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𝑻𝑹𝑬𝑵𝑻𝑨𝑺𝑬𝑰

SPAZIO AUTRICE!
Ebbene sì, siamo giunti alla fine di One of us!❤️
Non ho molto da dirvi, se non solo grazie per aver letto la mia storia e per avermi sostenuto!❤️
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento, in quanto sono un po' uscita dalla mia confort zone 🙈

Buona lettura e ci vediamo la prossima settimana per l'epilogo ❤️

🙏⭐Non dimenticatevi di mettere la stellina ⭐🙏

- imsarah_98

𝑻𝑹𝑬𝑵𝑻𝑨𝑺𝑬𝑰

Immerso nell'acqua bollente, Levi osservava le gocce calde cadere lente dai suoi polpastrelli, mentre una tempesta di neve si abbatteva contro la finestra della sua stanza. Il petto si abbassava solo per permettere al fumo del sigaro di fuoriuscire dalle sue labbra piene.
Candele di diversa dimensione erano sparse in tutto l'ambiente, creando una luce soffusa che gli concedeva di rilassarsi, mettendo a tacere le voci delle anime dannate che abitavano la sua mente.
Da tempo, si era accorto di come i suoi poteri si fossero intensificati e della quantità sempre in aumento di trapassi alla quale era costretto ad assistere.
Le occhiaie attorno ai suoi occhi erano ormai una sicurezza, così come la sua magrezza incontrollata. Più si osservava allo specchio, più aveva smesso di riconoscersi.
Non si era mai ridotto in quello stato.
Aveva sempre cercato di mantenere un certo aspetto perché era così che sua madre lo aveva educato: una buona presenza è simbolo di una buona anima, anche se poi si era reso conto di quanto poco importasse.

In fin dei conti se si era marci, lo si era principalmente dentro, anche se si possedeva un'ottima presenza.

Alle volte si ritrovava a sospirare, nonostante il suo cuore non battesse da tempo.
Forse era un'abitudine, una nostalgia di quel periodo nella quale era ancora in grado di percepire il calore del sole, il gelo della neve e la frescura del vento.
Una nostalgia di quel periodo in cui nessuno si allontanava da lui perché troppo freddo, perché incapace di donare le sensazioni desiderate.

Si mosse leggermente, facendo strabordare l'acqua da oltre la vasca in ottone.
Immerse il suo corpo esile fin sopra i capelli, prima di emergere senza fatica pochi istanti dopo.

Avrebbe tanto voluto annegare i suoi dispiaceri in quella vasca. O annegare sé stesso.
Non sapeva bene quali fossero i suoi desideri in quel momento.
Alzandosi, si ritrovò rispecchiato all'unico specchio presente nella stanza: lungo per metà parete, era poggiato al pari di una tela su un piedistallo in oro, come se il riflesso dovesse raffigurare un quadro dipinto da un celebre artista.
Se proprio avesse dovuto scegliere, Levi sarebbe stato la perfetta rappresentazione dei soggetti di Caravaggio: cupo, dai toni scuri e tenebrosi. Ricurvo e addolorato.

Osservò le sue nudità, il modo in cui la luce delle candele si soffermava sui pochi muscoli rimasti. Risalì con lo sguardo lungo le gambe esili, gli addominali appena accennati, le scapole sporgenti e le braccia esili, molli lungo la sua figura. Il viso spigoloso, i capelli ribelli e zuppi.
Gli occhi, due fiamme ardenti.
Strinse di poco la mascella e il vetro si spaccò proprio nel punto in cui era presente il suo viso.

Avrebbe tanto voluto non rivedere mai più il suo riflesso.

Afferrò un asciugamano poggiato sulla spalliera di una sedia imbottita, lo avvolse attorno alla vita e si diresse verso la finestra, accendendosi distrattamente un altro sigaro.
Ripensò a ciò che era accaduto quella mattina, rimuginando sul fatto che non aveva chiesto alcuna spiegazione ad Anneka perché, dopotutto, era stata lei non voler parlare.

Aveva pensato a tutte le motivazioni possibili, ma nessuna che lo soddisfacesse abbastanza.

Non comprendeva se questo suo comportamento fosse un meccanismo di difesa o di vendetta nei suoi confronti. Ma non avrebbe avuto comunque senso.
Eppure, nonostante il Legame, non aveva percepito nulla di diverso; nessuna emozione contrastante e, tanto meno, un indizio su un possibile segreto nascosto.
Tenendo stretto tra le labbra il sigaro, strinse con entrambe le mani il lavandino in marmo bianco, lasciando che le gocce ormai gelide gli scendessero sul viso, come carezze di un amante desideroso.

Odiava non avere la situazione sotto controllo.

Chiuse gli occhi, permettendo al fumo opaco di fuoriuscire dalle sue narici.

Era inutile dannarsi: non sarebbe mai andato da lei a chiedergli spiegazioni.

Che mi nasconda pure le cose.
Si ritrovò a pensare.
Tanto tornerà sempre da me, alla prima difficoltà.

Il rumore secco di nocche contro il legno duro della porta lo distrassero dai suoi pensieri.
Drizzò la schiena, pronunciando mentalmente una formula che gli permettesse di nascondere la sua vera forma, rivestendolo di un viso e di un fisico più attraente, prima di spegnere il sigaro e dirigersi verso l'ingresso della sua stanza.
Svogliatamente girò la maniglia, appoggiandosi alla porta. 
Shaedis se ne stava sull'uscio, con in mano un vassoio.
Una tazza floreale, delle zollette di zucchero e qualche biscotto fatto in casa: tutta roba che Caera era solita cucinare, quando la neve arrivava a Insperia.

«Non saranno buoni come quelli della mamma ma ci sto lavorando» disse, mantenendo lo sguardo basso. «Posso entrare?»

Levi si spostò di poco, permettendole di accedere alla sua stanza e di poggiare il vassoio sulla scrivania piena di fogli. Shaedis si soffermò distrattamente su di essi, prima di voltarsi verso di lui.

«Ti ho interrotto?»

«No», si poggiò ora alla porta chiusa, incrociando le braccia al petto.

Erano le prime parole che si rivolgevano dopo aver litigato, eppure non riusciva ad essere più delicato. Ci aveva provato, più e più volte, ma la sua pazienza aveva un limite piuttosto ristretto. Il fatto che avesse rifiutato il suo aiuto lo aveva ferito, e non poco, anche se non glielo avrebbe mai confessato. 

«Avete deciso la data di partenza?» chiese, andando dritta al punto.

«Perché, vuoi venire con noi?»

«Assolutamente no!» rispose velocemente, «preferirei morire piuttosto che tornare a Insperia»

«Shaedis, non c'è bisogno di dire cose che non pensi. Ti conosco abbastanza da dire che stai mentendo. Tu muori dalla voglia di tornarci»

«Ma smettila» disse, afferrando un biscotto dal vassoio.

Alla fine, per quanto si sforzasse, era pur sempre quella bambina spensierata che ricordava.
Era pur sempre quella bambina che correva in sottoveste per tutto il prato attorno alla casa, quando era arrivato il momento di fare il bagno oppure di prendere qualche medicina disgustosa.
Sarebbe stata per sempre quella bambina che, arrabbiata, gli rubava i biscotti. Proprio come in quel momento.

«Non erano per me?» domandò retorico con un sorriso a increspargli le labbra.

Shaedis rispose con uno sbuffo, voltandosi in direzione della finestra.
La neve aveva rallentato la sua discesa mantenendo, però, sempre viva la foschia che non permetteva di vedere oltre gli alberi dalla quale iniziava il lungo viale principale, unico accesso a quella villa in cui si trovavano.
Levi si accostò a lei, masticando un biscotto con sopra una ciliegina rossa. Dovette ammette che, nonostante fossero un po' secchi, erano alquanto buoni.

«Insperia non è un posto per me Levi» riprese il discorso sua sorella, mantenendo lo sguardo su un punto indefinito. «Insperia non accetta gente come me»

«Gente come me?» ripeté quasi schifato, voltandosi verso di lei. «Sei un abile guerriera Shaedis, tiri con l'arco meglio di chiunque altro e riesci a beccare una preda o nemico anche a chilometri di distanza. Edgar ti ha istruita affinché non ti mancasse nulla, affinché non ti sentissi meno di nessuno»

«Guardami!» gli occhi lucidi, simili ai suoi, lo fissavano quasi con sofferenza. «Chi mai vorrebbe una prostituta senza poteri che sa tirare quattro frecce?»

Levi le si avvicinò, prendendole il viso tra le mani.
Spostò una ciocca di capelli dal viso, infilandola delicatamente dietro l'orecchio. Con i pollici, le asciugò le lacrime che erano sfuggite al suo controllo.

«Io ti guardo Shaedis, e vedo una donna forte, capace di distruggere il mondo se solo ne avesse l'occasione. Sei un uragano, non hai bisogno di nessuno che ti crei, nessuno che ti governi, perché solo tu sei la forza di te stessa. Sei una vera forza della natura, ammaliante ma allo stesso tempo spaventosa» sorrise dolcemente, innescando lo stesso meccanismo in lei. «Non hai bisogno di nessuno, è vero, ma io sì. Io ho bisogno di te.» 

A quel punto, Shaedis si dovette rifugiare tra le sue braccia, lasciando che il pianto prendesse il sopravvento.
Aveva resistito fino a tanto, aveva creduto che stare da sola era ciò che più desiderava, quando invece non era vero.
Odiava stare da sola e, adesso, Levi era lì per lei.

Suo fratello era lì per lei e mai più lo avrebbe lasciato.

E nell'attimo in cui due uragani si abbracciavano, annullando l'una la difesa dell'altro, Anneka era appena rientrata dalla sua passeggiata notturna.
Stringeva ancora la collana tra le mani, luccicante alla luce di quella luna che si era scoperta dal manto di nuvole spesse.
La neve aveva smesso di cadere, lasciando dietro di sé una quantità di fiocchi che era stato difficile da spalare.

Dopo essere tornata dalla casa di Caym, aveva preferito rimanere da sola e pareva che anche i due fratelli la pensassero come lei. Infatti, non li aveva visti per tutto il pomeriggio e la cena aveva preferito consumarla in stanza, osservando il camino bruciare i ceppi di legna che i domestici le avevano portato, durante la sua assenza.

Non comprendeva ancora come Shaedis si potesse permettere una casa del genere, ma aveva preferito non chiedere. Si era accorta di quanto poco aperta potesse essere, così come il fratello.

La tenuta era illuminata da fiaccole esterne e la sua attenzione ricadde facilmente sulla stanza di Levi. Nonostante avessero cavalcato insieme per tornare a casa, non si erano parlati: lui non aveva fatto domande e lei non aveva esposto tutti i pensieri che le frullavano nella mente.
Avrebbe voluto dirgli tutto ma non aveva alcuna certezza che l'avrebbe compresa.
Non era sicura nemmeno sulla questione del Custode, non sapeva se come lei anche Levi era a conoscenza di questa funzione.
Non poteva permettere di esporre quella fazione alla conoscenza di tutti.

Inoltre, Levi non avrebbe capito ciò che gli era stato mostrato in quella casa.

Dopo le innumerevoli visioni alla quale aveva assistito, poteva davvero affermare che la guerra che Caym cercava di portare avanti, andava ben oltre il suo potere.
Caym era un uomo possessivo e come tale non sopportava vedere una cosa che gli apparteneva nelle mani degli altri.
Non sopportava vedere lei, nelle mani degli altri.

Era una questione di famiglia e, come tale, doveva essere risolta.

Sospirò pensierosa.
La finestra di quella stanza era aperta e poteva notare la figura di Levi muoversi riflessa per l'ambiente, mentre del fumo fuoriusciva da essa.
Si domandava che cosa lo turbasse tanto da renderlo così irrequieto. Aveva paura ma, allo stesso tempo, curiosità di sapere cosa stesse succedendo.

Poteva mantenere i suoi segreti per sé, ma ciò non l'avrebbe bloccata nel chiedere quelli lo riguardavano. 

Così, giunta la tarda notte, con l'ansia che le aveva divorato lo stomaco per tutto il tempo, trovò il coraggio di alzarsi dal letto. Indossò la vestaglia pesante e, inspirando profondamente, si diresse verso la sua stanza.
La villa dormiva e i suoni della notte erano gli unici padroni di quell'oscurità.

Bussò debolmente alla porta, speranzosa del fatto che lui, magari, non l'avesse sentita.
Attese per minuti interminabili e, non vedendo nessuno, decise di tornare indietro.
Da un lato delusa e dall'altro sollevata, ma proprio nel momento in cui si era voltata, la serratura si era sbloccata e la porta si era schiusa.

La testa di Levi uscì con uno sguardo perplesso che durò giusto il tempo di riconoscerla.
Sembrò rasserenarsi.
Sembrò quasi felice di vederla lì. 

«Ciao», si ritrovò a sussurrare Anneka, sorridendo appena.

«Non riesci a dormire?»

Annuì e il ragazzo gli diede lo spazio necessario per entrare all'interno di quella stanza troppo gelida. I loro corpi si sfiorarono per un attimo, giusto il tempo per scambiarsi uno sguardo fugace.
Anneka si strinse alla sua vestaglia, lasciando che gli occhi vagassero per l'ambiente, mentre Levi si apprestò a chiudere la persiana, passandole una coperta di lana spessa.

«Mettiti accanto al camino, così ti scaldi» le disse, indicandole una poltrona.

Anneka obbedì, ma bastò spostare gli occhi su di lui per riscaldarsi totalmente.
Una camicia sottile era totalmente aperta e dei pantaloni del medesimo tessuto gli coprivano le gambe esili, permettendo di vedere la pelle sottostante.
Risalì con lo sguardo sul suo corpo, soffermandosi sul viso perfetto, abbellito dal solito paio di occhiali tondi.
Le braccia erano poggiate ai lati della scrivania, lo sguardo concentrato su un'enorme mappa presente su tutta la superficie. Il labbro inferiore stretto tra i denti e la fronte leggermente coperta da ciocche scure.

Era bello, davvero bello.

Come rapita da una forza che non riusciva a respingere, lasciò la coperta sul letto disfatto, avvicinandosi alla scrivania. Tenne lo sguardo sulla mappa, facendo il giro del mobile, per poi fermarsi a pochi centimetri dal corpo di lui.
Levi non si mosse, fingendo di non avvertito lo sguardo di lei su sé stesso.
Sollevò di poco le iridi ambra che si posizionarono proprio sull'apertura della vestaglia. Inutile dire che i ricordi della sera precedente tornarono nuovamente nella sua mente, come uno schiaffo in pieno viso.

«Cosa stai cercando?»

Gli domandò e ne fu veramente grato.
Quel silenzio trasudava passione e nessuno dei due sarebbe stato in grado di controllarsi a lungo.

«Il posto in cui si aprirà il portale» disse con estrema calma, indicando un punto sulla cartina. «Dovrebbe aprirsi più o meno qui»

Anneka annuì, tenendo lo sguardo su quei fogli che, in realtà, non stava guardando.
Sarebbero tornati indietro e avrebbero dovuto affrontare le conseguenze di ciò che Caym aveva sicuramente fatto.
Ma, all'interno di quella convinzione, di quella paura di ritrovare il nulla una volta tornati a Lostwinter, se ne istallò un'altra.
E se non fossero mai più riusciti a essere così?
E se, una volta tornati alla normalità, non sarebbero più riusciti a stare così vicini, senza insultarsi?

Levi si mosse di poco, distraendola per un attimo da quel dubbio.
Sollevò lo sguardo, osservando il modo in cui si grattava di poco la barba presente sulla mascella perfetta.

Anche lui ha questa paura?

Si ritrovò a domandarsi.

Oppure gli sta bene, lasciare tutto ciò che è successo qui, nel passato?

Inspirò profondamente, consapevole del fatto che ci fosse solo un modo per scoprirlo.
Non aveva nulla da perdere.
Niente.
Avrebbe tranquillamente potuto scusarsi, qualora lui si fosse rifiutato.
Avrebbe tranquillamente potuto dire che non era in lei, che qualcosa l'aveva spinto a farlo.

C'erano tanti modi per difendersi quindi, perché non rischiare?

Si avvicinò a lui, attirando la sua attenzione, come se sapesse ciò che stava per fare.
Eppure, non si distolse quando Anneka si avvicinò pericolosamente al suo viso. Gli occhi scuri si erano facilmente incastrati ai suoi, dando vita a una sfumatura nella quale era facile perdersi. La sentì inspirare, prima di leccarsi le labbra velocemente.
Levi strinse le mani in due pugni fermi, facendo appello alla sua parte razionale che però, in quel momento, sembrava non collaborare.

«Sarà meglio riposare»

Disse, sperando che a quella frase si sarebbe allontanata.
Non avrebbe resistito ancora a lungo.
Anneka, in tutta risposta, si avvicinò ulteriormente, agganciando l'indice della sua mano al nodo dei suoi pantaloni.

«Resta con me stanotte» disse, aprendo gli occhi e ignorando completamente ciò che le aveva detto.

Il respiro affannoso della ragazza era l'unico suono udibile all'interno di quella stanza.
Levi la osservò con lo stesso sguardo di un ghepardo tra l'erba arida della savana, in attesa di sferrare il suo attacco mortale.

Si morse delicatamente il labbro mentre, con lo sguardo fisso nel suo, sollevò una mano posandola sulla sua guancia. Anneka chiuse gli occhi, assaporando la sensazione delle sue labbra morbide sulle sue. Le schiuse delicatamente, permettendo alle loro lingue di sfiorarsi, di accarezzarsi.
Non fu un bacio passionale, ma un semplice preludio per tutto ciò che sarebbe avvenuto dopo.
Levi interruppe il bacio, tornando con lo sguardo nei suoi occhi, lasciando che le dita affusolate sciogliessero abilmente il nodo appositamente allentato della vestaglia.
Questa si aprì, mostrando una sottana poco coprente.
Nonostante le labbra fossero a pochi centimetri di distanza, non le sfiorò nemmeno per sbaglio, facendo aumentare il suo battito cardiaco.
Posizionò le mani sulle sue spalle, facendo cadere ai loro piedi l'unico indumento pesante, per poi scendere sul lungo fiocco sottile che teneva insieme la sottoveste. Lo sciolse con un solo gesto, permettendo anche a questa di abbandonare il corpo formoso di Anneka.
Era nuda difronte ai suoi occhi e lei non sembrava essere in imbarazzo.

Nessuno dei due lo era.
Anzi, sembrava una cosa più che giusta.

Accarezzò con le dita lunghe e affusolate la pelle scoperta dei seni tondi.
Un brivido la percosse, facendo indurire i capezzoli.
Anneka sapeva che non era freddo quello che sentiva, ma desiderio, ardente e sempre più pungente nel punto più delicato del suo corpo.
Levi, però, continuò quella lenta tortura scendendo lungo i fianchi e poi verso il sedere sodo. Con uno scatto e senza alcuna fatica, la sollevò da terra adagiandola sulla superficie della scrivania.
Posizionato tra le gambe sode di lei, Levi posò lo sguardo sulle sue labbra, avvicinandosi appena. In quel momento, la sua parte razionale sembrò risvegliarsi.
Ma fu del tutto inutile.
Era ormai diventato un urlo muto, silenzioso, che non fu in grado di sovrastare la moltitudine di pensieri peccaminosi che iniziarono a fiorire nel terreno della sua mente proibita.

«Resto con te» rispose, sorridendo appena. 

Quell'attesa era stata fin troppo lunga.
Quel continuo sottrarsi a quel desiderio, ormai, non aveva più senso.

Fu Anneka a fare il primo passo questa volta, posando delicatamente le labbra su quelle di Levi, spingendo il suo corpo accaldato contro quello gelido di lui: quel contrasto non le diede fastidio ma fu solo la conferma di quanto in realtà dovesse stare insieme.
Di quanto fossero complementari.
Come il fuoco con il ghiaccio.
Come la neve con il sole.

Le dita di lei tastavano la superficie limpida delle sue spalle, scendendo poi verso le braccia cerulee, provocando dei leggeri brividi. Le labbra avevano intrapreso la loro strada lussuriosa sulla mascella pronunciata, la quale pizzicava a causa di una leggera barba.
Lo sentì sospirare pesantemente e stringere il bordo della scrivania con le sue dita, facendo diventare bianche le nocche.

Anneka passò una mano sui suoi capelli stringendoli delicatamente, permettendole di far piegare il collo verso sinistra, così di avere possibilità di accesso a uno dei punti più sensibili di Levi.
Nel frattempo, con l'altra mano scese prudentemente verso la sua erezione evidente, stringendola attraverso il tessuto sottile.

Come se fosse uscito da uno stato di trans, Levi decise di contribuire a quella danza viziosa.
Le dita callose di lui accarezzarono le sue cosce nude, giù aperte e pronto ad accoglierlo dato la sua presenza tra di esse. Si insinuarono tra la carne scottante, sfiorandole l'interno coscia e accedendo alla parte più sensibile del suo corpo.
Massaggiò delicatamente il clitoride, provocando dei sospiri lunghi in Anneka, che chiuse gli occhi, gettando di poco la testa all'indietro.

Era una lenta tortura, di cui entrambi volevano tenere le redini.

«Non sei l'unica ad essere brava in questo gioco»

Le sussurrò a fior di labbra, beandosi delle sue gote rosse a causa dell'eccitazione.

Anneka non risposte, osservandolo con gli occhi lucidi di lussuria.
Voleva godersi a pieno di quel momento, ignorando ogni tipo di campanello d'allarme che le diceva di fermarsi.
Mantenendo il suo sguardo, Levi schiuse le labbra di quel fiore proibito, infilando un dito nella sua fessura e muovendolo in modo circolare, dentro e fuori, provocandole quel piacere che non provava da molto tempo.
Anche Levi era nella sua stessa identica situazione d'urgenza e Anneka se ne rese conto, iniziando a strofinare il palmo della mano sul glande ben visibile mentre con l'altra provò a sciogliere il nodo ben saldo.
Quel gesto venne bloccato da Levi.

«Non affrettare le cose Annie» pronunciò con voce più profonda. «Non ho ancora finito con te».

Con uno scatto, la tirò più vicina a sé lasciando che le natiche entrassero a contatto con il bordo della scrivania e facendo scontrare le loro intimità eccitate.
Allargò ulteriormente le sue gambe mentre, lentamente, si inginocchiava davanti a lei.
Portò un piede sulla sua spalla, osservando la sua intimità completamente esposta difronte ai suoi occhi.

Gli occhi ambra si scontrarono con i suoi e un sorriso increspò le labbra di Levi vedendo il volto di Anneka in preda all'imbarazzo e all'eccitazione.

«Non muoverti»

Le ordinò, immergendosi tra le sue cosce sode.
Insinuò la lingua nella sua fessura, prima di risalire tra le sue labbra e scontrarsi con il clitoride, succhiandolo avidamente. Sentì la ragazza contorcersi sopra di lui e avvicinare le cosce.
Prontamente le separò, stringendo i suoi interno coscia con le mani, mentre continuava a torturarla con la lingua.

«Levi...»

Il suo nome, enunciato con un tono di voce incrinato da quella sfumatura di eccitamento, donava una nota erotica che a lui non dispiacque.
Anzi, aveva aspettato fin troppo tempo per sentirlo pronunciato in quel modo.

Decise di continuare a donarle piacere aggiungendo a quel supplizio il dito medio, infilandolo dentro di lei e facendola gemere.
Mentre compiva movimenti lenti, dentro e fuori, e continuava a toccare il punto sensibile all'interno della sua intimità, con la punta della lingua proseguì a muoversi velocemente sul clitoride, dandole modo di raggiungere velocemente l'orgasmo.
La sentì stringersi attorno a lui e sospirare pesantemente.

Quando riaprì gli occhi, Levi non potè fare a meno di essere ammaliato da quella bellezza.

Era meravigliosa e lui, proprio come un viaggiatore al canto di una sirena, ne era stato catturato.

Gli occhi scuri di lei lo fissavano attraverso le palpebre semichiuse e le mani gli si appoggiarono ai lati del suo viso, trascinandolo verso le sue labbra.
Si baciarono con una passione incontrollabile.
Le lingue percorsero ognuna la bocca dell'altro come se conoscessero quella strada a memoria. Anneka assaporò il gusto dei suoi umori, unito a quello del sigaro.

Levi non perse tempo ad afferrarla per le natiche e a lasciare che chiudesse le gambe attorno ai suoi fianchi. Si tolse velocemente quello strato sottile che li separava dall'unirsi in quel vortice di piacere e adagiò la sua schiena contro la parete accanto alla finestra.

«Voglio scoparti su questo muro e lasciarci il segno»

«Fallo, ti prego»

Entrò velocemente dentro di lei, beandosi di quella sensazione di calore e umidità che emanavano le loro intimità congiunte. Si perse nell'osservare le sfumature che gli occhi di lei assunsero e quando la vide sorridere, iniziò a muoversi.
Sempre più in profondità, con movimenti secchi e continui, aggrappandosi alle sue cosce.

Anneka portò le mani sulle sue spalle, stringendole e muovendo di poco il bacino, accompagnando ogni sua spinta.
Soffocò i suoi gemiti sulle labbra di Levi e lui fece lo stesso.
Non avevano smesso di guardarsi e questo aveva reso tutto ancora più intenso.
Famelici, si stavano divorando.
Vogliosi di sentirsi, ignorando il tempo e le circostanze in cui si trovavano.

Levi insinuò una mano tra i suoi capelli, tirandoli leggermente e facendole esporre il collo, così che lui potesse affondare i suoi denti, lasciando un leggero segno rossastro, mentre continuava a spingere dentro di lei.
Anneka si portò una mano sulla bocca, cercando di reprimere i suoi gemiti che si facevano sempre più acuti.

«Non farlo» le disse Levi, spostando la mano dalle sue labbra.

«Ma ci sentiranno»

«E tu falli ascoltare»

Spinse più energico facendola gemere più forte, facendo scontrare i suoi seni prosperosi con il suo petto.

Levi avvertì che stava per raggiungere l'orgasmo, riconoscendo il contorcersi delle pareti della sua intimità attorno alla sua lunghezza.
Anneka venne una seconda volta, lasciando che quella sensazione l'avvolgesse appieno, scuotendo tutti i suoi sensi. Riprese piano il fiato, lasciando che Levi l'adagiasse per terra, tenendola stretta a sé.
Non fece a meno di posare nuovamente le labbra sulle sue, spingendolo di poco verso il letto. Ricadde sul materasso morbido mentre gli occhi vagavano confusi sui suoi gesti.

Ma Anneka sapeva benissimo ciò che aveva intenzione di fare.

«Non ho ancora finito con te»

Gli disse sorridendo maliziosa, ripetendo la sua frase.
Si posizionò tra le sue gambe, afferrando la sua erezione tra le mani.
Era grossa e pulsante, calda e inumidita dagli umori di entrambi e Anneka non perse tempo ad adagiare la sua bocca sulla cappella, facendo inspirare profondamente il ragazzo sotto di lei.
Sollevò gli occhi, osservando il viso di Levi contratto in una splendida espressione di eccitazione.

Era dannatamente sexy in quel momento e questo la invogliò ad andare avanti.

Fece scivolare le sue labbra lungo tutta la lunghezza, arrivando alla base della sua gola.
Una, due, tre volte, fino a quando Levi non resistette dallo stringerle i capelli per dettare il ritmo di quei gesti profondi.

«Cazzo...» sibilò a denti stretti, mantenendo lo sguardo sulle labbra di lei, «sto per venire» disse avvisandola.

Anneka non si discostò, accogliendo il liquido caldo che lentamente le si propagò all'interno della sua bocca.
Lo ingoiò, lasciando poi che la sua bocca si svuotasse dall'erezione di Levi.

Si accasciò accanto a lui, guardandolo dritto negli occhi.
Il petto del ragazzo si abbassava e alzava velocemente, mentre le dita si sollevarono verso di lei, accarezzandole il viso. Le spostò i capelli dal volto, perdendosi nuovamente tra le sue labbra e lo stesso fece anche lei.

Le parole, in quell'attimo, erano inutili.
Non sarebbero bastate ad esprimere ciò che stavano provando in quel momento.

Le candele si spensero lentamente, facendo ricadere l'oscurità all'interno della stanza.
Si addormentarono, l'uno accanto all'altra.
Le fronti poggiate l'una all'altra, pronte a condividere i sogni
Le caviglie incrociate, per la paura che uno dei due potesse sparire durante la notte.
Le mani intrecciate proprio in quel punto in cui si erano promessi l'eternità.


🙏⭐Non dimenticatevi di mettere la stellina ⭐🙏

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