Capitolo 3 - Cameron
Merda!
La fretta è davvero cattiva consigliera.
Affitto contenuto, posizione favorevole e alloggio più che decente. Avrebbe dovuto leggere meglio. Avrebbe dovuto controllare il sesso dei suoi coinquilini. Avrebbe... avrebbe...
Ma tant'era. Non avrebbe potuto comunque fare altrimenti. Gli affitti all'interno del NWC erano troppo alti, la sua sudata borsa di studio copriva a malapena gli studi e avrebbe comunque dovuto lavorare per mantenersi. Fuori dal campus, invece, erano bassi abbastanza da riuscire a fatica a pagarli, ma non erano numerosi. Molti non accettavano studenti, altri erano solo case vacanza nei mesi estivi. La scelta di quella casa sarebbe stata comunque obbligata pur sapendo il sesso dei coinquilini.
Forza Faith! Dopo quello che hai passato sarà una passeggiata.
Prese una delle due trolley dal bagagliaio e si avviò verso la porta d'ingresso disegnando un sentiero tra le erbacce.
Due mandate ed il chiavistello della bianca porta in legno scattò. Con un suono sinistro si aprì.
L'interno era decisamente migliore dell'esterno e rispettava le foto viste online. Un piccolo ingresso era pavimentato con un grezzo parquet chiaro che rifletteva ed amplificava la luce esterna. Poco più avanti, sulla destra, una lunga rampa di scale saliva ai piani superiori dove probabilmente si trovavano le camere da letto. A sinistra e destra dell'ingresso, due ampie stanze si aprivano ospitando rispettivamente la sala da pranzo, con al centro un grande ed economico tavolo di legno, ed il soggiorno, corredato da divano e schermo piatto. Sul retro, a collegamento di quest'ultime c'era la cucina, sproporzionatamente ampia per l'uso che quattro giovani ne potevamo fare. Tende alla finestre ed un arredamento country erano un tocco sicuramente femminile di buon gusto.
Non resisterà a lungo con tre maschi...
Fece qualche foto ripromettendosi di inviarle a sua madre a comprova della veridicità insperata dell'annuncio.
Durante il suo giro di perlustrazione si perse a pensare ai possibili usi che quegli ambienti avrebbero accolto. Sarebbe stata una difficile convivenza? Faith giurava di sì.
Accostò la porta scoprendo un specchio appeso dietro essa. Ciò che vide la disgustò.
Il viaggio l'aveva provata più nell'aspetto che nello spirito.
Non si era mai ritenuta una bellezza ma quella visione andava oltre ogni femminile pudore. I suoi mossi capelli di un tenue castano erano stati scompigliati dal vento attraverso i finestrini. Lunghi fino alle spalle, avevano perso la lucentezza della partenza e, a dirla tutta, anche la pulizia.
Poco sotto la stretta fronte, le sopracciglia ben definite precedevano i furbi occhi color nocciola con riflessi verdi che si diramavano come vene dalla pupilla. Essi apparivano spenti da occhiaie dono di nottate spese in schifosi motel in cui dormire con un occhio aperto ed uno chiuso.
E poi quell'ovale. Si era sempre chiesta da chi lo avesse ereditato. Cosi affilato e appuntito sul mento. Ma non credete fosse l'unica parte di cui il suo ego femminile avrebbe avrebbe fatto volentieri a meno.
La sua altezza rispettava la media della famiglia. Un metro e settantadue di fisime e difetti che i suoi occhi ingigantivano.
Numero uno: un seno troppo piccolo se rapportato alla sua altezza. "Ma è elegante!", tentatava di infondere fiducia da sempre la madre. Ma ciò non funzionava. Anzi. Durante il liceo era stato uno dei motivi per cui sentirsi inferiore, una giustificazione per fare ciò che la sua coscienza non smetteva di rinfacciarle.
Numero due: equilibrata nelle restanti forme agli occhi del mondo, il suo sguardo ingrandiva ogni curva tranne quelle giuste. La pancia, i fianchi. Non le era andato proprio giù il commento fatto dalle sue amiche a proposito di quel "al limite del peso forma".
Amiche... come se esistessero!
Numero tre: fece un passo indietro per ammirarsi a figura intera. Viste da sopra le sue cosce le apparvero notevolmente ingrandite dall'ultima volta. Colpa dei panini dei diners.
Giorno sbagliato per mettersi gli shorts...
Tirò fuori dalla borsa il fard e l'eyeliner. Non sapeva di doversi preoccupare per il proprio aspetto. Non sapeva ci fossero dei ragazzi. Non sapeva tante cose.
Qualcosa attirò la sua attenzione. Lo specchio appeso alla porta rivelava qualcosa. Un piccola imperfezione, tra le tante che vedeva, sul suo viso.
Si avvicinò per vedere meglio.
C'era qualcosa.
Fece un altro passo toccando con il naso lo specchio.
Un tonfo secco.
Non se ne rese neppure conto.
La porta le piombò addosso spalancata dall'esterno con un calcio. Il suo viso dapprima schiacciato contro la superficie dello specchio veniva sbalzato lontano seguito a ruota da tutto il corpo. Con un tonfo le sue natiche urtarono il pavimento facendolo scricchiolare fino alla cima delle scale.
Si ritrovò a terra con il naso dolorante e l'ego ferito.
« Oh cavolo! Scusa! Non pensavo ci fosse qualcuno dietro la porta! » esclamò un ragazzo con in mano una valigia ed uno zaino a tracolla. La squadrava dall'alto, senza porgerle il minimo aiuto con l'aria perplessa di una gradita sorpresa.
« E ti sembra il modo di entrare? Calciando la porta? » obiettò Faith risollevandosi in piedi.
« Ma tu... fa niente! Comunque piacere! » disse posando la borsa a terra ed allungando la mano. « Mi chiamo Cameron! ».
© G.
Angolo dell'autore:
Commentate, se vi va, consigliandomi come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!
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