Invisibile agli occhi
Questa storia partecipa alla Challenge "Mele e torsoli" del profilo @magicartist2018
Ci fu uno schianto tremendo, e poi il buio totale.
Una ragazza, per lo meno era quello che sembrava, dai lunghi capelli biondi e la pelle candida come la neve, giaceva immobile in un buco nella terra creatosi a causa della caduta.
Non sapeva dove si trovava, ma se le sue intuizioni erano giuste aveva fatto bene a trasformarsi in essere umano poco dopo essersi svegliata. Quel gesto, sfortunatamente, le aveva prosciugato quasi del tutto le energie, lasciandola inerme e svenuta.
Rinvenne, per la seconda volta quella giornata, solo quando si sentì toccare la guancia con qualcosa di duro e appuntito, e aprì gli occhi per scontrarli in quelli di un bambino di forse 10 anni con un legnetto in mano. Occhi azzurri come il cielo, anche se quel giorno il cielo era di un triste e freddo color grigio, e l'aria fredda e umida portava il tipico profumo inebriante della pioggia.
-Chi sei?- chiese il bambino non appena constatato che la ragazza non fosse morta. -un alieno? Un supereroe? Sei caduta dal cielo?-. Sembrava genuinamente preoccupato, il che fece sorridere la ragazza, o qualsiasi cosa lei fosse, di gioia e di stupore.
-Che cos'è un supereroe?- chiese curiosa, aggrottando le sopracciglia e mettendosi seduta. Il bambino, che di nome faceva Nadiya, credette di star davvero parlando con qualcuno venuto da un altro mondo.
-Un supereroe!? è una persona che può volare, o arrampicarsi suoi muri!-, Nadiya aprì le braccia e si mise a correre in tondo come se così potesse spiccare il volo, -Indossa una maschera perchè così non si fa riconoscere. E aiuta le persone-
-Perché deve indossare una maschera se fa del bene?- domandò la ragazza, indagando nel mentre se sul suo nuovo corpo erano presenti lesioni gravi. Solo qualche botta, nulla di più. Certo che essere stretti dentro un involucro di carne era davvero sgradevole.
Nadiya si fermò soppesando la domanda. Evidentemente non ci aveva mai pensato. Il volto si scurì, e guardò la ragazza dritta negli occhi diventando tremendamente serio nel giro di un secondo.
-Forse è perché si vergogna di sé stesso-.
La ragazza, che aveva un dono innato nel riconoscere le emozioni altrui, capì che nelle parole del bambino c'era qualcosa di non detto. Ma quello non era il momento adatto per pensarci.
-Come ti chiami?- le chiese il bambino, sorridendo. Aveva un dente spaccato, proprio davanti.
-Mi chiamano con tanti nomi- rispose la ragazza alzandosi in piedi e stiracchiandosi. Una ad una le sue ossa scricchiolarono, mettendosi al proprio posto. Forse la trasformazione non le era riuscita granchè bene, quella volta. -Ma tu puoi chiamarmi Elpìs-.
-Io sono Nadiya- la informò il bambino, ancora lievemente scioccato dallo strano modo di fare della ragazza.
"quale strana coincidenza"* pensò Elpìs, ridacchiando tra sé e sé.
Un lampo illuminò il cielo, seguito dal rombo fragoroso del tuono. Lo scrosciare della pioggia colse i due impreparati, costringendoli a scappare verso la casa di Nadiya.
Elpìs non riusciva a capire come lui potesse considerare casa quel posto, ma il bambino abitava in un campo pieno di ruolottes, cocci di bottiglie rotte e cani rabbiosi. Si districarono in mezzo a quel labirinto, del quale avresti conosciuto la via di fuga solo se ci abitavi, stando attenti a non calpestare niente di pericoloso. Passarono davanti ad una roulotte dalla quale uscì un uomo con addosso dei vestiti molto discutibili, che lanciò una ciabatta contro Nadiya, urlandogli dietro: -Bastardo!-.
Il bambino prese istintivamente la mano ad Elpìs, la quale, dopo aver sobbalzato dalla sorpresa, la strinse a sua volta trascinandolo via.
Si fermarono vicino ad una roulotte leggermente più piccola e mal tenuta delle altre, davanti alla quale la spazzatura si mischiava coi giochi di Nadiya. Elpìs credette di aver visto un paio di topi sgattaiolare via per trovarsi un riparo.
Il bambino stava per salire delle piccole scalette di ferro per raggiungere la porta, quando Elpìs si fermò di colpo.
-Non posso entrare-
-Perché no? Non puoi rimanere sotto la pioggia!- esclamò Nadiya, tirandola per una mano.
-Non posso entrare, troverò un altro riparo, starò nelle vicinanze. Se avrai bisogno di me ci sarò, non dimenticarlo mai-. Elpìs accarezzò dolcemente la guancia scavata del bambino, era veramente magro, e girò sui tacchi tornando sui suoi passi senza guardarsi indietro un'altra volta.
Non poteva entrare a far parte della vita di un bambino facendosi strada come una nave spaccaghiaccio. Non poteva cambiargli così tanto la vita. Era la sua regola, ed era esattamente per averla infranta che era stata privata quasi del tutto dei suoi poteri.
Nei giorni seguenti Nadiya mostrò ad Elpìs la sua città, e ciò che faceva tutti i giorni. Da attenta osservatrice la ragazza notò che il bambino non era totalmente sincero con sé stesso. Ovvero c'era sempre qualcosa di non detto, qualcosa di profondo, qualcosa di invisibile agli occhi dei suoi compagni di gioco. Dopo qualche giorno Elpìs scoprì quale era la sua situazione familiare. Padre sempre ubriaco e dispotico, e madre sparita chissà dove, Nadiya poteva essere veramente sé stesso solo quando usciva da quella piccola e buia roulotte. Ma esattamente come un supereroe, la sua non era altro che una maschera di allegria e spensieratezza che indossava per fare buon viso a cattivo gioco, per riuscire a convivere con ciò di cui si vergognava.
Elpìs si era ripromessa di non intromettersi nella vita di Nadiya, ma non riuscì a stare al suo posto, quando, quasi una settimana dopo il loro incontro, sentì delle urla provenire dall'abitazione del piccolo.
Urla di terrore, puro e inimitabile terrore.
Elpìs si precipitò dentro, schierandosi davanti a Nadiya esattamente nell'istante in cui il padre lo stava per colpire con una bottiglia spaccata, contrapponendosi tra il carnefice e la sua vittima. Il padre si guardò in giro sbalordito, non riuscendo a capire chi avesse potuto fermare il suo colpo.
-Lui...non ti vede- mormorò Nadiya abbracciato al corpo della ragazza.
-Sono invisibile agli occhi di chi non crede- sussurrò lei.
-Di chi non crede in cosa?-
-Nella speranza -.
NOTA DELL'AUTRICE
* Elpìs e Nadiya si traducono con "speranza" rispettivamente in greco e ucraino.
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