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❤️DAISUGA | SFUMATURE


FANDOM: Haikyu!!

SHIP: Daichi Sawamura x Kōshi Sugawara

PAROLE: 4.923

RATING: ❤️ nsfw

TW: Yaoi Lemon Smut Spoiler (post Time-Skip)


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* * * ATTENZIONE * * *

QUESTA STORIA CONTIENE SCENE E LINGUAGGIO ESPLICITI

- - - ADATTA PER UN PUBBLICO ADULTO - - -


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- Ti prego ti prego ti prego! –

Provo anche a sbattere le ciglia, ma Daichi continua a fissare lo schermo della tv ignorandomi volutamente.

Vedo che si sta trattenendo, e che deve sforzarsi di non sorridere ai miei tentativi di persuasione.

È evidente che non gli basta avermi inginocchiato a terra tra le sue gambe.
Non gli basta che gli accarezzi le cosce muscolose che tirano il tessuto dei pantaloni troppo stretti.
Non gli basta che sposti la testa per insinuarmi continuamente nella sua visuale impedendogli di vedere lo schermo.

Lui continua imperterrito a guardare la tv, seduto comodamente sul divano. Vuole evidentemente spingermi a tirare fuori l'artiglieria pesante. E in questo caso, come sempre, ho due opzioni.

Seduzione o ricatto.

- Dai, se mi dici di sì, stasera ti faccio il ramen shōyu che ti piace tanto. –

Eh, sì, la seduzione con Daichi può seguire due strade diverse: passare dal palato oppure dal...

Mi guarda, quantomeno ho ottenuto la sua attenzione. E dopo un istante scoppia a ridere e spegne la tv.

- Suga, amore, ti ho già spiegato che non posso. Sono appena stato promosso Ispettore, ho un sacco di lavoro da fare; non è per cattiveria ma sono davvero impegnato. –

- Tesoro, lo so, ma non te lo chiederei se non fosse davvero importante. Loro ci tengono tantissimo! E non vogliono un poliziotto qualsiasi, vogliono te! Dovevi vedere come erano contenti settimana scorsa quando Tōru è venuto a raccontare loro il mestiere di influencer! –

Sorrido ancora se ripenso a quella mattina.

Tōru si è presentato con un abbigliamento anche abbastanza sobrio, un paio di pantaloni neri a sigaretta ed una camicia di seta color turchese; e forse grazie a quel colore Fumi, una mia alunna, l'ha riconosciuto anche dietro ai suoi occhialoni sfumati.

"Lo sai che la mia mamma ha una tua fotografia gigante appesa nell'armadio? Giocavi a pallavolo in quella foto. La mia mamma la bacia sempre quando il papà non c'è..."

Il candore dell'innocenza. A sette anni non sanno ancora quando è meglio tacere.

- A maggior ragione! – Daichi mi riporta alla realtà – Già se insegni a queste creature che fare l'influencer è un mestiere, mi fai incazzare e non ci vengo proprio a parlare alla tua classe... -

Se lo sentisse Tōru! Quando ha lasciato l'Argentina per tornare in Giappone, ha aperto il suo canale YouTube un po' per scherzo, intanto che valutava se continuare con la pallavolo o meno. Ma ha avuto così tanto successo con i suoi consigli di moda e di bellezza, che ha deciso di continuare e di farne la sua occupazione quotidiana.

Ma capisco che per Daichi, e per chi come lui rischia la vita tutti i giorni con uno stipendio da impiegato, è un'eresia definire "mestiere" queste nuove professioni moderne, dove vieni pagato, e tanto anche, per fare tutto il giorno il tuo passatempo preferito.
In passato ha speso parole pesanti anche per Kenma, quando faceva lo YouTuber prima di fondare la Bouncing Ball Corp.

Daichi comunque sta ridendo, mi rendo conto che forse sono sulla buona strada nella mia opera di convincimento.

Mi avvicino un po' col busto e faccio scorrere le mani sulle sue gambe, lentamente salgo fino all'inguine e con i pollici comincio a stuzzicare un po' il rigonfiamento tra le cosce.

