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Sunbür: Ricerca della Fine [Scrittura Creativa @MaidireTEAM]


La regola di questa sfida consisteva nello scrivere, con al massimo 2000 parole, una storia basata sull'immagine in alto con finale e messaggio morale annessi.


Un tempo si credeva che fuoco e sole fossero gemelli diversi.

Il sole accarezzò intere piane;

il fuoco le ridusse in pietra.

Il fuoco scaldò le prime forme di vita;

il sole le assetò.

Il sole erse le civiltà;

il fuoco le dissipò.

Il fuoco arse nell'animo umano come la più grande delle forze motrici;

il sole irradiò interi pianeti come troneggiante su una intera Galassia.

Si credeva che il rivale del sole fosse la luna,

che la nemesi del fuoco fosse l'acqua.

Su questo ebbero ragione;

entrambi lasciarono il posto alle antitesi.

Senza fuoco non c'è vita da sostenere,

senza sole non c'è vita da illuminare.

Il satellite e i liquidi nulla possono, ormai...

Tutto è perduto...


Solide e maestose coltri d'ardesia circondano un vetusto mausoleo, come una balena che sta per inghiottire la sua preda. Iperboliche gambe distribuite ad arco, ormai consunte in differenti altezze, cullano alla stregua di una madre incapace d'allattar il proprio infante.

"Dobbiam vegliare su questo luogo a costo dello spirare, ma per quanti fiochi¹, ancor?"

L'attempata voce echeggia nella polverosa aria, rivolta ad altri due uomini completamente ricoperti in un pesante abito da druido.

"Illuderti tu non devi! Fino allo spiro e oltre, per il bene della nostra dea, resister tu dovrai!"

L'altro percepisce il severo pronunzio come un'incuria. "Ma abbiamo i Non-Morti e gli scheletri a proteggerci," smuove il cappuccio perlato, rabbioso, "perché ridurci a cani che esiston non più?"

Uno scricchiolio;

un frastuono;

un acciottolio.

Un paio di stivali in cuoio scamosciato irrompe tonante.

"Ormai Morti, vorrai dire, amico..."

Il sinistro rettifico proviene dalla decadente rientranza in lapilli vulcanici, situata alle spalle degli allarmati.

Colui che in precedenza ha redarguito il lamentante lancia un grido, battendo a terra l'estremità di un bastone in salice; dal versante opposto si palesa una flebile fiamma. "Insolente! Come osi profanar codesto sacro terreno?"

Celere, si precipita ignaro della spada sterminadraghi, artigliata d'improvviso da robusti guanti color quercia.

"La smetti di parlare aramaico? Te lo sei goduto il vecchio mondo od eri già isolato come gli streghetti a cui appartieni?"²

Il cremisi sgorga dalle budella: il fulminante roverso tondo³ rasenta quasi indolenza nella vittima.

I due metri di puro e largo metallo insanguinato sono rivolti contro i suoi prossimi nemici. "Non costringetemi a trapassarvi come il vostro capo, consegnatemi il fuoco dei vostri bastoni e andatevene!"

Giunge una risposta balbettante. "E-ecco come hai di-distrutto le orde di scheletri, schiacciando q-quel t-teschio... come f-fosse fuscello, t-tu sei..." ansima come ad aver sconfinato con le catene ai piedi.

"Ignis Bringer!"

Il nominato avanza trafalco e inesorabile. L'individuo che non ha aperto bocca arretra, inciampando su una delle levigate stalattiti che, sporgenti come una trappola per predatori di tombe, attorniano un pilastro d'altezza umana.

"Troppo onanismo per una dea da cui non meriti neppure le sue sottomissioni!"

La provocazione spinge lo stregone in piedi: disperato, evoca una lingua infuocata. Lo spadaccino la frappone con l'elsa della lama, assorbendola con una scintillante sfera d'alizarina.

"Te la restituisco in taille!"⁴

I lunghi e mossi capelli corvini s'innalzano, come ossequiarne la discesa agli Inferi. Le fiamme invocate dai legni e appiccate ai mantelli dei caduti fluttuano all'interno dell'incavo della spada; un allietante soffio, riecheggiante al lor contatto, sembra decretare l'epilogo delle ostilità.

Quest'accade quando si è colti dalla disperazione. Le voci sul mio conto le hanno sentite, eccome... eppure, attaccare col mio medesimo elemento...

Le screpolate labbra carnose celano un sorriso mellifluo.

... Quando loro stessi ne avevano protezione per inerzia magica... simbolo che erano provati... Meglio così, è un rinvigorimento che mi servirà: varcherò l'ultimo confine!

Il possente addome s'inarca al punto da sfidare lo screziato pettorale in ferro; mentre gli occhi, di un truce castano scuro, fissano una sfera arancio sostenuta da belluine ricamature in argilla.

"Eephrixia! So che sei lì e che mi stai osservando! Esci allo scoperto!"

