𝑽𝑬𝑵𝑻𝑰
𝑽𝑬𝑵𝑻𝑰
Caym chiuse dietro di sé la porta del suo laboratorio, accendendo le luci bianche che presero ad illuminare un tavolo in metallo.
Su di esso, vi era un corpo coperto da un telo bianco, pronto per essere dissezionato.
Fin da quando era bambino aveva avuto una passione non indifferente verso l'anatomia umana, tanto da aver seguito diversi corsi per diventare quanto di più simile ci fosse alla professione di chirurgo: se solo non fosse nato in quel mondo, sicuramente lo sarebbe diventato.
Avrebbe frequentato una delle migliori università, si sarebbe trasferito dove più gli aggradava, probabilmente vicino al mare, e avrebbe eseguito la sua professione con tutto l'amore che possedeva: una amore che avrebbe coinvolto non soltanto sé stesso, ma anche la sua futura famiglia.
Era un sogno che custodiva da tempo e che non aveva ancora visto la luce.
Si avvicinò al giradischi posto sotto una finestra dai drappeggi rossi, e posizionò l'asticella sul disco nero, permettendo allo strumento di riprodurre una delle sue canzoni preferite: Can't help falling in love di Elvis Presley.
Questa canzone, gli ricordava la sua gioventù, il periodo in cui era solito curiosare nella cantina del Principe Lorcàn per trovare cimeli di viaggi passati, da vecchi libri fino a canzoni che Insperia non aveva mai potuto conoscere.
Questa, era una di quelle, la stessa che aveva ballato con Iona, il giorno in cui avevano deciso di unirsi in matrimonio.
Infilandosi i guanti in lattice blu e posizionando tutti gli strumenti necessari sopra un vassoio in metallo, spostò lentamente il lenzuolo bianco dal cadavere e, afferrando il bisturi, incise il torace, provocando un rumore simile al cartone indurito.
Aprì con un divaricatore la cassa toracica e, tagliando i vasi secchi e privi di liquido vitale, ne estrasse il cuore.
Nonostante fosse passato molto tempo da quando la persona su cui stava lavorando era deceduta, l'organo si era conservato perfettamente.
Ne osservò la bellezza anatomica, memorizzandone ogni singolo dettaglio: dalla vena più piccola alle insenature più grosse, da cui sarebbe dovuto pompare il sangue se solo fosse stato vivo.
Lo posò sotto una lampada ancora più luminosa, infilandolo all'interno di un barattolo contenente della formaldeide e prese il quaderno che era solito utilizzare per i suoi studi.
Dalle pagine, però cadde una foto scattata durante un periodo in cui la vita di Caym era limpida, priva di ogni preoccupazione se non l'assenza dei genitori.
Era il periodo in cui i bambini affrontano la loro spensieratezza, crescendo circondati dall'amore delle persone che più li amano.
Ma, ovviamente, l'infanzia di Caym non era stata per niente simile a quella degli altri e i ricordi, di quel periodo turbolento, lo riportarono indietro a moltissimi anni prima.
Molti secoli prima, Insperia
Era forse la giornata più afosa che Insperia avesse mai sperimentato.
Il sole, troneggiava alto nel cielo limpido, mentre una leggera brezza calda soffiava dal mare brillante e tranquillo, al pari di una tavola di legno.
Le madri, con i figli più piccoli, si dirigevano verso la spiaggia godendosi gli ultimi giorni di mare prima dell'inizio dei vari esercizi a cui Insperia sottoponeva chi non era stato idoneo ad entrare nella corte: Lorcàn aveva deciso di adottare un sistema simile a quello presente in un posto chiamato Terra, il luogo di cui Insperia aveva il compito di prendersi cura.
Aveva organizzato le diverse capitali nello stesso modo in cui erano organizzate le città in quel mondo privo di potere: vi erano negozi di vario genere, lavori che andavano dal manuale a quello più complicato, in cui era necessario usare una piccola parte di potere, come l'alchimista o i magi preparatori, insegnati che impartivano lezioni ai più piccoli, così da riuscire a far padroneggiare i poteri fin dal momento in cui i bambini ne mostravano i primi segni.
Per i giovani, invece, le lezioni all'Accademia erano terminate e si potevano godere le settimane di riposo concesse dal Principe, prima di ritornare sui libri.
Dalla stanza che gli era stata riservata, Ejaz osservava tutti i ragazzi e le ragazze provenienti dalle famiglie più importanti di Insperia, afferrare le loro biciclette e correre lontano dalle mura della corte, per godersi la libertà tra un bagno al mare e una serata passata sotto le stelle.
Tutti potevano godere di quella libertà, tranne Ejaz.
Giovane rampollo, nato da proprietari terrieri che possedevano tre quarti dei territori del paese di Ignis, era figlio dei due più grandi domatori del fuoco presenti in tutta Insperia e quindi, di conseguenza, l'unica speranza per la sua famiglia e per la corte stessa.
Proprio per questo, Lorcàn non aveva fatto altro che tenerlo d'occhio, offrendogli lezioni private insieme al figlio Alexander e un posto in cui alloggiare.
Lo trattava al pari di un figlio, non facendogli mai mancare nulla, incluso anche il desiderio di evadere da quella tenuta e allontanarsi il più possibile.
Dato il ruolo che avrebbe dovuto ricoprire, era costretto a rimanere rinchiuso nei meandri più oscuri della biblioteca a studiare, costantemente, per migliorarsi e per apprendere più cose possibili riguardo al suo potere, così da poter raggiungere lo stesso traguardo del padre: diventare il braccio destro di Insperia.
I genitori erano ormai partiti per un lungo viaggio nella Valle Oscura per volere del Principe, luogo da cui mai nessuno aveva fatto ritorno, a causa della comparsa di alcune creature considerate pericolose per il regno.
Non sapeva esattamente di cosa si trattasse, ma aveva sentito dire che quegli esseri erano soliti giocare con la vita e la morte della popolazione di Insperia e che quindi era necessario intervenire il prima possibile.
Il padre, essendo l'aiutante per eccellenza del Principe, non aveva potuto rifiutare, così come la madre. Non avevano battuto ciglio quando gli era stato proposto un tale incarico: neanche quando il figlio li aveva supplicati di non andare.
La madre, vendendolo in quello stato, non aveva fatto altro che ricordargli l'origine del suo nome: Ejaz significava "miracolo" in una lingua conosciuta come arabo, ed essendo lui arrivato proprio in un momento in cui la sua famiglia affrontava un periodo estremamente difficile, lo avevano sempre considerato una protezione.
Per questo erano partiti senza esitare.
«Il nostro bambino ci proteggerà ovunque andremo» gli aveva detto, poco prima di chiudersi la porta alle spalle.
Quel miracolo però, in cui tanto avevano creduto i suoi genitori, si era rivelato del tutto invano, dato che erano passati più di due anni dalla loro partenza e nessuno sembrava intenzionati a cercarli.
Adesso, all'età di diciassette anni, Ejaz si ritrovava da solo ad affrontare responsabilità che nessuno gli aveva mai spiegato prima.
Nessuno si curava di tirarlo su di morale, di renderlo felice e spensierato, come un ragazzo della sua età doveva essere, nemmeno la donna che aveva servito i suoi genitori da quando si erano sposati: quella donna paffuta e goffa se ne stava tutto il girono a lavorare a maglia, a rifargli il letto quando serviva e a ricucirgli i vestiti quando li strappava nelle sue lunghe passeggiate per i boschi.
Ejaz non era mai stato un bambino ubbidiente: preferiva scontare punizioni che privarsi di ogni singolo stimolo che la natura e il mondo che lo circondava, gli offrivano.
Appunto per questo, nonostante gli fosse stato proibito uscite dalla corte del Principe senza un accompagnatore, quel giorno si calò dalla finestra con una fune formata da lenzuola mentre la sua domestica non c'era, ricadendo poi nel giardino presente sul retro della tenuta, dove Lorcàn aveva istallato le stalle dei cavalli.
Si infilò dentro i cespugli e, una volta osservate le guardie entrare all'interno dell'edificio, si recò verso il bosco fitto alle sue spalle, immergendosi nel verde scuro.
Conosceva ormai a memoria ogni sentiero presente in quel giardino infinito, ma mai si era spinto fino alle mura.
Davanti ai suoi occhi celesti, un muro alto poco più di tre metri gli si parò davanti, completamente ricoperto di rampicanti e rami spogli.
Aveva pensato alla possibilità che potesse esserci un ostacolo del genere, ma mai al fatto che non esistesse alcuna soluzione.
Osservò tutto ciò che lo circondava, camminando lungo il muro alla ricerca di qualche passaggio segreto che le guardie avrebbero potuto utilizzare o qualche insenatura che gli permettesse di sgusciare via, senza che nessuno potesse accorgersene.
Ma nulla.
Affranto si poggiò contro una delle tante querce secolari presenti e chiuse gli occhi, inspirando profondamente.
-Se cerchi una soluzione, non la troverai in basso –
Sentì sopra di sé.
Si alzò improvvisamente, credendo che qualche guardia lo avesse seguito e avesse capito le sue intenzioni, ma un ragazzo, più o meno della sua stessa età, lo fissava seduto su uno dei tanti rami possenti della pianta dove poco prima si era appoggiato.
I piedi erano a penzoloni oltre il ramo, mentre con una mano si sorreggeva per non perdere l'equilibrio e con l'altra reggeva un mela rossa dall'aspetto succulento.
I suoi occhi, di un verde chiarissimo, quasi tendente al giallo, lo osservavano divertito.
«Chi sei?» chiese Ejaz, mettendosi in guardia.
«Alexander»
A quel nome, Ejaz si inginocchiò, abbassando la testa e tenendo lo sguardo fisso sull'erba scura sotto i suoi piedi.
«Vostra grazia, mi dispiace. Non l'avevo riconosciuta»
«Ci credo, non ti sei mai degnato di rivolgermi la parola in questi due anni, Ejaz» disse diretto, gettando per terra il torsolo della mela ormai nudo «Alza la testa. Abbiamo la stessa età, non c'è bisogno di tutti questi formalismi»
Ejaz fece ciò che gli venne ordinato e si rizzò sulle sue gambe snelle, tenendo le mani ben strette dietro la schiena.
«Cercavi un modo per evadere, dico bene?»
Ejaz, che non era mai stato bravo a mentire, annuì ammettendo la sua colpa.
Sapeva che, da quel momento in poi, non gli sarebbe più stato permesso uscire neanche dalla sua stanza senza essere sorvegliato.
«Se ti consola, anche io. Solo che a differenza tua, ho già trovato un modo. Ti va di conoscerlo?»
Il ragazzo moro sollevò lo sguardo e, quando vide Alexander indicare l'albero, capì che doveva arrampicarsi e raggiungerlo in alto.
Ejaz deglutì rumorosamente e si avvicinò al tronco massicciò, cercando di trovare una qualche soluzione.
Dietro di sé, improvvisamente sentì un tonfo che lo costrinse a voltarsi allarmato: una scala, costruita con travi in legno e corda pendeva dal tronco in cui sedeva Alexander, intendo ad osservarlo con fare divertito.
«Non crederai che sia salito arrampicandomi con liane e muschio» disse, facendo cadere nell'imbarazzo più assoluto Ejaz. «Noto come tu non sia capace di osservare oltre ciò che ti circonda. Ecco il mio nuovo ordine per te: dovrai imparare a farlo, amico mio»
«Si Vostra grazia! Cioè io volevo dire Alexander»
«Mh, fortuna vuole che io sia una persona paziente» disse, allungando una mano. «Adesso, diamo inizio all'avventura»
Disse sorridente, indicando oltre le mura della sua dimora.
Case e alberi si estendevano per chilometri e chilometri, fino a scontrarsi con la distesa salata che avvolgeva l'isola: questa era Insperia, un paradiso.
Con il braccio attorno alle sue spalle, Alexander sorrideva compiaciuto e Ejaz ne fu contagiato.
Quel sorriso puro e fanciullesco aveva sempre adornato il viso onirico di Alexander, fino a quando non fu a conoscenza della morte della donna che amava.
Gli anni erano passati velocemente e in un batter d'occhio si erano ritrovati ad aiutare Lorcàn con la preparazione del ballo delle debuttanti: un ballo che non serviva solo a capire chi, tra le famiglie più agiate di Insperia, nascondesse la donna perfetta per Alexander, ma chi tra queste sarebbe potuta diventare la compagna di vita anche di Ejaz e Edgar, un giovane rampollo orfano che da poco aveva raggiunto la corte e che aveva scoperto essere un lontano cugino di Alexander.
Ormai, alla veneranda età di ventitré anni, Ejaz aveva acquisito la piena maestria del suo potere e, di conseguenza, era diventato il nuovo consigliere del Principe dopo che i suoi genitori erano stati dichiarati dispersi.
In un primo momento, avrebbe voluto abbandonare tutto e cavalcare verso la Valle Oscura alla ricerca dei genitori ma poi Alexander ed Edgar lo avevano fermato, facendolo ragionare su quelle che adesso erano le sue responsabilità.
Mentre cercava di abbottonarsi la camicia difronte lo specchio, irruppero nella sua stanza i suoi due amici, già perfettamente vestiti e con i capelli tirati indietro da una leccata di cera.
L'idea, alquanto ridicola di Alexander, era stata quella di vestirsi tutti e tre con lo stesso abito. Un pensiero che fece, in primo momento imbestialire il padre, ma che poi se ne fece una ragione, ricordando il rapporto ormai fraterno che tutti e tre avevano sviluppato.
«Ejaz sei ancora svestito? Presto, mio padre ci vuole vicino a lui prima che inizi la cerimonia!»
«Si, Alex ma come vedi non riesco ad abbottonare la camicia. I bottoni sembrano infinitamente piccoli stasera» sbottò.
Vide l'amico biondo sospirare, privo di speranze, e avvicinarsi a lui.
Gli spostò le mani e iniziò a chiudere velocemente l'abito.
«Spero per te che tu non sia così impacciato anche a svestirti, sennò chissà che pene dell'infero dovrà passare tua moglie» costatò, scatenando l'ilarità anche di Edgar, che era sempre stato il più serio e composto tra i tre.
«Non penso si porrà mai il problema, dato che non troverò mai una moglie» sussurrò più a sé stesso che ad Alexander.
«Oh, ti prego Ejaz. Iona tornerà e riuscirai a sposarla prima che qualche figlio di buona donna le chieda la mano!»
«Ma non stavo parlando di lei!»
«Sì invece!»
«Se posso intervenire» disse Edgar «Ho visto la sua carrozza fermarsi difronte al palazzo, qualche minuto fa.»
Ejaz sollevò lo sguardo dalle mani di Alexander e lo spinse lontano dal suo corpo, affacciandosi dalla finestra della sua stanza.
Edgar aveva ragione: Iona stava scendendo dalla carrozza, aiutata da un valletto e si guardava attorno, con lo stesso sguardo di una bambina che finalmente aveva coronato il sogno di diventare principessa.
I lunghi capelli ramati le ricadevano in onde morbide lungo la schiena.
Il corpo, esile e tonico dovuto agli allenamenti a cui si sottoponeva, era fasciato da un abito rosso fuoco; del pizzo nero le ricopriva le mani e le dita affusolate.
Al collo, pendeva il medaglione con lo stemma di famiglia: una spada avvolta da fiamme possenti.
Iona proveniva da Ignis e i suoi genitori erano conosciuti in tutto il regno per la loro specialità nel forgiare le spade, utili per la difesa del regno di Insperia e per il modo che avevano di legarsi alla persona che le impugnava: infatti, ogni singolo combattente di Insperia possedeva la sua spada e nessuno poteva maneggiare la spada di un altro.
Nessuno della sua famiglia aveva mai avuto l'onore di entrare a far parte della corte del Principe Lorcàn, tranne lei.
Iona aveva ereditato gli stessi potere della madre, proveniente dall'isola di Caeli. Non solo era riuscita ad eccellere come ottima spadaccina, ma il modo in cui aveva di leggere nell'animo umano l'aveva resa speciale, facendole guadagnare un posto anche nel cuore di Ejaz.
«Bravo Edgar, hai rovinato la sorpresa»
«Ma quale sorpresa Alexander, era una tortura per lui. Adesso direi di sbrigarci, il Principe ci aspetta e tutti gli invitati sono arrivati. Non voglio spalare sterco di cavallo per una settimana come l'ultima volta in cui siamo arrivati in ritardo» disse Edgar, dirigendosi verso la porta.
Alexander si diede un'ultima occhiata allo specchio, sistemandosi i ciuffi ribelli sfuggiti alla cera, mentre Ejaz abbottonò la giacca prima di chiudere dietro di sé la porta della sua stanza.
Scese velocemente la lunga scalinata a chiocciola in marmo bianco, seguito dai suoi amici, arrivando poi direttamente al salone principale e si sedette alla sinistra del principe Lorcàn.
«Cosa vi ha causato tutto questo ritardo?» chiese burbero, osservando i tre ragazzi.
«Edgar ha avuto un improvviso mal di pancia, padre» rispose Alexander cercando con gli occhi l'unica persona che avrebbe voluto vedere quella sera. «Il sol pensiero di giacere con una donna gli mette ansia»
«Alexander!» dissero all'unisono Lorcàn ed Edgar, completamente rosso in volto.
Ejaz non riusciva a seguire i loro discorsi perché la sua attenzione si era tutta concentrata su Iona.
La sua risata, simile a una dolce melodia, gli arrivò dritta alle orecchie, percorrendo velocemente la strada verso il suo cuore.
Un cuore che, solo in quell'istante, capì esattamente cosa significasse amare.
Ma purtroppo, un cuore che non ha mai provato amore, non è destinato a provarlo per sempre.
Ejaz era riuscito a sposare la donna che amava.
Era riuscito a coronare il sogno della sua vita, ovvero costruirsi una famiglia e crescere i suoi figli lontano dal castello di Insperia, liberi e felici: non li avrebbe costretti a diventare dei burattini al cospetto di un regno che aveva perso la sua credibilità, dopo aver sterminato l'intera popolazione di Linfa.
Dopo la morte di Lorcàn, Alexander aveva dovuto riprendere in mano un Insperia del tutto distrutta e completamente indifferente a un potere che aveva osato tradire la propria gente per mere fantasie dovute a credenze fittizie.
Per questo sia Edgar che Ejaz avevano abbandonato la corte, cercando di vivere le loro vite nel modo più normale possibile.
Il trio si era sciolto, provocando un'immensa spaccatura in quell'amicizia durata decenni.
In Ejaz era, ormai, emersa l'idea di visitare un luogo che lo aveva sempre affascinato, un luogo la cui bellezza era possibile vederla solo attraverso i libri.
La Terra, con la sua tranquillità e le possibilità che offriva di godersi una vita priva di qualsiasi potere lo aveva attratto a tal punto da cercare ogni modo possibile per aggiungerla.
Quella ricerca divenne improvvisamente la sua vita, divenne la possibilità per la sua famiglia di vivere in un luogo nuovo e di ricominciare lontano da tutte quelle responsabilità che lo avevano attanagliato per tutta la vita.
Iona lo pregò più volte di abbandonare quel sogno irrealizzabile, ma Ejaz non ne volle sapere.
Si spinse talmente oltre le sue capacità, che finì per scontrarsi con l'entità meno affidabile del mondo umano: Lucifero.
L'uomo gli aveva promesso tutto ciò di cui aveva bisogno, a patto che gli venisse donata la figlia che piano piano cresceva inconsapevolmente nel grembo della moglie.
Quando comunicò ciò che avrebbero dovuto fare, Iona si rifiutò categoricamente, minacciandolo di uccidersi se solo ci avesse provato.
Ma a Ejaz non importava nulla: il suo sogno egoistico era ormai diventato più importante di ogni altra cosa.
Una notte prese la sua decisione e, per la prima volta nella sua vita, macchiò le sue mani di sangue, un sangue a cui lui stesso aveva dato la vita.
Entrando nella camera in cui dormivano i suoi due figli, estrasse un coltello affilato e li pugnalò in pieno petto.
Il dolore che provò in quel momento fu talmente tanto che non si accorse immediatamente di ciò che aveva commesso, ma l'obiettivo che voleva raggiungere era ormai divenuto troppo accecante e, questo, lo costrinse ad annullare ogni singola emozione a riguardo.
Una volta mostrato il suo delitto a Iona, la obbligò a seguirlo e a dare alla luce la sua bambina, l'unica speranza per un futuro migliore.
Per Iona, però, il dolore fu troppo grande da sopportare.
La donna, in preda al delirio e alla sofferenza di aver perso ormai la sua famiglia, si uccise impiccandosi nella stessa stanza in cui il marito aveva ucciso i figli.
Anneka, ormai, era divenuta la sua speranza.
La bambina avrebbe posseduto un potere che non aveva eguali, un potere che andava ben oltre ciò che Insperia poteva immaginare.
E sarebbe stato suo, per sempre.
O almeno così credeva.
Con gli anni, Anneka si allontanò sempre di più dal padre, divenuto ormai più protettivo e impaziente: Lucifero non aveva fatto altro che promettergli, senza mai dargli nulla in cambio e questo non faceva altro che aumentare i sospetti sul fatto che avesse sbagliato qualcosa.
Ma un giorno, fu il demone a mostrarsi a lui nella sua forma umana.
«Purtroppo, mio caro Ejaz, non posso più darti ciò che mi avevi chiesto» gli disse, sedendo sulla sua poltrona. «Tua figlia si è legata inaspettatamente ad un altro essere e ha deciso di condividere con lui quel potere. Tu non puoi darmi ciò che voglio e io farò altrettanto. Un patto è un patto»
«No, signore. La prego, mi dia un'altra possibilità. La supplico, farò qualsiasi cosa» disse, inginocchiandosi al suo cospetto.
«Qualsiasi cosa...» ripeté Lucifero, avvicinandosi all'uomo che aveva davanti. «Diventerai un demone, un mio sottoposto e solo quando riuscirai a scovare il modo per poter annullare quel legame, allora, mi darai tua figlia e tu sarai libero di vivere la tua vita da umano. Se è questo che desideri ancora...»
Ejaz sollevò lo sguardo e annuì, afferrando la mano di Lucifero, avvolta in un guanto nero di pelle umana.
«Si, accetto le vostre condizioni... Mio signore»
«Bene»
Un baratro si aprì improvvisamente sotto di loro, trascinandoli verso un mondo che mai aveva creduto potesse esistere.
Ejaz si ritrovò al centro di un enorme sala, dal pavimento in marmo nero e dalle pareti rocciose. Attorno a lui, vi erano esseri dalle fattezze macabre, seguirti da un odore di putrefatto che andò a colpirgli le narici, provocandogli un conato di vomito.
«Tu, Ejaz, abitante di Insperia, sarai ora battezzato con il nome di Caym, demone che tutta sa e a tutto risponde. Benvenuto fra noi» disse Lucifero, innalzando un bicchiere colmo di un liquido rossastro. «Che il tuo battesimo abbia inizio!»
Delle urla di incitamento si propagarono in quel luogo che si rivelò essere più grande di quello che Ejaz aveva immaginato.
Le sue braccia e le sue gambe furono incatenate al terreno e un fuoco blu lo avvolse, inghiottendole tra le sue fiamme.
«La tua anima sarà mia per l'eternità e il tuo involucro vuoto di vita umana ti sarà consegnato solo quando avrai compiuto i tuoi doveri nei miei confronti. Hai capito Caym?»
Ejaz riuscì solo ad annuire mentre sentiva quel calore avvolgere ogni singola parte del suo corpo, sia esterna che interna: era come se quelle fiamme avessero preso il posto del suo sangue, bruciandolo anche dall'interno.
«Non ti ho sentito»
«Si, mio signore»
Il battesimo di Caym durò cento giorni.
E per cento giorni Caym bruciò, in continuazione.
Le fiamme dell'Inferno portarono via ogni cosa, lasciando solo un cumulo di polvere, dalla quale riemerse un involucro senza vita, guidato solo da un sentimento: vendetta.
Nel suo nuovo essere si sentì rinvigorito e privo di qualsiasi rimorso per tutto ciò che aveva commesso precedentemente. I ricordi della sua vecchia vita, ormai, erano pari a degli aloni sul vetro: fastidiosi e pronti per essere ripuliti.
Lucifero gli aveva fornito un piccolo esercito e tutto il necessario per poter dare inizio alla sua ricerca: sapeva che la figlia si era nascosta da qualche parte grazie al suo potere e che con sé aveva portato anche il ragazzo che aveva osato rubargli il posto.
Per questo, una volta ritornato a Insperia, la prima persona che andò a trovare fu Edgar, l'uomo che aveva deciso di prendersi carico di un figlio non suo.
La sua dimora era poco distante dalla Valle Oscura.
Quando entrò nella sua proprietà, lo vide uscire di corsa dalla casa in pietra e pararsi difronte ad essa, cercando di creare una barriera protettiva che però non riuscì a fermarlo.
Sbattendo i piedi per terra, provocò una lingua di fuoco che circondò l'abitazione, non permettendo a nessuno di entrare o uscire.
«Ejaz, cosa hai intenzione di fare?»
«Sono Caym, adesso» comunicò. «Adesso spostati, è tuo figlio che voglio» disse, scaraventando il corpo dell'ormai ex amico, nelle mani dei suoi collaboratori.
-Lui non è qui-
Una donna, di estrema bellezza e dalla pelle di un bianco candido, gli si posizionò davanti. Vide, sotto le vesti, delle bruciature che le avvolgevano il braccio e la parte destra del collo, nascosto da lunghi capelli rossi intrecciati.
«Caera torna in casa!» disse Edgar, senza riuscire a muoversi.
«Quindi tu sei sua madre di quel bastardo, Levi...»
«Non hai alcun diritto di nominare mio figlio, tanto meno di volere qualcosa da lui!»
«Ed è qui che ti sbagli, Caera. Tuo figlio mi ha rubato una cosa per me molto importante e adesso la rivoglio indietro»
La donna congiunse le mani difronte al suo viso, recitando parole che non gli era permesso conoscere.
Una volta diventato demone, entità di un altro mondo, aveva perso la capacità di comprendere tutto ciò che riguardava Insperia, incluso i diversi incantesimi utilizzati dai suoi abitanti.
Un involucro di aria, misto a pietre aguzze lo colpì, sfregiando il suo viso.
Caym la osservò e vide dietro di lei una bambina, dai profondi occhi verdi e dai capelli simili ai suoi: per un attimo, le venne in mente Iona e il modo in cui aveva difeso i suoi figli prima che venissero uccisi. L'uomo aveva già sperimentato una situazione del genere ed era arrivato alla conclusione che il punto più debole di una madre erano i figli e, appunto per questo, avrebbe colpito Caera nella sua debolezza.
Caym sollevò una mano difronte a sé e senza avanzare di alcun passo, pronunciò il suo primo incantesimo da demone, sollevando la bambina da terra.
Sulle sue dita, avvolte attorno il collo gracile di quella natura innocente, avvertì il pulsare del sangue e il modo in cui il suo corpo combatteva per vivere.
«Ejaz lasciala andare!» urlò Edgar, con le lacrime agli occhi.
Caera osservò la scena e fu pronta ad attaccare con un incantesimo ancora più forte ma non fece in tempo ad intervenire che un cerchio si formò al centro della scena, sputando fuori Anneka e Levi.
Entrambi osservarono esterrefatti la scena e quando Caym vide sua figlia, le sorrise.
«Anneka, figlia mia» disse, lasciando cadere al suolo la bambina. «Sei tornata da me» continuò, avvicinandosi.
«Tu non sei mio padre» disse la ragazza. «Ne hai perso ogni diritto quando hai ucciso la tua stessa famiglia per un sogno utopistico»
«Come osi parlarmi in questo modo? Io ti ho dato tutto!»
«Mi hai dato solo tristezza e infelicità. Non ho bisogno di te»
Anneka tenne lo sguardo fisso su di lui mentre, alle sue spalle, il portale dava su un universo che non gli era stato possibile visitare.
Una rabbia incontrollabile si impossessò di lui e lo costrinse a fare ciò che aveva scoperto essere un suo dono innato: uccidere.
In meno di un secondo, si avvicinò alla donna che fino a quel momento aveva protetto sua figlia e l'afferrò per i capelli, trascinandola ai suoi piedi.
«Se tu non verrai con me, ucciderò questa donna e renderò il tuo legame invano!»
«Anneka non ascoltarlo! Va via, fuggite!» urlò la donna, ignorando il dolore che provava in quel momento e il pianto di sua figlia tra le braccia di Levi.
Vide gli occhi di suo figlio guizzare tra il coltello che Caym teneva in mano e il suo collo, pronto a intervenire se solo avesse provato a fare qualcosa. Il demone, capendo le sue intenzioni, lo avvicinò di più, bagnando la punta con il sangue.
«Non osare avvicinarti» gli disse, inchiodandolo con lo sguardo.
Osservando la scena, capì che l'unico modo per poter portare Anneka dalla sua parte, era quello di rendere il suo legame un vincolo, un qualcosa di insopportabile sia per l'anima che per il corpo.
L'unica soluzione era rendere la persona che amava il suo peggior nemico.
Senza pensarci ulteriormente e con un gesto fulmineo, tagliò la gola alla donna lasciando che il corpo cadesse esanima di fronte agli occhi dei suoi stessi figli.
«Se tu non mi dai ciò che mi serve, ti renderò la vita talmente difficile da sopportare che mi supplicherai di prendermelo»
Anneka non fece in tempo a muoversi che Edgar balzò verso di loro, trascinandoli all'interno del portale che fino a qualche minuto prima era rimasto aperto dietro le sue spalle.
Con lui caddero Anneka, Levi e la piccola bambina.
Da quel momento in poi, Caym avrebbe girato ogni angolo del mondo di Insperia e della terra, sfruttando il potere di Lucifero di spostarsi tra un'epoca e l'altra per brevi lassi di tempo: dopotutto, anche sua figlia possedeva lo stesso dono, con l'aggiunta però di poter modificare gli avvenimenti a proprio piacimento.
Se solo avesse avuto quel potere, avrebbe potuto modellare la sua vita secondo le proprie regole, creandosi anche un universo totalmente suo.
Adesso, fermo in quella stanza, con davanti il cuore della moglie defunta, Caym guardava questi fatti con malinconia e con il rimorso che avrebbe potuto fare di più che uccidere semplicemente una donna.
Avrebbe potuto puntare direttamente a Levi e impossessarsi del potere di Anneka.
«Tua figlia ti somiglia tanto» disse, spostando i capelli ormai di un mogano grigiastro dalla fronte della donna. «È testarda, cocciuta e forte proprio come te. Ma, purtroppo, ha anche ereditato la tua debolezza. Saper amare è un difetto che non sono riuscito a cancellare ed è per questo che le spetterà tua stessa fine...»
Sembrava che la tempesta che aveva minacciato Lostwinter negli ultimi giorni, si fosse dissolta nel nulla, lasciando nuovamente che l'estate prendesse il suo posto.
Il sole splendeva alto in cielo e la seconda settimana di agosto si apprestava a concludersi.
Gli alberi erano rigogliosi di frutta e la natura aveva ripreso il suo corso attorno all'Accademia.
Edgar, camminando lungo il viale truciolato del retro della sua residenza, osservava attento i ragazzi che avevano deciso di allenarsi, per aiutare Insperia contro la minaccia che Caym rappresentava: non vi era alcuna sicurezza sul fatto che avrebbe attaccato proprio quel luogo, ma Edgar voleva prepararsi a qualsiasi evenienza, aspettando pazientemente gli aiuti dalla sua città natale.
Tra le mani, giunte dietro la schiena, stringeva un foglio di pergamena dove l'inchiostro secco aveva annunciato l'arrivo di Cassian, il principe di Insperia.
L'ultima volta che lo aveva visto era stato dopo la morte di Alexander: appena entrato nella sua adolescenza, Cassian aveva dovuto governare un regno completamente da solo.
Non sapeva cosa aspettarsi dopo tutti quegli anni.
Chissà come sarai diventato.
Pensò, fermandosi accanto a un gazebo in ferro battuto.
Il bianco era appena stato ridipinto e su di esso aveva deciso di coprirlo con un tetto di rose rosse rampicanti: aveva sempre sognato di invecchiare con Caera in un posto simile, ma il destino aveva avuto in serbo qualcosa di diverso per loro.
Seduto su un cuscino morbido, adornato con disegni in oro, teneva gli occhi fissi sul luogo dove Theon e Helene avevano nascosto Levi per tutto quel tempo: non gli avevano mai permesso di fargli visita, il che lo aveva turbato parecchio; ma col senno di poi, aveva capito che la loro decisione era stata presa con il solo fine di proteggerlo.
Da quando era diventato un demone, un'entità che non aveva mai conosciuto prima d'ora, non aveva più avuto alcun potere su di lui.
Solitamente, riusciva a farlo calmare, a ragionare e ad aiutarlo a gestire un potere non alquanto differente.
Ma, l'attimo in cui lo aveva visto uscire dalla casa in cui era cresciuto, senza voltarsi indietro, si ripeteva senza sosta nei meandri della sua memoria.
In quel momento, aveva capito di aver perso per sempre suo figlio, anche se la speranza nel riportarne indietro almeno un pezzettino non si era mai dissolta.
A distrarlo, furono le due figure che presero ad avvicinarsi sempre di più, fino a sedersi difronte a lui.
Helene afferrò uno dei dolcetti al cioccolato bianco, mentre Theon bevve semplicemente una tazza di the.
La stanchezza era visibile nei loro volti, così come i pensieri con i quali si erano torturati.
Osservando Helene, si rese conto di quanto effettivamente tenesse ancora a suo figlio nonostante fossero passati molti anni: la loro amicizia era nata in un momento di sconforto e, anche se Levi non aveva mai confermato, sapeva quanto le volesse bene.
Helene aveva fatto di tutto pur di salvarlo e c'era anche riuscita.
Su Theon, invece, cominciava a nutrire dei dubbi.
Il suo sguardo nascondeva una verità che non gli era data conoscere ma che sapeva che lo avrebbe turbato pesantemente. Fu in quel momento che volle metterlo alla prova e sperò con tutto sé stesso che si sbagliasse.
«Il principe Cassian mi ha mandato una lettera» iniziò, accendendo il suo solito sigaro. «Verrà a farci visita presto»
Helene si passò un fazzoletto di seta sulle labbra, pulendosi dalle briciole dei biscotti che aveva preso a mangiare. Theon, posò la tazza decorata del the sul tavolino, osservandolo attentamente.
«C'è qualche motivo per cui ha deciso di viaggiare in un momento così critico?» domandò il ragazzo.
«Gli ho comunicato personalmente gli avvenimenti di questi ultimi mesi, incluso il mio sospetto che qualcuno, in Accademia, ci sta tradendo»
Helene quasi si strozzò e Theon si rizzò sulla sedia, come se fosse stato colpito da una freccia in piena schiena. Nessuno dei due disse nulla e questo indusse Edgar a continuare, desiderando di non trovare delle risposte ai suoi dubbi in loro.
«Negli ultimi giorni ho pensato a Levi e alla sua condizione fisica. Sono a conoscenza, come penso anche voi, della sua capacità di comunicare con i morti e, di conseguenza, di collegarsi a Caym» iniziò, alzandosi. «Il fatto che lui sia il genitore della sua parte demoniaca glielo permette. Ma questo, non penso basti per far arrivare Caym fino a qui» iniziò a girare attorno al tavolo su cui erano seduti, continuando il suo discorso. «Sempre più spesso, il sistema di sicurezza dell'Accademia ha registrato la presenza di un collegamento che mi fa sospettare sia con Caym. Adesso, vorrei chiedervi se voi ne sapete qualcosa, in quanto responsabili della barriera.» chiese, mettendosi tra i due. «Non vi sto accusando di nulla» li rassicurò, posando le mani sulle loro spalle. «Vi chiedo solo di collaborare nella sicurezza dell'Accademia»
«Noi non abbiamo rivelato nulla Edgar, te lo avremmo comunicato se fosse successo» disse Helene, osservando poi il fratello.
«Esatto. Probabilmente, essendo Levi instabile ha aperto un collegamento senza rendersene conto» continuò Theon, alzandosi. «Ma se questo ti desta sospetti, mi assumo ogni responsabilità e scoverò il colpevole»
Edgar li osservò e annuì, maledicendo la parte di sé stesso che aveva osato dubitare anche solo un istante della loro fiducia.
«Bene, era quello che volevo sentire. Da entrambi» disse, sedendosi nuovamente. «Helene, vorrei che tu monitorassi costantemente Levi e non appena si riprende, iniziare un percorso di recupero della forza fisica e mentale»
«Certamente. Posso dirti che non ci vorrà molto dato i miglioramenti dell'ultimi giorni» lo aggiornò, alzandosi. «Adesso è meglio che vada, Anneka non penso riuscirà a gestirlo una volta sveglio»
Anche Theon si alzò, pronto a seguire la sorella ma fu fermato dalla mano di Edgar che si posò sulla spalla, segno che voleva parlare con lui ancora per un po'.
«Volevi chiedermi qualcosa?» chiese Theon, una volta che la sorella si fu allontana, con un tono estremamente pacato che celava l'ansia che gli stava attanagliando il cuore.
Quel discorso che aveva tenuto precedentemente lo aveva impensierito, dandogli la certezza che mancasse davvero poco prima che scoprisse ciò che aveva fatto.
Per questo doveva allontanare tutti i sospetti che Edgar poteva nutrire nei suoi confronti.
«Sospetto che tu mi voglia mettere i bastoni fra le ruote» proruppe l'uomo difronte a lui. «Tu sei come un figlio per me e ti voglio bene in egual misura, quindi non sopporterei un tuo tradimento»
«Edgar io non capisco di cosa tu stia parlando. Non potrei mai - »
«Anneka» disse, osservandolo. «Lei è il fulcro di questa storia e degli avvenimenti che ci hanno accompagnato negli ultimi anni. La storia si è ripetuta in continuazione e capisco che si voglia cambiare il finale. Credimi se ti dico che anche io ci ho sperato» confessò, accavallando le gambe.
Theon lo osservò e per un attimo si sentì libero di esprimere la propria idea.
«Edgar... Io credo che questo legame si possa spezzare. Sono passati decenni da quando è stato creato, Levi è diventato un demone e Anneka è cambiata. Io penso che se ci mettiamo a cercare, in fondo, riusciremo a trovare un'altra soluzione»
«Per un'altra soluzione intendi che lei si innamori di te? È questo che pensi?»
Theon si sentì uno stupido in quel momento.
Se veniva posta in quel modo, la questione appariva stupida e insensata: la sua idea era al pari della credenza di un bambino su Babbo Natale.
«Io ho amato una sola persona in tutta la mia vita e amerò solo quella. E lo so anche senza l'esistenza di un legame che ci leghi in quel modo» disse Edgar, avvicinandosi. «Non c'è modo che quel legame possa spezzarsi. È nato per far sì che rimanga fino a quando uno dei due non muoia»
Theon capì dove volesse arrivare Edgar.
L'uomo gli posò una mano sulla spalla e si avvicinò al suo orecchio.
«Se trovo ancora qualcosa nel suo sangue di solo lontanamente collegato a quelle bestie, i miei sospetti ricadranno su di te. Non so cosa ti abbia spinto a fare una cosa del genere, non so cosa ti abbia fatto pensare di poter agire alle mie spalle, ma non permetterti di andare oltre» gli disse, guardandolo ora negli occhi. «Ho già perso troppe persone per colpa di sogni irraggiungibili»
Edgar lo stava avvisando.
«Ringrazia la forza vitale che ancora risiede in Levi. Se solo lui fosse morto, ci avrei messo meno di un secondo a dire tutto a Cassian e a farti giustiziare»
«Perché non l'hai fatto?»
«Perché so che non sei ancora perduto» confessò, alzandosi. «Non prendere questa mia decisione come stupidità. Ma che ti serva da monito: io ho occhi dappertutto e farei qualsiasi cosa pur di proteggere la mia famiglia»
Spazio Autrice
Buon pomeriggio a tutti! Finalmente, dopo quasi 5 mesi, sono ritornata a scrivere.
Come state? ❤
Prima di parlare del capitolo, volevo semplicemente ringraziare tutti coloro che mi sono stati accanto nonostante la mia assenza. Coloro che hanno aggiunto ONE OF US nel loro elenco lettura nell'ultimo periodo e coloro che hanno letto anche in silenzio, senza lasciare traccia. Grazie, di cuore! Siete davvero preziosi ❤
Adesso, veniamo a noi!
Come avete visto, ho deciso di incentrare buona parte di questo capitolo sulla vita di Caym perché mi sembrava doveroso: fino ad ora lo avevate visto solo nel suo stato finale, quello privo di sentimenti e semplicemente guidato dalla sete di sangue. Ma, come ogni villain che si rispetti, c'è sempre un passato, una ragione che lo ha spinto a comportarsi in determinati modi. Ed eccovi qui spiegato: un bambino, abbandonato dai genitori che non hanno mai fatto ritorno; incatenato in una realtà che gli stava stretta; costretto a seguire un Principe privo di sentimenti; un sogno, per cui ha dato tutto.
Cosa ne pensate del suo passato e della sua motivazione? ❤
Nella seconda parte, invece, vediamo gli altri tre protagonisti di questa storia, soprattutto Edgar e Theon con la loro discussione.
Pensate che Edgar abbia fatto bene ad avvertire Theon?
E lui, cosa farà secondo voi adesso? Credete che abbandonerà il suo sogno?
Dopotutto, se proprio vogliamo fare un parallelismo, Theon e Caym non sono poi così diversi: entrambi hanno un sogno e entrambi hanno commesso, o commetteranno, azioni che li classificheranno come villain o come eroe.
Ma per saperlo, bisognerà leggere i prossimi capitoli 😘
Ringrazio ancora chiunque abbia letto la mia storia e questo capitolo.
Ci vediamo presto!❤
- imsarah_98
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