- Allora, facciamo che dopo il ramen ti do anche il dolce... - gli dico nel modo più sensuale che riesco, fisandolo dritto negli occhi.

Daichi deglutisce, e sento che qualcosa, sotto ai miei pollici, sta già pregustando quell'ultima portata che gli ho promesso.

Avvicino la bocca alla sua e, prima che le nostre labbra si incontrino, lo prego ancora con un filo di voce che assomiglia molto di più a un gemito che a una richiesta.

- Ti prego... - e poso le mie labbra sulle sue, la mia lingua che si insinua a cercare la sua.

Daichi risponde al bacio, una mano dietro la nuca e l'altra che si infila sotto la mia maglietta a cercare il contatto con la mia pelle.

E io prendo subito fuoco.

La mia lingua nella sua bocca calda e umida cerca la sua con frenesia.

Mi sporgo ancora più avanti, stringo le sue cosce mentre un mugugno lascia le mie labbra.

Possibile che anche un bacio, solo un bacio, mi ecciti così tanto?

- Come fai a manipolarmi così? Eh? – mi chiede a fior di labbra, mentre infila le dita tra i miei capelli e mi accarezza la schiena.

- Veramente non ho ancora cominciato a "manipolarti"... - gli sussurro tra un bacio e l'altro, mentre gli sbottono la camicia e poso i palmi aperti sui suoi pettorali.

- Sei un demonio, Suga! Sembri un angelo, con questi capelli d'argento e questi grandi occhi languidi, ma sei la creatura più perversa che io conosca. – mi dice piano, spostando la mano davanti e infilandola nell'elastico dei miei pantaloni, per impugnare la mia, ormai inevitabile, erezione.

Chiudo gli occhi e mi godo il contrasto di sensazioni che mi sta regalando: le dolci carezze sulla mia nuca e le sue dita tra i miei capelli da una parte, e dall'altra la sua mano che scorre lungo la mia erezione, si sposta in basso e accarezza i miei testicoli, generandomi brividi ovunque.

Mi rendo conto che sto perdendo di vista l'obiettivo, ero io a dover sedurre lui e non il contrario.

A malincuore mi stacco da quelle carezze e lo sospingo di nuovo con la schiena contro al divano; finisco di slacciargli la camicia e comincio a leccargli il petto, poso lievi baci sulle clavicole e poi scendo a leccargli i capezzoli, prima uno e poi l'altro.

La sua erezione spinge forte contro il mio addome, e mi struscio, lo provoco, mi muovo col corpo mentre la mia lingua scorre sui suoi addominali strepitosi.

Daichi si mette più comodo, scende con il sedere verso il bordo della seduta e poggia la testa indietro sullo schienale chiudendo gli occhi.

Arrendevole.

Voglioso.

Scendo ancora di più con la lingua e sento che rabbrividisce quando gli slaccio i pantaloni e scopro la sua erezione, che svetta impudente verso di me, e mi chiama e mi attira come la più prelibata delle leccornie.

Lentamente, lo accolgo tra le labbra, una dolce tortura che lo eccita e lo rende impaziente.

Spinge in alto il bacino per venirmi incontro. Sempre più impaziente. Dalla gola di Daichi esce un gemito strozzato, e gemo anch'io.

Spingo giù i suoi pantaloni alle caviglie, per agevolare l'accesso completo alla sua intimità che accarezzo piano. So che Daichi non ama essere penetrato, ma queste carezze invece le gradisce.

Stringe i glutei alla sensazione che le mie dita gli trasmettono, e spinge col bacino verso l'alto.

Geme forte.

Muovo la testa più velocemente e mi aiuto con l'altra mano.

Daichi stringe i miei capelli e mi muove per darmi il ritmo, che si fa sempre più veloce, le sue spinte sempre più in fondo, la mia mano sempre più stretta.

E mugugno.

Gemo.

Amo fargli questo.

Amo sentirlo così travolto, godo quasi quanto lui e glielo faccio sentire quanto mi piace.

