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16 - Chris


La casa è vuota. Le luci sono spente.

Le tende lasciano filtrare qualche raggio di sole e questo mi permette di avere una visione più ampia della stanza. Poggio le chiavi sul tavolino all'ingresso e mi addentro cautamente.

Non dovrei essere qui e se mio padre, o meglio l'uomo che purtroppo per sangue ha il diritto di essere chiamato così, lo scoprisse succederebbe un altro casino.

Mi avvicino alle scale, lo faccio il più piano possibile. In casa non dovrebbe esserci nessuno, ma ho paura che qualcuno salti fuori all'improvviso.

Quando arrivo in cima resto sorpreso da ciò che mi compare davanti.

Ci sono due valigie, le mie. Accanto c'è mia madre. È accucciata e sta piangendo. Il suo viso è ormai una maschera di lacrime ed io sento una fitta così intensa allo stomaco che mi sembra di dover vomitare.

Resto in piedi davanti a lei sovrastandola con la mia altezza. Su di lei si proietta la mia ombra scura. Mia madre solleva gli occhi su di me. Sono arrossati e colmi di lacrime. Mi si spezza il cuore.

Deglutisco, ma non parlo. Non le dico niente perché sono troppo codardo per farlo e forse anche perché la mia voce è intrappolata da qualche parte giù nel profondo e al momento non ha intenzione di uscire.

Mia madre allunga la sua mano, è così piccola e delicata che mi sembra che si stia per spezzare da un momento all'altro. Poi afferra un lato dei miei jeans e si aggrappa alla mia gambe. Poggia la fronte al mio ginocchio e riprende a piangere più forte.

È una scena straziante. La sento sotto alla pelle, dentro le ossa. Mi sta distruggendo in un modo doloroso, mi sta facendo fuori. È come se qualcuno avesse ficcato le mani dentro al mio petto, avesse afferrato il cuore e lo stesse stringendo, spremendolo.

I suoi capelli solitamente legati in modo composto ora sono scompigliati e le scendono sul viso. Non l'avevo mai vista così. Mia madre è una donna sempre elegante e composta. Ora invece è distrutta, visibilmente stanca e affranta.

Le accarezzo le ciocche cadute davanti al volto in modo impacciato perché non ho mai avuto un vero e proprio contatto fisico con lei. Non ci siamo mai abbracciati, ed ora, il peso di questo distacco sta piombando su di noi.

Lei piange ancora di più, poi tra i singhiozzi sussurra: <<Ce ne dobbiamo andare.>>

Mi inginocchio davanti a lei, costringendola a mollare la presa dal mio ginocchio.

<<Cosa stai dicendo mamma?>>

Le prendo il viso tra le mani costringendola a guardarmi. Poi le ripeto: <<Cosa significa che dobbiamo andarcene?>>

Lei singhiozza e poi si passa un dito sotto all'occhio per asciugarsi una lacrima.

<<Dobbiamo andare via di qua, prima che tuo padre torni.>>

<<Perché?>> riesco a chiederle senza fiato.

<<Tuo padre ti ha cacciato Chris e io non lascio andare via il mio bambino senza di me. Ce ne andiamo insieme>> le lacrime si moltiplicano sul suo viso magro.

Scuoto la testa impaurito. Non voglio che mia madre rinunci a tutto per me, ma allo stesso tempo non voglio che passi un secondo in più con quell'uomo.

Ha picchiato me fin da piccolo, mi prendeva a sberle all'età di otto anni perché prendevo un brutto voto a scuola. Mi ha preso a pugni all'età di quattordici anni perché ha trovato un paio di birre in camera mia. Mi prende a calci ora perché non sono il figlio che vorrebbe.

Ma tutto questo passa in secondo piano dal momento in cui fin da quando ero piccolo sfogava la sua rabbia anche su mia madre.

Le ho curato spesso le ferite. L'ho portata in ospedale inventando una caduta dalle scale e invece era stato mio padre a farla cadere con una spinta dopo aver litigato.

È arrivato il momento di portarla al sicuro.

L'aiuto ad alzarsi e cerco di esaminarla velocemente per vedere se quel mostro le ha fatto di nuovo del male. Il vestito elegante, ormai sgualcito le lascia le braccia e le gambe scoperte, ma su di esse non mi sembra di vedere nessun livido.

<<È partito questa mattina presto, non mi ha fatto nulla non ti preoccupare. Però dobbiamo andarcene subito.>> sussurra lei, probabilmente capendo ciò che stavo facendo.

Annuisco, <<Dove vuoi andare?>>

Lei si ricompone, in pochi minuti è tornata la donna forte e piena di energie che è sempre stata. Anche se sul suo viso il dolore non è scomparso.

<<Andremo dalla zia a Bergen per un po'. E quando le cose saranno sistemate forse potremo ritornare qua>>

Mia madre si aggiusta la gonna spiegazzata e poi recupera un'altra valigia dalla sua camera.

<<Come pensi di arrivare fino a Bergen? Ci vogliono più di sette ore.>>

Lei mi lancia un'occhiata, mentre trascina la valigia giù per le scale

<<Hai una macchina tesoro e so che ami guidare>>

Vorrei esitare ancora per un po'. Non sono pronto ad abbandonare tutto qui ad Oslo, ma al momento è l'unica opzione che ho.

Vorrei andarmene senza che qualcuno se ne accorga, senza lasciare traccia. Ma so che purtroppo non sarebbe possibile.

Dovrei dare delle spiegazioni forse, avvisare qualcuno. Ma cosa potrei fare? Inviare un messaggio e dire "Senti sto scappando con mia madre e non ho idea di quando tornerò"? La maggior parte penserebbe che io li stia prendendo per il culo. E come biasimarli.

Mia madre mi sta aspettando alla porta, con la valigia tra le mani e lo sguardo proiettato su di me ancora in cima alle scale. Non sono ancora convinto, ma so che è necessario.

La raggiungo e la aiuto a sistemare le valigie nel bagagliaio della mia macchina e poi la raggiungo all'interno, sistemandomi al volante.

Non posso fare a meno di pensare anche a lei. Ci siamo avvicinati parecchio nell'ultimo periodo e sono sicuro che quando si accorgerà che sono sparito ci starà male. Già mi sembra di vedere il suo viso triste a causa mia e un nodo in gola mi impedisce di deglutire. Ma non posso dirle nulla, non voglio coinvolgerla. Deve lasciarmi perdere, andare avanti con la sua vita fingendo che io non sia mai esistito.

Lo stesso forse farò io, anche se sono piuttosto sicuro che non mi dimenticherò facilmente di quei occhi.

Prendo il telefono e avviso William. Lui è l'unico a conoscenza della mia situazione.

A William: Me ne sto andando, amico.

Poi spengo il telefono e mi lascio alle spalle il cartello stradale con scritto "Oslo"


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