Di fronte a quel richiamo che riecheggia sino ai confini dei regni scomparsi, i cieli si aprono, quasi consapevoli di ciò ch'è stato emesso: il cobalto viene squarciato da un cerchio di luce amamelide che, in contrasto con l'oscurità, rivela un crepuscolo sfumato da ceree nuvole.

È da allora che non vedevo questo spettacolo... peccato non ci sia più nessuno a poterne godere. Allieterebbe chiunque, ma non me... No, niente esitazioni, non è il momento di ricordare...

Al di sopra del pilastro ove posa l'artefatto, un setoso crine eburneo fluttua copioso come a voler schiavizzare i quattro venti; ciocche e frange si prendono gioco dell'elfico viso, rubando e palesando la visione di lineamenti così angelici da sembrar pennellati da un artista di secoli or sono; i fili accarezzano l'esile pelle d'alabastro, fasciata sulle armoniose forme da striminzite spirali di squame cineree, come se un branco di serpenti fossero pronti a vendere l'anima per difenderle da ogni profano.

"Sapevo che prima o poi saresti tornato, ma trucidar così i miei uomini..." il versetto, di una soave ma profonda risolutezza, è impregnato di malizia.

L'ispida barba si smuove in una nota di sarcasmo. "Anni di prigionia non ti hanno scalfita, vedo... sempre la donna più perigliosa delle brulle terre; perché al contrario non potresti compiacerti," le fosse invecchiano l'ogni dove del viso, poco più ch'adolescente, "ho solo donato loro la salvezza dal tuo ingiusto supplizio".

Le sottili labbra s'inarcano, quasi un imperioso avvio delle danze. Cantilenanti, i piedi poggiano circensi sull'oggetto magico, torreggiando subdoli con suole acuminate di una coppia di sandali; i longilinei quadricipiti, altrimenti gentili, si dilungano, mostrando striature ladre d'eleganza ma parenti di mille battaglie.

"Non sono di certo io a condizionare il fato di chi noi abbiam condannato. Prima dell'alleanza con i figli dell'oscurità, sai quanti uomini si sono inginocchiati per... solo tu hai privilegio d'ammirare".

La voluttuosa vanità non schiaccia lo sguardo di Ignis Bringer, ancor puntato verso l'altura delle circostanti rovine; il castagno delle pupille di Eephrixia scruta invece verso tre metri di vuoto, come a sfidare un eccelso aristocratico che vuole privarla dello scranno.

La virile tonalità s'inasprisce. "Noi? Parli di noi? Perché non parli per te, piuttosto? Detto da te che porti il vero omonimo di colei che millenni or sono provocò la più sanguinosa delle faide? Di cui tu sei il simbolo della storia che si ripete?"

L'interlocutrice intende fiatare, ma con un cenno d'iridescenza della spada sembra voler ascendere il confronto sino alle rocciose alture, le quali osservano impaurite i due contendenti, in prova del pietrisco franato. "Chi ti ha mai chiesto di trattarmi in quel modo? E poi so benissimo a che tipo di prove avresti sottoposto i tuoi fedeli. Dopo il Sunbür è normale che tutti siano impazziti; ergerti al pari della Neo-Excalibur¹¹ per giustificare la tua vigliacca fuga e infierire sui bisogni dei più deboli?!"

Eephrixia interrompe il tamburellio dei tacchi e si cala, librando, verso i ciottoli. Non appena frisa la divelta superficie, l'esile mano destra accarezza un lembo della chioma ad altezza vita, e dopo un cipiglio prende parola, concentrata e asettica.

"Hai finito con queste nauseabonde corbellerie? Devi farmi esprimere tu, adesso, fino a ché lo vorrò... Dissimili accuse potrei io smuovere. Per tutti i non privilegiati su cui hai abusato, dall'alto della tua bislacca moralità: scadenti uomini che crollerebbero persino sotto uno dei miei più distratti calci; donne indifese a cui non hai negato le tue perverse voglie, per poi riscuotere la loro taglia, piazzata per condanna a morte per illegittimi tradimenti dal punto di vista delle pietose dicotomie umane; non dimentichiamoci delle capanne contro cui hai dato libero sfogo alla tua furia cieca: quanti incendi e senza tetto hai tu provocato? E cosa più grave, rimembri che c'era un sacrale patto tra noi eletti dalle forze superiori..? Mai dichiararci guerra, e tu l'hai infranto a costo d'esser perseguito... per cosa? Mi rinfacci l'infinito e oltre e compaiono le fiammelle: la cristallina prova che sei tornato per quel proposito. Non sei ancora soddisfatto?"

Ignis Bringer digrigna furibondo, rivolgendo l'arma da taglio contro la rampognante nemesi. "Tu?! Hai addirittura osato spiarmi coi tuoi streghetti? Allora meglio servire il fuoco della giustizia deviata che il tuo sole di luce maligna!"

Zelante, fende di sguincio l'aria e le pavimentazioni, disegnando un larghissimo spicchio ardente.

Un fragore dall'inenarrabile portata provoca una folta nube, che minaccia quasi di ricoprire il mondo intero.

Tuttavia, il grigiore si disperde inesorabile, rivelando un braciere di polvere di stelle intorno alla figura elfica; le pupille scintillano della più vivida ambra che, di poco celate dalla linda mano sinistra, troneggiano come monito per chiunque osi fissarli.

Ignis Bringer, contro ogni previsione dell'etere, viene fulminato da quella visione onirica; le fiamme completamente estinte dagli occhi e dallo sterminadraghi.

"Helen, sei davvero tu?" le parole sono le più strozzate che abbia pronunciato da tempi immemori.

La mano destra di lei impugna il retrostante artefatto d'arancio, favorita dalla massima estensione del braccio vellutato.

"Vedo che si può terminare il nostro canzonatorio, finalmente..." il pronunzio assume della femminilità non priva di determinazione, con frattanto ritorno dei naturali specchi dell'anima, "Come vedi permango qui, non scapperò. Anche perché ti confesso non potrei, sono sublimata in questo brullo territorio. Quando lo spirito della tua sfera rossa si scagliò verso il mio... la mia bellissima Vülpren mi salvò la vita contro il mio volere. Mi relegò in questo mausoleo ove si dice che la patrona del mio stile di combattimento perfezionasse le sue tecniche, a patto che non me ne potessi allontanare e che non avrei potuto più rinunciare alla divisa da battaglia della mia tribù d'origine. Inoltre..." la tristezza sembra donare ai suoi lineamenti una grottesca inquietudine, "Il sole che ha rinnegato il mondo mi ha comunque permesso di vegliare su ogni cosa che potrebbe altrimenti baciare; ho visto appassire tutto... e tutti gli altri possessori delle sfere, compreso il mio amato, da te sconfitto in battaglia. Solo la guerriera della luna e dell'acqua permangono, ma l'ultimo respiro sta raggelando le loro vite".

Il combattente trema ammaliato da cotanta umiltà ed eleganza, come se non aspettasse altro da una vita intera. Attonito, lascia continuare la rappresentante della stella scomparsa.

"Ma non m'importa più nulla: non voglio la vendetta, perché le guerre portano solo morte, carestia e disperazione nell'animo di tutti gli esseri viventi. Tu sei fautore della vendetta contro di me, contravvenendo al patto per garantire la pace del mondo. Per un amore che mai ho ricambiato fino in fondo. E provocammo il Sunbür... condannandoci tutti. Dunque basta combattere, lasciamo morire in pace ciò che resta. Tuttavia, so che sei ancor qui per quell'amore, ancor non cancellato dal profondo del tuo cuore ottenebrato. Vuoi vendicarti di nuovo per un assecondare che non posso concederti? Per consolarti della tua oscura fidanzata ormai scomparsa? Anche se vincessi non ne trarresti piacer alcuno... Daniel".

Frastornato dalla gentile pronuncia del suo vero nome e di una insostituibile compagna, assume l'attitudine di chi sta per gettarsi in un dirupo tanto profondo da giungere sino all'Ade. L'intero corpo emana una colonna incandescente, tarchiato al punto da distruggere quasi ogni equipaggiamento che lo ha ricoperto per anni di sconfini.

"No, per mettere fine all'esistenza di entrambi!"


Si dice che duellarono per tre interi fiochi,

che diedero fondo ad ogni goccia magica racchiusa nelle sfere.

Si narra che il valoroso guerriero del fuoco s'avvicinò al corpo morente della paladina del sole,

sfiorando delicatamente le sue labbra, indenni come alcun segno di violenza vi fossero sul madido viso.

Si crede che la stella del cosmo,

commossa da quel gesto,

decise di vegliare nuovamente sul Creato.

Le loro tombe mai più furono sconsacrate.

La vita tornò,

le guerre sparirono.

L'amore dato vince sulla guerra,

l'amore ricevuto l'annienta.




¹ Immaginaria unità di misura del tempo.

² Non riferito al vero aramaico ma al concetto di lingua dai termini antichi. Pronuncia volutamente "od" in concomitanza del modo di porsi e gli dà dello "streghetto" per prenderlo in giro.

³ Gergo tecnico del combattimento all'arma bianca, che sta a indicare un attacco orizzontale da sinistra verso destra.

⁴ Termine nato ai tempi della pre-Rivoluzione francese per le tasse, in questo caso utilizzato come sinonimo di interessi.

¹¹ Riferito alla famosa leggenda della Spada nella Roccia, che in questo caso sta ad indicare una terza apparizione del fenomeno.



One shot classificata al secondo posto del contest "Scrittura Creativa " di MaidireTEAM




One shot classificata al primo posto de "One Shot Contest " di TheHopeTeam


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