Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

𝑽𝑬𝑵𝑻𝑰𝑵𝑶𝑽𝑬

𝑽𝑬𝑵𝑻𝑰𝑵𝑶𝑽𝑬



La pioggia sfiorava delicatamente i finestrini oscurati della Range Rover nera mentre rallentava gradualmente, fino a fermarsi ai piedi di due enormi pareti rocciose: reggevano un ponte dello stesso materiale resistente, creato dalla natura come cancello verso una nuova realtà o una fine definitiva.

«Nemůžu tě vzít dál» disse il conducente in polacco, osservando Edgar dallo specchietto retrovisore.

«Tady je to skvělé! Děkuji» rispose l'uomo fluente, per poi rivolgersi ai due ragazzi seduti accanto a lui. «Siamo arrivati» sorrise, aprendo poi lo sportello che aveva sulla sinistra.

Anneka chinò leggermente la testa verso l'autista in segno di ringraziamento, mentre Levi scese dall'auto osservando il paesaggio che li circondava.
Piccole abitazioni, ferme all'epoca medievale, incastrate tra le spesse pareti sassose.
Ruscelli, abbracciati da ponticelli di legno, scorrevano veloci mentre gli animali selvatici li osservano con i loro occhi piccoli e sospettosi, nascosti tra i cespugli pieni di fiori e frutti di bosco.

Un cervo, simbolo dell'immortalità, si mosse tra gli alberi verdi e rigogliosi, prima di fuggire nell'oscurità della foresta.

«Sembra che qui non ci abiti nessuno» constatò Levi, stiracchiando i muscoli delle spalle.

«Hrensko presenta una popolazione per lo più longeva e, nonostante sia una posto turistico, preferiscono non avere a che fare con gli stranieri» commentò il padre, passando poi le valigie a entrambi.

La Range Rover sparì nell'umidità che il ruscello aveva iniziato ad emanare una volta entrata in contatto con la pioggia, la quale si infittiva sempre di più.

«Sarà meglio avviarsi; il temporale si avvicina»

«Dove andiamo?» chiese Anneka, osservando Edgar infilarsi un paio di guanti in pelle e un capello sui capelli neri.

«Il posto in cui staremo per le prossime settimane si trova oltre quell'arco» indicò, prima di incamminarsi sul sentiero truciolato.

I passi decisi di Edgar furono interrotti dall'irruzione di dissenso da parte di Levi.  

«Hai fatto accordi con la popolazione del bosco senza consultarmi?» disse, provocando un sospiro stanco nel padre, il quale si voltò di malavoglia.

«Levi...»

«Sai quanto poco affidabili siano Edgar!»

-Eppure, siamo gli unici in grado di aiutarvi-

Il cielo sembrò aprirsi solo per donare un barlume di luce a quella donna, la cui voce era arrivata lenta e pacifica alle orecchie di quei tre viaggiatori, placando momentaneamente il litigio.
La pelle, pallida come la luna, era avvolta in un vestito di lino del medesimo colore dei suoi capelli: bianco come il latte appena munto.
Una corona di margherite di diversa grandezza si incastrava nei filamenti sottili del suo capo, donandole l'aria da perfetta sovrana.

«Somma Aldesira» disse Edgar, inchinandosi verso di lei. «Perdoni le parole di mio figlio»

«Non preoccuparti Edgar, conosco il rancore che prova nei nostri confronti. La sua mente, corrotta dalle menzogne di quel sangue demoniaco, non gli permette di ragionare lucidamente» commentò, tenendo le mani giunte sul ventre.

«Perché la vostra mente, invece, corrotta dalle menzogne di promesse vane, funziona meglio somma Aldesira?» ribatté il ragazzo, con tono saccente.

«Levi!» lo rimproverò Edgar, i cui occhi infuocati dalla rabbia.

La donna si avvicinò lentamente al demone, pestando con i suoi piedi nudi le foglie secche e prive di colore che le intralciavano il passaggio, donandole una nuova vita.
I suoi occhi, di un lilla tenue, si scontrarono con quelli ambra di Levi, il quale mantenne lo sguardo e la postura perfettamente eretta, non mostrando alcun segno di cedimento.
Anneka avvertì l'aria attorno a loro farsi sempre più nera e funesta e per un attimo volle intervenire, per placare gli animi di entrambi, ma si trattenne quando vide Edgar immobile, con gli occhi vigili su quella creatura.
Conosceva meglio di lei le capacità di quella donna, simbolo di quella nuova realtà. 

