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❤️ASANOYA | SOB AFFAIR


Ammetto che non amavo molto questa ship... prima di scrivere questa storia! 😊

Voi che ne dite?

Lasciatemi i vostri commenti 😊


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FANDOM: Haikyu!!

SHIP: Asahi Azumane x Yū Nishinoya

PAROLE: 5.813

RATING: ❤️ nsfw

TW: Yaoi Lemon Smut Spoiler (post Time-Skip)


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* * * ATTENZIONE * * *

QUESTA STORIA CONTIENE SCENE E LINGUAGGIO ESPLICITI

- - - ADATTA PER UN PUBBLICO ADULTO - - -


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Comunico al taxista l'indirizzo e poi, finalmente, mi rilasso sul comodo sedile imbottito del Mercedes. Dall'aeroporto al quartiere Jarajuku è circa mezz'ora di taxi, quindi potrei anche farmi un riposino, se non fosse che tra il jet lag e l'emozione di rivedere Asahi, non ho per niente sonno.

Sono state tre settimane lunghe, maledettamente lunghe, senza di lui. E non vedo l'ora di vederlo, e passare un po' di tempo insieme.

Penso che mi fermerò qualche settimana, questa volta; sento la mancanza del Giappone, delle vecchie abitudini e dei vecchi amici. E soprattutto, mi è mancato lui.

Intendiamoci, adoro viaggiare, il mio carattere irrequieto mi costringe a muovermi spesso, a vedere posti nuovi, a fare nuove esperienze.

Ma quando mi sveglio la mattina in una camera di albergo e ci metto una manciata di minuti a ricordarmi dove sono, ecco, allora capisco che è arrivato il momento di tornare a casa e restarci per un po'.

E poi, diciamolo, una relazione a distanza non è il massimo.

Asahi aveva un sogno da realizzare qui a Tokyo, mentre il mio sogno era di andare ovunque fuorché stare a Tokyo, e non è stato semplice conciliarli quando ci siamo messi insieme.

Che poi, non ci siamo mai realmente messi insieme, è stato strano a pensarci bene.

Asahi è stato preso al Bunka Fashion College dopo il liceo, ed io l'ho raggiunto a Tokyo l'anno successivo.

Abbiamo sempre avuto un legame speciale, e dopo un anno senza vederlo mentre ancora finivo il liceo, sentivo il bisogno di stare con lui, di passare del tempo insieme a lui.

In confronto a Miyagi, già vivere a Tokyo, per me, era un'esperienza eccitante, e per parecchi mesi ho fatto il turista proprio qui a Tokyo. E spesso io e Asahi uscivamo insieme.

Una sera ci siamo baciati, eravamo un po' brilli ed è capitato, così, naturalmente.

Non ne abbiamo più parlato nei giorni successivi. Poi io sono partito per esplorare altre regioni del Giappone e, quando sono tornato, siamo usciti ancora insieme come amici, finché non è ricapitato di baciarci, e quella volta siamo anche finiti a letto insieme.

Beh, non era proprio un letto.

Ad ogni modo, il nostro rapporto è partito con questa impostazione, e si è evoluto un po' così, come siamo cresciuti noi, ma in sostanza non ci siamo mai dichiarati o promessi amore eterno o fedeltà.

Io davvero non lo so se, quando sono in viaggio per settimane, Asahi frequenta qualcuno. Non glielo chiedo. E lui non me lo dice né chiede a me cosa faccio io.

E forse il nostro rapporto "a singhiozzo" ha funzionato proprio grazie a questo. Scherzando, ho battezzato il nostro rapporto come "Sob affair", e ci ridiamo su ormai da anni.

Anche se ultimamente continuo a pensare che ormai non siamo più ragazzini, e forse sarebbe il caso di definire la nostra storia entro confini un po' più chiari.

Non so bene se mi sono appisolato davvero, o semplicemente il tempo è trascorso così in fretta mentre ero perso nelle mie riflessioni, perché il taxi accosta in una strada laterale di Jarajuku, davanti ad un grosso portone di metallo grigio.

Scendo e pago il taxista che mi consegna il mio trolley e riparte.

Sono ormai le sette di sera, ma Asahi mi ha chiesto di raggiungerlo al laboratorio a questo indirizzo. Potrebbe fare tardi, stasera, perché domenica hanno la sfilata e hanno ancora parecchio lavoro da sbrigare, mi ha scritto stamattina.

Trascino il mio trolley fino al portone, e premo il bottone dell'unico citofono su cui capeggia l'insegna dell'atelier di Yū Amatsu, dove lavora Asahi. Il cancello elettrico si apre immediatamente, entro nel cortile e lo attraverso per dirigermi verso la porta d'ingresso dall'altro lato.

