Prova 5 - Il figlio degli dèi -
Salve giudici! Volevo solo avvisarvi che questo è praticamente lo spin-off della prova precedente. Vi auguro...
Buona Lettura
Grecia, Atena, anno 682 d.Z.
- Vieni qua! Piccolo bastardo! - Stavo correndo tra le bancarelle del mercato. Ero riuscito a rubare un piccolo bottino ad uno di quei maledetti ricconi. Appena arrivato a casa, cercai invano di non farlo vedere a Noah.
- Che cos'hai sotto la maglia?- mi chiese con un quarto grado.
- N-niente... davvero...-
- Non fare il furbo e fa' vedere - insisté lui. Le sue labbra erano avvolte da una leggere barba. Ero certo che la portasse perché pensava gli desse un'aria più autorevole, anche se a me faceva solo ridere. Noah era la persona che mi aveva cresciuto fin da piccolo. Lo consideravo come il mio fratello maggiore, anche se avevamo sedici anni di differenza. Io però, sono sempre stato convinto che Noah volesse più farmi da padre, piuttosto che da fratello. Sbuffai, poi svelai il bottino che avevo rubato.
- Anti-théos. Quante volte ti devo dire di non metterti nei guai?- mi apostrofò riluttante.
- Lo so, ma quei dannati ricconi si tengono tutto il denaro per loro, mentre qui invece si muore di fame -.
Dopo la crisi iniziale che avevano scatenato gli dèi, la civiltà ci mise diversi anni prima di riprendersi. Disgraziatamente, una parte della popolazione era rimasta ad essere povera, com'era prevedibile.
- Lo so, i ricchi sono dei tirchi bastardi, ma lo sai bene che se...-
- Lo so - lo interruppi.- ...che se scoprissero i miei poteri, potrei finire nei guai. Ma dovrei anche cercare di utilizzarli al meglio, non credi?-
- Rubare non è utilizzarli al meglio, rischi solo di cacciarti nei guai -.
- Ok, allora vado a restituirli -.Feci per avviarmi, sapendo che non me l'avrebbe permesso.
- Aspetta! Non ho detto questo, ma la prossima volta non rischiare di metterti nei guai -.
- Ok, ok... Vado a farmi un giro.- Mi avviai all'uscio.
- Già che ci sei, potresti andare dalla "Procura Vivande" a prendere le merci da vendere?-
- Ok, a dopo -.
Mentre mi dirigevo dalla procura vivande ero immerso nei pensieri. "Cerca sempre di fare il capo, il padre " pensai seccato."Ma lui non è mio padre. In realtà non so neanche chi sia il mio vero padre. Neanche lui me l'ha voluto dire... sempre che lo sappia." Mi aveva solo detto che possedevo dei poteri molto singolari, ma che dovevo tenerli segreti, per la mia sicurezza. "Sei forte, certo, ma non immortale" mi ripeteva sempre. Aveva ragione, ma spesso, dei pensieri bizzarri mi assalivano.
"Non è che io possa essere...? No. E' impossibile..." Ogni volta mi convincevo che non fosse possibile. Non potevo essere un dio, era a dir poco ridicolo! Ero pure mortale, ma gli dèi sono immortali.
Nel mio tragitto, da casa alla piccola tenuta decadente della "Procura Vivande", fui costretto a fermarmi, attirato dalla snella figura di un uomo. Indossava una divisa pratica e bianca, dei sandali alati ed un casco d'acciaio a cui erano attaccate due ali di colomba. Mi fece cenno di avvicinarmi. Aveva un'aria stranamente familiare, così accolsi l'invito.
- Sei proprio cresciuto vedo!- mi salutò calorosamente.
- Ehm...scusa, ma...tu chi saresti?- chiesi titubante.
- Oh, che maleducato, probabilmente non puoi ricordarti di me. E dato che praticamente tutti i templi sono andati distrutti, è quasi impossibile che tu mi riconosca. Be', mi presento: il mio nome è Ermes, sono il messaggero degli dèi -.
Senza esitare lo afferrai per il collo.- Sei uno di quei bastardi?- chiesi furioso. Con la mia forza non era difficile trattenerlo. L'altro cercò di farfugliare qualcosa.- Aspetta, lasciami spiegare -.
