- Prova 1 -
Anno 9997 d.C.
Da millenni, vago senza meta fra i mari e gli oceani. La fine è vicina, finalmente.
Non temo la morte, la mia vita è durata abbastanza. Esisto fin dall'inizio della creazione. Sono assai più vecchia dell'antica specie umana, ormai estinta da più di cinquemila anni.
La vita non esiste più. Gli animali, le piante, l'aria nitida sono stati tutti distrutti dalla sua indomabile arroganza. Tutto ciò che rimane è un'immensa distesa d'acqua.
Non affioro in superficie da cinquemila anni, da quando il pianeta Terra era ancora in fase di distruzione. La maggior parte della terraferma era sprofondata a causa dell'innalzamento degli oceani e la popolazione diminuiva drasticamente.
Solo una misera fetta di terra rimane tutt'oggi visibile, insieme alle cime delle montagne più imponenti.
Disprezzo immensamente la razza umana, così crudele e meschina. E' per questo che sono scomparsi. Hanno portato alla distruzione l'intero ciclo naturale, accecati dalla loro fame di ricchezza e potere.
Per questo, dopo averli conosciuti per quello che sono, ho preferito tornarmene qui giù, continuando a camminare sulla sabbia dei fondali che ti carezza i piedi.
Ciò che più apprezzavo della vita era la compagnia degli altri esseri marini, i più imponenti e saggi, ma anche i più dolci e solidali. Mi divertivo a correre e nuotare all'inseguimento dei delfini e mi cimentavo in amichevoli lotte contro gli squali.
Gli esseri che più mi affascinavano però, erano le balene: regali e possenti, sagge e potenti.
Le seguivo spesso durante le loro interminabili migrazioni.
All'inizio la vita sembrava perfetta. Tutte le specie vivevano in pace secondo l'ordine naturale.
Poi arrivò l'uomo, che stravolse tutte le regole. Impose con arroganza e prepotenza le sue, facendo sì, che poco alla volta la miseria si impadronisse del mondo.
L'antico giardino dell'Eden ormai è scomparso, trasformatosi nell'inferno più profondo e straziante.
Lottai per secoli contro la loro oppressione, come dimostrano le numerose cicatrici che affiorano sul mio apparentemente esile corpo.
Io non sono un essere come tutti gli altri. Sono in grado di stravolgere le leggi della fisica. E' per questo che sono in grado di camminare e respirare sott'acqua senz'alcun sostegno o di non toccare cibo anche per l'eternità. Posso mutare la mia forma a mio piacimento. Posso diventare uno squalo o un uccello, una donna o un serpente...
In questo modo, per un breve periodo che vorrei dimenticare, mi sono mischiata al genere umano. Da lontano sembrava così affascinante e geniale. Si potrebbe paragonare ad una medusa: da lontano la osservi, affascinato dai suoi colori splendenti. Quando ti avvicini la trovi ancora più bella, ma quando la tocchi, rimani inesorabilmente punto.
Fra gli umani ero una donna. Nel 1600 il ruolo di quest'ultima era piuttosto infimo, ma a me non importava fare fortuna, volevo semplicemente osservare la società umana da vicino.
Inizialmente venni abbagliata da quelle innovative menti, e di questo mi pento amaramente.
Conobbi la guerra e la carestia, l'odio e l'amore. Inizialmente ero convinta che fosse semplicemente spirito di sopravvivenza. Se qualcuno attaccava ci si doveva difendere, e per sopravvivere ci si doveva nutrire di altri esseri viventi, proprio come facevano le creature marine.
Ricordo di essermi innamorata poco dopo il mio sbarco sulla terra. Il suo nome era Isaac. Isaac Newton. Era un uomo di un'intelligenza tanto affascinante quanto sconvolgente. Era fonte di sapere e saggezza. Appassionato di materie come la matematica, l'astrologia e la fisica, era per me la persona più sapiente della Terra.
Ricordo ancora un aneddoto. Forse l'unico legato agli esseri umani che ritenga ancora oggi positivo .