Sorrido quando mi trovo davanti il classico ascensore aperto, con una inferriata metallica che faccio scorrere e poi richiudo alle mie spalle. Premo sul bottone con scritto "atelier", unica scelta disponibile oltre a "terra".

Ammetto di essere un po' nevoso, e controllo la mia figura riflessa nell'enorme specchio sulla parete laterale della cabina.

Indosso un paio di jeans neri e una semplice t-shirt bianca. Non riesco a vestirmi in maniera più formale, e questi abiti da teenager ingannano sempre chiunque, facendomi passare davvero per uno di loro. Sarà che a 24 anni arrivo a fatica ai 170 centimetri.

Sorrido alla mia immagine nello specchio, notando che il sole spagnolo ha leggermente colorito la mia pelle, e spero che anche Asahi lo apprezzi. Non tengo più i capelli in piedi come al liceo, ma solo un po' gonfi e disordinati, e il mio ciuffo chiarissimo spicca spettinato sulla fronte dorata.

L'ascensore arriva al piano con una lentezza esasperante. Apro la serranda e mi addentro in un breve corridoio buio, al termine del quale mi attende una porta nera con l'insegna dell'atelier.

Il cigolio delle ruote del mio trolley riecheggia acuto in questo silenzio surreale.

Spingo piano la porta dell'atelier. Silenzio anche all'interno.

Spalanco la porta ed entro in un ampio open space illuminato da diversi faretti sparsi lungo le pareti di mattone a vista.

Ci sono grandi tavoli ricoperti da stoffe, forbici, disegni e tanti altri accessori che non conosco. E una miriade di stand appendiabiti ovunque, pieni di vestiti appesi e accessori ammonticchiati disordinatamente in ogni angolo.

- Asahi? – provo a chiamare ad alta voce.

- Hei, Noya! Vieni, sono qui! – mi sento rispondere da qualche parte in fondo, verso le vetrate che ricoprono tutta la parete e che mostrano i palazzi di fronte illuminati dalla luce del tramonto.

Attraverso l'open space fino al punto da cui proveniva la voce di Asahi, il cigolio del mio trolley che mi precede. E lo trovo in uno spazio angusto completamente circondato da stand così carichi di vestiti che è un miracolo non si siano ancora ribaltati.

Entro nell'unico varco tra due stand e resto un attimo paralizzato dall'immagine che mi si para davanti.

Asahi è di spalle, inginocchiato per terra. La massa arruffata dei suoi capelli raccolti in una crocchia disordinata e la mole massiccia del suo corpo, che nascondono il fondoschiena della modella, di cui è visibile solo una candida schiena nuda.

- Hei... - mi annuncio timidamente.

Asahi ruota il capo, la bocca piena di spilli dalla capocchia colorata, e mi fa un cenno prima di tornare ad armeggiare col fondoschiena della ragazza.

Faccio due passi e mi accorgo che in realtà il sedere della modella è coperto da drappeggi di seta blu che Asahi sta modellando e puntando con gli spilli che prende dalla sua bocca uno per volta.

Finalmente si alza in piedi e con un passo mi raggiunge e, sorridendo, mi stampa un veloce bacio sulle labbra, le mani ancora occupate dal metro da sarto e diversi pezzi di stoffa.

- Ciao Yū. Sei arrivato! Dammi ancora dieci minuti ed ho finito, giuro. A proposito, lei è Aiko. Aiko, lui è Yū. –

La modella ruota un po' il busto e mi accorgo che in realtà è solo la schiena ad essere scoperta, mentre sul davanti l'abito arriva fino al collo, per scendere poi dietro le spalle lasciando solo il centro della schiena scoperta fino quasi ai glutei. I lunghi capelli neri dai riflessi blu di Aiko coprivano questi dettagli, che il movimento aggraziato del suo capo ha messo invece in evidenza.

- Ciao Yū! – mi saluta Aiko con un sorriso luminoso e due scintillanti occhi blu.

E' davvero una creatura meravigliosa, e mi accorgo di averci messo un istante di troppo a risponderle perché Asahi interviene a riscuotermi.

- Ecco, Yū, siediti pure dove trovi posto. -

Facile a dirsi, visto il disordine che regna ovunque. Mi arrampico sul tavolo da lavoro, tra la macchina da cucire e una montagna di tessuti colorati.

Asahi armeggia ancora per qualche minuto con il vestito sul fondoschiena di Aiko e poi si alza di nuovo.

- Ok, Aiko, grazie, abbiamo finito. Ora lo cucio e domani facciamo la prova finale. Puoi andare. –

Con tutta la naturalezza di questo mondo, Aiko fa scivolare il vestito dalle spalle e lo lascia cadere ai suoi piedi. Quindi, con un passo flessuoso delle sue chilometriche gambe, lo scavalca e si volta, e mi passa accanto vestita solo di uno striminzito tanga color carne.

