Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Seconda Prova ~ TeenFiction

Se qualcuno mi chiedesse di scegliere tra una bella uscita con gli amici e una tranquilla (si fa per dire) serata a casa mia, circondata da tutti i miei familiari, opterei sicuramente per la seconda. Non perché io non ne abbia (anche se sono pochi e non sono sicura di poterli ritenere davvero dei veri amici), ma perché, conoscendomi, mi sentirei perennemente a disagio e desidererei tornarmene a casa, a chattare con quelle persone con cui non proverei mai quel tipo di sensazione.

Sono un tipo di persona che non ama molto stare in mezzo alla gente, ma a cui piace fantasticare su essa. Certe volte, mi piace immaginare una qualsiasi storia sulla loro vita. Ad esempio, il ragazzo seduto sulla panchina davanti alla mia finestra che sta fumando, e mi sta fissando, non potrebbe essere un infiltrato del FBI in Italia, arrivato fin qua per investigare su qualcosa? O un alieno arrivato da un pianeta lontano in missione per osservarci, prima di doverci conquistare? O peggio ancora, un serial killer che mi ha preso di mira? In un certo senso, preferirei la terza opzione. Almeno un ragazzo, nella mia breve e insignificante vita, si sarebbe interessato a me, anche se avesse voluto farmi fuori. Cosa alquanto poco probabile dato che me ne sto sempre in casa e non conosco quasi nessuno.

Ma allora perché mi sta facendo un cenno con la mano? Strano.

Lo saluto, tanto non lo rivedrò più quasi sicuramente.

Lui sorride, ancora con la sigaretta in bocca. Quell'affare è un biglietto che porta dritti alla morte, se non viene stracciato il prima possibile. E ha un sapore davvero orribile. Come fa a piacere alla gente?

Devo aver fatto una smorfia, perché lui inizia a ridere, togliendosi la sigaretta di bocca e la usa per indicarmi, come a invitarmi a provarla. Ma cosa vuole?

La spegne, calpestandola sul marciapiede, mentre continua a osservarmi con sguardo beffardo. Ma cosa cavolo vuole da me?

Mi hanno sempre detto che è facile leggere le emozioni sul mio viso, ma adesso è davvero troppo. Mi saluta di nuovo, si volta e se ne va. Credo che abbia capito che sono arrabbiata. Ma perché lo sono? Forse per la sigaretta che ha lasciato a terra? O perché mi ha letta così in fretta? Non lo rivedrò più, tanto vale non pensarci troppo.

/'\/'\/'\/'\/'\/'\

Come ogni mattina di quest'estate, alle otto mi metto seduta sul davanzale della finestra a leggere. Non dormo molto la notte, non l'ho mai fatto e non ne conosco il motivo. Ma non mi importa granché, anzi, la maggior parte delle volte sono stata davvero felice di alzarmi alle quattro o alle cinque di mattina per osservare un'alba. È un momento in cui posso davvero credere che ci sia qualcosa di veramente bello e magico in questo mondo. Paragono l'alba a un incantesimo, che mi amalia e mi strega, che mi rende viva.

Oggi ho in mano uno dei libri che ho letto quando ero più piccola, Le avventure di Aquila e Giaguaro. Accarezzo la copertina e le sorrido, malinconica. Mi mancano quei tempi in cui non avevo nulla per la testa. Niente problemi. Nessuna fantasticheria su ragazzi che mi amano. La scuola andava bene, la vita pure. Ora leggo libri su libri per trovare un sogno, uno scopo, per me, che non sono in grado di crearne uno con le mie mani.

Alzo lo sguardo dalla copertina verde tutta rovinata, e osservo il paesaggio al di fuori del vetro. Qualche anno fa ci siamo spostati dalla città alla campagna, e io ho da subito amato i vecchi alberi, l'odore di pioggia nell'aria pulita, il cinguettio degli uccelli la mattina, il sorgere del sole e della luna che non avevo mai visto rinchiusa tra quelle mura grigie.

Abbasso lo sguardo sulla panchina davanti alla finestra, per chissà quale motivo. E, in questo momento, mi ritrovo a sbattere le palpebre più volte, incredula.

