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𝑪𝑰𝑵𝑸𝑼𝑬


*Per chiunque volesse vedere i prestavolto che ho scelto per i miei personaggi, andate pure sulla mia pagina Instagram! Troverete il link sul profilo Wattpad!
Buona lettura 😘*


Il sole splendeva alto tra le chiome degli alberi rigogliosi.
Il vento leggero di quella mattina spingeva verso la città la dolce brezza marina, inondando le strade di felicità e tranquillità: due sensazioni comuni donate dalle giornate estive.
Anneka, con indosso il suo vestito bianco a pois neri, teneva tra le sue manine un aquilone azzurro, con alcuni rombi piccoli di diverso colore, correndo libera nel prato di casa.

Mesy, con occhi vigili sulla piccola, stava seduta sul porticato, mentre tesseva un altro centro tavola che avrebbe arricchito, per l'ennesima volta, la sua collezione.

«Nonna! Nonna! Guarda come vola in alto!»

Urlava la bambina dai riccioli caramello mentre, con un sorriso stampato sul volto, osservava divertita l'aquilone mosso dal vento.

Improvvisamente, le correnti d'aria si fecero più forti, portando via con sé l'oggetto.

Le lacrime presero a bagnare le guance paffute della bambina.
Subito la donna, preoccupata, si apprestò a raggiungere la nipote, asciugandole gli occhi con un fazzoletto di seta.

«Su Annie, non piangere»

Disse con voce calma, incrociando i suoi occhi azzurri con quelli di Anneka.
La prese per mano e si avviarono sotto il portico dove, appoggiato sul piccolo balconcino, vi era un corvo nero, dagli occhi profondi e il becco giallo.

«Guarda lì Annie! Un corvo!»

La bambina sollevò lo sguardo, riprendendosi da quel momento di sconforto.

«Nonna mi canti quella canzone?»

Mesy annuì, stampando un bacio sulla fronte della piccola.
Quest'ultima prese a battere le mani saltellando.

«Quando sentirai un brivido percorrere la schiena non aver paura, è il tuo angelo che veglia su di te. Quando vedrai un corvo sulla tua testa non aver paura, lui veglia su di te e ti protegge da qualunque male»

I ricordi si fecero spazio tra i pensieri di Anneka.
Seduta, sul davanzale della finestra, osservava attenta l'infinta distesa di verde sotto i suoi piedi.
Il sole, lentamente, si alzava sullo specchio d'acqua marina, il cui odore inebriava le narici della ragazza e il suono cullava la sua anima fragile.
I capelli bagnati le si poggiavano sulla schiena nuda, provocandole leggeri brividi di freddo che andavano a scontrarsi con i raggi caldi del gigante rosso.

Un corvo si poggiò sul ramo proprio sotto la sua finestra e iniziò a gracchiare, muovendo la testa a scatti.

Sarai tu il mio angelo custode adesso, nonna?

Pensò, ripetendo le parole di quella melodia che le era sempre rimasta impressa, come un tatuaggio invisibile.
Non capiva cosa le stesse succedendo.
Non capiva perché all'improvviso si sentisse così sbagliata, così ingiusta all'interno di quella realtà a cui credeva di appartenere.
Non capiva perché, proprio in quel momento, sentisse una nostalgia di un tempo così passato, così lontano dal suo presente, che sembrava essere coperto da una nube grigia, fitta, che si infrangeva in degli occhi color ambra.

Quegli occhi.
Quegli occhi su cui si era persa tante volte, ma non ricordava quando.
Quegli occhi su cui si era specchiata tante volte, ma non ricordava come.
Quegli occhi che l'avevano rassicurata, ma non ricordava il perché.

Perché?
Perché proprio adesso?

Con la testa tra le mani, le lacrime presero a solcarle il viso, fino a raggiungere i lati delle labbra carnose.
Quella frustrazione era nuova nella sua vita.
Non si era mai sentita così, mai così insicura su sé stessa, sul suo futuro, sulla sua vita.
Forse era dovuta anche al fatto che era venuta lì per rilassarsi, per stare con la madre, per divertirsi e allontanarsi da quella monotonia newyorkese che cominciava a starle stretta.

Come anche la sua carriera universitaria.

Era vero, amava leggere, scrivere e rapportarsi con la cultura ma... se non fosse stato abbastanza?

Immersa in quei pensieri autocommiserativi, decise di entrare in camera e vestirsi, indossando un pantaloncino di tuta grigio e una maglia di due taglie in più dei Thirty secondo to Mars.

Soffermò lo sguardo sulla spilla che le aveva regalato Ellis, alla fine di quel concerto.
L'unico a cui aveva partecipato insieme al suo migliore amico.

Quanto mi manchi Ellis.

Di solito, era sempre presente in quelle situazioni di malinconia e di malessere esistenziale che, ogni tanto, la colpivano. Nonostante fosse una persona estremamente cinica e con un tatto del tutto inesistente, era pur sempre in grado di farla ragionare e di mostrarle le cose come realmente stavano.
Era per questo che gli voleva bene, era per questo che lo considerava il suo solo e unico migliore amico.