- Ok Asy, a domani. Ciao Yū. – e sorride con tutto il candore e l'innocenza di chi ormai è abituato ad esibire il suo corpo così come il suo sorriso.

Io, invece, non sono così avvezzo al corpo nudo femminile, e soprattutto non sono insensibile ad un simile stacco di coscia o ai suoi due piccoli seni sodi, e non riesco nemmeno a rispondere.

Asahi raccoglie il vestito da terra e quando vede la mia espressione scoppia a ridere.

- Devo essere geloso? – mi chiede sottovoce, Aiko ormai lontana a recuperare evidentemente i suoi vestiti da qualche parte.

Rido nervoso, e deglutisco. Ci metto ancora qualche secondo a recuperare l'uso della parola e a rispondere con un'inutile negazione.

- No, no, figurati.... – balbetto.

E poi, recuperato l'autocontrollo aggiungo.

- Asy? Devo essere io, geloso? –

Asahi posa il vestito sul tavolo da lavoro accanto a me e finalmente mi dedica un po' più di attenzione.

Poggia le sue grandi mani sulle mie cosce e mi spinge ad allargare le gambe per infilarcisi proprio in mezzo. Si china verso di me, perché anche seduto sul tavolo sono più basso di lui, e finalmente avvicina le sue labbra alle mie. I suoi occhi ancora lievemente socchiusi dalla risata di poco fa, che mi guardano con dolcezza mentre piano assapora le mie labbra.

Mi mancava questa sensazione, la sua barba morbida sul mento che solletica il mio, le sue mani grandi sul mio corpo, la sua lingua lenta e sensuale che avvolge la mia e la accarezza piano.

Allungo le braccia dietro al suo collo e mi godo il bacio. Mi era decisamente mancato.

Dopo qualche minuto Asahi si stacca, il fiato corto per un semplice bacio che mi dice che anche a lui è mancato tutto questo. Con la fronte appoggiata alla mia, sussurra.

- Sei abbronzato... Stai bene! –

- Invece tu sei un po' sciupato. – gli rispondo sinceramente – Da quant'è che non dormi? –

So che la sfilata imminente lo assorbe molto, e le occhiaie che cerchiano i suoi occhi scuri me lo stanno dimostrando.

- Finisco di cucire il vestito e poi ce ne andiamo. Ok? – mi dice, ignorando volutamente la mia domanda.

- Ok. – rispondo senza chiedere altro.

Non ne ho bisogno. Ormai abbiamo la nostra routine consolidata in diversi anni di relazione.

Che io stia via una settimana o due mesi, il mio viaggio più lungo, quando torno ci facciamo una serata a casa, io e lui.

Asahi sa che ho bisogno solo di due cose al mio rientro: cibo giapponese, e lui. E non necessariamente in quest'ordine.

E quindi mi fa sempre trovare qualcosa di buono da mangiare, da abbinare ad una serata di buon sesso casalingo.

Seduto alla macchina da cucire, Asahi sta magicamente componendo i pezzi dell'abito che indossava Aiko, in una creazione che, sono sicuro, sarà meravigliosa, visto già come donava alla splendida modella ancora soltanto imbastito.

Lo osservo inclinare la testa e spingere il tessuto con le sue mani grandi ma precise e delicate. Una ciocca di capelli sfugge all'elastico e gli finisce sugli occhi, e io davvero non resisto.

Non so resistere ai suoi capelli.

Mi alzo e, in piedi dietro di lui, sciolgo la crocchia e comincio a pettinare indietro con le mie dita le sue lunghe ciocche morbide. Asahi si ferma, getta la testa indietro e chiude gli occhi sospirando. Indugio un po' più del dovuto ad accarezzargli i capelli, quindi li raccolgo di nuovo in una coda bassa e glieli lego col suo elastico, di modo che non gli diano più fastidio.

Sospira ancora, e riprende a cucire.

- Vedo che i miei capelli ti piacciono sempre. – commenta, le labbra atteggiate ad un sorriso.

- Li adoro. – confermo.

- Tanto lo so di essere solo un ripiego, per te. Quando Kiyoko ha scelto Tanaka, sono rimasto solo io con i capelli lunghi alla Karasuno... - mi ripete, ridendo, lo scherzo che ci diciamo ormai da anni. E prosegue.

- Però non è che adesso che hai conosciuto Aiko, mi molli per lei, eh? – domanda ancora ridendo.

Asahi è sempre stato un po' insicuro in merito alla mia bisessualità, il fatto che io "giochi su due tavoli", come dice lui, lo rende doppiamente insicuro. E forse anche questa situazione un po' indefinita in cui viviamo da anni alimenta la sua insicurezza.