«Non posso negare che il tuo temperamento è identico a quello di tua madre. Le avevamo offerto il nostro aiuto e, proprio quando ne aveva più di bisogno, anche lei, come te, fu riluttante nell'accettarlo. Spero non prederai la sua stessa decisione, demone» sussurrò a pochi centimetri dal suo viso, prima di voltarsi verso Anneka.  «Giovane Anneka, bentornata tra noi» continuò.

La ragazza si inchinò leggermente, così come aveva fatto Edgar e quando si sollevò da quella breve reverenza, si ritrovò la somma Aldesira a pochi centimetri di distanza. La mano, gelida come il ghiaccio, le si posò sul viso.

«Noto che, a distanza di millenni, la tua energia è rimasta la stessa» commentò, prima di lanciare uno sguardo verso Levi. «Nonostante la vostra storia la conoscano pure le stelle, non comprendo come tu abbia scelto un essere come lui»

«Io...» iniziò quella frase, senza però concluderla.

Non aveva risposta a quella domanda.
Non poteva dirle nulla perché neanche lei ne era a conoscenza di una motivazione.
Vide Levi abbassare lo sguardo a quel silenzio e la mascella contrarsi, mentre le dita strinsero il libro che aveva portato con sé: come ogni essere presente e in contatto con Insperia, anche quella donna la pensava allo stesso modo. Un demone, tra i sommi eletti di quel mondo così puro; impunito e in gradi di praticare la propria magia senza patirne le conseguenze.
Nessuno di loro era ancora a conoscenza del fatto che aveva conservato i suoi poteri originari, quelli appartenenti a Linfa.

«Oh, non dannare il tuo animo adesso Anneka. Avresti dovuto farlo decenni fa; ormai, non puoi fare altro che convivere con questa decisione. Ma, detto fra noi,» commentò ancora Aldesira, avvicinandosi come quando una bambina deve confessare un segreto «non mi permetterei mai di contestare le decisioni dei Primordiali» sorrise, prima di liberare il viso di Anneka da quella gelida presa. «Edgar, ti andrebbe di accompagnarmi?» si rivolse velocemente all'uomo, allungando la mano perfettamente curata e imbellita con anelli sottili, seppur di un oro accecante.

Edgar l'afferrò con delicatezza, prima di attraversare l'arco e sparire al loro interno.
Levi rimase immobile per un attimo, finché Anneka non gli sfiorò il braccio con il suo, rompendo lo stato catartico dentro la quale si era rifugiato.

«Sarà meglio andare prima che Aldesira ci lasci fuori. Non dobbiamo starle molto simpatici»

Un leggero sorriso increspò le labbra di Levi.

«Ci farai l'abitudine. Ai loro occhi non siamo altro che due essere egoisti, che hanno scelto il loro bene anteponendolo a quello della comunità» spiegò, leccandosi velocemente le labbra. «Saremo sempre e solo io e te a questo mondo Anneka, ricordalo»

Così, con la stessa velocità con la quale aveva pronunciato quelle parole, si era incamminato verso l'arco, dissolvendosi oltre quella barriera trasparente.

La pioggia cadde più velocemente, e Anneka ringraziò quelle piccole gocce fredde per averle raffreddato le guance, bollenti e rosse per l'imbarazzo.
Si avviò anche lei e, una volta attraversata quella divisione, venne risucchiata all'interno di un paradiso che mai avrebbe creduto potesse esistere.

Alberi di un'altezza impronunciabile si ergevano ai lati di quella che doveva essere la strada principale.
Alla base di essi, vi erano delle piccole tende, dalla quale fuoriusciva un profumo speziato e molto invitante.
Il viale sulla quale si erano ritrovati presentava la stessa particolarità della Sala dei quattro elementi in Accademia: il terreno, ad ogni passo, si illuminava di un blu lieve.

«Benvenuti a Ilan, la dimora della popolazione del bosco» dichiarò Aldesira, senza voltarsi.

