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Capitolo 37

Entrambi sbiancammo quando Raff ci spinse via per camminare da solo fino a qualunque fosse il posto in cui volesse farsi trovare. Potemmo sentire il rumore di ogni suo movimento come fosse quello di un pugno nello stomaco. Non riuscii ad avere la minima idea di come ci riuscisse.

Le ferite inferte da quella cosa avrebbero dovuto essere letali o quasi. Lui invece, non solo insistette nel dire di star bene, ma anche nel camminare da solo e partecipare al piano.

Quando si fu allontanato in qualche modo Liam spostò l'attenzione su di me.

«Sei sporca...» disse indicandosi una guancia.

Non ci provai neanche a pulirmi dopo che un pensiero mi fu piombato nella testa.

«Sangue?» domandai senza sapere bene cosa mi innervosisse tanto. Seppi di essere già stata coperta di sangue. Forse però fu diverso avere addosso il sangue di un amico piuttosto che di un qualunque conoscente.

«Terra.» disse lui pulendola, titubante, con il pollice.

Un'altra volta mi ricordai delle ustioni, eppure lo lasciai fare.

«Andiamo?» chiesi allontanandomi un po'.

Lui annuì.

Trovammo Lydia e gli altri ad aspettarci davanti alle case dei beta. Ogni singola casa nel territorio dei lupi era vuota. Tranne una. Quella dell'alfa. La tana del lupo.

Vidi Liam esitare quando sua cugina parlò.

«Penso che uno tu l'abbia perso per la strada.» Commentò infatti forse fingendo di non notare il sangue sulla maglietta di suo cugino.

Forse una parte di lei seppe ma sperò di sbagliarsi. O forse, aveva immaginato uno scenario molto meno grave e più probabile di quello che effettivamente era successo.

Liam fece infine per rispondere ma fui più veloce io.

«Prometto che dopo ti spiego.»

Ci avvicinammo alla casa e bussammo alla porta del capo branco, pronti a colpirlo. Lo sguardo ansioso che ci scambiammo avrebbe addirittura fatto ridere visto da fuori. E quando lui aprì, Liam e io gli saltammo addosso.

Scattò indietro ma non gli servì a scappare. Mi lanciai in avanti scivolando dietro di lui e portando un braccio attorno alla sua gola mi buttai di peso sul pavimento. Un secondo e fu a terra... più precisamente su di me, che, oltre a soffocare lì schiacciata, ancora quasi soffocavo lui con il mio braccio.

Non capii casa aveva in mano. Forse un coltello. Con cui comunque mi graffiò un braccio divincolandosi mentre Liam provava a tenerlo fermo.

Io mi resi conto di star per perdere la presa pochi istanti prima che Talia venisse in nostro soccorso. Così un bordo rotondo e in acciaio si abbatté furioso poco più a destra della mia spalla facendomi perdere un battito.

Aveva appena dato una botta in testa al padre con una padella presa da chissà quale stipetto. E io avevo appena preso un infarto.

«Scusa...» chiese poi pur consapevole che non potesse sentirla.

Ci voltammo tutti a guardarla sorpresi. E pensare che mi fosse sempre sembrata la più tranquilla e sana in mezzo alla banda di pazzi ch'eravamo.

«Grazie...» Riuscì a dire Liam prendendo poi il fazzoletto dal sacco.

Lo fece passare nella sua bocca per poi legarglielo dietro la testa perché non urlasse una volta sveglio. Dopodiché io gli misi il sacco sulla testa e insieme lo legammo. Esagerammo con le corde fino a provare pena per i lupi che avrebbero dovuto liberarlo.

«E ora?» chiese Lydia.

«Ora dobbiamo solo portarlo dal resto del branco.» disse Liam.

«Pensavo non voleste trasformarvi.» disse Tia contenta che avessimo "cambiato idea".

«Infatti.» Concordò Liam.

«Non parteciperemo alla loro serata. Il piano è cambiato all'ultimo minuto. Non è nel bosco che saranno a quest'ora.» spiegai.

Si puntarono su di noi sguardi confusi.

«Andremo in infermeria.» conclusi senza dare ulteriori spiegazioni.

Per parecchio quando arrivammo tutto fu tranquillo. Il che poté significare soltanto che non fossero ancora arrivati.

«Aspettiamo all'inizio del ponte.» disse Liam.

E in effetti era la postazione migliore, lui però s'irrigidì comunque a ogni soffio di vento pensando forse di poter cadere.

Depositammo l'alfa sul legno davanti a noi, a mo' di tappeto e, seppur controvoglia, dovetti spiegare rapidamente la situazione agli altri cercando di non prestare troppa attenzione al ragazzo terrorizzato di fianco a me.