Mi ritrovo per la prima volta a riflettere sul fatto che non mi ha mai presentato come "il suo ragazzo", anche prima con Aiko ha solo detto il mio nome.

- Ecco. Finito. Possiamo andare a casa! – si alza e appende il vestito su una gruccia che attacca ad uno stand.

- Bello, il vestito. – gli dico saltando giù dal tavolo.

- Sì. Non lo so, non sono ancora soddisfatto. Cioè, sì, è bello, e Aiko ha i colori perfetti per indossarlo.
Ma ancora non sono soddisfatto al cento percento. Ad ogni modo, ormai non ho più tempo, domani mattina Yū passa in atelier per la prova finale prima della sfilata. Speriamo che sia di suo gradimento. –

Usciamo dall'atelier, Asahi chiude a chiave la porta nel cortile, e ci incamminiamo verso casa sua, che dista pochi minuti a piedi. E mentre camminiamo, mi racconta di questa nuova sfilata e dell'opportunità che Yū Amatsu gli sta dando, consentendogli di presentare un suo vestito alla sfilata di domenica.

- Sai, quando ho fatto il colloquio con Yū e mi ha preso, ho capito che era destino. Tu mi hai convinto a tentare questa strada, ed il primo lavoro che trovo è con un grande stilista che ha il tuo stesso nome. – mi spiega sorridendo, entusiasta come un bambino.


✶˜°•°˜✶


Entriamo in casa, e faccio appena in tempo a togliere le scarpe che Asahi mi prende letteralmente di peso, e mi porta in camera dove mi lascia cadere sul grande letto ancora sfatto.

I suoi occhi sono ardenti di lussuria mentre gattona verso di me, l'urgenza trattenuta sino ad ora che esplode senza più ritegno.

- Noya, mi sei mancato da morire! – sussurra e percepisco la sua impazienza nei movimenti veloci e a stento trattenuti con cui mi libera dei vestiti e si libera dei suoi.

Non so se il siparietto con Aiko e i riferimenti a Kiyoko lo abbiano reso geloso e quindi ancora più impaziente, e francamente non è importante in questo momento perché la sua urgenza è anche la mia.

Tre settimane senza di lui sono state lunghissime: avrei voluto il suo corpo a riscaldarmi nelle fredde notti sulle montagne austriache, le sue carezze sensuali nella movida di Barcellona, i suoi baci dolci col sole che tramontava dietro al Vesuvio.

Gli sciolgo di nuovo i capelli per poterci infilare dentro le dita, per poterli tirare a mio piacimento.

Salgo a cavalcioni sul suo addome mentre lo bacio voracemente e sento le sue mani sulla mia schiena, che si muovono frenetiche senza una meta precisa, come se volessero essere contemporaneamente ovunque. E poi decidono che la loro destinazione ultima è in basso, afferrano i miei glutei e li strizzano.

Sento le lunghe dita di Asahi che mi esplorano; si stacca un istante dal bacio per riempirle di saliva, e poi un dito tra tutti ottiene il diritto di entrare lentamente dentro di me.

Inarco la schiena, e getto indietro la testa mentre mi mordo le labbra per trattenere un mugugno.

- Male? – domanda in un barlume di lucidità, rendendosi conto che sono più di tre settimane che non ci vediamo, e gongolando forse un po' nel rendersi conto che all'apparenza nessun altro ha avuto il privilegio di poter violare la mia intimità.

- Un po'... – ammetto sorridendo, perché comunque è sopportabile, ma non vedo il motivo di non usare il lubrificante che era già stato messo in bella vista sul comodino, in previsione del mio arrivo.

Asahi si scosta e prende la bottiglia. Mi fa sdraiare di schiena e mentre riscalda il liquido denso tra le dita, mi sorride con uno sguardo a metà tra l'angelico e il demoniaco, con cui mi promette i peggiori peccati dell'infermo prima di portarmi a vedere il paradiso.

E quando entra in me, mi rendo conto che mi era davvero davvero davvero mancato.

Continua a baciarmi con calma, mentre le sue dita esperte mi preparano ad accoglierlo. E io subisco questa lenta tortura baciandolo a mia volta aggrappato al suo collo robusto, godendo delle sue lunghe dita dentro di me e pregustando di già quello che mi attende dopo, e che questa volta non tarda ad arrivare.

Da troppo tempo lontani, semplicemente desideriamo entrambi fonderci, essere una cosa sola, compenetrarci, appartenerci, mescolarci. I nostri corpi, come le nostre lingue, come le nostre anime.

L'urgenza di unirci non lascia più spazio ai preliminari.

Asahi entra in me, lento ma deciso, un unico movimento sicuro che mi blocca il fiato in gola e annulla ogni pensiero coerente. C'è solo lui e la sensazione del suo corpo caldo che mi invade, mi riempie, mi completa.