- E cosa dovresti spiegare? Voi dèi avete distrutto la terra e ridotto la popolazione mondiale ad un pugno di persone!-
- Non tutti gli dèi -.
- Uh?-
- Posso comprendere la tua furia, ma lasciami spiegare e tutto ti sarà più chiaro -.
Lo lasciai andare di malavoglia, ricordavo ancora quelle rare sere in cui udivo, dall'altra camera, le segrete lacrime di Noah. Non mi aveva mai detto che piangesse, né tanto meno per cosa piangesse. In realtà io sapevo pochissimo di lui, ma anche lui non sapeva praticamente niente di me. L'unica cosa che mi permetteva di avere piena fiducia in lui, era che avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggermi. Lo stesso valeva per me, non avrei permesso che soffrisse ancora. Molte di quelle notti di tristezza e solitudine, sono stato tentato di consolarlo, ma poi, non l'avevo mai fatto. Immaginavo l'imbarazzo e la vergogna che avrebbe provato sapendo che l'avevo sentito. Lui era il più grande fra i due e si sentiva responsabile di tutto. Tante volte avrei voluto dirgli che non era così, che non poteva addossarsi tutto sulla sua schiena, che anch'io potevo badare agli affari, che anch'io avrei potuto proteggerlo, come lui aveva protetto me da piccolo. Certo, a volte era insopportabile con quella sua aria da uomo fatto e maturo, ma gli volevo comunque bene e avrei voluto trovare un modo per dimostrarglielo, per rendermi utile. Lui era più maturo, ma io ero più forte, per lo meno fisicamente. Avrebbe anche potuto evitare di sfiancarsi ogni giorno per andare a vendere merci al mercato, a volte anche molto pesanti. Lui però insisteva che andasse tutto bene, anche quando non era così. Lo detestavo, ma in un tempo ammiravo. Noah era forte, anche più di me. Riusciva ad andare sempre avanti, anche quando la situazione era critica.
- Allora spiega - spronai Ermes. Non mi faceva paura, sa avesse tentato una sola mossa falsa, non avrei esitato a farlo fuori (anche se in teoria gli dèi sono immortali).
- Devi venire con me sull'Olimpo. Era ti deve parlare -.
- C-cosa? Era?- Ok, lei un po' di paura me la faceva. Era la sovrana dell'Olimpo, ma non mi sarei tirato indietro.- Perché vuole vedermi?-
- Vieni con me e te lo spiegherà lei -.
Alla fine accettai. Lui mi afferrò per sotto le braccia, dicendomi di reggermi forte alle sue. Obbedii. Un istante dopo ci ritrovammo a volare nel cielo azzurro, abitato da possenti nuvole bianche. Era la prima volta che volavo. All'improvviso un pensiero mi attraversò fulmineo la mente. Ma se mi stavano portando da Era, dati anche i miei poteri, forse io ero davvero... figlio degli dèi? Arrivammo dopo pochi minuti di volo. Ermes era scattante e temerario. Attraversò delle nuvole in tempesta, senza batter ciglio.
"E' incredibile..." pensai "ma cosa dico? Lui è un dio, è mio nemico. A meno ché io... non sia proprio... No, io non posso accettarlo, non posso essere un dio!"
Atterrammo dinnanzi ad una struttura dall'aspetto regale e divino. Una voce femminile e forte m'invitò ad entrare, ma non mi chiamò "Anti-théos". Mi chiamò "Ertemios". Qualcosa mi disse che era quello il mio vero nome, così entrai. Poi la vidi, in tutta la sua maestosità. Era seduta s'un possente trono. Era gigantesca, occupava tutta la stanza. La veste azzurra assomigliava ad una cascata.
- Ti stavo aspettando -.
Sussultai al suono di quella ponderosa voce. Ero impaurito. Non mi era mai capitato di sentirmi così impotente e misero. Se io mi sentivo così, mi chiedevo come si sarebbe sentito un altro essere umano, senza potere alcuno. Non mi prostrai al suolo, come forse sarebbe stato di regola. Io non rispettavo gli dèi, nessuno di loro. Avevano solo ingannato e sfruttato gli umani, per poi distruggerli senza pietà.
- Perché sono qui?- chiesi, facendomi coraggio.