Ilan era organizzata in modo centripeto: ogni casa, ogni vegetazione e ogni forza presente in quel luogo convergeva verso il centro, un fiume di un blu brillante e ricco di carpe colorate.
All'interno di quei tronchi presenti in entrambe le parti del viaele, larghi diverse centinaia di metri, vi erano tante piccole case incastrate al loro interno o costruite sui rami possenti: non vi era alcuna distinzione, ogni abitazione era uguale all'altra.
Da quelli che parevano essere dei balconi, uscirono diverse creature simili in aspetto e statura ad Aldesira.
Uomini, donne e bambini incuriositi, dai profondi occhi lilla e dalla pelle candida, si riversarono per le strade, inchinandosi non appena incrociarono lo sguardo della loro sovrana.

«Dove sono le vostre guardie, somma Aldesira?» le si rivolse Edgar, salutando educatamente la popolazione che li aveva accolti.

«Sono con mio marito, purtroppo non gode di buona salute ultimamente. E poi, essendo con te, non ho bisogno di essere protetta» spiegò dolcemente, prima di fermarsi difronte all'albero più alto e rigoglioso.

La dimora di Aldesira era una quercia millenaria, presente forse dalla creazione del mondo.
Era alta in modo inconcepibile e larga altrettanto.
Illuminata da diverse lanterne che scendevano come pioggia dai numerosi rami, presentava diverse stanze, costruite su diversi livelli, ognuna munita di un balcone dalla quale bracieri ardenti in oro massiccio bruciavano salvia e menta.

Una volta salite metà delle immense scale, tutta la popolazione si radunò alla base, osservando la loro sovrana e, più incuriositi, i tre estranei.

«ılɹɐʇnıɐ ɐuƃosıq 'ılɐʇ ǝɯoɔ ǝ ˙ıɔıɯɐ ǝ ıʇɐǝllɐ ıɹʇsou ouos 'ıɹɐɔ ıǝıɯ 'ıʌǝʇɐdnɔɔoǝɹd uoN» cominciò Aldesira, sorridendo dolcemente ai suoi sudditi. «˙ıllǝʇɐɹɟ ǝɯoɔ ılǝʇɐʇʇɐɹʇ ǝ ıɔıɯɐ ǝɯoɔ ılǝʇǝılƃoɔɔɐ ˙ıƃƃo ınb ouɐʌoɹʇ ıs ǝɥɔ oʇsǝnb ɹǝd è pǝ oıƃƃɐssɐd lǝp ouop lı ouoƃƃǝssod ǝɥɔ oɹoloɔ ǝɹɐʇnıɐ ıp oʇıdɯoɔ lı oɯɐıqqɐ 'ǝʇuǝʌıʌ ǝɹǝssǝ ıuƃo ıp ǝlɐʇıʌ ɐɟuıl ɐllǝp ıɹoʇʇǝʇoɹd 'oɔsoq lǝp olodod 'ıou ˙ǝʇʇnʇ ɹǝd ɐʇloʌ ɐun 'ǝɹǝƃƃıɟuoɔs olɹǝʇod ıp opɐɹƃ uı ǝuosɹǝd ǝɥɔıun ǝl ouos oɹol ɐɯ ıɹonɔ ıɹʇsoʌ ıǝu ɐıƃƃǝqlɐ oıpo ǝ ɐzuǝɹǝɟɟos ɐʇuɐnb ǝuǝq os ˙oʇɐuɹoʇ è ɯʎɐɔ 'ızɹoɟs ıɹʇsou ı ǝʇuɐʇsouoN» concluse il suo discorso, seguito da urla di approvazione e applausi concitati.

Aldesira si diresse verso la cima di quelle scale fatte di rami e fiori, arrivando all'ingresso del suo palazzo.
Porte scorrevoli, di lino e disegnate con motivi floreali in stile giapponese, vennero aperte da alcune dame di compagnia, i cui capelli erano raccolti in trecce lunghe e intrecciate con piccoli fiori di campo.
Lunghi abiti in indaco nascondevano i piedi nudi, abbelliti con piccoli anellini in oro tra le dita.

«Preparate del thè e portatelo nella sala principale» ordinò, guidando poi i suoi ospiti.

Il pavimento, in legno scuro, era ricoperto da tappeti in lana intrecciata.
Le pareti erano arazzi e ad ogni angolo vi erano statue di diversi stili e fattura.
Quel palazzo era un insieme di cultura, di epoche e di usanze appartenenti a diverse epoche e a diversi paesi del mondo terrestre.
Al suo interno, pareva che la magia di Insperia non ci avesse mai messo piede.