Stava lavorando ad alcuni dei suoi esperimenti, come faceva solitamente. Adoravo rimanere a contemplarlo per ore, intento nei suoi studi. Stava lavorando al Secondo Principio della Dinamica, meglio detto Principio di Proporzionalità. Seppi in futuro che prese addirittura il suo nome.
Quel giorno gli chiesi che cosa stesse facendo. Lui gentilmente mi prese per le mani e mi fece avvicinare al carretto che si trovava in mezzo al cortile. Mi invitò a poggiarle su di esso dicendomi di spingerlo. Io ubbidii, anche se non capii bene che cosa volesse dimostrare con questo.
Subito dopo lo caricò con diversi ortaggi appartenenti al nostro piccolo orto. Cercai di spingerlo normalmente. Impiegai più sforzi, ma in ogni caso riuscii a spostarlo.
Quando ebbi finito mi fece notare che avevo, appunto, utilizzato più forza per spingerlo la seconda volta.
Lo svuotò nuovamente e questa volta mi disse di dargli una forte spinta lasciandolo poi andare. Dopo aver eseguito l'esercizio lo caricò di nuovo e mi ordinò di fare lo stesso. L'attrezzo rallentò poco dopo, a differenza della prima volta che proseguì per diversi metri a una velocità decisamente maggiore.
Continuavo a non capire. Isaac mi fece notare il rapporto tra forza, massa e accelerazione. La formula che mi nominò fu "F=ma". Questo significa che: l'accelerazione di un corpo è direttamente proporzionale alla forza causante ed inversamente proporzionale alla massa.
Quello è l'unico bel momento legato ad un essere umano ancora vivido nei miei pensieri. Con gli anni Isaac divenne violento, abusando di me e picchiandomi. Fuggii da lui e dalla sua furia.
Non mi arresi però. Decisi di continuare a viaggiare, trovandomi in fine nelle Americhe.
Trascorsi ancora circa due secoli in superficie, prima di rendermi conto della mostruosità che si celava dentro le loro membra. In fondo all'anima di ogni uomo e donna si nascondeva un lato recondito e tenebroso, pronto in qualsiasi istante a svelarsi per morderti la giugulare.
Forse lo sapevo già, ma lo negai a me stessa. Isaac era stato solo un caso pensai. Come dire...?L'eccezione che conferma la regola.
Nel 1800 conobbi una pratica, a mio parere, estremamente spietata e perfida: la caccia alle balene.
Quando ne sentii parlare per la primissima volta, volli informarmi immediatamente. L'uomo, capitano di una baleniera, tipica imbarcazione utilizzata in questa pratica, fu molto contento di raccontarmi tutti i particolari.
Le povere ed innocenti balene, una volta avvistate, venivano arpionate senza pietà. Dopo, come se non bastasse, il povero animale era trascinato crudelmente finché non moriva dissanguato. Tutto questo semplicemente per impadronirsi del loro grasso. Fu lì che capii che tutte le azioni dell'uomo, da quelle belle a quelle orrende, erano guidate dalla sua sete di potere e ricchezza.
A quel punto capii. Non era stato un caso, il caso non esiste. Rimasi scossa da quel racconto. Talmente disgustata da odiare l'intera umanità. Da creatura marina mi ero tramutata in umana, ma quando capii ciò che erano davvero, quei mostri, mi pentii della mia sciagurata scelta e mi rifugiai nuovamente nei fondali marini.
Anche Isaac lo era, e non solo per le violenze, ma anche per la sua superbia. Quando ero innamorata non me ne resi conto, ma oltre ad essere la persona più intelligente che avessi mai conosciuto, era anche la più arrogante ed egocentrica.
Passai un atroce periodo di profonda depressione. I sensi di colpa mi opprimevano. Volevo rimediare all'errore fatto.
Decisi così di lottare. Sì, lottare. Avrei impedito all'uomo di mandare in frantumi il mondo.
Purtroppo, fallii nella mia utopica impresa. L'umanità era troppo potente perfino d'innanzi ai miei poteri. Alla fine si autodistrusse, accecato dalla sua superbia. Se soltanto, ahimè, non avesse trascinato nel baratro anche il resto de mondo.