- Dagli umani vieni chiamato Anti-thèos, ma il tuo vero nome è Ertemios. Per tutti questi anni hai vissuto lontano da casa. La tua vera casa è l'Olimpo. Tuo padre è Zeus -.
Non volevo crederci.
- Cosa?-
- Esattamente: Zeus. Il nostro nemico.-
- Nemico?-
- Esatto. Meno di vent'anni fa, Zeus, tuo padre, ahimè, decise di distruggere la razza umana. Stava cominciando ad evolversi troppo per i suoi gusti. Voleva rimpiazzare la specie umana con altri esseri. Fra gli dèi però, non tutti approvavano. Io, Era, la moglie di Zeus, per prima. Dalla mia parte vi erano anche Apollo, Estia, Dioniso, Ermes e tante altre divinità inferiori. Purtroppo, altrettanti dèi, specialmente i figli di Zeus prediligevano il suo lato. Scoppio così una guerra interna tra divinità. Alla fine non riuscimmo a fermare Zeus nel suo intento, ma riuscimmo a limitarne solo minimamente i danni -.
Il volto del ragazzo era visibilmente scosso dinnanzi a quelle rivelazioni. Alla fine lui era un dio...figlio di colui che aveva distrutto la terra e che aveva fatto soffrire Noah. Nonostante la cicatrice sul suo petto, aveva sempre cercato d'ignorare quell'eventualità. In quel momento avrebbe voluto scomparire.
- Perché me lo state dicendo solo adesso? Come sono finito sulla terra?-
- Strategia. Necessitavamo di trasformare in mortale un figlio diretto di Zeus. Tu eri appena nato. Sarebbe stato molto più semplice rapirti rispetto agli déi potenti e saggi. La nostra unica preoccupazione erano i tempi, ma fortunatamente è andato tutto per il meglio. Ora è arrivato il momento che tu compia il tuo destino -.
- Il mio destino?-
- Il tuo compito è uccidere Zeus -.
- Cosa? Ma sono un mortale e Zeus è un dio, come posso?-
- Noi sappiamo. Apollo! Appari fra noi! -
In un vortice di luce, un uomo di bell'aspetto, dal viso luminoso comparve dinnanzi ai loro occhi.
- Sono qui, mia signora Era -.
- Svela al figlio di Zeus i segreti per uccidere il suo stesso padre -.
- Certamente. Solo un discendente mortale del sangue divino del dio del tuono potrà porre fine alla sua esistenza. Trafiggendogli il cuore con una lancia, intinta del sangue di una chimera e di un'idra -.
- Se devo uccidere Zeus, mi sta bene, ma dove lo trovo quel sangue?-
- Non te ne devi preoccupare, ti forniremo noi del necessario - intervenne Era.- Ora non ti resta che una scelta, che solo tu sei degno di prendere. Puoi scegliere di uccidere Zeus in quest'anno, oppure, potrai tornare indietro, prima che avvenga il cataclisma creato da lui, distruttore della maggior parte della popolazione umana -.
- Tornare indietro?-
Quello voleva dire che sarei potuto tornare indietro ed evitare tutte le sofferenze all'intera specie umana. E a Noah. Ma quello voleva anche dire che Noah non si sarebbe più ricordato di me. Non avrei mai più vissuto con lui. Tutti i bei momenti... perduti. Alla fine presi la mia decisione, anche se a malincuore.- Tornerò indietro, ma prima... devo dire addio ad una persona che mi è molto cara -.
- Libero di fare come preferisci -.
D'un tratto tra le mie mani comparvero due oggetti. Il primo era la lancia, intinta dell sangue secco delle due creature. Il secondo era una piccola sfera in madreperla.
- Quel gioiello ti permetterà di tornare indietro, all'epoca esatta, e teletrasportarti d'ovunque vorrai. Ti basterà dire la destinazione e l'anno. SeI la nostra unica speranza. Ed anche l'unica dell'umanità -.
Era sperava molto nella riuscita del piano. In parte voleva salvare l'umanità, in quanto le era cara, ma dall'altra parte voleva la morte di Zeus. Per anni era sottostata al suo comando. Era forte, era vero, ma non quanto lui. Nessun'altra divinità era venuta a conoscenza delle atrocità subite dal marito in passato. Voleva vendicarsi.
