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6- Eva

Eva's pov

Mi risveglio in un letto che non è il mio, in una stanza dai contorni estranei. Per un attimo mi assale il panico, non riuscendo a riconoscere i muri bianchi che sembrano comprimermi e schiacciarmi tra le coperte pesanti. Cerco di rialzarmi a sedere per guardarmi meglio in giro, anche se il leggero fascio di luce che penetra dalla finestra non riesce ad illuminare la stanza in modo da farmi scorgere più dettagli.

La testa gira ancora, la sento pesante, come se un martello fosse stato incastrato all'interno e battesse interrottamente contro le pareti. Affondo la testa sul cuscino morbido, girandomi di poco per riuscire a sentirne il profumo. Un odore di muschio, misto a bagnoschiuma mi perfora le narici, è forte e buono. E qualcosa nella mia testa risuona come familiare, l'ho già sentito prima, solo non riesco a ricordare da dove provenga.

Tento di nuovo di rialzarmi, cercando di restare ben avvolta nelle coperte, non so perché esattamente, ma mi sento protetta in questo modo. Non so dove sono, non so di chi sia questa stanza, potrei essere finita a casa di chiunque, non ricordo niente della serata e la sensazione di panico si fa ancora più vivida in me.

A fatica riesco a trovare l'interruttore della luce affianco al letto e finalmente ogni cosa si fa chiara nella stanza, tranne i miei ricordi.

Un armadio è posto proprio di fronte al letto, è mezzo aperto e posso scorgere alcuni vestiti maschili, un cappellino è poggiato proprio sopra alla maniglia.

Merda. Merda. Merda. Cosa ho combinato?

Supplico mentalmente qualche santo per far sì che io non sia finita a letto con qualche ragazzo che oggi ci metterà ben poco a mandarmi via con un calcio nel sedere.

Io non sono così, non vado a letto col primo che capita, è impossibile che sia successo. Cerco di autoconvincermi da sola, perché solo il pensiero di un mio momento di debolezza, mi fa riempire gli occhi di lacrime.

Punto di nuovo gli occhi nella camera, così da assorbire il maggior numero di dettagli possibile.

Sul comodino affianco al letto c'è una bottiglia di birra vuota. E se l'approfittatore mi avesse fatta bere ancora di più? O peggio ancora mi avesse drogata?

Sposto lo sguardo sulla mia sinistra, dove, sotto alla finestra socchiusa, si trova una sedia con altri vestiti. Li riconosco in fretta. Il vestitino viola comprato poche settimane fa giace disordinato sullo schienale, mentre una manica del giubbotto penzola a terra.

Alzo istintivamente le coperte per verificare cosa io stia indossando, o se peggio ancora sia nuda, ma resto sconcertata quando a ricoprire la mia pelle trovo una lunga maglia nera.

Mi sembra di essere entrata in un universo parallelo, dove non so più chi sono, dove tutto mi sembra sconnesso dalla realtà. La mia vita, la quale ho sempre cercato di vivere nell'oscurità, in disparte, sembra essere stata sconvolta in una sola notte, tutto ciò per cui mi sono battuta fino ad ora sembra essere evaporato, trasformandomi in sgualdrina di prima qualità.

Quando sento dei rumori provenire da dietro la porta chiusa, mi rifugio di nuovo sotto alle coperte, lasciando fuori solo gli occhi. La maniglia si abbassa lentamente e il mio stomaco si contrae insieme al cuore che inizia a battere sempre più forte.

Riesco ad intravedere una figura, sembra un ragazzo, ma non posso dirlo con certezza. Chiudo gli occhi immediatamente fingendo di dormire, ma riesco a sentire chiaramente i suoi passi avvicinarsi sempre di più. Lo sento poggiare qualcosa sul comodino qui a fianco per poi schiarirsi la voce.

<<Lo so che sei sveglia>>

La sua voce. La riconosco subito. E' inconfondibile e ciò mi fa venire ancora più voglia di sprofondare sotto alle coperte e di scomparire. Ma ovviamente non è possibile e quindi apro un occhio.

<<Cosa ci faccio qui?>> chiedo in un sussurro, terrorizzata di aver combinato qualche guaio con la persona che mi sta osservando con un mezzo ghigno sul viso. Viso che tra parentesi vorrei prendere a schiaffi.

<<Prendi questo>>

Non risponde alla mia domanda, semplicemente allunga verso di me un bicchiere d'acqua e un'aspirina.

Chris Schistad è anche premuroso.

Lo afferro esitante, osservandolo come se fosse un alieno venuto da chissà quale mondo.

<<Non ti sto drogando se è questo che ti preoccupa, è solo un'aspirina.>>

Gli lancio un'occhiataccia, mentre mi porto alla bocca la compressa e con un solo sorso d'acqua la ingoio.

<<Cosa ci faccio qui?>> ripeto, sperando che questa volta mi dia una risposta e metta fine alle presupposizioni nella mia testa.

<<Non te lo ricordi?>> alza un sopracciglio.

Mi sta prendendo in giro.

<<Se te lo sto chiedendo è perché evidentemente non me lo ricordo, no?>> una punta di nervosismo nella mia voce.

Lo osservo, ha ancora qualche ciocca castana bagnata, probabilmente deve essersi appena fatto la doccia.

<<Ieri sera imploravi di scoparti proprio qui in questo letto e oggi non te lo ricordi, mi ferisci Mohn>>

Ieri sera, che cosa?

Sgrano gli occhi cercando di fare mente locale. Non è possibile, non è da me, io non lo farei mai. Sento tutti i muscoli irrigidirsi e un calore farsi strada sulle mie guance, mentre la preoccupazione di aver fatto qualche sciocchezza mi pervade totalmente.

Chris osserva le mie reazione per poi continuare

<<Eri tutta un "Chris ti prego fammi tua, sco...">>

Non lo lascio finire di parlare e mi porto le mani sulle orecchie per non sentire una parola di più.

<<Non è vero>> lo interrompo bruscamente <<Non ho detto nulla di tutto ciò>>

In realtà non so se l'abbia detto o meno, ma il solo pensiero di una me ubriaca che implora Chris Schistad di portarmi a letto mi fa andare il sangue al cervello e fa aumentare i miei battiti cardiaci.

<<Oh sì che è vero>> alza un angolo della bocca rivolgendomi uno sguardo furbo. <<E che nottata>> aggiunge poi dirigendosi verso la porta.

Subito mi alzo in piedi, oltrepasso il letto e lo raggiungo prima che possa uscire.

Lo afferro per un braccio <<Dimmi quello che è successo veramente, ti prego>> provo con un sguardo da cucciolo bastonato, magari lo intenerisce e mi racconta la verità.

Ma lui non si lascia impietosire, mi guarda dall'alto, esaminando il mio corpo avvolto da quella che presumo debba essere la sua maglia.

<<Ah, rivoglio la mia maglia Mohn>> afferma per poi voltarmi le spalle e uscire dalla sua camera.

Resto un attimo ad osservarmi incapace di muovere piede, la pelle incredibilmente pallida e gli occhi gonfi contornate da due occhiaie nere come la pece. I miei capelli lunghi e rossi formano ora un unico nodo, quasi fatico a riconoscermi, ma non solo, un pensiero fa capolino nella mia testa facendomi arrossire e vergognare immediatamente: Chris mi ha appena vista in queste condizioni.

Cerco di sistemarmi come meglio posso di fronte allo specchio, prima di uscire dalla stanza. Non sono mai stata qui prima d'ora, se non a qualche festa, ma che comunque si sono tenute al piano di sotto. Non conosco casa di Chris e mi sento tremendamente in imbarazzo e fuori luogo a girovagare per una casa non mia, ma ho bisogno di trovare quell'idiota, di farmi dare spiegazioni e di andarmene al più presto da qui.

Un lungo corridoio si materializza di fronte a me, ci sono porte su entrambi i lati, tutte chiuse. In fondo, sulla destra intravedo delle scale, portano ad un piano inferiore. Le raggiungo a passo svelto, guardandomi in giro con la paura che qualcuno possa sorprendermi, magari dietro una delle porte ci sono i genitori di Chris, magari stanno ancora dormendo, anche se non ho la minima idea di che ore siano.

I gradini in marmo risultano troppo freddi per i miei piedi scalzi e mi fanno rabbrividire, scendo quasi correndo ogni gradino fino ad arrivare in un grande salotto. Chris è seduto sul divano, con le gambe distese sul tavolino da caffè, mentre sta guardando intento qualcosa alla tv.

Se pensa di far finta di nulla liquidarmi così, ha sbagliato tutto.

Mi posiziono davanti alla grande televisione a schermo piatto, porto le braccia ai fianchi, impedendogli la visione di una partita di calcio.

<<Spostati>> sbotta infastidito, spostandosi lateralmente per avere migliore visuale.

<<Rispondimi>> punto i piedi a terra intestardita.

<<Non costringermi a spostarti con la forza>>

<<Chissà cosa mi hai fatto fare questa notte con la forza>>

Chris si alza in un balzo arrivando a pochi centimetri dalla mia faccia. Cerco di non lasciarmi intimorire e di sostenere il suo sguardo, anche se i suoi occhi seri mi fanno venire i brividi.

<<Pensi che io costringa qualcuno a venire a letto con me? Non mi conosci>>

<<No, non ti conosco e non ci tengo a farlo. Ora dimmi la verità, così posso andarmene il prima possibile da qui>> sbotto, soffiando via una ciocca di capelli ricaduta sul viso.

Chris si sposta di lato e indicando un punto dietro di sé dice: <<Prego, quella è la porta>> per poi allontanarsi.

Lo seguo fino in cucina e osservo ogni suo minimo movimento. Il braccio che si flette per recuperare una tazza dal mobile, la maglia che si alza leggermente dandomi la visione dei suoi addominali mentre cerca di recuperare qualcosa troppo in alto perché ci riesca senza sforzi. Poi apre il frigorifero afferrando una scatola di latte.

Cerco di scrollarmi di dosso la strana sensazione che mi ha colpita alla sua vista e ritorno a supplicarlo.

<<Dio, ti prego Chris dimmi cosa è successo veramente.>>

Lui abbandona il cucchiaio nella tazza, sollevando gli occhi al cielo decisamente esasperato.

<<Non è successo niente! Sei contenta ora? Sei insopportabile>>

<<Sì sono decisamente contenta.>>

Mi giro con l'intenzione di ritornare in camera sua, recuperare i miei vestiti e andarmene, ma la porta d'ingresso si apre ed io mi immobilizzo.

<<Tesoro, sei in casa?>>

Una donna minuta, con dei capelli castani molto simili a quelli di Chris, legati in uno chignon fa capolino nella stanza, seguita da un uomo che mette decisamente inquietudine.

Appoggia la grande borsa griffata sul divano, per poi guardarsi in torno. Quando rientro nella sua traiettoria, alza gli occhiali da sole e mi scruta curiosa.

<<E tu chi sei?>>

Il suo tono di voce smentisce ogni idea che mi ero fatta alla sua vista. Sembra una classica donna ricca e spietata, ma la dolcezza nel suo tono calma un po' il mio batticuore.

Chris si alza velocemente dalla sedia, mi supera e si posiziona davanti a me, nascondendomi con la sua stazza senza darmi la possibilità di parlare.

<<Non pensavo tornaste oggi>>

Non riesco a capire se quello che percepisco nel tono di voce di Chris sia fastidio o agitazione, ma da come si tortura le mani capisco che non è a suo agio.

<<Abbiamo anticipato il ritorno di un paio di giorni, tuo padre aveva delle questioni da risolvere a casa>> gli spiega la donna baciandolo sulla guancia, per poi entrare in cucina, dove io sono in piedi intimorita davanti alla scena.

<<Allora chi è questa bella ragazza?>> di nuovo si rivolge a me. Questa volta si avvicina e mi tende la mano <<Io sono Amalie, la madre di Chris>> mi sorride, un sorriso di quelli genuini e spontanei.

<<Piacere io sono Eva>> esito non sapendo che appellativo darmi. Ovviamente non posso dirle che ieri mi sono ubriacata e che ora mi ritrovo inspiegabilmente a casa sua, dopo aver dormito nel letto del figlio e che non mi ricordo assolutamente niente.

<<E' una mia amica, è... mh passata a trovarmi>> è Chris a salvare la mia imbarazzante presentazione, ma quando vedo la madre rivolgermi un'occhiata divertita soffermandosi sulle mie gambe scoperte, capisco che Chris fa schifo a mentire.

Gli lancio un'occhiataccia, non sapendo come risolvere la situazione, ma la madre decide saggiamente di lasciare perdere, dirigendosi verso il frigorifero per prendere dell'acqua.

Anche l'uomo fa capolino nella stanza ed io mi avvicino istintivamente a Chris. Con una sola occhiata mi mette in soggezione, mi fa sentire minuscola.

E' un uomo sulla cinquantina, i capelli brizzolati sono ben sistemati, mentre gli occhi, molto simili a quelli del figlio, mi scrutano ammonitori. Non è caloroso come la madre, non è gentile e non si preoccupa nemmeno di salutare il figlio. Si limita a passargli vicino senza nemmeno fargli un cenno di saluto.

<<Sì, un'amica. Io direi piuttosto che sia una di quelle solite ragazzette che ti porti per la notte e poi cacci alla mattina. Chissà cosa avete combinato in casa mia.>> sbotta con tono arrogante.

Mi sento gelare il sangue, mentre le sue parole mi rimbombano nella testa. Ha appena detto in modo non esplicito che sono una poco di buono. Sento gli occhi pizzicare, ma cerco in tutti i modi di rimanere stabile.

<<Io non capisco come tu possa permettere a nostro figlio tutte queste bravate>> questa volta si rivolge alla moglie, che con sguardo dispiaciuto guarda il figlio ma rimanere in silenzio.

Chris mi guarda, leggo nei suoi occhi il dispiacere e una scintilla di rabbia, quella che sono sicura che in pochi istanti lo farà esplodere.

<<Le mie bravate? Io almeno ho diciotto anni. Ma vogliamo parlare delle tue di bravate?>> la voce che si alza all'improvviso mi fa sussultare, mentre la rabbia prende possesso della stanza.

Il padre si gira nella sua direzione e sbatte una mano sul tavolo <<Non ti permettere di insinuare certe cose. Non ti permettere>> urla ancora più del figlio.

Mi sento così fuori luogo in questo momento che vorrei scavare un buco nel pavimento e scomparire all'interno, oppure avere il dono del teletrasporto e materializzarmi in un altro continente.

La discussione continua per altri dieci minuti, mentre io ho raggiunto la parete e mi ci sono appiccicata contro in modo da stare il più in disparte possibile.

<<Andiamo, ti porto a casa>> Chris interrompe la lite col padre e si rivolge a me in tono brusco.

Solitamente gli avrei risposto, gli avrei detto che me ne sarei andata per mio conto, che non ho bisogno del suo aiuto, ma non mi sembra il caso di polemizzare. Abbasso la testa e lo seguo in silenzio. Un silenzio impacciato, che mette a disagio entrambi.

Non so come comportarmi, non ho rapporto con Chris, non siamo amici e assistere ad una scena così personale come un litigio con suo padre, mi destabilizza. Vorrei trovare una parola di conforto, qualcosa da dirgli per cercare di fare sparire quello sguardo corrucciato, ma niente al momento mi sembra adatto.

Recupero velocemente le mie cose, con le mani tremanti e una voglia di andarmene da lì il prima possibile. Quando però afferro il vestito mi rendo conto che una grande macchia ricopre la stoffa viola, non ne ho la certezza, ma sono quasi sicura che sia vomito.