«Somma Aldesira, come mai possedete tutti questi...cimeli?»

«Mio marito è sempre stato un'amante della vostra cultura, giovane Anneka, così ha chiesto a ogni viaggiatore di portare lui un ricordo. Ma dopo lo sterminio del tiranno Lorcàn, nessuno più ha potuto viaggiare e voi, gli unici rimasti, eravate troppo impegnati a fuggire»

«Mi dispiace»

«Oh, non farlo. È passato molto tempo» le sorrise, fermandosi al centro della sala padronale.

Il pavimento era una distesa d'erba morbida con alcuni fiorellini bianchi sparsi sulla sua superfice.
Un trono di rami si ergeva al centro di quell'atrio, il cui sfondo era costituito da rami intrecciati con vetrate colorate, raffiguranti l'incoronazione di quello che sembrava essere il sovrano di Ilan.

Accanto, vi era un ritratto di famiglia.

«Quelli sono i miei due figli: Astor, il futuro erede al trono, e Ymir, il più piccolo» spiegò Aldesira, invitando i suoi ospiti a sedersi su dei cuscini posti per terra.

I tre si sedettero, osservando con stupore l'ambiente, e Anneka si perse ad accarezzare l'erba che cresceva sotto di loro.

Le dame adagiarono il thè caldo sul tavolino in legno intagliato, lasciando poi la stanza.
Il silenzio, interrotto solo dallo scoppiettio della cena all'interno delle lanterne, calò in quella sala.

«Illustratemi pure il vostro piano Edgar» chiese Aldesira, sorseggiando la bevanda calda.

«Come ben sapete, Anneka e Levi sono dotati del potere del Salto o Passaggio, come avete detto voi pocanzi» iniziò l'uomo. «Il loro viaggio si svolgerà nella Parigi del 1860, periodo in cui Caym divenne demone a Insperia e per la quale fuggì sulla Terra, alla ricerca di un luogo in cui nascondere ciò che aveva di più prezioso: la sua anima. Loro, avranno il compito di recuperarla e di riportala a noi, così da distruggerla e mettere fine all'esistenza di quel demone una volta per tutte»

«E la mia popolazione? Che ruolo ha in tutto questo?»

«La popolazione del bosco svolgerà la sua antica funzione: proteggere i viaggiatori, proteggere Anneka e Levi per tutta la durata del loro Salto»

«E se Caym dovesse raggiungerci, chi ci proteggerà? Il mio popolo è pacifico, non ha mai impugnato una spada e mai lo farà»

«Lasceremo un portale aperto in direzione di Insperia. Se mai quel demone dovesse raggiungere questo posto sacro, tutti sarete portati al sicuro dall'esercito di Cassian»

Aldesira inspirò profondamente, prima di sorseggiare ancora una volta il thè.
Osservò a lungo i suoi ospiti, soffermandosi sui due ragazzi seduti proprio difronte a lei. Si schiarì la voce prima di rivolgersi a loro.

«Se voi mi date la vostra parola, allora vi aiuterò. Se mi dite che voi siete in grado di portare a termine un'impresa tanto ardua, offrirò il mio potere»

Levi tenne per un po' lo sguardo fisso sulla bevanda torrida che non aveva assaggiato, notando poi le mani di Anneka tremane sotto il tavolo.
Il palmo della sua mano ruvida si chiuse sopra le sue, stringendosi lentamente, finché il tremore non si placò.
Intrecciò le dita tra le sue, rispondendo poi alla richiesta della sovrana.

«Siamo pronti a mettere in gioco le nostre vite, pur di porre fine a questa storia. Va avanti da molto tempo e siamo stanchi. Tutti.»

Passarono attimi interminabili prima che la donna annuisse e acconsentisse ad aiutarli, con condizioni molto ferree e poco eludibili.

«La salvezza dei miei figli e del mio popolo viene prima di ogni cosa. Se riterrò Insperia e il suo esercito non all'altezza di difenderci in modo inadeguato...» lasciò appositamente la frase in sospeso, facendo intendere le conseguenze.

«Grazie somma Aldesira per il suo aiuto, non se ne pentirà» sorrise Edgar, facendola arrossire.

