Capitolo 4
Notai qualcosa di familiare nel tizio con la testa scoperta. Il modo sicuro in cui camminava, i capelli neri, lisci, e come sempre spettinati, anche da lontano fui sicura di aver capito perfettamente chi fosse.
Non conoscevo esattamente il suo nome, ma lo avevo visto qualche volta passare davanti alla porta della mia classe. Doveva avere più o meno la mia età.
Era un tipo singolare: non troppo socievole ma fedele al solito gruppo di amici. Anche se fuori dalla scuola lo si sarebbe potuto vedere benissimo sempre da solo.
In effetti ricordai di non averci messo molto a capire che si avvicinasse a certi soggetti solo affinché la gente non lo deridesse o considerasse un emarginato. Il che (almeno ai miei occhi) fece di lui un ottimo stratega... per non dire "manipolatore".
In fondo io avevo fatto l'esatto contrario e non ero finita poi troppo meglio. Affiancarmi alle troiette della mia scuola mi sarebbe convenuto se solo non fossi stata tanto orgogliosa. Comunque, riassumendo, lui era uno difficile da dimenticare.
Si fermarono entrambi davanti ai tre gradini che portavano al portico di quella, che forse, un tempo si sarebbe potuta definire "un'abitazione".
Fissarono per un po' il legno con sguardo assente prima di rinsavire e guardarsi intorno.
Liam alzò un braccio e fece notare ai due la nostra presenza. Così, mentre si avvicinarono, riuscii a mettere a fuoco i loro volti. Nulla di nuovo riguardo quello con i capelli neri, ma il ragazzo con il cappuccio invece fu una sorpresa.
Lo conoscevo.
Beh, a dire il vero era tutto il paese a conoscerlo. Si chiamava Greg, era un anno più grande di me ed era stato con praticamente quasi tutte le ragazze della mia scuola.
Perfino la mia migliore amica era stata insieme a lui, e io ancora ricordavo la nauseante puzza di tabacco che le lasciava addosso.
Oggettivamente, non era poi così carino, anzi, in giro c'era decisamente di meglio, ma era il mio esatto opposto: lui riusciva a socializzare senza il minimo problema. In effetti erano in parecchi a pensare che prendesse confidenza anche troppo in fretta con le persone.
Fin dal primo incontro lui avrebbe sempre parlato come se le conoscesse da una vita. Eppure finiva lo stesso per stare sempre simpatico a tutti.
Si sarebbe potuto lasciarlo anche vicino a una roccia e comunque avrebbe trovato il modo di parlarci.
Non c'era nessuno che almeno una volta non avesse riso insieme a lui, me compresa. Insomma, per uno così, era troppo facile avvicinarsi a qualcuno e, alla fine, per un motivo o per l'altro, ci sarebbe finito insieme se avesse voluto.
Il ragazzo ci osservò, cercando forse di capire cosa fosse successo.
Amico, rinuncia subito e vivi sereno, fidati. Pensai.
Il ragazzo con i capelli neri invece...
Mi servì un secondo per capire cosa ci fosse a non andare nella sua espressione.
Mi sembrò essere perfettamente a suo agio. Come se già sapesse tutto. Ammirai il suo modo di restare impassibile. Almeno fin quando non parlò: la voce calda e anche abbastanza profonda, ma con un leggero graffio a renderla interessante.
Eppure dovetti costringermi a non riporci troppa attenzione. Il punto non sarebbe stato la sua voce: duro colpo quindi per me.
Ma, infatti, fu quello che disse a farmi dubitare della sua sanità mentale.
«E così... il mio branco sarete voi.» disse con la naturalezza di chi crede che sia tutto perfettamente normale.
Ci guardò e annuì come se si stesse accontentando di ciò che vedeva.
Sentendo quelle parole, però, tutti concentrarono la loro attenzione su di lui.
«Come, scusa?» Azzardò Lydia.
Lui aggrottò la fronte e la squadrò per bene prima di risponderle.
«Avanti, lo sai...» Sorrise.
Poi guardò le nostre facce perplesse, cambiando totalmente espressione.
Lanciai uno sguardo confuso a Liam seduto di fronte a me. Forse sperai che almeno lui ci avesse capito qualcosa. E invece no. Si strinse nelle spalle e cercó di parlare, ma Greg lo precedette senza neanche accorgersene.
«Amico... spiegati.» disse abbassandosi il cappuccio e scoprendo i capelli castani.
«Aspetta, quindi voi non... Merda! Non sapete perché siamo qui?» chiese.
«Tu sì?» rigirai la sua domanda.
E prima di rispondermi, si fermò a guardarmi, come se non mi avesse notata. Ero sempre stata lì?
«Sì!» disse infine, quasi esasperato.
E lì, uno stizzito Liam riuscì finalmente a prendere la parola prima di Greg.
«Bene, siamo tutt'orecchi allora... Magari comincia con il tuo nome.» disse.
