Capitolo 26
Il meglio che riuscii a trovare fu un rotolo di "raso" verde. Ogni vestito mi sembrò terrificantemente corto, troppo appariscente, decisamente troppo scollato, o totalmente coperto di strappi nei posti più impensabili. Insomma, per un secondo credetti di capire il perché del negozio vuoto. Poi però il motivo si rivelò essere un altro.
«Non sei di queste parti, vero?» chiese il ragazzo alle mie calcagna da ormai quasi mezzo'ora.
«Cosa te lo fa pensare?» domandai.
«Se fossi stata di qui ti saresti già buttata su quelli.» Indicò una fila di vestiti completamente assurdi con quelle sue movenze delicate e appariscenti. Era un'elfo o una chimera, ne fui sicura. Nessuno si !doveva così.
«Se questi modelli sono tanto alla moda qui, come mai non c'è nessun altro?» osai cercando di non farlo sembrare troppo un insulto.
«Per l'Arcuna di solito i vestiti si tramandano e modificano secondo la moda corrente. E chi sceglie di non seguire la tradizione si affida comunque a stilisti già affermati. Non so quanto si noti ma noi abbiamo praticamente appena iniziato.» disse indicando gli scaffali come se ci fosse poco più di qualche insulso modello.
«Hai qualcosa di più semplice? Magari nero. Qualcosa su cui si possa fare qualcosa con quello?» Indicai il raso verde. Non seppi davvero cosa farci ma mi immaginai solo un piccolo lembo di quel colore legato semplicemente in vita a mo' di cintura. E poi, non potevo ignorarlo. Era praticamente identico alle squame della dragonessa. Ai miei occhi fu come se stesse chiedendo di essere indossato.
Il tizio andò dietro un'armadio e, dopo aver sbirciato un paio di volte verso la benda sul mio braccio, torno con un vestito nero. Aveva una sola striscia di stoffa a fare da bretella sul lato sinistro. bretella da cui partiva metà di un coprispalle di tulle che avrebbe coperto solo il braccio destro.
«È il più semplice che ho trovato.» confessò continuando a guardare la benda sul mio braccio sinistro.
«Pensavo avresti provato a coprirla.» ammisi guardandola anch'io.
«No. So chi sei tu. Siete qui da poco ma più ferite mostrerete a testa alta, più sembrerete avere esperienza.» spiegò preoccupato che non capissi quel suo modo di vederla. E, in effetti, fu proprio così.
Mi limitai a lanciare un'altra occhiata alla benda e ad annuire. Mi resi conto di essermi quasi dimenticata del perché fossimo lì.
Già, guerra.
Rimasi esterrefatta quando gli vidi passare una mano sull'altra, facendo apparire il bozzetto di quell'abito dal nulla.
Magia...
«Cosa avevi in mente?» Chiese prendendo il rotolo di raso probabilmente consapevole di aver appena spazzato via qualunque mio limite.
Mi ci volle un secondo prima di capire cosa volessi davvero farci. Mi tornò in mente l'edera che entrava dalla finestra della mia camera in infermeria e che avevo ritrovato a casa. La stessa che ricopriva la maggior parte degli edifici della foresta.
«Edera... Magari che parta da qui...» Indicai l'orlo della gonna.
«E salga sfoltendosi un po', fino a... qui» Indicai un punto più in alto sul vestito. Guardai subito il ragazzo, in cerca di un qualche consiglio. Magari di un rifiuto. O di una conferma.
Lui annuì, sorridendo come se vedesse già i rampicanti davanti a sé.
Corse a prendere un rocchetto di filo verde lucente quanto il raso, e altre tonalità della stoffa che avevo scelto. Prese il rocchetto di filo in una mano e, tenendo gli occhi fissi sul vestito, schioccò le dita più per confermare di avere un'idea. Passò un paio di volte la mano sulla stoffa nera e i rampicanti dell'edera iniziarono ad apparire intrecciandosi tra loro e creando eleganti e astratti disegni.
Il ragazzo si fermò un secondo ad ammirare il lavoro svolto fino a quel punto. Poi, lasciando il rocchetto, posò una mano sui rotoli di raso delle varie tonalità di verde.
E passando l'altra, ancora una volta sulla stoffa, foglie d'edera di varie dimensioni e tonalità di colore crebbero sui rami.
Quando si girò a guardarmi, con il sorriso di un bambino, mi resi conto di star guardando la scena a bocca aperta.
«Ti va se ci aggiungo qualcosa?» chiese entusiasta.
Mi limitai ad annuire, senza parole. Cosa avrei potuto dire?
Si sfregò le dita, facendo apparire una spuzzata d'argento sul tulle del coprispalle e sulla parte più bassa della gonna.
«Finito. Ora devi provarlo!» disse ansioso di vederlo indossato.
Mi mandò di corsa in un angolo buio e nascosto da un paravento. Dove sistemò l'abito su una strana gruccia metallica appesa al soffitto.
Dopodiché corse a chiamare il suo ragazzo.
«Syriooo! Vieni qua. Adesso. Guarda cosa sono riuscito a combinare!» Lo sentii crogiolarsi nella consapevolezza di aver fatto un buon lavoro.
Che personaggio! Risi tra me e me.
Quando uscii, tutti iniziarono a osservarmi come se potessi scappare da un momento all'altro... e per un secondo, avrei davvero voluto farlo. Non bastava essere quasi perennemente sotto lo sguardo indiretto dell'Alfa?
Liam diede due colpetti con il gomito a Raff.
Mi venne spontaneo guardare il pavimento come se servisse a nascondermi.
«Ottimo lavoro... davvero. Non è troppo in linea con le mode ma... sì, ha il suo perché.» ammise il ragazzo che diedi per scontato fosse Syrio.
«Ha un passo leggero, così bassa è carina... pensavo di lasciarla scalza. Che ne pensi?» propose lo stesso che mi aveva aiutata. Quella frase mi sorprese.
«Aspettate, state dicendo davvero che dovrei andarci scalza?» chiesi stranita.
«Sì.» «Sì.» risposero secchi e in coro.
Quindi cosa dovrei sembrare? Carina oppure un soldato esperto? Pensai ricordando perché non aveva coperto la mia ferita.
«Mh... prova a impettirti un po'...» Mi consigliò l'altro.
«Mh?» Iniziai a non capire più nulla di ciò che stessero facendo.
«Tira indietro le spalle...» disse avvicinandosi.
D'istinto feci un passo indietro. Sguardi curiosi e sorrisi rassicuranti arrivarono dai tre lupi alle loro spalle.
«Tranquilla.» mimò Liam.
Non sarebbe successo niente. Si stava solo avvicinando in fondo. Glielo lasciai fare.
«Virse sa quello che fa. Abbassa le spalle e portale indietro.» disse Syrio.
Obbedii incerta.
«Ok... ora continua a tenerle basse.» disse accompagnandole ancora un po' più indietro con una mano.
Lo sentii tirare qualcosa di nascosto nella chiusura del vestito e improvvisamente le cuciture sembrarono stringersi costringendomi a mantenere le spalle aperte.
«Non sarebbe bastato raccomandarmi di stare più dritta?» Chiesi infastidita.
«Sembri abbastanza timida da lasciarci pensare che non l'avresti fatto.» rispose uno dei due facendo sorridere Liam.
Non sono timida... Pensai.
«E così "passare inosservata" avevi detto, no?» Rise Lydia avvicinandosi avvolta da un elegante vestito di pizzo viola. Sorrisi a mia volta. Notai dell'argento anche sul suo. Che fosse la loro firma?
Cercando con un po' d'attenzione in più lo notai anche sui ragazzi. Ma, soprattutto, notai quanto fosse stato furbo Raff facendo tutto da solo. Un completo nero. Solo giacca e pantaloni. Scegliendo di tenere il torso scoperto. Inutile dire che Lydia apprezzò.
Liam invece fu più sfortunato. A lui Syrio non lasciò po' troppa scelta. Gli affibbiarono dei pantaloni strappati di un tessuto simile al jeans ma molto più sfilacciato. Non vidi fili sul pavimento del negozio eppure mi diedero l'idea di star per distruggersi davanti ai miei occhi. La felpa era, anch'essa, strappata in vari punti. E qualcosa mi disse che lui avesse scelto solo la t-shirt che vi indossava sopra. Era a tinta unita ma non proprio. Il blu variava leggermente da una tonalità all'altra. Sarebbe stata davvero molto carina se solo non avessero aggiunto qualche buco e sfilacciato il bordo anche di quella.
Mi diede l'idea di uno scampato per un pelo a un attacco di tigri. Diedi un'occhiata alla benda scoperta sul mio braccio. Fu allora che collegai il tutto.
Dopo essermi cambiata, con Syrio e Virse finalmente lontani, andai da lui. Non faticai a capire perché cercasse ancora tra quelle strane grucce metalliche. Ovviamente anche a lui dovette essere sembrato esagerato il modo in cui era stato conciato.
«L'hanno giocata sulla storia dei lupi.» dissi arrivando alle sue spalle.
Lui sussultò.
«Scusa.» Non potei fare a meno di sorridere.
«Lupi, eh? Allora devo essermi perso la parte in cui i lupi si vestono di stracci e cenere di camino.» Scherzò.
«Be', tutto sommato non è male.» Provai a fargli notare.
In risposta mi arrivò l'occhiata di chi non sa se ridere o gettarsi da un palazzo.
«Ok. Ma magari senza la felpa e con meno fili sui pantaloni...» dissi prima che mi interrompesse.
«Be', avrebbero potuto lasciarmi in mutande già che c'erano. A te non sarebbe dispiaciuto, no?» Rise.
Non seppi neanche cosa rispondergli. Mi limitai a ridere e scuotere la testa. E, sì. Anche a sperare che non continuasse quel discorso. Lui però sembrò trovare divertente quella reazione.
Mi chiesi che cosa ci fosse di tanto ameno nel mettermi in imbarazzo ma preferii non approfondire.
Alla fine anche lui sembrò rassegnarsi e accettare, finalmente, il frutto del lavoro dei due ragazzi che ci aspettavano alla cassa.
La cassa, aka: il punto in cui scoprimmo alcuni "dettagli" piuttosto interessanti sugli Ingr. Ad esempio...
Quando spiegammo a Syrio e Virse di non conoscere il nome di colui che avrebbe pagato per i vestiti. Loro, indifferenti, ci informarono di quanto fosse scontatamente normale.
Stando a quanto dissero, esistevano specie di una classe sociale più alta. Specie che svelavano i loro nomi quindi solo a qualcuno della stessa classe o a chi dimostrava di meritare di conoscerlo.
Oltre a tutto questo però, scoprimmo anche che, in quanto fosse stato lui a portarci lì, l'Assassino sarebbe stato considerato nostro tutore.
Odiai il momento stesso in cui elaborai quell'informazione.
Lui. Lo stesso losco figuro che aveva tagliato la gola a Greg davanti ai nostri occhi. Lui come nostro tutore?
Secondo quale perversa e malata legge ne avrebbe mai potuto avere il diritto?
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