Infila nella mia chioma anche l'altra mano e mi tira i capelli, getta indietro la testa mentre muove il bacino ormai senza controllo. Mi sta letteralmente scopando la bocca.

E poi arriva al culmine con un ultimo grugnito sostenuto. Ansima ancora, i suoi muscoli che si rilassano, il suo respiro che rallenta.

Apre gli occhi e fatica a mettermi a fuoco per un istante.

- Demonio! – mi sussurra poi.

E capisco che ho vinto io.

Daichi verrà a scuola con me per la giornata dei mestieri.


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- Non so ancora come hai fatto a convincermi. – borbotta Daichi, mentre si sistema la cravatta davanti allo specchio della nostra camera da letto.

Un sorrisetto malizioso increspa le mie labbra.

- Perché sei un uomo meraviglioso. – gli dico, mentre mi avvicino e gli sistemo il nodo, come faccio ogni mattina.

Le mie mani scorrono sulle sue spalle, lisciano il tessuto blu scuro della divisa e si soffermando sui gradi, che ha tanto faticosamente guadagnato.

È davvero bellissimo. Lo è sempre. Ma con la divisa ancora di più.

Daichi sorride mentre mi guarda, sa quanto sono fiero di lui, glielo dico ogni giorno, e di sicuro lo vede nel mio sguardo adorante.

- Ma ai tuoi alunni hai detto che sono il tuo ragazzo? Cioè... come mi devo presentare? – domanda ad un tratto, con una punta di apprensione sul volto.

- Sanno che viviamo insieme e che tu sei quella fantastica persona che protegge e rende felice il loro amato maestro. E a sette anni non si fanno altre domande. Sono più aperti mentalmente del resto della società, se vogliamo ben guardare. – sorrido con una punta di amarezza, pensando a quanto purtroppo sia vero quello che ho appena detto.

Hanno fatto più fatica ad accettare la mia omosessualità i miei colleghi insegnanti che non i miei alunni.

- Ok, va bene. Ma come devo rivolgermi a loro? Devo raccontare qualcosa io? O mi faranno loro delle domande? – Daichi sembra essere più spaventato da venti cuccioli di sette anni che da una banda di rapinatori armati. Che tenerezza!

Rido e lo rassicuro ancora una volta.

- Stai tranquillo, ti presento io, vedrai che sarà una passeggiata. – E gli poso un ultimo bacio sulle labbra.


✯˜°•°˜✯


I miei bambini hanno confezionato uno striscione per accogliere Daichi; ci abbiamo messo una settimana a prepararlo da quando ho comunicato loro che sarebbe venuto a trovarci, ed ora fa bella mostra di sé sopra la lavagna.

Mi accorgo che Daichi è visibilmente commosso da quel "Benvenuto Daichi-san" tutto colorato con le tempere, e decorato con tutti i disegni a tema che i bambini hanno fatto.

C'è chi ha disegnato pistole e fucili, manette e manganelli, mascherine da bandito e bombe a orologeria, ma anche chi ha disegnato semafori e vecchiette, gattini e alberi, biciclette e cartelli stradali... e sono molto fiero del fatto che maschi e femmine hanno scelto indistintamente tra questi soggetti quali disegnare.
La mia classe è molto fluida ed emancipata.

L'aula è vuota, manca qualche minuto alle 8 e la campanella non è ancora suonata.

Daichi cammina nervoso vicino alla cattedra, mentre io comincio a preparare il registro.

Qualche minuto dopo, una fiumana di bambini scalmanati si precipita in classe; sono tutti eccitati per la visita di Daichi e si accalcano attorno a lui subissandolo già con mille domande.

Devo intervenire subito e richiamare la classe all'ordine, li mando al loro posto e faccio l'appello. Oggi ci sono tutti e venti, e non vedono l'ora di sentire cosa ha Daichi da raccontare.

E devo ammettere che lui è piuttosto bravo a comunicare con loro, mentre gli racconta in cosa consiste il mestiere del poliziotto, e gli spiega che comunque bisogna studiare ed allenare tanto il corpo quanto la mente.
Usa dei termini facili, comprensibili, e dopo averlo sentito un mese fa usare una retorica molto più ricercata al suo discorso di ringraziamento per la promozione, mi rendo conto una volta di più di quanto sia sensibile e intelligente nel rapportarsi con i bambini.