Il ragazzo sospirò.
Più o meno ricordavo il suo nome. L'avevo già sentito. Doveva cominciare con la lettera D. Ne ero sicura.
D... D... Pensai essendo sicura di poterlo ricordare.
«Mi chiamo Raphael, ma tutti mi chiamano Raff.» disse.
Sì, be'... D, R... è uguale.
«Allora... è semplice... quando hanno bisogno di una mano dall'altra parte fanno in modo di riunire chi credono possa essere d'aiuto, e una volta formato il branco lo richiamano là. Insomma, appena ci vedono pronti, la foresta prende fuoco.»
E la cosa buffa fu proprio che lui credette davvero di essersi spiegato. E ne fu convinto. Almeno fin quando Greg parlò a nome di tutti, facendo la fatidica domanda.
«L'altra parte?» chiese.
Raff fece per rispondere ma lo interruppi subito.
«Ti riferisci a quella vecchia leggenda, vero?»
Spostò nuovamente lo sguardo su di me.
Sì, sono qui! Sono qui! Lo sono sempre stata e continuerò a esserlo! Puoi rispondere?
«Sì... La leggenda dei lupi; la nostra leggenda. Ma fin dove ve l'hanno raccontata?» chiese scettico prima di notare le espressioni di chi è a metà tra la confusione e l'esaurimento nervoso.
«Vuoi dire che...» Lydia cominciò la domanda ma, notando le nostre facce, lui ne fece subito un'altra.
«Andiamo, qual è l'unica cosa che ricordate?!»
Così calò il silenzio mentre aspettava con impazienza le nostre risposte.
«Cercavo di allontanarmi dal concerto quando... La luna... credo... Mi ricordo di aver alzato la testa per guardare la luna.» Liam fu il primo a parlare.
«Io avevo appena finito di guardare un film, poi... l'ho vista mentre salivo in camera mia.» Lydia sembrò far perfino più fatica a ricordare.
«È stata l'ultima cosa che ricordo di aver visto...» La voce di Greg suonò strana senza la solita traccia di risata a caratterizzarla.
E dopo che tutti ebbero parlato Raff si girò verso di me, come se cercasse una conferma.
«L'ho guardata dalla finestra, poi ricordo... la porta... e un po' di tragitto in cui mi sforzavo di restare cosciente.»
«Sì... No, aspetta. Cosa?» domandò sorpreso.
«Cosa?» ripetei non capendo a cosa si riferisse.
Mi osservò attentamente riflettendo, poi si decise a parlare.
«Niente... non pensavo che il legame con la luna potesse essere così...» Si fermò come se stesse valutando i danni che avrebbe potuto causare il seguito della frase.
«... debole... da permettere di rimanere coscienti.» continuò.
Non conoscevo a fondo il significato di quella frase, ma non fu difficile immaginare che fosse ciò che di più vicino potesse esserci a un insulto.
Il lato positivo fu che, non approfondendo l'argomento, mi venne facile rimanervi indifferente.
«E perché saresti tu l'unico a sapere di questa storia?» Intervenne sospettosa Lydia.
E ciò che venne dopo fu l'esatto opposto di qualunque cosa potessi immaginarmi. Anche sentendo insinuare che c'entrasse qualcosa con tutto ciò che stava succedendo Raff non sembrò arrabbiarsi. Anzi le rispose in tono amichevole.
«Entrambi i miei genitori sono lupi. I miei nonni, mia zia, perfino i miei cuginetti, anche se quasi nessuno in famiglia si trasforma. Si racconta di lupi che negarono la loro natura per far vivere le loro famiglie in armonia con i pastori del posto ma... solo non pensavo che fossero stati così tanti. E neanche che avessero perso le proprie origini.» disse dispiaciuto.
Certo... Pensai sarcastica.
È impossibile. Il nonno è stato lui stesso un pastore da giovane. Avrebbe mangiato tutte le pecore se fosse stato un... qual è la parola? Licantropo? Lupo mannaro? Solo lupo?
Va be', lasciamo stare! Inventati qualcosa di più credibile e valuterò di farci una chiacchierata.
Poi però mi tornò in mente la stampa della maglietta che ancora avevo addosso.
Mio fratello una volta tornato a casa me l'aveva semplicemente data con la scusa di non aver trovato di meglio. Io però non gli avevo mai chiesto di prendermi niente... era stato mio nonno a insistere perché prendesse qualcosa anche a me. E così, nonostante provassi a scartare l'ipotesi in ogni modo, Dylan finì nella lista dei sospettati che ancora finsi di non avere.
Non credevo davvero che esistessero i lupi di cui quel pazzo parlava. Ma sicuramente c'era qualcosa a non tornare in tutto ciò. E quel non quadrare di conti prese a divorarmi da dentro come un tarlo. Dovevo sapere. Era più forte di me.
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