Improvvisamente, rumori di passi veloci scossero la sala, seguite dagli ordini delle dame di non irrompere in modo così improvviso.
Un bambino identico alla sovrana, si precipitò alle spalle di Levi, tirandolo per la manica.

«¡ıɯɐʇnıɐ ¡ıʇɐzlɐ 'oʇsǝɹd»

Urlò disperato, cercando di sollevarlo da terra con scarsi risultati.

«¿opuǝɔɐɟ ıɐʇs ɐsoɔ 'ɹıɯY»

«¡ɐɹıdsǝɹ uou ¡ǝlɐɯ ɐʇs àdɐd»

A quella frase Levi si alzò, mettendosi all'altezza del bambino.

«Portami da lui» gli disse, afferrando poi la sua mano piccola e gelida.

«Demone! Cosa hai intenzione di fare?» lo fermò Aldesira, bloccando il ragazzo.

«Nonostante sia diventato un demone, posseggo ancora i poteri del Clan della Linfa, ciò che mi ha donato mia madre»

Non aggiunse altro, inseguendo poi il bambino che continuava a chiamarlo a gran voce.
Una volta all'interno della stanza padronale, Levi si ritrovò un abitante del bosco completamente rinsecchito.
La pelle da bianco latte iniziava ad essere cerulea e violacea in alcuni punti.
Il petto si sollevava a malapena con respiri lenti e profondi.

«Da cosa è affetto?» chiese Levi, avvicinandosi al letto.

Ma non ottenne risposta, poiché bastò guardarlo più da vicino per capire che quella era opera di un maleficio.
Di un maleficio specifico, indotto da un demone specifico, lo stesso che gli aveva causato quelle settimane di agonia interminabili.
Puntare ad uccidere il re della popolazione del bosco, significava indebolire l'intero villaggio e, di conseguenza, rendere meno efficace il loro potere in un momento così cruciale per lui e Anneka.
C'era solo una motivazione a tutto quello e bastò uno sguardo per comunicarlo ad Edgar, che lo aveva seguito.
L'uomo costrinse la sovrana a rimanere fuori da quelle stanze, nonostante le proteste continue, ma sapeva che suo figlio aveva bisogno di restare da solo. 

Levi si chinò sul corpo annichilito del sovrano e, adagiando le mani sulla sua pelle,
recitò parole minime, accompagnando la linfa ocra che fuoriusciva dai suoi palmi.

Lentamente il corpo iniziò a riempirsi sempre di più, frutto del rinvigorimento dei muscoli. Avvertì il cuore aumentare i battiti e così il sangue scorrere più velocemente nelle vene blu.
Le palpebre, nonostante fossero estremamente pesanti, si sollevarono, rivelando un lilla un po' più spento rispetto a quello della moglie.

«Sapevo saresti arrivato tu a salvarmi» sussurrò l'uomo, sollevando la mano che ricadde poi pesante sulle coperte di seta. «Promettimi che non farai ritorno... Finché non lo avrai ucciso»

****

L'acqua calda delle terme si scontrò con la pelle nuda di Levi, il quale si immerse fin sotto il mento, chiudendo gli occhi e gustandosi la sensazione dei muscoli sciogliersi in quel liquido verde.

Dopo aver curato il marito, senza entrare nei dettagli del malessere, Aldesira aveva mostrato loro le stanze nella quale avrebbero dovuto passare la notte; inoltre, gli aveva anche fatto trovare un cambio più consono alle usanze e tradizioni di Ilan, in vista della cena che si sarebbe tenuta da lì a poco.

«Per poter intraprendere il Passaggio, bisogna rilassare non solo il corpo ma anche la mente. Rilassatevi, ci vedremo più tardi»

Così si era ritrovato lì, in quella distesa verdastra che pareva non avere confini.
Ebbe la necessità di sospirare, anche se i suoi polmoni non possedevano più la possibilità di muoversi e le sue labbra di emettere un respiro.

«Anche tu non riesci a rilassarti?»

Anneka, avvolta in un solo asciugamano, si presentò alle sue spalle, in attesa di una risposta.
Nonostante avessero stanze separate, la sorgente termale era una sola per piano e loro, per l'ennesimo gioco del destino, si erano ritrovati insieme.
Levi potè solo annuire, facendole spazio in quella vasca minuscola.