Resta fermo così, dentro di me, mentre ci guardiamo ancora negli occhi per un lungo, lunghissimo istante. Finalmente quella sensazione di perfezione, di totale appagamento che provo solo con lui, quando è dentro di me e mi avvolge con le sue braccia grandi e forti. È dentro ed è anche fuori. È ovunque.

Forse è per questo che le mie esperienze con le donne mi hanno sempre lasciato una sensazione di incompiutezza; il rapporto sessuale vissuto come parte "attiva" che appaga solo la mia pulsione animale, istintiva, primordiale di penetrare, ma che non riesce mai a completare il mio bisogno emotivo, la mia necessità di totalità spirituale che mi dà quando è Asahi a penetrare me.

Mi aggrappo al suo corpo massiccio con gambe e braccia, mentre riprendiamo a muoverci. Una danza lenta dei nostri bacini che pian piano cresce, i suoi movimenti dentro di me che si fanno via via più veloci. Mi sottraggo alle sue labbra, ai suoi baci, in cerca di ossigeno, mentre a bocca aperta gemo sempre più forte, incapace di trattenere questa marea che sta salendo dentro di me e mi sta lentamente riempiendo, fino a sommergere e annegare ogni razionalità.

Resta solo l'istinto, il puro desiderio che mi manovra come una marionetta, fino a farmi urlare quando le ondate dell'orgasmo mi travolgono e mi trascinano sempre più in alto, per abbandonarmi infine inerme e svuotato di ogni fluido e di ogni energia, tra le sue braccia.

In un istante anche Asahi geme e grugnisce il suo orgasmo dentro di me, e poi si abbandona su un fianco tenendo ancora il mio corpo appallottolato dentro al suo grande abbraccio avvolgente.

Riprendiamo coscienza dopo un tempo indefinito.

È stato un amplesso veloce; potente e coinvolgente ma rapido e dominato dall'urgenza.

Avremo altre occasioni per fare l'amore più tardi, e nei prossimi giorni; per assaporarci con lentezza, per giocare con malizia, per dimostrarci tutte le mille sfaccettature di questa passione che ancora dopo anni non cala, semmai cresce, muta, diventa ogni volta più matura, più solida.

E mi rendo conto ancora una volta, che lui è tutto quello che voglio. Tutto quello di cui ho bisogno. Ed è arrivato davvero il momento di condividere con lui le mie riflessioni.

Mi alzo dal letto e mi ripulisco velocemente.

- Dove vai? – mi chiede, con la voce ancora spezzata dalla fatica.

I lunghi capelli sparsi attorno al suo viso così virile creano un contrasto che ho sempre adorato, come amo infintamente quando il suo volto severo arrossisce per l'imbarazzo, o quando i suoi grandi occhi si riempiono di lacrime di emozione.
Forse è la mia bisessualità che mi fa amare tutto di lui, tutti questi aspetti maschili e virili perfettamente fusi insieme a quelli delicati e femminili, che creano in lui una miscela perfetta, un elisir che mi ha fatto innamorare completamente e perdutamente di lui.

- Torno subito. Pulisciti. – gli dico passandogli la scatola di fazzoletti.

Infilo una sua maglietta presa a caso dalla sedia, e torno in ingresso a recuperare il mio trolley che trascino in camera da letto.

Il cigolio delle rotelle mi ricorda che farei bene a metterci un po' d'olio, e poi un pensiero nuovo e inaspettato si insinua nella mia mente.
Se chiudo il trolley in fondo all'armadio, non c'è bisogno di oliare le ruote.

Voglio farlo? Voglio davvero fermarmi dal mio girovagare?
Ho forse finalmente trovato quello che stavo cercando?
Era qui, sotto ai miei occhi, mentre io vagavo come un cieco a cercarlo in giro per il mondo?

Apro il trolley per terra e tiro fuori una borsa di stoffa, quella dove tenevo le scarpe quando giocavo con la Karasuno. È il mio portafortuna, la porto sempre con me nei miei viaggi.
In ogni tappa compro qualcosa da portare ad Asahi, e la metto qua dentro. A volte arrivo all'ultima tappa che non ricordo nemmeno cosa contiene.

Quando arrivo a casa e la apriamo, spesso sul letto come stasera, è una sorpresa tanto per me quanto per lui.

Asahi si è infilato anche lui una maglietta, si è legato i capelli e mi aspetta a gambe incrociate sul letto.
È il nostro rito, e lo aspetta sempre con gioia, gli occhi che gli brillano come un bambino la notte di Natale.

Svuoto la sacca sul letto e mi siedo di fronte a lui, il nostro bottino nel mezzo.

