4- Chris
<<Signor Schistad?>>
Riesco ad afferrare il telefono e a rispondere solo dopo alcuni squilli. Non controllo nemmeno chi sia il mittente, premo solamente il tasto verde dando modo alla voce forte e squillante di parlare dall'altra parte.
<<Sì, sono io>>
La mia sembra più una domanda, non sapendo con chi sto parlando.
<<Volevo avvisarla che la sua macchina è pronta. Se vuole passare a ritirarla nel pomeriggio...>>
Sbuffo un sospiro di sollievo, finalmente la mia bambina è pronta ed io non vedo l'ora di sedermi al posto di guida e di girare per le strade di Oslo. Guidare mi mette pace e tranquillità, mi sento sereno e rilassato.
Sorrido ancora con il cellulare poggiato all'orecchio, mentre mi infilo le scarpe pronto per uscire di casa.
Finalmente niente più passaggi da William, ma soprattutto niente più camminate alle otto di mattina per raggiungere la scuola.
Passo una mano tra i capelli troppo esaltato, <<Sì, sì... certo. Se è possibile vengo subito.>>
<<Come vuole, la macchina è pronta>> risponde l'uomo con fare annoiato.
Dopo aver riattaccato chiamo subito William, purtroppo il meccanico è abbastanza lontano da dove abito e raggiungerlo a piedi sarebbe al quanto difficile.
<<Amico, ti chiedo l'ultimo passaggio della mia vita>>
<<Dove devi andare?>> mi chiede il mio amico con finto tono irritato.
<<La mia macchina è pronta, devo solo passare a ritirarla.>>
William sembra pensarci su un attimo e quel silenzio mi rende curioso di sapere cosa stia facendo in questo momento, ma alla fine emette un suono simile a "arrivo subito" e riattacca.
Lo aspetto impaziente, nei dieci minuti che sembrano essere i più lunghi della mia vita. Mi affaccio alla finestra più volte per controllare se vedo la sua macchina in lontananza, sblocco il telefono indeciso sul chiamarlo o meno, ma poi mi rendo conto che forse tutto ciò è un comportamento al quanto imbarazzante.
Sono tremendamente impaziente di riavere la mia macchina che tutto ciò che mi divide da lei al momento mi sta mandando fuori di testa. Sbuffo un paio di volte, gironzolo per la stanza, mi siedo sul divano per poi rialzarmi immediatamente, quasi come se sui cuscini ci fossero delle spine.
E tutto ciò ha fine quando ricevo un messaggio da William che mi avvisa di essere qui fuori.
Mi precipito alla porta senza nemmeno accertarmi di averla chiusa e salgo in macchina quasi come fossi rincorso da qualcuno, sbatto forte la portiera e mi accomodo sul sedile; il tutto sotto lo sguardo preoccupato di William.
<<Stai bene?>> mi chiede preoccupato, inserendo la marcia per poi dare moto alla macchina.
<<Certo che sto bene. E' il giorno più bello della mia vita, niente più passaggi, niente più camminate. Sono libero e automunito finalmente>> rispondo tutto d'un fiato, gesticolando e muovendo freneticamente gambe e testa.
<<ok...>> William continua a guardarmi come se avessi qualche tipo di problema, ma non me ne curo, sono troppo eccitato al momento.
Picchietto impaziente le dita sul cruscotto a ritmo della canzone che fuoriesce dalla radio. E' una canzone rap, il genere di musica che siamo soliti ascoltare io e William. Mi metto a canticchiare un paio di parole in inglese, fin quando il moro accanto a me schiaccia un tasto sulla radio e la canzone si abbassa notevolmente.
Mi volto nella sua direzione sollevando un sopracciglio in un'espressione curiosa, ma anche ammonitoria.
<<Hai più parlato con Eva?>>
Sollevo visibilmente gli occhi al cielo. Oggi è una giornata fantastica, tra qualche minuto riavrò la mia meravigliosa bambina, e non ho intenzione che nessuno me la rovini. Tanto meno William che inizia a parlare della rossa.
<<No>> sbotto.
<<Secondo me le piaci>> riprende di nuovo, mentre io ero già pronto ad alzare il volume e abbandonare la conversazione.
Sbuffo, <<Te l'ho già detto. Anche se fosse non mi interessa, caso chiuso>>.
Il fatto è che le sue parole, nonostante io non voglia darlo a vedere, mi hanno realmente colpito e ho passato giorni a rimuginarci sopra. Mi ha infastidito perché per la prima volta qualcuno mi ha parlato liberamente, esponendomi i suoi pensieri e addirittura accusandomi di qualcosa e fino ad ora nessuno si era mai permesso di parlarmi in quel modo.
Non perché io sia superiore agli altri, ma semplicemente cerco di mantenere determinate distanze con tutti, William e i miei amici a parte ovviamente, ma oltre loro per me le altre persone sono semplici conoscenti, con i quali sicuramente non mi metto a scambiare consigli.
Inoltre i miei amici non mi direbbero mai certe parole, perché ancora loro sono tali e quali a me.
