occhi.
Penserà con calma ad analizzare il suo cuore. Ora, vuole solo godersi il momento, l'emozione dei loro corpi vicini, delle loro dita intrecciate. Sa che è un inizio, di cosa lo scopriranno insieme.
Immagini veloci scorrono davanti ai suoi occhi, istantanee di momenti che la sua fervida fantasia probabilmente desidera che accadano nel loro prossimo futuro. Loro due in piedi nello spogliatoio che si baciano appassionatamente, Suga contro la porta che geme e sospira per il suo tocco, la voce dolce di Suga che dichiara di amarlo e la sua voce profonda che risponde allo stesso modo.
La strada dissestata scuote il pullman, e sulle sue palpebre ancora chiuse Daichi vede un intreccio di colori brillanti, ora, sottili linee luminose che si muovono fluide come i tentacoli di un anemone di mare. Danzano e fluttuano, e due linee in particolare si allungano e si intrecciano tra loro, si attorcigliano, e infine si fondono fino a diventare un'unica linea più brillante delle altre, che si espande e riluce mentre tutte le altre piano si dissolvono e sbiadiscono nell'universo quantico delle possibilità.
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Nota dell'autrice:
Quando ho fatto il rewatch della prima serie doppiata in italiano, mi sono resa conto che se Daichi quel giorno non avesse chiuso i due svitati fuori dalla palestra, non sarebbe accaduto nulla delle fantastiche avventure che ci hanno fatto appassionare per ben dieci anni!
Ho provato quindi ad immaginarmi lo scenario, aggiungendoci però la storia tra Daichi e Suga.
E come nel film da cui questa storia prende il titolo (è vecchiotto, non vi preoccupate se non lo avete visto), in un universo parallelo le vicende si svolgono invece come nella sacra opera del sensei Furudate.
Ma se le due storie alla fine si intrecciano e confluiscono in un unico destino d'amore per i due protagonisti, dovete dire grazie alla mia amica chiaragiappo, eterna romantica e amante del lieto fine, che mi ha brutalmente (scherzo, non ne è capace) cassato il primo finale che avevo scritto.
E voi cosa ne pensate? Se vi va, lasciatemi i vostri commenti.
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PUBBLICATO: 10/04/2022
RIPUBBLICATO: 21/06/2022
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