La sua attenzione viene subito catturata dalle tavolette di cioccolato austriaco, ne apre una e mi imbocca con un paio di quadretti. Mentre assaporo il cioccolato, rovisto nel mucchio di oggetti che ho portato, in cerca di uno in particolare. Infilata dentro ad un paio di calzettoni di lana irlandese trovo finalmente la scatolina di velluto rosso.

Inghiotto un po' a fatica il cioccolato, sento che l'emozione mi sta facendo mancare la saliva.

Perché le considerazioni che ho fatto poco fa erano già in me anche nei giorni scorsi, durante il mio viaggio. Mi sono davvero reso conto che ho bisogno di portare il nostro rapporto ad un livello superiore, che ho bisogno senza alcun dubbio, che io e Asahi diventiamo una coppia a tutti gli effetti.
Che alla prossima Aiko a cui mi presenterà, dica "Lui è Yū, il mio ragazzo".

Apro la scatolina e alzo lo sguardo sul volto di Asahi che lentamente smette di masticare il cioccolato, e mi guarda. E poi guarda ancora il contenuto della scatola e poi guarda ancora me con i suoi enormi occhi castani, che brillano un po' umidi alla luce delle lampade sui comodini.

- Yū... - dice solo, e poi mi fissa ancora.

- È vetro di Murano, ma mi hanno garantito che è resistente... - spiego.

Ma in realtà non ho ancora spiegato niente, non ho ancora detto perché dentro alla scatolina rossa di velluto, infilati con cura nella gommapiuma scura di protezione, ci sono due anelli, due sottili cerchietti di vetro trasparente, con venature colorate in svariati toni del verde e dell'azzurro. Uno grande e l'altro più piccolo.

Prendo quello più grande e sollevo lo sguardo su Asahi che mi sta fissando con gli occhi ormai pieni di lacrime. Allungo le mani a prendere la sua sinistra, e gli infilo lentamente l'anello nell'anulare mentre gli sorrido, emozionato a mia volta.

Asahi di riscuote, e con le guance ormai bagnate prende l'anello più piccolo rimasto nella scatola e me lo infila all'anulare, quindi si avvicina sovrastando col suo corpo massiccio la montagna di oggetti sparsi sul letto, per posare le sue labbra tremanti di emozione sulle mie.

- Ti amo. – gli dico quando si stacca da quel bacio veloce, che sa di cioccolato e di tutto l'amore che provo per lui. E continuo con la mia ormai inevitabile dichiarazione.

– Ho pensato che fosse arrivato il momento di farci una promessa. Sono due stupidi pezzi di vetro che ho pagato un'inezia, ma quando li ho visti nella vetrina del negozio, ho sentito che potevano essere il primo passo verso un impegno più formale, dichiarato tra noi due e al mondo intero. – e aggiungo – Sempre che tu lo voglia... –

- Lo voglio! – risponde subito, ed entrambi scoppiamo a ridere per la solennità di quelle parole pronunciate mezzi nudi su un letto pieno di cavolate come unici testimoni silenziosi.

- È perfetto! – aggiunge poi guardandosi la mano sinistra. – Hai anche azzeccato la misura. –

E io scoppio a ridere.

- Ho rischiato di finire nelle galere sotterranee di Murano per quello! – gli dico, con le lacrime agli occhi ripensando a quello che è successo.

- Avevo scelto gli anelli, e quando la commessa mi ha chiesto che misura avessi, sono rimasto spiazzato. Così le ho chiesto di aspettarmi e sono uscito in strada. E ho iniziato a fermare tutti i ragazzi e gli uomini che passavano di lì, gli prendevo la mano ed intrecciavo le mie dita con le loro. Ma nessuno aveva la mano come la tua. Evidentemente qualcuno ha pensato che fossi pazzo ed ha chiamato la polizia, perché ad un certo punto è arrivato un poliziotto e voleva portarmi al commissariato! –

Asahi ride di gusto al mio racconto, e finisco la storia.

- Mentre stava scrivendo le mie generalità, mi sono accorto che le sue mani erano davvero grandi, e così gli ho spiegato tutta la storia. Beh, devo dire che i poliziotti italiani sono gentili, perché mi ha lasciato intrecciare le dita con le sue, e quando mi sono messo a saltellare per la gioia di aver finalmente trovato la tua misura, ha stracciato la multa ed è venuto perfino con me in negozio per provare l'anello! –

Asahi ride ancora e poi mi guarda, gli occhi pieni d'amore.

- Yū, tu sei davvero pazzo! Ma ti amo esattamente così come sei! – e si protende ancora sul letto per abbrancarmi e spingermi di nuovo sdraiato sotto al suo corpo caldo.

E riprende a baciarmi con lentezza, attenzione, premura.

È sempre emozionante per me vedere quanto sia sensibile Asahi. Anche se a letto è lui la parte attiva, dal punto di vista emotivo e sentimentale è quello più fragile, più dolce, più insicuro. Io sono la parte più forte, decisa, sicura.