Sbuffo di nuovo perché sono bastate poche parole per far scomparire il mio buon umore iniziale e William sembra notarlo perché torna ad alzare il volume cominciando a canticchiare a sua volta. Ma a me non va più di cantare e nemmeno di sorridere. Com'è possibile che questa cosa mi abbia colpito talmente da farmi cambiare repentinamente l'umore?
Avvolto da mille pensieri, quasi nemmeno mi accorgo della macchina che inizia a frenare lentamente per poi fermarsi. E' William a portarmi alla realtà ed io, alzando di poco gli occhi, noto la grande insegna luminosa che mi segnala di essere arrivato a destinazione.
Scendo dalla macchina ancora con la fronte corrugata ed un'espressione irritata sul volto. Mi ritrovo davanti ad una grande porta scorrevole in ferro con appeso un cartellino che segna la scritta "aperto". Con un po' di forza afferro la maniglia ed inizio a tirare verso destra, cercando di non far caso al rumore stridente del ferro sul cemento.
William mi segue con passo veloce per cercare di starmi dietro. Subito l'odore di olio mischiato a quello dello scarico della macchina mi arriva al naso, ma non è fastidioso, anzi potrei quasi dire che mi piaccia.
Un uomo grasso sulla sessantina si affaccia da una porta sulla destra scrutandoci per un attimo e subito riconosco essere la stessa persona che mi accolto la prima volta che sono venuto.
Scompare per un attimo dalla nostra vista, per poi ritornare subito dopo con uno straccio bianco tra le mani intento a pulirsi.
<<Devi essere Schistad, giusto?>>
Annuisco energicamente, continuando a guardarmi in torno alla ricerca della mia macchina.
Come se mi avesse letto nel pensiero, l'uomo inizia ad incamminarsi invitandomi a seguirlo.
<<Vieni ti mostro la macchina>>
Mi affretto a seguirlo, spostandoci nel garage affianco e quando apre la porta sezionale finalmente la mia macchina mi compare agli occhi. Il blu è lucente, sembra quasi nuova e il guasto è totalmente scomparso.
<<Come nuova>> l'uomo la indica con un braccio sorridendo orgoglioso del suo lavoro.
Mi avvicino velocemente, girandole attorno e osservando ogni lato. Per un attimo mi è quasi venuto spontaneo abbracciarla, ma poi rendendomi conto dell'assurdità della cosa, ho lasciato perdere.
<<La mia bambina>> mormoro trascinando un dito sul cofano lucido. E le risate del meccanico e di William si diffondono nella stanza gelida.
**
Affianco la macchina di William nel parcheggio per poi abbassare il finestrino.
<<Grazie amico, per il passaggio>> esclamo, alzando la voce per farmi sentire meglio.
<<Figurati. Faccio un salto da Noora e poi mi incontro con gli altri. Tu ci raggiungi là?>>
Per quanto io abbia voglia di stare un po' in compagnia dei miei amici, al momento voglio solo farmi un giro in macchina e alleviare un po' di tensione.
<<Non lo so, ora mi faccio un giro. Vi faccio sapere più tardi.>>
Con un cenno del capo William alza il finestrino ed accelera, lasciandomi solo nel parcheggio.
Stringo forte il volante, come se mi fosse mancato da morire, anche se in realtà è proprio così. Sono legato alla mia macchina per centinaia di ragioni, ma forse la più importante è la sensazione di benessere che mi procura. Sapere di avere il controllo su qualcosa, sfidare i limiti e sentire l'ebrezza della velocità trapassarmi il corpo. Una scarica di adrenalina che si inietta direttamente nelle vene.
Premo l'acceleratore, sentendo il rumore del motore rimbombare nelle orecchie. Mi sento un bambino il giorno di Natale. Ingrano la prima ed esco finalmente dal parcheggio.
Il freddo ad Oslo è davvero pesante, nonostante non sia ancora Inverno, le temperature sono molto basse e sui marciapiedi le persone sono poche.
Alzo il riscaldamento il più possibile e accendo la radio ad un volume molto alto. Direi che arrivato il momento di dar sfogo a tutte le mie preoccupazioni. Non mi curo di rispettare i limiti di velocità, premo solo il piede sul pedale destro, vedendo il contachilometri alzarsi sempre di più, mentre il mio malumore si affievolisce lentamente.
Solo quando noto una persona che cammina sul marciapiede rallento un po'. La osservo in lontananza, indossa una cuffia di lana e un giubbotto pensante, ma i capelli rossi che ondeggiano sulla schiena ad ogni passo mi sono inconfondibili.
La affianco abbassando il finestrino e solo quando pronuncio il suo nome, la rossa diminuisce il passo, rivolgendomi uno sguardo arrabbiato.
<<Sei pazzo? Mi hai spaventata>> pronuncia, le labbra che le tremano per il freddo e la voce ancora spaventata.
<<Scusa... non volevo>> rido, ma a quanto pare lei non è del mio stesso parere perché mi rivolge un'occhiata truce e riprende a camminare.
<<Aspetta dove vai? Sali in macchina, no?>>
Eva continua ad ignorarmi, aumentando il passo e costringendomi a seguirla in macchina.
Non so perché io stia realmente viaggiando a passo d'uomo, anche perché probabilmente se mi avessero raccontato che un giorno mi sarei ritrovato in una situazione simile, sarei scoppiato a ridere. Ma al momento la mia testa non ne vuole sapere di andarsene da lì.
<<Eva, sali. Ci sono...>> lancio un'occhiata sul cruscotto della macchina, dove vicino all'orario è segnata la temperatura, <<tre gradi. Fa freddo e la mia macchina è calda, non pensi sia meglio salire>> inarco un sopracciglio davanti al suo sguardo stralunato.
Nonostante il suo orgoglio alla fine cede alle mie parole, apre la portiera e sale in macchina.
Sorrido soddisfatto perché anche stavolta ho ottenuto ciò che volevo e riparto.
Mentre guido le lancio di tanto in tanto un'occhiata, incuriosito, ma anche divertito dal broncio stampato sul suo viso e dalle braccia incrociate davanti a sé. Ma ogni qual volta che si accorge dei miei occhi puntati su di sé, distoglie lo sguardo girandosi verso il finestrino.
Quando accendo la radio, giusto per affievolire il clima pesante che si è diffuso nell'auto, lei allunga un braccio e preme un tasto per spegnerla lasciandomi a guardarla interdetto.
<<Sei ancora arrabbiata con me?>> chiedo cercando di sorridere per evitare di mostrarle il fastidio che mi ha causato il suo gesto.
<<Sarò sempre arrabbiata con te Chris, fino a che non smetterai di comportarti come un bambino idiota che pensa solo con...>> non finisce la frase, semplicemente mi lancia un'occhiata tra le gambe per farmi intendere a cosa si stesse riferendo.
Alzo un angolo della bocca divertito <<Con cosa, Eva?>> fingo di non capire.
Lei mi lancia di nuovo un'occhiata furiosa <<Non sto scherzando Chris, smettila.>>
Ed io mi ammutolisco subito continuando a guidare, senza nemmeno sapere dove devo portarla.
<<Dio, è tutto così insopportabile>> la sento mormorare a denti stretti poco dopo, forse convinta che io non l'abbia sentita.
Ma io, al contrario di ciò che lei pensa l'ho sentita forte e chiara e siccome non riesco mai a starmene zitto, subito le chiedo: <<Cosa è insopportabile?>>
Lei si volta velocemente verso di me, colta di sorpresa, resta un attimo in silenzio, prima di prendere un gran respiro.
<<Tu sei insopportabile, il tuo atteggiamento, tutto quanto>> dice tutto d'un fiato, agitando freneticamente le mani.
Ok, la situazione mi sta sfuggendo di mano e le sue parole fanno da miccia alla mia reazione che non tarda a venire.
<<Io sono insopportabile? Ti sei vista? Mi tratti come se non fossi al tuo livello, come se fossi un pezzo di merda. Ma a te cosa cazzo interessa di quello che faccio io? Posso trattare le persone come voglio, tu non sei nessuno per accusarmi e tanto meno per criticarmi>>
Non nego di aver esagerato, forse in altre circostanze non sarei arrivato a tanto, ma le sue accuse hanno innescato in me una sensazione di malessere e le mie parole sono uscite dalla mia bocca come un fiume in piena.
Capisco di averla ferita quando un velo di tristezza si impossessa dei suoi occhi, ma sono troppo orgoglioso per scusarmi e quando mi urla di farla scendere, non esito a fermare la macchina.
<<Vaffanculo Chris, non parlarmi mai più>>
E così faccio, schiaccio l'acceleratore e me ne vado, lasciandola sul marciapiede immersa nel freddo, con solo un'enorme sciarpa a coprire la sua bocca tremante, forse stavolta non per il freddo.
Buoooooonasera! No, non sono morta e sì, finalmente ho sfornato un nuovo capitolo.
In questi giorni ho ricevuto tantissimi messaggi che mi chiedevano di aggiornare "One more fight" e davvero mi ha fatto molto piacere; sapere che questa storia vi sta piacendo mi riempie il cuore ve lo giuro. Però purtroppo non posso dedicare tutto il mio tempo a questa storia, primo perché ho un sacco di cosa da fare e secondo perché la mia priorità è scrivere l'altra mia storia "Un attimo ancora".
Come ho già detto, questa storia è nata un po' per caso, un giorno ho detto "ma sì, scriviamo qualcosa su Chris" ma mai avrei pensato che potesse piacere così tanto.
Non so dirvi quindi quando sarà il prossimo aggiornamento, perché molto probabilmente aggiornerò prima "Un attimo ancora" ma mai dire mai.
Che dire vi amo immensamente, lasciatemi tanti commenti (perché amo leggerli) e stellinate !
E OVVIAMENTE PASSATE A LEGGERE "UN ATTIMO ANCORA" sì, ve lo ripeterò all'infinitò finchè tutti non l'avrete letta ahah
Profilo twitter: perladirosa
Un bacione.
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