Negli ultimi millenni, ho percorso il globo in lungo e in largo, centinaia o addirittura migliaia di volte. Ho osservato il panorama mutare, decadere, ed in fine frantumarsi in minuscoli e taglienti cocci intrisi di sangue, del mio sangue.
Le loro città super tecnologiche, ormai sommerse dai mari, non sono riuscite a salvarli dalla loro ingordigia, dal loro egoismo e dal loro egocentrismo. La specie umana era la Dea, che governava su tutte le altre, infime e misere ai suoi occhi.
Ad un certo punto della storia, scomparve addirittura la poca umanità che possedevano; su tutti i fronti. Erano diventati esseri senza il minimo scrupolo, fusi con pezzi metallici di macchine.
La guerra e la carestia hanno trasformato lentamente questo pianeta in ciò che è oggi.
Le multinazionali sfruttavano l'immensità della terra, senza rendersi conto che anche l'immensità ha un limite.
Con l'aiuto dei loro macchinari, d'ovunque passassero, in qualunque foresta, o mare, o quello che fosse, alle spalle si lasciavano soltanto miseria e sciagura.
Foreste trasformate in terreni aridi, mari divenuti distese d'acqua disabitate, pianure incendiate.
Il deserto divenne il padrone della terra ferma. L'aridità pensò a punire la razza umana e dopo la sua definitiva estinzione, il mare, fece il suo dovere. Cercò di nascondere tutto l'orrore che quell'arrogante razza aveva creato, sostituendolo con l'essenza pura della vita: la natura.
Io, sono ancora qui. Sola, abbandonata a me stessa. Tutto ciò a cui tenevo è scomparso. Solo una cosa mi è rimasta: il mare. Questa immensa distesa di acque verdastre ed inquinate.
Ormai lo considero come un vecchio parente in fin di vita: te ne prendi cura finché non decide di lasciarti. Io e lui, però, moriremo insieme.
Sono legata al mare. Io sono in lui, e lui è in me. Lui è la mia dolce metà; lui è tutto ciò che mi rimane, e io sono tutto ciò che rimane a lui.
Fra poco non esisteremo più. Il sole si sta espandendo velocemente. Presto distruggerà definitivamente questo logoro pianeta.
Io attendo la fine, seduta su questi esili granelli di sabbia. Ho un solo rimpianto in tutta la mia lunga e dolorosa vita: non essere riuscita a salvare ciò a cui tenessi di più.
Mia madre, Madre Natura, è morta, il mare attende la sua fine; la nostra fine.
Avrei davvero voluto fermare quell'essere pazzo: l'uomo. Ho lottato a lungo contro quest'ultimo. Sono stata spesso identificata come la personificazione dal male, quando in realtà lo erano loro.
Io ho cercato di difendere la natura, ciò a cui tenevo, ma loro, nonostante la mia insistente lotta, me l'hanno strappata via senza pietà. Soltanto adesso mi rendo conto della missione che mi era stata affidata da mia madre. Dovevo difendere le sue splendenti creazioni dall'uomo, probabilmente il suo più grande errore, ma anche il figlio che amava di più, troppo per annientarlo lei stessa. L'ho delusa, non sono riuscita a portare a compimento la mia missione.
Lo sento, il calore del sole è sempre più vicino. Presto questo pianeta esploderà come le numerose bombe atomiche sganciate sulla superficie della terra e del mare.
Lo sento evaporare, il mare. Attendo questo momento da anni. Agogno la morte, agogno la pace, agogno la fine.
Oramai sto morendo. Le forze mi abbandonano, il sole mi sta distruggendo. Non provo dolore, solo sollievo. Finalmente riuscirò a non pensar più al mio fallimento. Gli uomini sarebbero felici di assistere alla mia fine.
Nel mondo ero conosciuta con tanti nomi, ma quello che ho sempre amato di più, era Moby Dick.
Fine
Salve Giudici! Spero che questa... Cosa? Sì, cosa, vi sia piaciuta!
- Saluti Mithysun -
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