«Penso che a preoccuparci sia la cosa più stupida dopo il discorso di Edgar...» continuò, senza aspettarsi alcuna risposta. «Non solo bisogna pensare a non distrarsi durante il salto, ma bisogna anche sperare che Caym non attacchi questo mondo mentre noi siamo in viaggio» sospirò, muovendo le gambe all'interno dell'acqua.

«Non dovrai preoccuparti di loro. Sono ben attrezzati e sanno anche difendersi. Insperia ha un ottimo sistema di difesa adesso che non è più corrotta da Lorcàn. Nessuno si ferirà. Dobbiamo solo pensare a noi Anneka, e a nessun'altro»

Anneka lo osservò dritto negli occhi e così fece Levi.

«Siamo solo noi contro il resto, dico bene?»

«Vedo che impari in fretta»

«Ho un ottimo maestro»

«Ottimo è un aggettivo abbastanza riduttivo, non trovi?»

«Mmh... Penso sia il massimo che possa dare»

«Questa ha fatto un po' male...» rispose Levi, massaggiandosi la parte sinistra del petto, come se quelle parole lo avessero ferito.

Anneka rise, portandosi una mano sul viso, ma Levi le afferrò il polso, abbassandolo delicatamente.

«Non farlo»

«Cosa?»

«Nasconderti, mentre ridi» spiegò, guardandola dritta negli occhi. «É come se il sole si nascondesse per sempre dal giorno»

Ed eccolo lì, quel Levi che lei aveva visto solo nei suoi ricordi.
Nei ricordi di un prima che non le apparteneva.
Era come se stesse rubando quelle emozioni, quelle sensazioni e quelle parole a una sé che non fosse lei.
Era come se Levi non le stesse rivolgendo a lei, ma all'Anneka che imperterrito continuava a voler vedere.

Ma non era vero; Levi le aveva rivolte proprio a lei, a quell'Anneka del presente perché di quella del passato non gli importava più.

Ma lei non lo seppe mai.

Si allontanò da quella morsa dolce e si alzò dal gelido pavimento in pietra.
Si strinse ancora di può in quel cotone morbido e fece qualche passo indietro.

«Sarà... Meglio prepararci, la cena inizierà a momenti» si giustificò, rientrando nelle sue stanze.

E mentre Anneka si mordeva l'interno della guancia per riprendersi da quel sogno che credeva di non meritare, Levi si immerse completamente all'interno di quel brodo smorto, maledicendo la sua lingua e la sua mente per aver scelto, per una volta, di far parlare l'anima.

Helene osservava la pioggia cadere velocemente oltre il gazebo sotto la quale si era rifugiata.
L'estate aveva fatto del tutto le sue valigie e aveva lasciato spazio a quella stagione di rovesci che preparava il terreno all'inverno.
Non si udiva più alcun suono provenire dal paese di Lostwinter.
Non si vedevano più le canne fumarie dei ristoranti sbuffare per la moltitudine di cibi preparati per i turisti e, i pochi stabilimenti balneari presenti, avevano chiuso gli ombrelloni, lasciando che il mare inghiottisse le poche spiagge presenti sulla costa, portando con sé il carico di nuvoloni neri che da giorni si era stabilito all'orizzonte, sovrastando quella distesa salata.

Lostwinter si era svuotata, proprio come l'Accademia.

Proprio come lei.

Cassian era tornato da poco a Insperia e Theon non si era fatto vedere da quando Levi e Anneka era saliti sull'auto di Edgar, in direzione dell'aeroporto.

Era rimasto chiuso nella sua stanza per una settimana e adesso Helene si ritrovava sommersa di mappe, compiti sulla difesa assoluta dell'Accademia e del popolo del bosco e l'ansia di non riuscire a portare a termine il compito che le era stato affidato.
Il suo sovrano aveva scelto lei e, per quanto fossero legati da un'amicizia indissolubile, non poteva di certo andare contro la sua decisione.

Helene si era rintana in biblioteca a studiare giorno e notte, impegnandosi nel memorizzare ogni via di fuga dell'Accademia e ogni singola strategia di attacco che Caym avrebbe potuto utilizzare, basandosi sui millenni precedenti.
Era pronta a tutto, eppure non si sentiva all'altezza. 

Adesso, sotto quella pioggia battente, osservava i cadetti inviati da Cassian, allenarsi insieme ai pochi allievi dell'Accademia, guidati da Dusan.
Li osservava e si chiedeva il perché non avesse anche lei tutta quella determinazione.
Forse perché quella guerra era durata troppo?
O forse perché aveva sempre perso?

Non riuscì a formulare una risposta.

Delle urla provenienti dal gruppo di giovani la distrassero, costringendola ad alzarsi e a correre verso di loro.

Una ragazza dai lunghi capelli biondi reggeva il peso del suo busto con le mani, mentre i piedi scivolavano sul fango che si era venuto a creare.
Sul viso, un'espressione terrorizzata.
Gli occhi dilatati come se avesse visto il suo peggior incubo. 

«Cosa è successo?» chiese, osservando la scena.

Ma la ragazza non rispose.
Ai suoi piedi, un ragazzo dai capelli rossi si era accasciato a terra, stringendo forte la pancia e contorcendosi per il dolore.
Non capì se socchiuse gli occhi per la pioggia o perché non credeva a ciò che i suoi occhi le stavano facendo vedere.

Il ragazzo sollevò il viso ed Helene capì il motivo per cui la ragazza fosse così terrorizzata.
Le iridi non erano altro che due pozzi neri che sempre più si allargavano, divenendo un tutt'uno con la sclera.
Sulle palpebre, così come su tutto il viso, delle vene rosse stavano prendendo il sopravvento.

«Non mi sento... bene» disse il ragazzo, prima di voltarsi e rimettere della bile gialla.

Attorno a lui, tutti si allontanarono, inclusa Helene.

«Vado a chiamare Theon»

Disse senza pensare.
Corse, tralasciando il fatto che i piedi le sprofondavano nell'erba.
Corse su per le scale, annullando l'improvviso dolore ai polpacci.
Corse finché non sbatté i pugni contro quella grossa porta.

«Theon!» urlò più volte, disperata e con l'intento di trattenere le lacrime.

Lo sentiva, era lì dentro.
Era ovunque.
Caym era arrivato e lei non se n'era accorta.
Era stata talmente ingenua da credere che si sarebbe manifestato fisicamente, quando in realtà non era altro che quella la sua specialità: l'invisibile, il subdolo, la sorpresa macabra.

«Theon! Apri questa dannata porta!» urlò ancora, guardandosi attorno. «Theon!»

Non fu lui a rispondere, la mano che attraversò la porta, distruggendo il legno massiccio.
Le si strinse attorno al collo, sollevandola da terra.
Si dimenò con tutte le sue forse e cercò con le mani di allentare la presa delle dita di suo fratello.

-È inutile- disse una voce alle sue spalle, che Helene conobbe perfettamente.

«Tuo fratello non esiste più»


SPAZIO AUTRICE

Non so bene quante volte io abbia letto questo capitolo, ma so per certo che questo indica la fine e l'inizio di tutto.
I nostri protagonisti si trovano all'inizio della loro ultima avventura, almeno in questo libro, e per quanto la situazione sembrava essere cambiata, in realtà qualcosa è andato storto.
Perché in One of us c'è sempre qualcosa che non va.

Levi e Anneka si trovano in questo nuovo mondo, Ilan, nella quale vive la popolazione del bosco: protettori dei viaggiatori del tempo che hanno non solo sembianze diverse, ma anche un modo diverso di comunicare.
Parlano al contrario e spero che questa mia idea vi sia piaciuta (anche se spero che siate riusciti a capire qualcosa 😂)
Pronti, si fa per dire, per affrontare il Salto, non solo temporale ma anche sentimentale: Levi si è lasciato andare e Anneka non ha colto questo segnale.
Riusciranno mai, secondo voi, a camminare sulla stessa lunghezza d'onda?

Helene, sommersa dallo sconforto causato dalla solitudine, si trova faccia a faccia con Caym e con Theon che sembra non riconoscere più sé stesso.

Insomma, un bel casino 😂

Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto perchè, essendo gli ultimi, ho una certa ansia che le cose non quadrino! Se così non fosse, lasciate pure una stellina e dei commenti per farmi sapere quello che ne pensate!

Vi ringrazio per aver letto la mia storia!

Alla prossima!

- imsarah_98

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro