Capitolo 1
I miei occhi, ormai da ore, scrutavano attentamente il movimento delle tende, nella soffusa luce della stanza.
Che diavolo mi prende?
Mi girai un'ultima volta sotto le leggere lenzuola estive. Per la prima volta da tempo, ero a letto tranquilla.
Non rimuginavo su nulla.
Non mi preoccupava nulla.
Non mi infastidiva nulla.
Eppure, sembrava che non fossi, assolutamente, più capace di dormire.
Non che di solito lo fossi poi così tanto.
In un'altra qualsiasi notte avrei dubitato persino che la gente dormisse davvero.
Durante le noiose ore passate da sveglia diventava facile immaginare persone stese per il semplice gusto di dire che avessero dormito. Immaginare che il sonno per gli esseri umani, fosse solo un' altra storia come quella di Babbo Natale. Quel genere di storia, che si tramanda di generazione in generazione fin quando, in qualche modo, non si scopre la verità. E in fin dei conti, pensare ciò sarebbe stato comunque un modo come un altro di intrattenersi fino al mattino.
Spostai il lembo del lenzuolo.
E alzandomi, lasciai cadere sulle gambe l'orlo dell'enorme t-shirt che come sempre mi sarebbe fastidiosamente arrivato poco più giù di metà coscia.
Una gigantesca maglietta da uomo che mio fratello aveva avuto la geniale idea di comparare da una qualsiasi bancarella.
Sarebbe dovuta essere da esposizione, quindi certo non indossata.
Ma in fondo, l'enorme lupo che c'era stampato sopra la rendeva abbastanza bella solo da fare in modo che non la gettassi.
Non da farmela incorniciare.
Quindi, per forza di cose, ora si trovava (in compagnia di un paio di shorts dalla fantasia piuttosto discutibile) a farmi da pigiama.
Spostai dal viso una ciocca degli scuri capelli usciti dalla lunga treccia sulla mia spalla sinistra. Treccia che spostai dietro la schiena quasi solo per comodità. Poi mi avvicinai alla finestra godendomi la frescura del pavimento di marmo sotto i piedi nudi.
Fuori non trovai nulla di interessante.
Riuscii a vedere non più delle solite cose.
La stretta stradina su cui si affacciava la finestra della mia stanza a casa dei nonni. Qualche gatto randagio col pelo rovinato, e la pancia probabilmente piena degli avanzi lasciati fuori da me e da mio nonno.
E, di tanto in tanto, qualche auto, che passando sulle chianche della strada dissestata, avrebbe spezzato la monotonia dello sfondo.
Insomma, riassumendo...
Niente di interessante.
Mi permisi di restare lì, e godermi un po' del venticello proveniente da fuori.
Certamente non si sarebbe mai rivelata aria più fresca di quella già presente nella stanza. Ma sentire la sua leggera carezza sulla pelle mi face illudere di sentirmi meglio.
La temperatura, in realtà, non era nemmeno poi tanto alta dato il periodo in cui eravamo, ma considerato che fino al giorno prima ci eravamo tutti aspettati un fine primavera piuttosto fresco e piovoso, bastò a cogliermi di sorpresa.
Più o meno un'oretta e mezza prima, era finita la mia passeggiatina all'interno della casa.
Senza trovare né mio nonno né mia nonna svegli. Ovviamente.
Seppi benissimo, fin da subito, di essere l'unica ancora in piedi.
E, per quanto lo negassi perfino a me stessa, seppi benissimo anche che non poteva essere colpa del leggero caldo di quella notte.
Alzai la testa e guardai il cielo notando la luna piena far capolino da dietro un vecchio edificio.
Abbassai le palpebre lasciando aperto solo un piccolissimo spiraglio per continuare a osservarla attraverso le ciglia.
Mi resi conto solo in quel momento di quanto fossi realmente tesa.
Lasciai che i muscoli lievemente contratti da chissà quanto tempo (e per chissà poi quale ragione) si rilassassero. E mi costrinsi ad abbassare le spalle.
Mi lasciai sfuggire un silenzioso sospiro e cominciai a riflettere.
Cosa c'è che non va?
Sono mesi che ormai ogni sera mi addormento a notte fonda.
E sarei pronta a scommettere che sia tutto per colpa di quella stupidissima audizione.
Proprio quando, per la prima volta, rinuncio ad auto-stressarmi con il ritagliarmi momenti in cui restare sola e cantare torna a...
E il pensiero in qualche modo scivolò via dalla mia mente.
Mi ritrovai a fissare la luna con la testa vuota e leggera.
Mi ci mancava solo l'insonnia ora.
Ma come ca...
E un'altra volta caddi nel delicato e luminoso abbraccio della luce lunare.
Rendendomene conto abbassai lo sguardo sul davanzale e provai a concentrarmi.
Scossi la testa. Poco più aggraziata di un cane bagnato fradicio che si vendica di un bagnetto indesiderato.
Ci volle un ultimo tentativo per capire che la mia capacità di fare attenzione a qualcosa andava durando sempre meno. E che, per ogni singolo pensiero, importante o meno, era necessario persino impegnarmi.
Attribuii il tutto a una semplice stanchezza anche se in fondo, seppi perfettamente che non poteva in nessun modo essere così semplice.
Mi cullai nella bugia a cui scelsi di credere, e lentamente chiusi gli occhi per abbandonarmi al vuoto che sostituì i miei pensieri.
Pochi secondi dopo aprii gli occhi, ritrovandomi alla porta.
Guardando un corpo (ormai non più mio) girare la chiave e far scattare la serratura per uscire.
Mi sentii come se stessi ancora dormendo.
Per quanto mi sforzassi, non riuscii a rimanere cosciente di qualunque cosa avessi intenzione di fare.
Di tanto in tanto, con fatica, cercai di impossessarmi di piccoli sprazzi di realtà.
E grazie ad essi, riuscii più o meno a vedere cosa stava succedendo.
A vedere, quindi, di non essermi cambiata: di avere ancora il pigiama, anche se non mi sembrò importante in quel momento. A piedi scalzi scesi l'unico gradino a separarmi da una strada che avrebbe portato chissà dove.
E tutto ciò che feci, lo feci d'istinto, senza pensare, senza volerne capire la ragione.
Camminai, accelerando l'andatura ad ogni piccolo passo.
Ci volle un po' ma mi ritrovai a correre, svoltando tra le stradine di una delle parti più vecchie della cittadella dei miei nonni.
Mi ritrovai a non avere la minima idea di dove stavo andando, ma non fui capace di preoccuparmene.
Ogni angolo che girai mi fece sentire come se conoscessi la strada.
Ma come avrei mai potuto non sapendo nemmeno quale fosse la destinazione?
Il principale problema però, non sembrò essere neanche quello.
Bensì non riuscire a preoccuparmi nemmeno di cosa passasse davanti ai miei stessi occhi. Finii per prendere tutto nel modo più neutrale possibile.
La mente svuotata e priva di pensieri.
Di sensazioni.
Nessuna capacità di ragionare.
Non feci la minima attenzione a niente.
Qualunque cosa ci fosse sulla strada, potè scorrermi davanti senza che però io la vedessi davvero.
Fu come star facendo tutto per riflesso. Come se non fossi più io la padrona di me stessa.
Ed anche durante i pochi momenti di semi-coscienza, restai per metà avvolta dallo stesso vuoto mentale di cui non riuscii neanche a ritenermi prigioniera.
Droga... Ipotizzai, approfittando di uno di quegli scarsi barlumi di lucidità per cercare di riprendere un qualsiasi controllo su me stessa.
E quando finalmente mi fu permesso di ritornare in me, ci misi un po' a capire dove potei essere finita.
Finalmente ferma, in piedi, ansimante, davanti ad un'antica casetta diroccata.
Le pietre e le assi di legno mi diedero l'impressione di essere, non solo bruciate, ma anche sul punto di cadere ormai da anni. In bilico probabilmente da così tanto tempo da non avere neanche più la forza di cedere.
Un comignolo di pietra, annerito e pieno di fuliggine, scricchiolò dal tetto mezzo crollato della casa.
Eppure il vento sembrò non poterlo buttare giù. Né il comignolo né il resto della struttura. Con un po' di insistenza però riuscì a produrre un suono raccapricciante passando attraverso gli infiniti spifferi della casa. Uno strumento musicale di dimensioni epocali.
Tanto impegno per suonare il mare quando sarebbe bastato venire qui per suonare il vento. Certo forse non sarebbe stato il massimo dal punto di vista estetico però.
Stare a così poca distanza da quel decadente spettacolo, infatti, fu quasi insopportabile.
Sentii freddi brividi danzare sopra e sotto pelle. Arrivando a ricordarmi i modi di un ago da cucito sulla stoffa.
Non rimasi per molto a guardarla.
Indietreggiai quasi all'istante, provando un incredibile sollievo a ogni passo.
Non troppo lontano da lì, trovai un vecchio albero contorto e per metà bruciato.
Di sicuro avrei preferito il mio letto a casa dei nonni, ma non avendo alternative ci salii. Sperando magari anche di trovare un po' di tranquillità per mettere in ordine i pensieri che mi sommersero.
Ecco a voi il vero inizio della storia. Spero abbiate apprezzato anche il prologo. Vi anticipo solo che nei prossimi capitoli la situazione potrebbe farsi sempre più "interessante". (Si accettano critiche e commenti).😁
(Mi trovate su instagram con diversi meme sulla storia: @kuma272_wattpad)
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