Adesso, invece, avrebbe dovuto farcela da sola.

Il telefono prese a squillare ma lo ignorò.
Non aveva voglia di parlare e, tanto meno, di vedere nessuno.

Ad attirare l'attenzione fu l'enorme valigia azzurra che non aveva ancora avuto modo di svuotare.

Dopotutto, devo tenermi occupata.

Posizionò alcuni libri sugli scaffali puliti della libreria, inserendo anche il suo ultimo acquisto.
Sistemò i vestiti in perfetto ordine all'interno dell'armadio e nei cassetti in legno.
Successivamente, passò al letto e la sua scrivania, rendendo la stanza più adatta alle sue
esigenze.

Una volta terminato, decise di portare la valigia in soffitta dove ritrovò le scatole in cui sua madre aveva conservato i ricordi di quand'era bambina.
Quale miglior occasione se non quella?

Si sedette sul piccolo divano impolverato posto sotto una finestra rettangolare, aprendo uno dei pacchi con su scritto il suo nome.
La prima cosa che notò fu una foto che ritraeva lei e la nonna, nell'ultima estate che aveva trascorso con lei. Gli occhi azzurri della donna erano fissi sull'obiettivo della fotocamera, mentre lei, da bambina, si reggeva il capello di paglia con una mano, guardandola sorridente.

Sotto il suo braccio, il suo orsacchiotto bianco, Mr. Smith.

Sorrise a quel ricordo così felice e provò una nota di invidia per quella spensieratezza che, ormai, l'aveva abbandonata.
Analizzò a fondo ogni singola scatola, ritrovando, sotto l'innumerevole quantità di vestiti, anche molte vecchie fotografie con suo padre, con la madre e con Helene e Theon.

L'ultima risaliva a quando avevano festeggiato il compleanno in maschera di questi: i gemelli erano vestiti da vichinghi, mentre Anneka, sorretta dalle spalle di Theon, da cowboy.

Tutti e tre sorridevano alla telecamera, mentre con le mani sollevavano gelati sciolti.

Dovrei chiamarli.
Magari sanno qualcosa in merito a ciò che mi è successo alla festa.

Pensò, scendendo lentamente le scale che la riportavano al piano di sotto.
Posò le foto sul ripiano del comò ancora spoglio e afferrò il telefono, ritrovando la casella dei messaggi intasata.

Alcuni risalivano alla notte della festa e non erano altro che chiamate perse da parte della madre. Altri invece, riguardavano il giorno prima e, anche, il giorno stesso.
Si apprestò a leggere i messaggi di Helene dove le chiedeva se si fosse ripresa, se stava bene e di richiamarla non appena letto i messaggi.

Anneka decise di scriverle che era tutto okay e che presto sarebbe andata a trovarla al ristorante.

Poi lesse un messaggio del padre, dove le comunicava di aver appreso dalla madre ciò che le era successo: influenza.

Era chiaro che Tessa avesse mentito per non far preoccupare l'uomo.
Scrisse anche lui, dicendogli che lo avrebbe chiamato presto.

Infine, un ultimo messaggio, da un numero sconosciuto, con un prefisso che non apparteneva allo stato di New York.

Ho avuto il tuo numero da Helene, sono Theon :)
Spero che tu ti sia ripresa! Ci hai fatto preoccupare ;)

Anneka sorrise, sentendo il sangue defluire sulle guance.

Nonostante, da quel poco che ricordava, lo avesse sempre considerato un fratello maggiore, rivederlo dopo tanto, con tutti quei muscoli e senza apparecchio, aveva provocato in lei sensazioni diverse da quelle che credeva di provare per lui.

Ciao Theon!
Mi sono ripresa!
Grazie per esserti interessato :)

Inviò il messaggio e non fece in tempo neanche ad alzarsi del letto, che il trillo del telefono la riportò sul materasso.

Sono contento!
Se hai bisogno di qualcosa, sono sempre disponibile ;)

Anneka preferì non rispondergli.
Non aveva la mente lucida: i suoi pensieri erano rapiti da quell'ammasso di capelli biondi che gli ricadevano morbidi sulle spalle, quei quegli occhi color oceano e quel sorriso, capace di far sciogliere anche il cuore più gelido.
Decise di immergersi nella relazione che avrebbe dovuto mandare entro fine settimana al suo docente, fino a quando non fu l'ora di pranzo.

La madre aveva portato del pollo arrosto con patatine fritte e coca cola.

«Cos'hai intenzione di fare oggi?» chiese Tessa, bevendo un sorso della bevanda gassata.

«Non lo so...»

«Che ne dici di venirmi a dare una mano al negozio? Devo scegliere il colore per le pareti, i mobili per la sala d'attesa... Potremmo passare del tempo insieme!»