Ci compensiamo.

Ci completiamo, come due parti di un unico essere, l'inizio e la fine di un ciclo come già indicano i nostri nomi e cognomi**.

Era davvero scritto nel destino che stessimo insieme.

Dopo un istante lo sento che si scosta, e spinge con le mani alcuni regali che stava schiacciando sotto di sé.

Un sacchettino di velluto blu gli resta incastrato tra le dita. Asahi si solleva di nuovo seduto e lo soppesa tra le mani.

- E questo cos'è? – mi chiede.

Mi siedo a mia volta e prendo dalle sue mani il sacchettino blu con stampata l'immagine di un cigno argentato.

- Ah, sì, sono cristalli di Swarovski; allo store di Vienna c'era un piccolo spaccio che vendeva i cristalli sfusi, ne ho presi un po'. Ho pensato che magari puoi usarli per farci qualcosa. –

Apro i cordoncini e svuoto il contenuto del sacchetto nella mano grande di Asahi.

- Wow, sembra che tu abbia svaligiato una gioielleria. – mi dice ridendo, e poi mi accorgo che sta lentamente cambiando espressione mentre fissa il mucchietto di piccoli cristalli di diverse dimensioni che brillano timidamente alla luce fioca delle lampade.

- Yū. Devo tornare all'atelier. Adesso! – Mi dice dopo un istante, con un'espressione invasata che gli ho visto sul viso poche volte. E ogni volta, poi, si è messo a disegnare o cucire senza più rendersi conto del mondo che lo circondava finché non aveva terminato di realizzare l'idea che gli era balenata in testa.

- Ma... la cena... Ed è mezzanotte passata... - ma mi accorgo che non mi sta ascoltando mentre ripone i cristalli nel sacchetto e si infila i suoi boxer e i jeans.

Mi alzo e mi vesto anch'io e lo seguo di corsa nella notte fino ad arrivare di nuovo all'atelier.

Durante la salita in ascensore torna ad accorgersi di me.

- Yū. Questi cristalli sono perfetti! Esattamente quello che mancava al mio abito. Ti prego, porta pazienza, ma devo finirlo entro domani mattina quando arriverà Amatsu. Nell'area break ci sono dei divanetti, puoi metterti lì intanto che mi aspetti. –

Parla veloce, concitato, il suo volto emozionato dall'entusiasmo della sua idea.
E io mi rendo conto di amarlo ancora di più. E sono disposto anche a saltare la cena, la mia tanto agognata cena giapponese, per lui.
Sono disposto ad aspettarlo tutta la notte su un divanetto.
Sono disposto a tutto per lui.

Apre velocemente le inferriate dell'ascensore ed esce di corsa. Le richiudo e lo seguo nell'open space. Identifico l'area break di cui mi parlava, prendo una barretta al cioccolato dalla macchinetta ed una bibita, e mi rassegno a consumare la mia cena frugale mentre ascolto il rumore ipnotico della macchina da cucire che proviene dalla zona dietro gli stand, dove Asahi sta finendo il suo vestito.


✶˜°•°˜✶


Un vociare concitato si fa strada lentamente nel buio della mia coscienza. Apro gli occhi, il sole che entra dai finestroni e illumina l'atelier gremito di persone affaccendate che corrono da tutte le parti.

Mi tiro a sedere, la schiena dolente per aver dormito su un divanetto corto perfino per me.

Sono solo le sette del mattino ma l'arrivo di Amatsu ha tirato tutti giù dal letto all'alba.

Mi alzo e mi stiracchio, e sto giusto pensando di farmi un caffè dal distributore automatico, che una variazione nei suoni dell'atelier cattura la mia attenzione.

Un vociare eccitato si propaga da lontano fino a contagiare le persone attorno a me. Tutti accorrono verso le zone di passaggio tra i vari cubicoli, per raggiungere la loro postazione.

Nessuno fa caso a me. Esco dall'area break per raggiungere Asahi ma attorno alla zona dove sta lavorando si è radunata una folla. Non riesco a vedere niente.

Approfittando delle mie dimensioni e della mia innata agilità, mi inginocchio a terra e, gattonando, passo tra le gambe delle persone e mi infilo sotto agli stand gremiti di abiti, fino a sbucare nello spazio dove ieri Asahi lavorava al suo vestito.

Sollevo la testa tra alcuni abiti che pendono fino a terra, e resto folgorato.

Aiko è una creatura ultraterrena e indossa il vestito più bello che io abbia mai visto.

L'abito di shantung di seta blu notte, finalmente terminato, è perfettamente drappeggiato sul magnifico corpo della modella. Con uno scollo a barchetta, le copre completamente il busto, anche se so già che scopre la schiena; morbidamente fasciato sui fianchi, scende poi allargandosi sino a terra.