Accidenti, non ci voleva anche questo. Non voglio mettere un vestito che è sporco e puzza di vomito, ma l'alternativa è tenere la maglia di Chris, che non mi copre nemmeno a dovere e soprattutto prima mi ha ricordato di dovergliela ridare.

Guardo il pezzo di stoffa corrucciata mentre lo tengo stretto tra l'indice e il pollice, poi lentamente ed esitante porto le mani ai bordi della maglia per sfilarmela.

<<Tienila, il tuo vestito è sporco di vomito.>> afferma con voce roca, mentre poggia il suo peso allo stipite della porta.

<<Sei sicuro? Voglio dire... non è un problema...>>

<<Sì.>> dice sicuro non lasciandomi finire di parlare, per poi uscire dalla porta.

Mi affretto a piegare il vestitino e ad infilarmi il cappotto. Fortunatamente è più lungo rispetto alla maglia che sto indossando e mi copre quasi fino al ginocchio.

Esco di casa ancora a testa bassa, non oso alzare lo sguardo per paura di rivedere il padre di Chris. Mi tremano le gambe solo a ripensare alla scena di poco fa, e la sua affermazione nei miei confronti mi secca la gola e mi fa venire un dolore allo stomaco. Ma cerco subito di ricacciarlo e salgo in macchina affianco a Chris.

Di nuovo nessuno parla, nessuno muove un solo muscolo nei confronti dell'altro, l'imbarazzo tra noi è tanto.

Vorrei chiedergli informazioni riguardo alla notte precedente, cosa sia realmente successo ma probabilmente è ancora scosso dalla lite col padre e credo sia meglio lasciarlo stare al momento.

Chris guida veloce, decisamente troppo veloce. Non sono una persona che si lascia intimorire dall'alta velocità, mi definirei piuttosto temeraria, ma questo è decisamente troppo anche per me. Di nuovo vorrei dirgli qualcosa, chiedergli di rallentare ma il suo sguardo arrabbiato mi intimorisce. Lascio perdere e mi faccio piccola sul sedile, con gli occhi puntati sul paesaggio che scorre al mio lato.

Mi accorgo di essere arrivata solo quando sento il suo viso puntato su di me, i suoi occhi ancora arrabbiati mi scrutano aspettando un mio movimento. Mi risveglio dal mio stato di trance come se fossi stata sorpresa a commettere un reato e mi affretto a ringraziarlo per poi portare la mano sulla maniglia della portiera e aprirla.

<<Aspetta>> la sua voce pacata attira la mia attenzione facendomi girare verso di lui. <<Non fare parola con nessuno riguardo quello che è successo prima>> esclama duro prima di reinserire la marcia.

<<No. Non lo farò>> rispondo per poi richiudere energicamente la portiera ed entrare finalmente a casa mia.

Aaaallora, ho bisogno di sapere una cosa perchè il vostro parere è ovviamente essenziale per me. Cosa ne pensate del fatto di inserire anche dei pov di Eva? Ne volete altri o preferite che sia solo dal punto di vista di Chris?

A me piace molto scrivere anche dal punto di vista di Eva perchè, uno scrivere dal punto di vista femminile è molto più semplice e secondo credo faccia capire meglio alcune cose, ma siccome il vostro parere è essenziale fatemi sapere cosa ne pensate.

Nel prossimo capitolo avremo sicuramente un throwback perchè è ovvio che ci siano delle cose da sapere, ma tempo al tempo e scoprirete tutto.

Come al solito vi chiedo di lasciare tanti commenti e una stellina se vi è piaciuto.

Ho anche notato che la storia è entrata in classifica nel genere fanfiction, ovviamente è ad uno degli ultimi posti, però solo il fatto di esserci entrata è già un grande traguardo.

Io spero di tornare presto e ricordatevi che vi amo immensamente per tutte le gioie che mi date.

Passate a leggere "Un attimo ancora" e seguite il profilo su twitter: perladirosa.

Un bacione 

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