«Certo... adesso ti preoccupi di stare con me»

Disse di getto, afferrando il suo piatto e gettandolo all'interno del lavandino.

«Cosa?»

«Sono venuta qui per stare con te! Ho rinunciato al viaggio in Spagna con le mie amiche per stare in questo buco dove ti sei rintanata! E te ne esci dopo una settimana a chiedermi di passare del tempo con te? - disse, stringendo i pugni – Sono passati due anni da quando non ci vediamo e questo è il meglio che sai fare?»

Tessa la guardò con le lacrime agli occhi, cercando di trovare le parole giuste.

«Annie io...»

Anneka alzò una mano, zittendo la madre.
Gli occhi cominciarono ad appannarsi, rendendole la vista meno chiara.
Sentì le mani bruciare, come anche il corpo e la testa.
Non capiva perché improvvisamente provasse tutta quella rabbia nei confronti di sua madre: l'aveva sentita arrivare da dentro lo stomaco e adesso doveva buttarla fuori.

«Vado a fare un giro»



Il pick-up nero filava rumorosamente tra le curve di Lostwinter.
Anneka, seduta sul sedile passeggero, osservava silenziosa il panorama sfrecciarle velocemente fuori dal suo finestrino, mentre sulle gambe teneva stretto il gelato di Sweat Cream, l'unico posto in cui si ricordava mangiarlo da bambina.

Theon stringeva il volante tra le sue mani, distogliendo lo sguardo dalla strada solo per vedere se Anneka stesse bene.
Nei sedili posteriori vi era Helene distesa con i piedi fuori dal finestrino e gli auricolari alle orecchie, mentre la melodia degli Imagine Dragons l'accompagnava in quel lungo tragitto.

Arrivati a destinazione, Theon tirò il freno a mano, risvegliando le ragazze dal torpore del viaggio.

«Finalmente cazzo!» disse sua sorella, uscendo dalla macchina e stiracchiandosi.

Anneka poggiò la confezione in polistirolo sul cruscotto del veicolo, tenendo gli occhi fissi sul panorama.

Lostwinter si arrampicava per qualche chilometro sulla montagna alta che avevano appena scalato con la macchina, illuminata dal cielo rosa di quel pomeriggio.

Il resto del paesino si estendeva a macchia d'olio sotto i suoi piedi.
Il sole si specchiava sull'oceano, accompagnando i commercianti che pian piano si preparavano ad illuminare le strade per quel sabato sera.

Anneka si portò una mano sul petto, sentendo la rabbia e la frustrazione scivolare via, portata lontano da quel vento che proveniva dal mare.

«Ti piace?»

Chiese Theon, affiancandola.
Teneva le mani in tasca, non mancando di sfiorare appositamente il corpo di Anneka con il gomito destro.
Da sempre aveva sviluppato solo un senso protettivo nei suoi confronti ma, questa volta era diverso: provava per lei qualcosa di più intimo, che andava oltre il volersi bene.

«È bellissimo Theon, grazie.»

Sussurrò, incrociando i suoi occhi.
Theon le sorrise, leccandosi le labbra sottili e Anneka sentì le guance avvampare.

«Allora? Lo mangiamo il gelato o no?!»

Urlò Helene, saltando sul tetto del pick-up.
Presto fu raggiunta dal fratello, mentre Anneka si recava all'interno del veicolo per recuperare il gelato.

Sentì un fruscio, tra i cespugli che la circondavano, ma non se curò dato che era da tutto il giorno che il vento tempestava tra le strade di Lostwinter.

-Anneka...-

Si voltò, sentendo la voce della nonna richiamarla.
Per un attimo ebbe l'istinto di girarsi e correre verso di essa.

Impossibile, sarà il vento.

Si disse voltandosi nuovamente.

-Lo sai che è cattiva educazione non rispondere quando si viene chiamati? -

Una voce calda e roca le arrivò alle orecchie, mentre una mano le tappava la bocca.
Anneka cominciò a dimenarsi, fino a quando non ricevette un duro colpo alla testa che le fece perdere i sensi.

SPAZIO AUTRICE!
Buongiorno a tutti!❤
Come state oggi? 
Avrò rivisto questo capitolo non so quante volte, per paura che fosse lungo e che fosse ricco di una marea di cavolate 😂😂😂

Spero davvero che vi sia piaciuto!
Ho voluto appositamente fare un capitolo introspettivo su Anneka giusto perché dal prossimo entreremo nel vivo della storia quindi... volevo lasciare ancora un po' di normalità a questa povera ragazza! 🙈
Allora, cosa ne pensate?
Vi sta piacendo la storia?

Ho messo un accento a questa piccola attrazione che Anneka e Theon hanno reciprocamente... sarà vera?
E sopratutto... chi sarà mai la persona che ha rapito Anneka?

Lo scoprirete solo leggendo!
Buona giornata a tutti e grazie mille per essere passati, davvero!
❤❤

Un bacio!

-imsarah_98

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