Il ragazzo di ieri è seduto sulla panchina, e anche oggi mi saluta con un cenno della mano. Non ha la sigaretta.

Ricambio il cenno e lo guardo bene per la prima volta. I capelli sono di un castano scuro, simili al nero, tutti arruffati. Sembra essersi svegliato da poco. Gli occhi non li vedo, è troppo lontano. Indossa una maglia bianca, dei pantoloncini neri e... delle pantofole pelose a forma d'orsetto. Rosa.

Inizio a ridere, tenendomi la pancia con le mani. Sicuramente si è alzato da poco, e direi anche di fretta. Ma perché?

Mi guarda accigliato, e io gli indico le pantofole. Le sue espressioni sono troppo divertenti. Guarda prima le pantofole, poi guarda me con un'espressione indignata e scandalizzata. Scoppio di nuovo a ridere. Credo che sia terribilmente imbarazzato, perché è diventato rosso come un pomodoro. Abbassa il capo e comincia a fissare per terra, scalciando qualcosa d'invisibile con quelle pantofole così... rosa.

Copro la bocca con le mani, cercando di trattenere la risata. Lui alza finalmente il capo, e mi accenna un sorriso imbarazzato. Io scuoto la testa, scoppiando di nuovo a ridere.

Non ridevo così da tanto, troppo, tempo per qualcosa. E ora sto ridendo grazie a uno sconosciuto.

Lui si alza, toglie la polvere dai pantaloni e si schiarisce la voce, cosa inutile dato che la finestra ci separa. Dice qualcosa a bassa voce, ma non lo sento. Un po' mi dispiace.

Guarda prima me e poi per terra, poi di nuovo me e ancora per terra, e così parecchie altre volte. Sembra titubante e continua a guardare l'orologio che ha al polso. Mi guarda, prende un respiro profondo e mi indica l'orologio. Controllo dal mio cellulare, notando che sono passate le otto e mezza. Un sorriso appena accennato compare sul suo viso, come di scuse. Ma perché si dovrebbe scusare?

Mi fa un altro cenno, e io ricambio. Lui rimane ancora qualche minuto a fissarmi, poi sobbalza, prendendo il cellulare dalla tasca e rispondendo. Sembra agitato, e anche di fretta. Mi saluta un'ultima volta e se ne va, lasciandomi un po' confusa e un pensiero per la testa. "Tornerà anche domani?" mi chiedo.

/'\/'\/'\/'\/'\/'\

Questo ragazzo viene a trovarmi tutti i giorni da quasi due mesi ormai. Lo trovo seduto sulla panchina davanti alla mia finestra che già mi aspetta, e ridiamo sempre per qualcosa che non possiamo sentire con le nostre orecchie, ma col cuore. Non so chi sia, quanti anni ha, da dove viene, perché viene a stare con una come me, non conosco nemmeno la sua voce; ma posso dire una cosa con sicurezza: sono felice. In sedici anni di vita, è la prima volta che mi sento così viva, se non per un'alba, le mie amiche di wattpad, i miei libri.

È un sentimento strano, lo so. Essere felice grazie a qualcuno di cui non conosci niente, tranne che per l'aspetto fisico e un suo lato del carattere? Strano. Decisamente. Ma non posso farci nulla, così mi limito ad essere travolta da quelle emozioni così rare e nuove per me.

Con un sorriso sul volto, mi metto seduta sul davanzale, sicura di trovarlo là, come da sempre negli ultimi due mesi.

Ma quel sorriso svanisce subito. Non c'è. Non è seduto là come al solito. Starà ancora dormendo? No, non credo. Avrà preso un raffreddore? Raro in estate. Sarà uscito con i suoi? Plausibile. Mi sto preoccupando. Terribilmente anche.

Fisso il paesaggio al di fuori della finestra, con uno sguardo vuoto. Gli uccelli volano tranquilli nel cielo, le cicale cantano, il vento scuote leggermente le fronde degli alberi e... e la panchina è ancora vuota.

Sospiro, è inutile pensarci così tanto. Però sono... triste? Non lo so.

La giornata è passata lentamente. Ho letto e riletto più volte le stesse pagine senza capirci nulla. Ho smorzato delle liti. Ho preparato il pranzo e aiutato a cena mia madre. E ora sono di nuovo alla finestra, a fissare quella panchina vuota.

Oggi è il 15 agosto, ferragosto. Nel mio paesino si festeggia con musica e danze, ma ho deciso di rimanere a casa. Mia madre mi ha fatto indossare comunque un vestitino bianco, semplice e comodo (come piace a me), e mi ha fatto fare una crocchia, adesso tutta rovinata. Ma non mi importa granché.

Continuo a fissare quella panchina. Non so cosa io mi aspetti, non lo so proprio. Forse... forse che lui compaia e mi faccia come sempre compagnia.

Appoggio la fronte al vetro, con lo sguardo ancora rivolto alla panchina. "Sono così stupida" mi derido. La guardo di nuovo, malinconica, poi chiudo gli occhi.

Qualcosa batte contro il vetro della finestra. Uno, due, tre volte. Ma che succede? Apro gli occhi e il mio cuore sembra fermarsi, l'aria non raggiungere più i miei polmoni.

È lui. È proprio lui.

Lo guardo bene di nuovo, come se fosse la prima volta. I capelli sono come sempre arruffati e, nel buio della notte, sono davvero neri. Non vedo i suoi occhi, ma sembrano brillare di una strana luce. Anche nella penombra, riesco a notare il rossore sulle sue guance. Sembra come se avesse bevuto, o che abbia corso. Non lo so, non mi interessa. Voglio solo guardarlo, memorizzare ogni suo più piccolo dettaglio e imprimerlo nella mia memoria.

Mi accorgo solo in quel momento che è vestito in modo elegante. Pantaloni neri, camicia bianca sbottonata in cima e una giacca di pelle scura che appoggia sulla panchina.

Oggi sembra più sicuro di sé. Mi guarda fisso negli occhi e sorride. È la prima volta che lo vedo sorridere così, e mi piace. Fa un inchino e sembra volermi invitare a ballare. Mi metto in piedi sul davanzale, e, solo in quel momento, mi rendo conto che è la prima volta che mi vede tutta. Il suo sguardo sembra spostarsi su tutto il mio corpo, e mi sento un po' a disagio. Arrossisco, rendendomi conto di aver fatto la stessa cosa poco prima.

Faccio un respiro profondo, e sollevo la gonna bianca, ricambiando l'inchino. La musica è assordante, ma in quel momento non ci importa. Non so come, ci mettiamo a ballare. Io dentro casa, dietro la finestra, e lui fuori casa, accanto a quella panchina. Non so perché non siamo usciti fuori insieme a ballare, dove avremmo potuto parlare, toccarci, guardarci negli occhi. Ma so solo una cosa: sono felice, davvero felice.

E mi sto divertendo.

/'\/'\/'\/'\/'\/'\

Fisso la panchina. Credo che non lo rivedrò più. La scuola ricomincia proprio oggi, e non ci potremo più vedere, come negli ultimi tre mesi, alle otto. Potremo farlo solo di domenica. Se lui volesse ancora venire.

Appoggio una mano sul vetro. Già mi manca.

Controllo l'orologio. Sono le 7:15 e fra poco passerà il pullman. Rassegnata, prendo lo zaino e mi avvio verso la fermata.

Credo che le mie giornate diventeranno noiosissime senza di lui. Credo che tornerò quella di prima, anche se mia madre dice che sono diventata più allegra e solare. Credo che mi mancherà tantissimo, perché sento una specie di vuoto al petto e ho voglia di piangere.

Sto odiando tanto la scuola. Mi ha portata via da lui e dai nostri momenti.

- Ehm, ciao.

Mi blocco. È una voce maschile, roca e profonda. È una voce che non ho mai sentito prima. Forse è la sua voce. Nonono. Non voglio false speranze. Ma allora perché il mio cuore sta battendo all'impazzata e mi manca il fiato? Dei dell'Olimpo, aiutatemi. Fate in modo che sia lui e che io non svenga.

Lentamente, mi volto.

Il fiato mi si strozza in gola. Lo stomaco mi fa male. Ho caldo. Sto tremando. Penso di avere la febbre. Ma non posso crederci.

È lui.

È lui.

Sono così felice.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro

Tags: