𝑺𝑬𝑰
Lo sguardo era rivolto verso l'orizzonte.
Sui suoi occhi si rifletteva il mare e quel tramonto limpido che presto si trasformò in tempesta. Le nuvole presero a formarsi rapidamente, ricoprendo il sole con il loro manto scuro, composto da pioggia e fulmini.
Gli stessi fulmini che saettavano all'interno del petto di Levi.
Seduto sul davanzale, teneva le gambe a penzoloni fuori dalla finestra, mentre un vento caldo gli scompigliava dolcemente i capelli ramati.
Dalle labbra carnose pendeva una l'ultima sigaretta del pacchetto.
L'accese con uno schiocco di dita e lasciò che il fumo entrasse nei suoi polmoni spompati e che uscisse dalle narici aquiline.
Attraverso il riflesso del vetro della finestra aperta, aveva una perfetta visuale sul corpo esanime di Anneka: i capelli castani ricadevano morbidi sul cuscino foderato di bianco, le labbra erano leggermente schiuse e le sopracciglia aggrottate, segno del suo sonno irrequieto.
Accanto a lei, vigili e attenti, vi erano i due gemelli.
Theon teneva la schiena appoggiata al muro, decorato con della carta da parati a fiori bianchi, e le braccia incrociate al petto muscoloso. Lo sguardo fisso sul viso della ragazza; Helene, invece, prendeva nota dei suoi parametri vitali, sussultando ogni qualvolta Anneka si agitava in quell'incubo di cui Levi era responsabile.
Se l'avessi colpita più forte, non avremmo perso tutto questo tempo.
Pensò, grattandosi il mento ispido.
Era stanco, tremendamente avvilito da quella vita che non lo emozionava più, non dopo ciò che aveva dovuto sacrificare.
Voleva farla finita il prima possibile, così da poter vivere quello che restava della sua inutile eternità senza quel sentimento di vendetta che lo accompagnava in ogni istante.
Lo sguardo color ghiaccio di Theon si scontrò, improvvisamente, con quello rovente di Levi. Il biondo strinse la mascella, come a voler trattenere delle parole che, inevitabilmente, furono sputate fuori.
«Perché ti sei messo in mezzo? Avevamo un piano.»
Levi sbuffò, scuotendo la testa.
L'idea di buttarlo giù dalla finestra balenò nella mente di Theon ma si dovette trattenere, dato che non sarebbe servito a nulla. Si sarebbe ripreso con la stessa velocità di un battito di ciglia, ma vederlo morto, anche solo per pochi secondi, sarebbe stata comunque una soddisfazione.
«Se avessi dovuto aspettare il tuo brillante piano, starei ancora giocando a scacchi con Giulio Cesare. Perché non apprezzi solamente e mi ringrazi una buona volta?» gli sorrise beffardo, gettando fuori il mozzicone ormai vuoto. «Lo sai, ho solo velocizzato le cose.»
«Sì Levi, lo fai ogni volta senza mai curarti delle conseguenze che, ovviamente, devono pagare gli altri»
Con un tonfo sordo, Levi scese dal davanzale in marmo bianco, chiudendo dietro di sé la finestra. In due semplici falcate, arrivò dinnanzi a Theon.
Era più alto di lui di pochi centimetri e decisamente più muscoloso, ma questo non gli faceva minimamente paura: la sua stazza, non avrebbe mai potuto contrastare la forza che aleggiava all'interno del corpo esile di Levi.
«Oh piccolo Thor, smettila di frignare» disse, pizzicandogli le guance. «Sei troppo giovane per farti venire le rughe, non trovi?» continuò, avvicinandosi al suo orecchio. «E poi non devi preoccuparti, so bene dove colpire una ragazza senza farle male» concluse, facendo l'occhiolino.
Theon inspirò profondamente, trattenendosi dallo stringere il collo di Levi tra le sue mani.
Per qualche motivo, sconosciuto anche a lui stesso, nutriva ancora una speranza per la sua anima.
«Volete smetterla di giocare a Chi ce l'ha più grosso?» intervenne la sorella sbuffando irritata. «Si sta riprendendo»
Levi preferì allontanarsi, sedendosi su una sedia poco sotto la finestra.
Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e tenne gli occhi d'ambra puntati sul viso arrossato di Anneka.
Quest'ultima, completamente spaesata, tenne gli occhi fissi sulle due figure accanto al suo letto. Tentò di sollevarsi dal materasso con scarsi risultati e subito, venne soccorsa da Theon, il quale le sistemò i cuscini dietro la schiena, permettendole di stare seduta.
Quella scena fece venire il voltastomaco a Levi.
Anneka non si accorse subito della sua presenza.
In quel riposo che le era sembrato eterno, non aveva sentito altro che le voci dei suoi due amici d'infanzia. Grazie ad esse, era riuscita a svegliarsi.
«Che succede?» chiese spaventata, osservando attentamente la stanza in cui si trovava.
Enormi finestre con tende color cremisi ai lati, permettevano alla luce fioca dei lampi di illuminare la stanza, consentendole di vedere a scatti il luogo in cui si trovava. Una fila di letti simile a quelli in cui era distesa, erano posti in modo ordinato, separati l'uno dall'altro da delle tende bianche opache plastificate. Ognuno di quelle piccole stanze, aveva un comodino con attrezzature mediche e una lampada, ad illuminare il cuscino.
«Dove mi trovo?»
Helene osservò Theon, il quale le fece un accenno di assenso con il capo.
«Sei in Accademia» le sussurrò l'amica, accarezzandole la guancia.
«Di... Di cosa stai parlando?»
Anneka si bloccò nell'istante in cui notò la figura del ragazzo in fondo alla stanza.
I suoi occhi, simili a fari in una notte buia, si scontrarono con quelli di lei, con la stessa violenza di uno schiaffo.
«Smettila di fissarmi» le ordinò, in tono brusco.
Si alzò dalla sedia, passandosi una mano tra i capelli.
Anneka sentì le guance arrossire e la gola diventare secca, mentre gli occhi non smettevano di seguire ogni suo movimento fluido, nonostante avesse impartito l'ordine contrario.
Due dita affusolate le sollevarono il mento e l'odore di tabacco e crisantemi le entrò nelle narici.
Levi aveva lo stesso odore di una cosa proibita, di qualcosa di oscuro, di nascosto, che incuteva paura e allo stesso tempo curiosità di essere scoperta.
Due sensazioni che fecero vacillare la sicurezza di Anneka.
«Se ti ritrovo a fissarmi un'altra volta, ti prometto che sarà l'ultima cosa che vedrai»
Le sorrise in modo torvo, prima di allontanarsi dal gruppo.
«Dove credi di andare?» gli urlò dietro Theon.
«A farmi i cazzi miei. Adesso è un vostro problema!»
Helene sospirò, mentre il fratello imprecava verso il ragazzo che aveva lasciato totalmente esterrefatta Anneka.
«Ma si può sapere che problemi ha?»
«Annie non preoccuparti, Levi è solo un po'...»
«Stronzo?»
«Complicato»
Anneka sospirò, osservando la porta dalla quale era uscito Levi.
«Bene, dopo questo entusiasmante teatrino - la destò Helene dai suoi pensieri - che ne dici di andare in infermeria e poi...»
«Che cosa ci faccio qui?» chiese di getto, fissando l'amica «Mia madre sta bene? Le avete fatto qualcosa?»
«Anneka, guardami» intervenne Theon, afferrandole il viso tra le mani «Ti fidi di me?»
La ragazza si ritrovò ad osservare gli occhi limpidi del ragazzo, il quale le sorrise dolcemente prima di asciugarle una lacrima che era sfuggita al suo controllo.
Tutto ciò che era successo nei giorni precedenti, la frustrazione, l'ansia, quei sogni così veri e così limpidi come il mare in una giornata estiva, le avevano scaturito dentro emozioni contrastanti: da una parte aveva la curiosità di scoprire, di sapere cosa le stava accadendo e perché tutto proprio in quel momento; dall'altra invece, la paura che fosse tutto frutto di uno scherzo del destino, la rendevano debole e vulnerabile a qualsiasi tipo di reazione, proprio come quella.
Piangere non era da lei.
Perdere il controllo non era da lei, ma in quel momento tutto sembrò lecito, dovuto.
«Non permetterò a nessuno di farti del male, hai capito?» le sussurrò Theon. «So che hai paura, che non capisci ciò che ti sta accadendo, ma ti prometto che col tempo avrai una risposta su tutto, okay?»
Anneka annuì, facendo un respiro profondo.
«Adesso, ti porteremo da Edgar» intervenne Helene
La sua voce scoppiò quella piccola bolla in cui i due si erano rinchiusi, creando un vortice di emozioni, accompagnate da sguardi e sospiri.
Anneka si ritrovò da sola al centro di un lungo corridoio.
Sotto i suoi piedi, un tappeto rosso cremisi con i bordi dorati ricopriva il parquet in legno scuro, fino ad arrivare ai piedi di un'enorme porta in mogano.
«Ti aspettiamo qui, non ci vorrà molto» l'aveva rassicurata Helene, sorridendole.
Era lì, con la sola e unica indicazione della strada che avrebbe dovuto seguire per raggiungere Edgar.
I suoi occhi vagavano su quelle pareti tappezzate da varie riproduzioni di quadri di Caravaggio e Raffaello, divisi ad intermittenza da candelabri dorati, la cui luce era prodotta da piccole lampadine bianche.
Accanto ad ogni quadro, vi erano delle statue in marmo bianco, anch'esse riproduzioni che Anneka aveva avuto modo di vedere nei libri d'arte.
Chiudendo gli occhi, fece un respiro profondo cercando di calmare il cuore, che aveva preso a battere forte nel petto.
Il sangue defluiva velocemente in tutto il corpo, facendola sentire accaldata.
Devi rimanere lucida se vuoi andare via da qui.
Si disse, facendo qualche passo in avanti.
Le enormi finestre permettevano alla luce fioca di entrare.
Le nuvole avevano lasciato libero il cielo di poter mostrare il suo meraviglioso manto scuro, costellato da milioni di stelle.
La luna era alta e seguiva la figura di Anneka come un occhio di bue segue l'attore su un palcoscenico, nel momento in cui recita il suo monologo.
In quel momento si sentiva esattamente così: attrice di uno spettacolo di cui, però, non conosceva le battute.
Immersa nei suoi pensieri arrivò di fronte alla porta, decorata da motivi floreali intagliati sul legno scuro. Sulle maniglie, in oro massiccio, erano incise due lettere: E.W.
Chiunque avesse costruito quel posto, pensò Anneka, era un amante dello sfarzo e del dettaglio.
Le dita affusolate sfiorarono il pomello dorato, facendo scattare la serratura della porta, la quale si aprì come spinta da un dolce vento.
Anneka si ritrovò all'interno di uno studio di modeste dimensioni.
Una luce soffusa illuminava la parte alta della stanza, la quale era decorata con la riproduzione identica del soffitto della Cappella Sistina; alla destra, si ritrovò la Primavera di Botticelli, mentre alla sinistra la statua del David, i cui occhi sembrarono osservare ogni suo singolo movimento.
«Sei appassionata d'arte?»
Una voce roca provenne dal fondo della stanza, facendo sussultare Anneka.
Dietro un'enorme scrivania ricoperta da fogli e libri aperti, vi era l'uomo che tanto aveva atteso di incontrarla.
Edgar, vestito in abito nero, sedeva sulla sua poltrona in pelle del medesimo colore, con gli occhi ghiaccio fissi sulla figura della ragazza completamente immobile.
«Ammiro l'abilità di chi è riuscito a riprodurli esattamente come l'originale» rispose a tono la ragazza, acquisendo quella sicurezza che aveva creduto di perdere.
«Chi ti dice che questi non siano gli originali?» la stuzzicò l'uomo, poggiando i gomiti sulla scrivania. «Avvicinati pure, non mordo mica.»
Anneka annuì, distratta da tutto quello lusso che la circondava, accorciando sempre più la distanza che la divideva da Edgar.
Si sedette su una delle sedie in pelle difronte alla scrivania, decidendo di non mostrarsi debole per nessun motivo.
"Se qualcosa ti fa paura, tu affrontala a testa alta" le diceva sempre suo padre.
Infatti, i suoi occhi color non smisero mai di seguire ogni singolo movimento dell'uomo.
I capelli neri di Edgar erano perfettamente tirati indietro, mentre le labbra a cuore erano schiuse lasciando libero il fumo del sigaro che si era appena acceso.
Le dita erano ricoperte di anelli d'oro abbelliti con alcune pietre preziose, che riconobbe essere smeraldi e rubini.
Sembra uscito da un quadro dell'Ottocento.
Edgar si schiarì la voce, prima di rivolgersi a lei.