Sarebbe un padre fantastico.

- Suga? – Daichi mi riscuote dai miei pensieri romantici, evidentemente mi ha già chiamato ma non lo stavo ascoltando.

La classe scoppia a ridere per quel "Suga", loro mi chiamano "Sensei Ko".

Mi alzo dalla cattedra e affianco Daichi.

- Allora, chi di voi vuole fare il poliziotto da grande? – domando alla classe.

Alzano la mano in otto, e sono cinque femmine e tre maschi. La mia classe è troppo moderna.

Daichi mi si avvicina all'orecchio e mi domanda sottovoce.

- E dopo l'intervento di Tōru, quanti volevano fare l'influencer? –

- Quindici – rispondo nascondendo una risatina con la mano.

E mi rivolgo nuovamente alla classe.

- Allora, avete delle domande da fare a Daichi-san? Fatele con ordine, alzate la mano e io vi chiamo uno per uno. –

Le prime domande sono abbastanza prevedibili, gli chiedono se ha mai ucciso qualcuno, com'è sparare con la pistola, se ha mai guidato la motocicletta... e Daichi risponde sempre con intelligenza, per non turbare le loro giovani menti.

Mentre lui sta spiegando perché devono mettere la sirena sul tetto della macchina per un inseguimento, Fumi, la più piccola della classe, si alza e viene verso di me.

Prende un lembo della mia camicia e mi strattona per farmi abbassare, evidentemente non vuole che gli altri sentano la sua domanda.

Mi accuccio davanti a lei e la cingo con le braccia mentre si avvicina al mio orecchio e, coprendosi con la mano, mi chiede sottovoce.

- Sensei Ko, ma voi siete sposati? –

Resto un attimo pietrificato, non vorrei dare risposte che poi i genitori possano non gradire.
Scuoto la testa in segno di diniego.

- Allora dovete sposarvi. Lui è davvero bellissimo! – mi dice Fumi ridacchiando, ancora vicino al mio orecchio.

Sorrido per quanto questo minuscolo esserino mi fa tenerezza, e anche stavolta non rispondo ma annuisco e basta.

Sorridendo soddisfatta, si volta verso Daichi mentre io mi rimetto in piedi ed alza la mano per prenotarsi e fare la sua domanda.

Daichi le rivolge un cenno quando termina di raccontare, e lei gli domanda.

- Hai portato con te le manette, oggi? Ce le fai vedere? –

Daichi sorride e le recupera dalla borsa che aveva appoggiato vicino alla cattedra, quindi torna davanti alla lavagna e si accuccia.

- Vieni qui. – dice a Fumi, che non se lo fa ripetere due volte e zompetta allegra verso Daichi, mettendo già le mani avanti, unite per i polsi.

Daichi le infila le manette senza nemmeno aprirle, e lei si volta trionfante verso la classe, con quel suo sorriso sghembo senza gli incisivi davanti.

- Ma se devi arrestare un criminale bambino, ti servono delle manette più piccole, – commenta Fumi con acume – sennò poi evade. –

La classe ride a quel commento.

- Daichi-san, ci fai vedere come arresti un criminale grande? – domanda Eiji, guardando alternativamente Daichi e me.

- Si, arresta il Sensei Ko! – rilancia Koji, seguito poi da un coro di approvazione di tutta la classe, che evidentemente non vede l'ora di vedermi ammanettato.

Il mio primo pensiero è ovviamente da censurare, assolutamente non adatto ad una seconda elementare. Rivedo nella mia mente le volte in cui abbiamo usato le manette in camera da letto, e devo assolutamente voltarmi e prendere un sorso d'acqua dalla bottiglia che ho sulla cattedra, per nascondere il mio rossore e prendere tempo.

Faccio un bel respiro, e torno da Daichi con i polsi ravvicinati e lo sguardo più innocente del mondo.