- Grazie. Ce la farò -.
Dopo esser stato ritrasportato a casa da Ermes, non potei evitare di fissare l'uscio prima di entrare. Quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrei visto Noah. Dopo non si sarebbe più ricordato niente, né di me, né di tutto ciò che avevamo passato insieme. Di come mi aveva cresciuto amorevolmente. Le lacrime mi arrivarono presto agli occhi. Me le asciugai frettolosamente prima d'entrare. Mi chiedevo anche come l'avrebbe presa. Lui odiava gli dèi. Avrebbe odiato anche me?
Era ancora sveglio ad attendermi.- Anti-thèos, ti ho cercato per ore senza trovarti, mi hai fatto prendere un colpo!-
- Scusa. Noah... devo dirti una cosa... In realtà... sono tante...-
- Che cosa?- chiese, buttandosi sulla sedia accanto al tavolo.
- Ora so -.
Noah mi guardò interdetto per alcuni istanti.- Tu sai?-
- Sì. Ho scoperto chi sono. Io... Io... sono figlio di Zeus -.
- Allora è proprio vero -.
- Noah... Mi...mi dispiace!- La mia tensione era giunta al limite.- Non vorrei essere suo figlio, ma a quanto pare è andata così! Tu odi Zeus, quindi forse odierai anche me.- Le lacrime strariparono dai miei occhi.
- Ma che fai? Piangi?- mi chiese dolcemente, alzandosi dalla sedia ed avvicinandomisi.- Non potrei mai odiarti - continuò poggiandomi una mano sulla spalla.- Sei proprio scemo uh?-
- Sei tu l'idiota qui - mormorai con voce roca.
- Super forte e super sensibile -.
Distolsi lo sguardo, cercando di non fargli vedere le lacrime.
- Sciocchino, ormai è inutile che cerchi di nasconderle -.
In realtà, forse, non stavo piangendo per la paura che mi odiasse, ma forse perché non l'avrei più rincontrato. Mi aveva accudito fin da piccolo e cresciuto con amore. Lui si sarebbe dimenticato di me, ma io non di lui. Sarebbe stato doloroso, ma volevo che fosse felice. Felice per davvero.
- Guarda che anche tu piangi. Ti ho sentito qualche notte.- Noah rimase sorpreso ma trovò subito una risposta.- Siamo tutti umani, anche tu. E anche tu piangi come si può ormai consolidare -.
- Noah, ti devo dire un'altra cosa -.
- Dimmi -.
- Avresti anche potuto farmi lavorare di più, io sono più forte -.
- Vedo: - inarcò un sorriso sarcastico - così forte che piangi come un bambino -.
- E piantala...!-
- Ok, ok... scusa. Stavo solo scherzando -.
- Io sono serio. E poi, questo è un addio.- Il sorriso di Noah si spense violentemente.
- Cosa stai dicendo?-
- Ho incontrato gli dèi. Ho la possibilità di tornare indietro e d'evitare la catastrofe della terr...-
- No!-
- Eh?-
- Ho detto no. Tu non tornerai indietro -.
- Perché no? Posso evitare la catastrofe! La tua famiglia non morirà e tu ti dimenticherai di me -.
- Non m'interessa, non voglio dimenticarti.- Mi afferrò per le spalle.- Hai sentito?-
- Mi hai sempre detto d'utilizzare i miei poteri per qualcosa di utile. Posso salvare l'umanità ti redi conto? Posso renderti felice finalmente! E fiero di me!-
- Ma io sono già fiero di te e sono anche felice!-
- Noah, lo devo fare. Non voglio che Zeus provochi altri disastri. Era mi ha detto che ora Zeus è ancora debole, ma quando si riprenderà, chi ti dice che non tenterà nuovamente di distruggere l'umanità?-
- Io non voglio che rischi la tua vita per una possibile evenienza, né tanto meno pensando che perdendoti sarei più felice. Poi non pensi alla tua di sofferenza? Anti-thèos, rimani qui -.
D'istinto lo abbracciai.
- Non posso - gli dissi."Ti voglio troppo bene per vederti soffrire ancora. Tu dici di essere felice, ma lo so che ti manca ancora la tua famiglia. E' sempre meglio non ricordare di aver perso qualcosa, piuttosto che non ritrovare più qualcosa". Mi staccai e lo guardai intensamente negli occhi. Poi sussurrai alla pietra la mia destinazione, quando lui tentò d'afferrarmi, ma ormai ero partito.
