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Capitolo 21

La mattina seguente Liam sembrò essere addirittira più scontroso delle prime volte in cui era arrivato nel bosco.
I suoi occhi non accennarono a tornare normali nemmeno per un secondo. Bastò avvicinarsi anche solo di poco per notare i muscoli tesi e tremanti.

Per un secondo pensai fossero stati i beta del branco ad avergli fatto qualcosa quella notte. Ma scartai quell'ipotesi quasi subito, continuando però a osservare quello strano modo di comportarsi.

Non mi sembrò esserci nessuna ragione apparente per tutta quell'agitazione.
E io ne capii il motivo solo quando, attraversando il ponte per andare a lezione sulla Seconda Sala, cadde in ginocchio. Tremando sulle vecchie assi di legno apparentemente marcio. Il ringhio sommesso e i versi che cercò di trattenere mi fecero gelare il sangue.
No, qualcosa proprio non andava.

Notai la pelle arrossata e sanguinante delle sue nocche solo quando le ossa delle dita iniziarono a rompersi una dietro l'altra.
Smisi di guardare non appena i suoi vestiti accennarono a strapparsi. Poi bastò qualche secondo perchè prendesse dolorosamente le sembianze di un lupo dal pelo folto, morbido e non troppo scuro.

«Un lupo grigio... niente male.» Aveva commentato l'uomo vedendolo.

E per quella mattina venne esonerato dalle lezioni, mandato a casa a rivestirsi e, soprattutto, a riposare.

La stessa cosa successe a Lydia il giorno dopo ancora. Lei si trasformò in uno snello e bellissimo lupo nero. Le bastò scovare la tana di un serpente dietro il nostro appartamento per farlo.
E lo stesso appartamento, io potei vederlo dall'interno, per la prima volta, solo quella sera. Quando ormai tutti gli elfi dell'infermeria, e quello strano tizio, decisero che potevo andarmene.

Andando via notai l'infermiera che mi aveva portato il pranzo in quei giorni. Teneva i capelli raccolti per la prima volta.
Le orecchie a punta scoperte non furono poi una gran rivelazione. Avrei potuto tranquillamente capirlo dalla corporatura snella e slanciata o da come si muoveva. Era un'elfa.

Ovvio.

Quella sera non potei fare a meno di osservare quanto la foresta fosse effettivamente piena di vita.
Tutti, quella notte, andarono in giro per la strada. Perfino i vampiri, con la loro pelle pallida, e i canini in mostra con il solo scopo di spaventarci, si spinsero fuori dall'ombra delle Sale. Ovviamente in compagnia dei tenebrosi sorrisi che portavano sempre stampati sulle facce.

«Che succede?» chiesi quindi confusa.

«Vanno tutti a raccogliere i loro fiori.» rispose Lydia sorridente.

«Fiori?» chiesi ancora tentando di non ridere immaginandomi quelle sanguisughe come delle piccole Heidi.

«Lo ha spiegato quel tizio durante l'ultima lezione... ne abbiamo parlato anche con Tia durante l'intervallo...» Provò a farmi ricordare.

Ovviamente lei non poté sapere che ogni minuto passato a scuola, o in mezzo a gente sconosciuta, io lo avevo passato pensando agli affari miei. Sapevo appena chi diavolo era Tia. Ero quasi certa fosse la lupa con i capelli corti che, insieme al suo gruppetto, di tanto in tanto ci spifferava qualche informazione sul branco. Ma non ne ero ancora del tutto certa.

«Ma sei seria? Non ti ricordi proprio?» chiese lei vedendo la confusione trasparire nei miei occhi.

Mi strinsi nelle spalle, come se non fosse nulla d'importante.

«Mmh... allora... hai presente quei fiori a forma di testa di drago che abbiamo visto arrivando qui?» chiese. E io mi limitai ad annuire.

«Be', sono Farghigni, e vanno raccolti la sera prima della festa. Questo è il periodo in cui i draghi si accoppiano. Per loro è un po' come il nostro San Valentino. Ma al posto dei cioccolatini mangiano i petali di quei fiori. E se le labbra diventano blu allora hai "un bacio in sospeso" con una persona. E se quando lo dai, il blu sparisce, allora quella era proprio la persona a cui apparteneva.» disse entusiasta.

Io invece lo trovai poco igienico, quasi disgustoso. Andarsene in giro a regalare smancerie solo per fare sparire un po' di colore dalle labbra... Gli Ingr erano gente strana.

«Sbaglio o questa festa ti piace più delle nostre?» Le sorrisi.

«AMMIRATE IL GRANDE LUPO DELLO YUKON!» Urlò Raff arrivando alle nostre spalle. Fece per abbracciare entrambe ma lo stroncai subito.

«Toccami e sei morto.» Scherzai allontanandomi.

«Sì, certo. Non ne dubito eh... Ma chi se ne frega?! Avete capito che ho detto?!» rispose sarcastico sull'inizio ed entusiasta sul finale.

«Neanche una parola, cosa c'entra lo Yukon?» Chiese Lydia al posto mio.

«L'ho detto perché stasera ho intenzione di trasformarmi. È una razza... La mia è una famiglia di lupi dello yukon. Liam è un lupo grigio, tu un lupo nero, e Shira... beh', vedremo.» disse girandosi poi verso di me.

«Lei è un lupo cinese.» Annunciò la ragazza che ancora lo abbracciava scherzosa.

«Cosa?» chiese lui confuso tanto quanto me.

«Avanti, guardala bene, ha gli occhi piccoli e un po' all'insù. Me ne sono accorta prima, quando si preparava per uscire dall'infermeria.» Spiegò.