«Ci tenevo a scusarmi per i modi poco gentili con cui Levi ti ha accolta, di solito si comporta in modo diverso.»
«Non credo abbia bisogno di un avvocato difensore. Ho notato che sa difendersi molto bene» rispose Anneka, provocando un sorriso all'uomo che aveva difronte.
«Sì, non hai tutti i torni. Avrai notato anche quando poco affabile sia.»
«Effettivamente sì, ma non mi curo molto delle persone maleducate.»
Edgar scoppiò a ridere, posando il sigaro sul portacenere.
«Ti hanno educata bene.»
Anneka annuì, incrociando le braccia al petto.
«Siamo qui per parlare di Levi? Perché se è così, non trovo il motivo per stare seduta.»
Edgar inspirò alzandosi dalla poltrona e accorciando la distanza con Anneka.
«Perché sono qui?»
«Che ne dici se, invece, partiamo dalle cose semplici?» sorrise Edgar, leccandosi le labbra.
Anneka strinse i pugni e si morse la lingua: lei voleva solo tornare a casa e constatare che sua madre stesse bene.
«Mi chiamo Edgar Edward William Wallace, e questa è casa mia. È deliziosa, non trovi?»
Anneka annuì.
«Io sono Anneka, ma questo lei lo sa già. Ora, dopo aver fatto questa presentazione, può dirmi perché sono qui Mr. Wallace?»
Edgar sorrise, dirigendosi verso un mobile in legno, posto sotto il quadro di Caravaggio che ritraeva la testa di Medusa.
«Posso offrirti qualcosa?»
La ragazza sbuffò e si alzò dalla sedia, decisa ad uscire da quella porta e trovare la strada per ritornare a casa da sola. Non aveva la benché minima intenzione di farsi prendere in giro un secondo di più.
Arrivata all'uscita, sentì la serratura chiudersi, bloccandola all'interno di quella stanza.
Anneka si girò di scatto, vedendo Edgar con la mano sollevata verso la sua direzione.
«Anneka, non c'è motivo di agitarsi così tanto. Io sono qui per aiutarti.»
«No, lei mi tiene chiusa dentro una stanza contro la mia volontà! Posso denunciarla sa?»
Edgar si portò una mano sulla fronte appoggiandosi alla scrivania.
«Ci sono tante cose che tu non sai e non potrai capire adesso. Ci vuole tempo e, soprattutto, fiducia. Che ne dici se facciamo un patto? Io ti assicuro la salvezza, tu mi assicuri lealtà, mi sembra un buon accordo, non credi?»
Anneka rimase ferma, in mezzo a quella galleria d'arte in cui si ritrovava.
Aveva tante, troppe domande da porre a quell'uomo, ma preferì rimanere zitta. Si era resa conto che più insisteva, più lui si sarebbe impuntato.
Dopotutto, non si trovava nella posizione di poterlo controbattere.
«Okay accetto, ma a una condizione: deve essere protetta anche mia madre.»
Edgar allungò una mano verso di lei, sorridendo.
Anneka la strinse, guardandolo dritto negli occhi.
«Te lo prometto, d'ora in poi sarai al sicuro. Sarete al sicuro.»
SPAZIO AUTRICE!
Buon pomeriggio a tutti!
Eccomi qui per un nuovo capitolo!
Cosa ve ne pare? Ci ho messo almeno una settimana per scriverlo perché avevo sempre paura di poter spoilerare qualcosa di troppo hahahah fortunatamente grazie all'aiuto di qualcuno, sono riuscita a limitarmi! (almeno spero 🙈)
Detto questo, spero siate contente che Levi sia tornato!
Chiedo scusa se in questi primi capitoli non sarà sempre presente, ma non vi disperate... mi farò perdonare più avanti!
Che ne pensate del suo scontro con Theon?
E di quello con Anneka?
Ma soprattutto, cosa ne pensate del primo incontro tra Edgar ed Anneka?
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto!
Ringrazio davvero tutti per il supporto e per il fatto che continuate a leggere la mia storia, grazie mille a tutti!
Ps: stasera metterò la foto del prestavolto di Edgar sul mio profilo Instagam!
Per chiunque volesse vederlo, trovate il link sulla pagina del mio profilo Wattpad!
Grazie mille ancora!
Buon fine settimana a tutti!
-imsarah_98
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