Olimpo, anno 666 d.Z. Tre giorni prima della catastrofe
Con un lampo di luce mi ritrovai tra le mura bianche dell'Olimpo. Avevo con me la lancia intrisa di sangue e la pietra. D'un tratto sentii dei passi pesanti e intimidatori, così mi nascosi frettolosamente.
Un uomo possente dai capelli e la barba folta e bianca. La sua statura era mastodontica. Era decisamente più forte di me. Zeus, mio padre. Era dinnanzi ai miei occhi. Probabilmente non sarei riuscito ad ucciderlo in uno scontro diretto. Avrei dovuto attaccarlo di spalle. Era una mossa disonorevole, da codardo, n'ero consapevole, ma Noah mi aveva sempre ripetuto una cosa: "L'onore è solo per chi se lo può permettere". Ed io in quel momento non potevo permettermelo. Avevo la possibilità di salvare l'umanità e non me la sarei di certo fatta sfuggire per conservare un sentimento tanto egoista come l'onore. Lo osservai ancora per qualche istante, pronto ad uscire allo scoperto per attaccarlo, ma prima che potessi muovere un solo muscolo sentii la sua voce chiamarmi.
- Fatti avanti, figlio -.
Sussultai. Inizialmente non uscii, sperando (inutilmente) che si dimenticasse di me. Poi però mi decisi e mi feci avanti.
- Zeus -.
- Sei venuto qui per uccidermi o sbaglio?-
- Sì, è così -.
- Immaginavo che Era avrebbe architettato qualche stratagemma per farmi fuori... Ma addirittura reclutare mio figlio dal futuro? Ah! Questa è bella!-
- Sappi che anche se sei mio padre non mi farò scrupoli ad ucciderti -.
- Già. E vedo anche che hai tutto l'occorrente. Ma la tua forza ed il tuo ingenio saranno sufficienti?-
- Non lo so. Ma se morirò, saprò di averlo fatto per cercare di salvare l'umanità -.
- Tsk, l'umanità: il mio più grande errore mai commesso -.
- Perché dici questo?-
- Ah! Mi chiedi perché lo dico! Tu che hai vissuto a stretto contatto con loro. Non hai visto quanto sono meschini e disonesti? Crudeli con il prossimo e violenti -.
- Questo non è vero! Non tutti sono così!-
- Invece sì. Non c'è speranza per l'umanità. Di questo passo, troveranno il modo di sottomettere noi stessi dèi. Inizialmente erano stupidi e a dir poco miseri, ma dopo che Prometeo, quel dannato traditore, gli ha donato l'intelligenza e la memoria, rubandoli dallo scrigno di Atena, si sono evoluti, diventando una minaccia. Inizialmente cercai di mantenerli fedeli a me intimorendoli, ma presto capii che l'unico modo di tenerli a bada era distruggerli definitivamente -.
- Come pensavo. Sei soltanto un maledetto bastardo. Hai fatto in modo di crearli solo per compiacerti della tua potenza, non è così? Non sei sicuramente migliore degli umani -.
- Non paragonarmi a loro. Io sono un dio. Comunque è corretto, li ho creati apposta per compiacermi. Chi non ha bisogno di sentirsi potente, vedendo la miseria dei più deboli? -.
- Tutta la sofferenza che la specie umana ha vissuto. E' per questo che è diventata così. Nessuno nasce malvagio. La pagherai -. A quelle mie parole, mi chiesi se per gli dèi fosse lo stesso. Zeus era diventato malvagio, o lo era sempre stato. Lui aveva creato di tutto, lui era stato il primo essere esistente. La risposta era no. Lui era diventato semplicemente pazzo. Troppo potere dà alla testa. Vale anche per gli dèi.