«Se non vi conoscessi penserei che lo aveste ridotto in quello stato di proposito. Così è quasi comodo.» Ammise Jack.

Respirai piano.

«E conoscendoci cosa ti fa pensare che non l'avremmo fatto?» risposi. Non m'interessò dissipare i sospetti se potevo far finire lì la conversazione.

«Il fatto che se avete dovuto aiutarlo a uscire non è di sicuro qualcosa di pianificato da te. Le tue idee vengono realizzate solo in base al contatto fisico che richiedono.» Mi lanciò una frecciatina.

«Ahh... questa brucia.» Rise Tia.

«Mh...» Prima o poi avremmo dovuto parlare di quel continuò tirar fuori l'argomento.

In tutto ciò Lydia rimase in silenzio. E mi andava bene, era preoccupata. Ma non riuscii a sopportare che anche suo cugino non dicesse nulla.
Proprio lui che, una volta presa la giusta confidenza con noi altri, avrebbe passato giornate intere a parlare e ridere.

Non seppi se fu per aiutarlo o semplicemente per essere scappata da lui tutte quelle volte ma, quando l'attenzione degli altri si fu spostata completamente su una conversazione a cui io smisi di partecipare, allungai le dita verso la sua mano.

Lui si girò a guardare per un secondo, sembrò non aspettarselo, poi la strinse subito. Sì. Mi sentii in imbarazzo. Ma, ammassati tutti su quel ponte, nessuno avrebbe potuto accorgersene. O almeno così sperai.

Quando il branco arrivò noi restammo immobili insospettiti dal fatto che l'alfa ancora non rinvenisse. Tutti facemmo finta di essere tranquilli ma potei sentire la preoccupazione appesantire l'aria.

Mollai la mano di Liam e feci un passo avanti. Vidi Raff sorridere pur avendo bisogno del sostegno di due beta anche solo per stare in piedi. Mi sembrò perfino peggiorato. La faccia era stanca e pallida, la fronte imperlata di sudore freddo. Eppure sorrideva. Che aveva da sghignazzare? Delirava?

«Ci avete chiesto di sfidarvi tutti per entrare a far parte del branco...» Riuscii comunque a sembrare convinta ma la mia voce non riuscì proprio ad alzarsi di volume in quel momento.

Le facce dei lupi cambiarono in fretta, trasformandosi presto in smorfie infastidite e orgogliose.

«Il vostro compito avrebbe dovuto essere proteggervi tutti, compreso il vostro alfa: quello che ora è nelle nostre mani. Noi abbiamo sfidato la vostra capacità di portare a termine i vostri compiti... e siamo riusciti a vincere.» Azzardai prima di notare la reazione di qualcuno in particolare: un alfa già seduto e intento a togliersi il sacco dalla testa.

Così una sola domanda spazzò via ogni altro mio pensiero.

Come diavolo si è liberato?!

Si tolse il fazzoletto dalla bocca per poi girarsi e guardarci in faccia.

Da quanto tempo è sveglio? Mi chiesi poi notando si fosse già completamente ripreso.

«Sarei completamente d'accordo se non fosse che... non è il branco a dovermi proteggere. È il contrario.» disse alzandosi in piedi.

Fu in quel momento che sentii Raff gemere di dolore. Sfoggiava ancora un aspetto orribile e mi bastò guardarlo in faccia perché riuscissi quasi a sentire come stava. E così mi ritrovai a sperare con tutta me stessa che quella situazione non si prolungasse troppo.

«Tu dovresti saperlo bene.» Aggiunse l'alfa facendomi riportare la mia attenzione su di lui.

«Mi sembra che tu stessa non abbia mai chiesto a nessuno di loro di fare nulla per te.» Continuò.

Avrei voluto parlare, spiegare il mio modo di vederla, ma subito la mia attenzione fu di nuovo su Raff. E l'uomo dovette accorgersene perché quando parlò non fu affatto per continuare.

«Adesso direi che è ora di curare il nostro nuovo giovane lupo.» Annunciò facendo un cenno ai lupi che ancora lo tenevao sottobraccio.

Noi liberammo subito il passaggio e, incontrando il suo sguardo, vidi calde lacrime ballare negli occhi cristallini di Lydia. Stava per essere curato ma nessuno poté stare tranquillo mentre lui veniva quasi trascinato, ormai del tutto incapace di camminare.

Aveva detto di star bene... come ho fatto a credergli?

Quando i lupi furono entrati con lui nell'infermeria, due aggraziate figure si affrettarono a richiudere le porte rendendo evidente che non ci volessero lì.

Noi tre, Tia, Jack e Talia ci guardammo per un istante prima di provare a incamminarci per bussare. Il tempo di muovere un passo però che subito sentii la mano dell'alfa sulla spalla. Lo odiai. E subito immaginai di far finire male tutta quella storia.

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