Daichi ride, apertamente e spudoratamente, alla mia espressione innocente come forse ai suoi stessi pensieri peccaminosi. Recupera le manette da Fumi che torna al suo posto, le apre e mi imprigiona i polsi.

Mi volto verso la classe e sollevo le braccia in aria.

- Ecco. Visto? Il vostro maestro è un criminale! –

- Ma quando arresti un criminale grande, non lo devi anche peSquisire? – domanda ancora Fumi, che evidentemente ha visto parecchi film sull'argomento.

- Si dice perquisire. – la correggo, facendo il mio mestiere, nonostante in questo momento sia un criminale.

- Sì, Daichi-san, facci vedere come perquisisci Sensei Ko! – sempre Eiji, che era uno dei tre maschietti ad aver detto di voler fare il poliziotto, da grande.

Daichi si sposta dietro di me e tasta velocemente sotto le mie ascelle, scende con le mani all'altezza della vita e infine sui fianchi.

Ma dalla classe si solleva subito un coro di proteste.

- No. No. Nei film non fanno così. Lo fanno contro al muro! –

- O sul tetto della macchina... – precisa Fumi.

Mi volto verso Daichi, rendendomi conto che forse la situazione ci sta un po' sfuggendo di mano.

Daichi sorride malizioso.

- Sette anni, eh? – mi fa notare.

Mi volto nuovamente verso la classe e cerco di richiamarli all'ordine.

- Ok, va bene, ora faremo una perquisizione, ma è l'ultima dimostrazione di oggi perché poi Daichi-san deve andare a lavorare, e voi avete la lezione di musica. –

Mi giro verso la lavagna, e appoggio i palmi delle mani sull'ardesia impolverata dai residui di gesso; e mi rendo conto solo guardando l'impronta che lasciano, di quanto le mie mani stiano sudando.

Daichi torna a rivolgersi alla classe.

- Allora, lo scopo della perquisizione, è assicurarsi che il criminale non abbia armi nascoste addosso a sé. Bisogna tastare bene per non farsi sfuggire niente. E quindi dovete partire dall'alto e cercare dove il criminale potrebbe averle nascoste. –

Daichi torna a tastarmi sotto le ascelle, ma al posto del tocco veloce e distratto di prima, questa volta sembra che mi stia facendo una vera perquisizione. Indugia lentamente con le mani verso il petto, scende piano sugli addominali e poi torna alla schiena e scende fino all'altezza della vita.

E poi sento le sue dita lunghe che mi strizzano i glutei, il palmo che spinge e struscia verso i fianchi, in una carezza che è tutto fuorché innocente.

Il tono professionale e distaccato con cui spiega ai bambini cosa bisogna cercare, cozza incredibilmente con il tocco lascivo delle sue mani su di me.

Assolutamente grato per essere di spalle alla classe, ruoto appena il volto paonazzo per pronunciare un debolissimo - Daichi! – per cercare di richiamarlo all'ordine.

Ma lo stronzo fa finta di non sentire e continua a spiegare.

- Attenzione quando perquisite la parte in basso, che il criminale – e spinge su quest'ultima parola – abbia le gambe ben aperte, perché alcuni coltelli vengono nascosti all'interno delle cosce. –

Mi sorge il sospetto che forse stia cercando di vendicarsi per averlo costretto a questa giornata nella mia classe, altrimenti non mi spiego proprio perché mi stia provocando così.

Daichi si piega e infila le due mani giunte in mezzo alle mie gambe, quindi le separa per spingere le gambe a divaricarsi, ad aprirsi il più possibile.

Ho il sospetto, e anche la speranza, che lo stia facendo apposta a tenere le mani più in alto del dovuto, vicino all'inguine. Troppo vicino all'inguine. Perché se fa così anche coi criminali veri, lo ammazzo.

Quindi si accuccia dietro di me e partendo dalla coscia, scende ad accarezzarmi con delicatezza fino alla caviglia. Prima una gamba e poi l'altra. Percepisco il calore delle sue mani anche attraverso i pantaloni, il suo tocco è lento, trattenuto, provocante.

La dimostrazione ha preso ormai una piega decisamente inaspettata, e posso solo ringraziare il caso che ha voluto che oggi lasciassi la camicia fuori dai pantaloni, perché ammetto che un'erezione assolutamente inopportuna sta spingendo dentro ai miei boxer.

Daichi si ritiene soddisfatto, si alza in piedi e dichiara solenne che "il criminale è pulito".

La classe applaude, ma ammetto che mi sento invece alquanto "sporco" per aver fatto assistere la classe a questo siparietto.

Che poi, di fatto, non c'è stato nessun gesto o atteggiamento inopportuno, la malizia è negli occhi di chi guarda, si dice, e in questi occhi innocenti non ce n'è nemmeno un briciolo.

Non posso dire altrettanto della mia testa, perché invece questa dimostrazione mi ha davvero eccitato, ed ora ho il timore di girarmi e che mi si legga in volto tutto il mio turbamento, seppure la camicia copra quello dentro ai miei pantaloni.

Ma Daichi viene in mio soccorso.

Forse consapevole di essersi spinto un po' troppo oltre, mi mette in mano le chiavi delle manette e si rivolge di nuovo alla classe.

- Chi è che vuole provare il mio cappello? – chiede, e attira su di sé l'attenzione di tutti per i successivi dieci minuti, dandomi così il tempo di aprire le manette, sedermi alla cattedra e bere un altro lungo sorso d'acqua.

Il suono della campanella conferma che per oggi la mia missione è terminata; il maestro di musica viene in classe a recuperare la scolaresca e li porta nell'aula insonorizzata con gli strumenti musicali, per le ultime due ore della mattina.

Daichi si siede sulla cattedra e finalmente mi guarda con un sorriso sfacciato sul volto.

- Una passeggiata, eh? – mi provoca ancora.

- Con Tōru è andata meglio. – gli rispondo apposta – Almeno lui non si è messo a fare lo stronzo... -

E cerco di fulminarlo con lo sguardo più severo che posso, ma non credo che mi riesca molto bene perché il sorriso sul volto di Daichi non scompare.

- Scusami, - mi dice malizioso – è che "Sensei Ko" è troppo carino, e vederti così dolce e amorevole con questi bambini mi ha davvero riempito d'amore. Quando ti sei accucciato ad abbracciare la piccolina, poi, eri bellissimo. Così materno... Mi hai fatto eccitare non sai quanto. – conclude, abbassando il tono di voce in quel modo che, lui lo sa, mi manda sempre su di giri.

Mi domando quale strano tipo di perversione sia la sua, perché che io mi ecciti se mi ammanetta, ci sta, ma che lui si ecciti a vedermi fare il mio mestiere, non lo capisco proprio.

Daichi si alza dalla cattedra e si accuccia davanti a me che sono ancora seduto sulla sedia.

- Questa cattedra, ad esempio – mi dice con voce sempre più roca, passandoci sopra una mano – è da quando siamo entrati qui, questa mattina, che non faccio che pensare a come sarebbe sbattertici sopra e scoparti fino a farti piangere. –

E fissandomi ancora negli occhi con una luce che posso solo definire lussuriosa, continua con voce bassa e suadente.

- Certo, qui non potresti urlare. Ma per una volta puoi anche trattenerti. –

Deglutisco, o meglio, ci provo, perché la mia bocca è secca e arsa, e devo prendere un altro sorso d'acqua.

- Ma non dovevi andare a lavorare? – gli ricordo, la voce che mi esce incerta e graffiante.

- Ho preso tutta la mattina. – mi comunica calmo, mentre si alza da terra e si avvicina con falcate lente ed eleganti alla porta della classe, la chiude e dà un giro di chiave.

Non posso credere che faccia sul serio.

Non posso credere che davvero voglia fare sesso qui, nella mia classe.

Ma l'erezione nei miei pantaloni invece ci crede, eccome, perché si risveglia istantaneamente e spinge prepotente, ricordando evidentemente ancora le sensazioni di poco fa, con le manette ai polsi e le grandi mani di Daichi che strizzavano i miei glutei e scorrevano lungo le mie gambe.

Torna verso la cattedra facendo il giro dietro ai banchi, per tirare le tende una per una e coprire le finestre che danno sul cortile della scuola.

Ormai il mio corpo sta pregustando quanto Daichi mi ha promesso, i miei ormoni fuori controllo mi rendono impaziente e spudorato.

Libero il piano della scrivania buttando penne, pennarelli, registro e ogni altra cosa nel primo cassetto, e mi volto verso Daichi proprio mentre mi raggiunge davanti alla cattedra.

- Vuoi le manette o ti è bastato prima? – mi sussurra all'orecchio senza nemmeno toccarmi, e io già gemo piano per quanto sono eccitato.

Chiudo gli occhi, il volto in fiamme, e mi rendo conto che la sua sola voce, il suo alito caldo contro il mio collo, mi stanno mandando al manicomio.

Se ne rende conto anche lui perché continua a provocarmi.

- Devo chiamarti "Sensei"? – chiede, leccando e succhiando il mio collo, e mentalmente ringrazio la mia lungimiranza per aver messo una sciarpa in borsa, così da coprire questo succhiotto, che altrimenti non saprei come giustificare ai miei colleghi, qualora li incontrassi in corridoio più tardi.

La mia capacità di autocontrollo è davvero esaurita; allaccio le braccia al collo di Daichi e mi spalmo contro il suo petto, il suo grande torace solido nascosto dentro questa meravigliosa uniforme.

Cerco le sue labbra, ho bisogno di baciarlo, di sentire la sua lingua dentro la mia bocca.
Daichi risponde al mio invito, sa cosa deve fare e come deve farlo, mi conosce da così tanto tempo che a volte sembriamo quasi telepatici.
Sposta le sue grandi mani sui miei glutei e li strizza ancora, mentre mi attira contro di sé, la mia erezione che spinge forte contro la sua.

- Sai che sarà una sveltina, vero? – chiede, direttamente nella mia bocca.

Annuisco.

- Sai che non posso spogliarti, non posso accarezzarti ovunque. Lo sai? – mi sussurra mentre mi morde il lobo dell'orecchio.

Annuisco ancora.

- Sai che ti devo prendere da dietro? – domanda ancora sul mio collo, mentre con le mani scende a slacciarmi velocemente i pantaloni.

- Lo so. – rispondo mentre anch'io armeggio con i bottoni della sua divisa.

Daichi mi abbassa i pantaloni e i boxer, quindi mi fa voltare e piegare sulla cattedra. Allunga una mano verso la mia borsa appesa allo schienale della sedia e fruga dentro; sa che porto sempre con me una bottiglietta di lubrificante, perché dopo la prima volta che abbiamo fatto sesso in un bagno pubblico, ho preferito non farmi più trovare impreparato.

Cercando di non sporcare la sua divisa, si spalma un po' di lubrificante, e ne spalma un po' anche a me.

E quando entra piano col dito devo trattenermi davvero per non emettere nemmeno un gemito.

Mi aggrappo ai bordi della cattedra e strizzo gli occhi, la guancia schiacciata contro al legno freddo e duro.

Lo muove un po'. Lo abbiamo fatto ieri sera, ma vuole essere sicuro di non farmi male.

Passa in un attimo a due dita, e allora allungo la mano sulla sedia dove c'è ancora la mia borsa aperta e prendo la sciarpa; la poso sotto la mia faccia per proteggere il viso e ne mordo un lembo, lo caccio letteralmente in bocca per impedirmi di gridare.

Le sue dita dentro di me che si muovono, scorrono lentamente, spingono in fondo e poi si ritirano, e poi di nuovo dentro con un movimento rapido e secco.
In fondo.
Dentro di me.
I miei occhi si riempiono di lacrime.
I miei denti mordono forte il tessuto.
Le mie unghie artigliano il legno della cattedra.

Un pensiero sconnesso attraversa la mia mente: da criminale perquisito, a ostaggio imbavagliato e seviziato.

La mia perversione non ha limiti, e me ne rendo conto guardando, tra le lacrime, i disegni dei miei allievi appesi alle pareti, mentre Daichi finalmente mi penetra.

Strizzo gli occhi per scacciare le lacrime e mugugno, la sensazione immensa di completezza che mi pervade, al tempo stesso tanto giusta e perfetta per come mi fa stare bene, e tanto sbagliata e perversa per il luogo dove siamo.

- Tutto ok? – mi chiede il mio premuroso fidanzato seviziatore.

Annuisco e allora lui continua a muoversi tenendomi per i fianchi, a spingere dentro di me.
Il suo membro grande e rovente che si infila in me come un coltello nel burro.
Le sue mani artigliano i miei fianchi.
Gemiti trattenuti escono anche dalla sua bocca mentre il suo bacino sbatte contro i miei glutei ad ogni affondo, sempre più veloce finché un gemito sottile e prolungato nella mia sciarpa gli dice che sto venendo.
E anche lui finalmente grugnisce e conclude il suo orgasmo dentro di me.

Si poggia con entrambi i palmi alla cattedra, ai lati del mio corpo, e con la fronte poggiata sulla mia schiena e il fiato corto sussurra:

- Ti amo, Suga. –

Sfilo a fatica la sciarpa dalla bocca e gli rispondo ansimando.

- Anch'io ti amo, Daichi. –

Esce piano da me, mentre gli passo dei fazzolettini presi dalla mia preziosa e fornitissima borsa.

Ci rivestiamo in silenzio.

Daichi posa le sue mani sul mio viso e, con i pollici, asciuga delicatamente i miei occhi dalle lacrime, quindi mi abbraccia e mi stringe forte a sé.

Mi accoccolo nel suo abbraccio e, come sempre, mi sento a casa.

- Suga, sicuro che è tutto ok? – mi chiede, in preda alla solita lucidità post-coitale.

Annuisco.

Gli sorrido guardandolo nei suoi immensi occhi dolci e premurosi.

Lui continua, poggiando la fronte sulla mia.

- Non era premeditato, ma davvero mi è piaciuto troppo vederti qui, nel tuo ambiente. E la perquisizione è stato il colpo di grazia al mio autocontrollo. – sussurra piano, ancora in preda all'imbarazzo.

- Lo so. Anche per me... - ridacchio, lisciando con le mani il risvolto della sua giacca.

E alzo ancora il viso per tornare a baciarlo piano, lentamente, il bacio più casto tra quelli che ci siamo dati qui dentro.
Lo bacio ancora, a lungo, fin quando sento che è di nuovo sciolto e rilassato.

- Vai pure alla centrale. Io ho dei quaderni da correggere. Ci vediamo stasera a casa. – e gli sorrido.

Daichi mi sorride di rimando, prende la sua borsa e il suo cappello e si dirige alla porta. Fa girare piano la chiave, e apre lentamente la porta per sincerarsi che non ci sia nessuno in corridoio.

Un ultimo saluto con la mano ed esce dalla mia classe.

Rimetto tutto nella borsa che appendo allo schienale della sedia e mi siedo.

Recupero le cose che ho buttato nel cassetto e, mentre le dispongo di nuovo ordinatamente sul piano della cattedra, un ampio sorriso si apre sul mio volto.

Forse dovrei sentirmi in colpa, dovrei essere pentito di aver fatto sesso nella mia classe.

Ma in realtà, a quasi trent'anni, ho fatto pace con gli aspetti più perversi del mio animo, sono riuscito ad accettare quelle zone d'ombra che a volte mi spaventavano, quei momenti di lussuria sfrenata che talvolta si impossessano ancora di me e che fanno impazzire Daichi.

Ormai riesco a conviverci senza senso di colpa.

Ormai ho accettato tutte le mie sfumature.

E c'è solo una persona con cui le posso condividere.

Prendo lo smartphone dalla borsa e invio la chiamata al secondo tra i miei contatti preferiti.

- Ciao Tōru, sei libero a pranzo? Ho una cosina da raccontarti.... –


✯˜°•°˜✯


PUBBLICATO: 09/02/2022

RIPUBBLICATO: 30/05/2022

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