Impugnai la lancia, ormai non potevo evitare lo scontro diretto. Mi fiondai su Zeus, pronto ad infilzarlo, ma in una velocità assurda, mi sentii afferrare dalla caviglia e sbattere dolorosamente a terra. La lancia si spezzò, facendo cadere distante da me la lama. Mi affrettai a recuperarla, ma un'altra volta venni afferrato ancora e fatto sbattere contro il muro. Per fortuna ero resistente e non mi ruppi nessun osso, anche se avevo cominciato a sanguinare. Era la prima volta che sanguinavo. Noah invece, l'avevo visto parecchie volte sanguinare. Una volta, quando ero ancora piccolo, ricordo d'essermi cacciato nei guai. Non capii cosa successe, ma capii che Noah, per proteggermi, si era battuto contro due banditi. Venne pugnalato alla spalla, aveva ancora la cicatrice sulla sua carne. Noah si era sempre battuto per me, nonostante non avesse super forza o velocità. Nonostante fosse del tutto umano. Non potevo ritirarmi, dopo tutto quello che aveva fatto per me.
Mi alzai, evitai un'ulteriore presa di Zeus e riuscii ad afferrare la punta della lancia dall'ormai ristretto manico di legno. Mi avvicinai a lui correndo. Aspettai il momento giusto in cui cercò d'afferrarmi nuovamente. Pensavo puntasse alle caviglie, così feci una mossa falsa, e Zeus mi afferrò per il collo, sbattendomi a terra. Faticavo a respirare. Ogni secondo, Zeus premeva di più sul mio collo. Stavo soffocando. Non potevo morire così, avevo promesso a me stesso e a Noah che avrei salvato l'umanità. L'avrei fatto anche a costo della vita. Sentii una scarica di forza attraversarmi il corpo e l'anima. Era una sensazione che non avevo mai provato prima. Mi sentivo talmente forte, da poter abbattere qualunque ostacolo. Presi per il polso Zeus, che evidentemente non se l'aspettava. Cercò di afferrarmi con la mano ancora libera, ma con la lama gliela infilzai. Non sanguinò. Una smorfia però gli si formò in volto. Probabilmente era opera del sangue di chimera ed idra. Dubito che una lancia normale gli avrebbe provocato dolore. L'espressione sofferente era fusa ad una di odio e disprezzo. Lo lanciai a terra, e con velocità, mi ritrovai io a tenerlo per il collo, impugnando l'arma.
- Hai smesso di far soffrire l'umanità -.
Lo colpii dritto al cuore. Sentii Zeus soffocare un gemito di dolore. I suoi occhi cominciarono a spegnersi ed il suo corpo a smettere di fare resistenza. Pochi attimi dopo, mi trovavo ancora sopra di lui, ormai morto. Avevo ucciso Zeus. Avevo salvato l'umanità. Mi sentii invadere nuovamente da un'energia, ancora più forte di quella precedente. Completamente diversa. Mi sentivo vivo. Più vivo che mai. Ero forse ritornato un dio? Nonostante non provassi più odio per le divinità - almeno non per tutte - speravo di non essere tornato anch'io una di loro. Per esserne certo, mi taglia con la lancia la pelle del braccio. Non uscì sangue. Perlustrai con lo sguardo il mio corpo: le ferite erano svanite. Ero ritornato un dio. Probabilmente la forza divina di Zeus, uscita dal suo corpo, era entrata nel mio.
D'un tratto una scarica di luce si mostrò ai miei occhi. Era Era, quella del futuro supposi, seguita da decine d'altre divinità. Lei mi guardò e poi parlò.- Hai svolto un ottimo compito, Ertemios. Dopo che avremo sconfitto anche le altre divinità, l'umanità sarà salva -.
Sono passati pochi mesi dalla dipartita degli dèi nemici dell'umanità. Dopo aver sconfitto Zeus, sono ritornato ad essere un dio. Ora vivo sull'Olimpo, con le altre divinità. Noah aveva ragione: fa male. Fa male vederlo ogni giorno da quassù, senza però avere la gioia di sapere che lui si ricorda di me. Tutto ciò che abbiamo passato, tutto ciò che ha fatto per me. Mi ha nutrito, scaldato, amato. Non lo potrò mai dimenticare. Lui però non l'ha dimenticato. Semplicemente non l'ha mai vissuto. Sono sicuro che se l'avesse vissuto però, non se lo sarebbe dimenticato mai del tutto. Da quassù però, lo vedo felice e sorridente. E' ancora giovane ed ha tutta una vita felice da vivere...senza di me.
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