Su questo magnifico capolavoro che avevo già visto ieri, scintillano con mille arcobaleni alla luce dei led e del primo sole del mattino, i cristalli di Swarovski che ho portato da Vienna.

Asahi ha passato la notte a cucirli, partendo dalla spalla destra e scendendo in diagonale sino all'orlo della gonna a sinistra, come una scintillante via lattea che attraversa tutto l'abito in diagonale.

Il trucco leggero su quegli ipnotici occhi blu, e l'acconciatura raccolta con qualche cristallo distribuito sull'intera capigliatura, completano l'opera.

Asahi è in piedi accanto ad Aiko e sorride timido ed emozionato all'applauso che si leva, dapprima dal ragazzo in jeans e t-shirt nera in piedi di fronte a lui, e poi contagia tutto lo staff dell'atelier.

Resto ancora accucciato nella mia postazione, da cui riesco ad osservare tutta la scena.

Gli applausi scemano ed il ragazzo di fronte ad Asahi, che intuisco essere Yū Amatsu, prende la parola.

- Ben fatto, Asahi! Bellissimo! Mi hai conquistato. Domani apriamo la sfilata col tuo abito!
Ma da lunedì devi rimetterti subito al lavoro, voglio che tu venga a Los Angeles con me per la sfilata del mese prossimo. Voglio altri due abiti, oltre a questo, da presentare per la nuova collezione. –

Mormorii eccitati e gridolini si levano un po' dappertutto nell'atelier per quella dichiarazione di apprezzamento, evidentemente non così consueta.

Amatsu si volta ed esce dallo spazio riparato dagli stand, portandosi dietro la sua corte.

Sorridendo ancora incredulo, Asahi si complimenta con Aiko, che ancora una volta si spoglia e riconsegna l'abito al suo creatore, quindi si defila.

Asahi appende l'abito su una gruccia attaccata allo stand, quindi si siede, stanco e svuotato, sulla sedia davanti al tavolo, lo sguardo perso nel vuoto ed un sorriso ebete dipinto sul volto.

Esco gattonando dal mio nascondiglio e quando Asahi mi vede, scoppia a ridere e mi porge le mani per aiutarmi ad alzarmi.

- Yū. Piccolo... Scusami! – ma lo blocco subito.

- E di cosa ti scusi? Cazzo, il tuo abito è meraviglioso! Era bello anche prima, ma con i cristalli è tutta un'altra cosa! Mi sembra che gli sia piaciuto, no? – e gli faccio l'occhiolino mentre mi accomodo in braccio al mio ragazzo che mi stringe a sé.

- Sì! Sì, gli è piaciuto... – e mi accorgo di quanto brillino i suoi occhi emozionati, almeno quanto i cristalli dell'abito.

- Sono indeciso – gli dico – se chiamarlo "Milky Way" o "Morning Stars", perché in fondo quelle stelle ti hanno fatto stare sveglio tutta la notte... - ridiamo insieme, e poi dopo un istante mi guarda ancora pieno di emozione.

– Mi porta a Los Angeles! Non ci posso credere!!!! – e ride felice.

E dopo un istante prosegue.

- Yū. Vieni con me a Los Angeles, vero? - e infila il viso nell'incavo del mio collo per cominciare a baciare dolcemente la pelle sensibile sotto all'orecchio.

- Certo che vengo. – gli rispondo piano infilando le dita tra i suoi capelli arruffati e godendo di tutte le sensazioni che riesco a percepire.

La morbidezza dei suoi capelli tra le dita, il brivido che mi generano i suoi baci sul collo, il senso di protezione delle sue braccia forti attorno a me, il calore dentro al petto per questo amore che diventa ogni giorno più grande e più saldo.

E non poteva esserci coronamento migliore di questo viaggio inaspettato, e che spero sarà il primo di una lunga carriera.

La mia e la sua passione, insieme. In giro per il mondo, a presentare le sue creazioni!

Asahi struscia il naso sul mio collo, e sento che l'ultima scintilla di energia lo sta abbandonando, mentre mi dice di andare a casa.

E mentre ci alziamo e ci incamminiamo fuori dall'atelier, prendo nota mentalmente che devo davvero oliare le rotelle del mio trolley...


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** Furudate ha dichiarato di aver volutamente messo i loro nomi in opposizione:

Asahi (旭) - Sole mattutino
Azumane (東峰) - Cima orientale
"Il sole del mattino che sorge dalla cima orientale"

Yū (夕) – Sera
Nishinoya (西谷) - Valle occidentale
"Il sole della sera che tramonta nella valle occidentale"


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PUBBLICATO: 04/02/2022

RIPUBBLICATO: 26/05/2022

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