«Ho gli stessi occhi di mia nonna, e comunque all'insù non vuol dire a mandorla. Nessuno li ha a mandorla in famiglia.» risi portando una mano sulla fronte.

«Però in effetti un po' lo sono.» Osservò Raff.

«E tu ora da che parte stai?» Quasi ci rimasi male, facendo sorridere entrambi divertiti.

Perché mi sembrano più vicini del solito? Pensai vedendo come si comportavano l'uno con l'altra.

Quella sera Liam restò con me e sua cugina, dato che Raff l'aveva praticamente cacciato pur di restare da solo.

Lui fu l'unico motivo per cui non scappai da quel soffocante appartamento. Sapere che ci fosse gente a guardarmi rese quasi obbligatorio mostrarmi forte e sopportare di restare lì. Purché la gente in questione non si avvicinasse troppo, però.

Passammo il tempo a modificare il piano e ad adattarlo a tre lupi già trasformati. Questo implicò il cancellare qualsiasi idea potesse riguardare armi.

«Se ne attaccate uno alla volta e lo fate insieme non sarà un problema.» cercai di rassicurarlo. Lui però non sembrò neanche ascoltare.

Mi sarebbe piaciuto dirgli qualcosa di più, ma a impedirmelo ci fu che non fossimo nemmeno poi tanto amici. Le poche cose che sapevo di lui non si allontanavano mai dalla sua parentela con la mia migliore amica o dalla sua amicizia con Raff. Fin ora con lui avevo sempre parlato quasi solo della follia in cui eravamo finiti. E per fortuna ci pensò Lydia a cambiare discorso.

«Liam, ora devi farmi un favore.» Fu una pretesa più che una domanda.

«Mh?» E il ragazzo sembrò svegliarsi da un brutto sogno.

«Guardala. Cosa noti?» disse la ragazza, indicandomi e mettendomi in imbarazzo.

Lui ne rimase confuso e scosse la testa, stringendosi nelle spalle per farglielo capire.

«Liam... i suoi occhi. Cosa noti?» Ripetè a suo cugino.

Lui le lanciò uno sguardo incuriosito, prima di alzarsi e fare un passo verso di me.

Già troppo vicino per i miei gusti, e questo mi portò ad abbassare istintivamente lo sguardo. Oltre che a reprimere l'impulso di indietreggiare.
Rimasi ferma, in bilico sul mio desiderio di imprecare a gran voce e sui mille modi che il mio cervello potesse mai aver elaborato per uscire da una situazione simile.

Il migliore continuò a dimostrarsi quello di scappare sulla rupe e osservare la gola, ovvero: l'unica cosa che non avrei potuto permettermi di fare.
Così mi feci prendere forse un po' troppo dai miei pensieri perché, anche se tardi, mi resi conto di alcune strane e tenui sfumature di colore. Peccato che i miei occhi fossero già cambiati completamente.

«Hanno iniziato a cambiare...» Osservò lui sorridendo.

«Sì, non è... No, aspetta... Cosa?» chiese così sua cugina alzandosi.

«Quando?!» domandò sorpresa.

«Ieri... è stata colpa della ferita, e forse anche un po' del drago...» Feci finalmente quel passo indietro per allontanarmi da entrambi. In qualche modo mi sembrò che anche le pareti fossero più vicine.

«Drago?» Chiesero entrambi fornendomi la scusa perfetta per uscire di lì senza insospettirli.

«È difficile da spiegare... Ma posso farvi vedere.»

Trattenni un sospiro di sollievo uscendo.

E quando fummo arrivati, Liam dovetti quasi costringerlo ad avvicinarsi al burrone. Anche se farlo, stavolta, sembrò venirgli più facile.

Ancora una volta fui l'unica a sedersi proprio sull'orlo del precipizio.

Mi resi conto di non avere la certezza che quella creatura si sarebbe avvicinata ancora. Eppure non mi interessò di passare per una bugiarda.
Mi bastò essere uscita dell'appartamento, anche avendo rimandato ancora la possibilità di vedere finalmente la mia stanza.

Aspettammo in silenzio per un po' prima di vederlo finalmente risalire piano dalla coltre di fumo.

Ancora una volta provò a prendermi alle spalle, ma stavolta, non appena lo persi di vista alzai lo sguardo verso il cielo.
Mi allontanai cauta dal dirupo per assicurarmi di non essere scaraventata giù con lo spostamento d'aria.

«State giù.» Ammonii i due cugini poco distanti.

Quando il drago arrivò, ci aggrappammo tutti al terreno, ma solo due di noi ebbero davvero paura.
In qualche modo a me venne solo da sorridere. Pur consapevole che i miei occhi fossero cambiati ancora e che il mio cuore stesse battendo più in fretta.

La notte precedente era andato via prima dell'alba. Quindi non avevo ancora avuto l'occasione di vedere le sue squame alla luce del sole. Ma qualcosa di simile a uno strano ottimismo mi fece credere che quella notte sarebbe rimasto abbastanza da farsi ammirare.

Ci sedemmo accanto all'animale parlando fino all'alba.
In effetti trovammo tanto di cui parlare.
Eravamo ragazzi immaturi, poco razionali, impulsivi, e inesperti. E dopotutto, ci eravamo appena dimenticati delle favole su cui avevamo basato la nostra intera infanzia. Proprio le stesse favole che ci avevano raccontato di draghi e magia. Avevamo appena imparato ad aspettarci di crescere in modo quasi noioso. E invece, eravamo stati trascinati a cavarcela da soli in un mondo fatto porprio di esse. Favole.

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